Coronavirus, stare dall’altra parte!

Sei così piccolo, ma così potente! Inconsapevole menefreghista di confini politici, limiti geografici o muri mentali, non curante di bellezze artistiche ed ignaro di realtà produttive, te ne vai in giro per il pianeta, in ogni angolo della terra ed abiti il nostro tempo, giorno e notte. Sei un grande e soprattutto fai miracoli!

Complimenti! Finalmente, grazie a te, in men che non si dica, siamo noi italiani, i primi in Europa! Altro che propaganda partitica, ci volevi tu!

Solo che siamo finiti, nostro malgrado, dalla parte sbagliata! Ora che siamo i primi, finalmente i primi, ci accorgiamo che, in nome tuo, vacillano certezze che, fino ad una settimana fa, sembravano incrollabili.

Prima, c’eravamo noi da tutelare e poi gli altri da aiutare.

Adesso, ci sono gli altri da tutelare e poi noi da aiutare.

Dentro e fuori i confini statali, ma anche dentro e fuori le regioni a rischio, dentro e fuori le zone rosse, le chiese, le scuole, gli ospedali…Persino dentro e fuori casa! All’ improvviso, abbiamo capito che ci siamo noi e che ci sono gli altri. L’altro è tutto ciò che non siamo noi. L’altro è chi viene da fuori. Anche da fuori casa, anche se è uno di noi. Prima, l’altro era chi, per qualunque motivo, era diverso da noi, chi pregava un Dio differente.

Chi non la pensava come noi. Chi non aveva il nostro stesso orientamento sessuale. Era davvero forte la convinzione baricentrica del Noi fino a pochi giorni fa! Pensiamo alle dicotomie comunitario/extra-comunitario, residente/migrante, casa nostra/casa loro. Prima c’erano nozioni relative che venivano indebitamente assolutizzate, ora ci sono incertezze e vulnerabilità che vengono giustamente rivendicate.

Ora, ciascuno di noi, si sente e si trova ad essere, extra-comunitario, migrante e lontano da casa a seconda delle persone e dei luoghi con cui si rapporta e in cui si trova a vivere.

O più semplicemente, ognuno di noi si trova ad essere sano o malato, contagiato o a rischio, in incubazione o in reclusione.

Eh sì, caro virus, ci hai dato una bella lezione. Una bella lezione di civiltà! Ci hai insegnato che, dietro a tutte le opposizioni, si annida una xenofobia multiforme, che assume di volta in volta sembianze diverse: etnica, religiosa, culturale, economica, geografica e così via. L’ALTRO, ora, siamo NOI. Siamo noi i migranti che nessuno vuole, siamo noi che veniamo respinti alle frontiere, scansati negli aeroporti, rifiutati nei villaggi turistici.

Un che di nuovo, ma anche di antico: ci erano già passati i nostri nonni e bisnonni che arrivavano, spinti da disperazione e speranza, in America, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900. Nella sua sfericità, il nostro Pianeta sembra volerci ricordare che ogni punto è equidistante da un immaginario centro di riferimento. E tu, caro piccolo amico virus, sembri ricordarci che l’altro, che TUTTI temiamo, è solo uno, la MORTE.

E che quello che vale per la nostra salute individuale si può traslare alla dimensione della comunità. Grazie alla tua apparizione, abbiamo la grande occasione di prendere coscienza che viviamo in una società malata nel profondo. Una società che ha perso di vista l’essenziale, il valore della vita, nel senso etico del termine.

Chiudiamo la bocca ed apriamo il cervello! In un momento in cui tutti sanno tutto e giocano ad apparire in tivù o a divulgare fake-news, impariamo ad essere autentici, consapevoli e responsabili di quello che diciamo e che facciamo. In questi giorni convulsi, in cui si è scatenato il gioco pirandelliano delle parti e delle colpe, assumiamoci la responsabilità delle nostre scelte, prima di tutto del silenzio e dell’umiltà. In questi momenti in cui c’è un continuo scambio di ruoli, i giornalisti diventano medici, i politici virologi, e gli psicologi biologi, stiamo al nostro posto, per esempio, vicino ai nostri cari, soprattutto anziani e malati.

In questi giorni in cui si evitano i luoghi affollati, salvo poi cadere in idiosincrasie compulsive e dare assalto ai supermercati (come se, contratto il virus, avesse senso morire con la pancia piena), approfittiamo di questa grande occasione non per pensarci eterni, ma per riscoprire la gioia di una pienezza di vita del qui ed ora.

Smettiamola, per paura di morire, di dimenticare la gioia di vivere. Una gioia da condividere costruendo nuove reti di comunità solidali. È illusorio pensare di salvarsi da soli alzando muri in ogni dove. I muri sono più contagiosi del virus, ma noi possiamo abbatterli se avremo il coraggio di capovolgere il mondo, cominciando a capovolgere la nostra vita, ridefinendo le nostre priorità esistenziali in nome di un’etica universale.

Si vive e si muore, tutti, ma la differenza è come si vive.

Anche adesso, in questi giorni di contagio virale, biologico e mediatico.

Per questo, mi sento di ringraziarti, caro amico virus, tu la tua parte la stai facendo bene.

Adesso tocca a noi fare la nostra parte, al meglio delle nostre possibilità.

Antonella Ferrari

 

 

 




GIOVANNI SUCCI: “CARNE CRUDA A COLAZIONE”

“Bazzico festival prestigiosi e circoli anonimi con progetti assurdi per chiunque altro”… questo è Giovanni Succi! Sacha Tellini lo ha intervistato in esclusiva per BetaPress.

Ciao Giovanni, il 20 Settembre scorso è uscito il tuo ultimo album di inediti, “Carne cruda a colazione”. Il titolo rappresenta molto lo spirito che hai messo nel realizzare i brani, crudi e decisamente amari, talvolta conditi con un pizzico di velata ironia. Come mai la scelta di un linguaggio così deciso per mettere nero su bianco i testi delle tue canzoni?

Mi fa piacere che si noti, scrivo così da vent’anni. Nei Bachi Da Pietra (Succi è cofondatore della band noise alternative; n.d.r.) porto il mio stile all’estremo, se ti piace te li consiglio.

L’uso di un linguaggio così graffiante è anche un modo per volersi distinguere dai testi di alcune canzoni che, al giorno d’oggi, risultano essere troppo spesso “accomodanti”?

Le canzoni accomodanti sono sempre esistite perché piacciono a tutti. Non si può dire lo stesso delle mie, ma non sono frutto di un brillante piano per distinguermi. Sono io.

Come nasce questo album?

Proprio dalla percezione che questi pezzi non rientravano nel mondo dei Bachi Da Pietra. Quindi insieme a Ivan Antonio Rossi abbiamo lavorato, come su “Con ghiaccio”, per fare in modo che la differenza fosse netta anche nella forma.

“Algoritmo”, seconda traccia del tuo album, propone un’invettiva contro le logiche che dominano le piattaforme odierne sulle quali è possibile ascoltare musica. Pensi che l’utente non abbia alcun potere decisionale rispetto a quello che è il consumo musicale?

Non è un’invettiva, è una fotografia, come nel video di Luca Deravignone. Penso che l’utente abbia pieni poteri, ma ci rinuncia volentieri, non ha più voglia di cercare, c’è troppa roba, lascia fare all’algoritmo che decodifica l’artista, lo giudica, lo etichetta, lo colloca. Proprio come fa con l’ascoltatore.

Qual è la tua visione del panorama musicale contemporaneo?

Dall’alto della mia collina in provincia di Asti, al centro del mondo, mi pare che il tutto conviva con il tutto, rigorosamente collocato dentro nicchie perfettamente etichettate. Se esposte al grande pubblico, le nicchie si gonfiano, durano per un po’, esplodono e

poi si ammosciano. Oppure diventano monumenti e la gente ai monumenti chiede solo che stiano fermi.

Come definiresti, da un punto di vista degli arrangiamenti musicali, il tuo ultimo lavoro?

Per onestà io lo definirei pop, ma mi dicono dalla regia che tutto quello che sfioro, anche solo di passaggio, diventa rock. Mi resta un’ombra di dubito. Allora mi mettono su uno dei Melliflui a caso e mi dicono: – ecco, senti, questo è pop! – Ah. Ok. Rock.

“Carne cruda a colazione” arriva dopo il tuo primo album,”Con ghiaccio”, pubblicato nel 2017. Quanto è cambiato Succi nel corso di questi due anni?

Non moltissimo, ma pensa che “Con Ghiaccio” arrivava dopo “Necroide” dei Bachi Da Pietra, per chiunque altro sarebbe follia. So bene che il pubblico premia chi conferma le certezze rimanendo sempre uguale. Nel mio caso la certezza è che posso portarti da Black Metal Il Mio Folk ad Algoritmo senza perdere la rotta.

C’è una canzone dell’album alla quale sei più affezionato? Se sì, qual è? Per quale motivo?

“Meglio di niente”, l’ultima nata del pacchetto Carne Cruda. Una canzone di cui sconsiglio l’ascolto, se non in determinate condizioni, tutte antisociali.

Chi è oggi, musicalmente parlando, Giovanni Succi?

Un grande.

Quali sono i tuoi progetti futuri in ambito artistico?

Campare almeno fino alla morte, poi si vedrà.

 

TRACKLIST

01_Povero zio

02_Algoritmo

03_Grazie per l’attesa

04_I melliflui

05_Cabrio

06_Arti

07_La risposta

08_Grigia

09_Meglio di niente

10_Balene per me *bonus track

https://www.youtube.com/watch?v=Qni4-DjXng4

 

Sacha Tellini




Sensuability – la prima volta siamo tutti disabili

Vi è mai capitato di entrare in un posto e capire di aver sbagliato sala?

Di posizionare la sedia con fare disinvolto, convinto che da quel punto vedrai bene lo spettacolo ma poi ti siedi, si alza il sipario, capisci che hai sbagliato posto.

E allora ti alzi, riposizioni la sedia, chiedi scusa ai vicini, ti risiedi e ancora non va bene e continui a cercare il posto comodo mentre tutti ti guardano con disappunto.

Quel misto di vergogna e disagio che ti fanno sentire un pesce fuor d’acqua e hai anche un po’ di sensi di colpa per la tua goffaggine.

Se non vi è capitato mai, beati voi; se vi è capitato, sappiate che per tutta la durata dell’intervista alla cara Armanda Salvucci, io mi sono sentita così.

Ma non per colpa sua, ma per pregressa superficialità mia.

Per tutto il tempo, mentre lei mi parlava e ridevamo, io pensavo “ma com’è possibile che io sia talmente tanto fuori dal mondo?”

“Quando è successo che ho perso un pezzo così importante e grave della società?”

Armanda è una di quelle persone che cambieranno il mondo, di quelle che fanno la differenza e non accolgono passivamente la vita con le sue assurdità.

Lei è un passo avanti a tutti.

Nella mia esperienza personale, è sempre stata un passo avanti a me:

quando io studiavo fundraising, lei lavorava nel fundraising;

io disfo l’albero di Natale per san Valentino, lei per Pasqua;

io divento scema al pensiero di avere gli operai in casa per una settimana, lei se li tiene dentro per 5 mesi;

io sono ironica e intelligente lei … uguale;

io sono modesta … lei di più… 😉

Armanda mi ha spiegato e mi ha fatto rendere conto che c’è molta paura nei confronti della disabilità, molta ignoranza e molta strumentalizzazione e a lei non va bene: così ha creato, con Giovanni Lupi e Roberto Campile, il progetto Sensuability – la prima volta siamo tutti disabili.

 

Tutto ha inizio poco più di due anni fa, a Roma, quando sui giornali esce un infelice annuncio per un casting:: si cercava, mi spiega Armanda, un “nano che facesse tenerezza”.

 

Quello che salta agli occhi è che ancora oggi ci sono nei confronti di persone con una disabilità quei preconcetti e stereotipi che un tempo in America erano legati agli schiavi neri.

A quanto pare, ancora oggi ci piace prendere gruppi eterogenei di persone, riunirle sotto una nomenclatura e appioppare loro una serie di qualità morali ed etiche.

 

A viverlo da dentro deve essere molto fastidioso, a viverlo da fuori fa infuriare con sé stessi perché speravamo, come società, di essere migliori di così.

 

Molto male Coscienza Collettiva, molto male.

 

Ma torniamo a Sensuability.

Dalla riflessione nata dall’annuncio pubblicato, Armanda decide di “riposizionare” (si direbbe in termini di marketing) l’immagine del disabile ovvero desidera distanziarlo dall’immagine della pena, della paura e della diffidenza; parte così dall’aspetto più trasversale dell’essere umano: la sessualità.

E lo fa con un’ironia eccellente.

 

Il suo progetto è girare un film (mockumentary) che parli, con l’ironia e l’intelligenza che la contraddistingue, di sessualità e disabilità (non è vero il suo progetto è molto più ampio e ambizioso ma per ora parleremo solo del film).

Ovviamente per fare un film servono tanti soldi (per l’esattezza circa 200.000,00 euro escludendo il compenso degli attori), così Armanda, che ha lavorato per tanto tempo nel settore del fundraising, divide gli obiettivi e fa partire una campagna di crowdfunding (raccolta fondi).

 

Ecco le fasi del progetto Sensuability.

Come già detto, la prima tappa del progetto è partita un anno fa con la realizzazione del corto Sensuability, con la regia di Giovanni Lupi e Roberto Campili: una campagna di raccolta fondi che porta in proiezione il corto Sensuability, tagliente e divertente alla visione ma amaramente vero.

Vi consiglio caldamente di vederlo attraverso ai link in calce all’articolo.

Grazie alla campagna di crowdfunding, sono stati sono stati raccolti poco più di 10.000,00 euro.

Capite bene che siamo ancora lontani; ma Armanda non si scoraggia: nel suo obiettivo, non vede la grande cifra ma il trampolino di lancio del suo progetto.

 

Dopo la produzione del corto, ed è la fase attuale, è partita la tappa del fumetto.

In questo caso abbiamo due attività:

  • una mostra alla quale hanno scelto di contribuire grandi artisti come Milo Manara, Fabio Magnasciutti, Frida Castelli, Stefania Infante, Andy Ventura, Stefano Tartarotti e tanti altri.
  • Il concorso Sensuability & Comics per giovani fumettisti del quale, il primo premio, sarà la pubblicazione del proprio lavoro su un libro in cui compatiranno anche le opere della mostra.

 

L’invito che faccio a chi legge è: visitate il sito, date una occhiata al corto realizzato, ridete tanto perché fa ridere, però pensate che, dove le storie raccontate hanno una causa e un effetto, l’effetto è divertente e la causa è vera.

 

Ho promesso ad Armanda che faremo altre interviste per le quali io sarò più idonea, perché mi sono vergognata della mia superficialità di aver ritenuto la mia normalità la norma.

La nostra miopia ci porta a pensare che i nostri preconcetti e le nostre esperienze dirette sono tutto il mondo, grazie Armanda e a tutti i ragazzi del progetto Sensuability per essere più acuti di molti di noi, voler sollevare i problema e provare a cambiare il mondo.

 

Link utili

Progetto Sensuability -> clicca qui

Corto Sensuability -> clicca qui

Concorso Sensuability & Comics -> clicca qui

 

 




Uno, nessuno, settemila…

Storia di Massimiliano

Massimiliano Titone è il classico utente di facebook.

È un tipo gioviale e allegro, ha un bel viso, scrive bene in italiano e si diverte a fare tante foto da solo o con i nipotini per pubblicarle poi sul suo profilo assieme a qualche frase simpatica.

Lavora nel campo della formazione e le pubbliche relazioni e l’essere social (come si suol dire per indicare una persona presente e attiva sui social network) sono parte integrante del suo lavoro. Ha sempre avuto una vita movimentata come nella norma.

Bello, simpatico ed estroverso come tanti altri uomini sul web, Massimiliano conduceva tranquillamente la sua vita virtuale in modo spensierato e ordinario.

Poi un giorno di tre anni fa, le cose iniziano a cambiare, iniziano ad accadere delle cose strane a cui – in principio – Massimiliano non dà troppa importanza ma che presto si trasformeranno in una situazione paradossale e, ad oggi, senza soluzione.

Un giorno Massimiliano riceve e accetta una strana richiesta di amicizia: una persona col suo stesso nome e cognome; sul momento Massimiliano non ci fa caso più di tanto, gli sembra una cosa curiosa ma non si allarma, nel giro di poco tempo , però, la situazione esplode.

All’improvviso inizia a ricevere messaggi privati da parte di donne che non conosce; messaggi minacciosi e inquietanti “so chi sei” gli scrive un giorno una donna.

Nel giro di un mese quei messaggi diventano decine e sono sempre più aggressivi.

Nessuno capisce cosa può essere successo tanto è fuori dalla normalità né ci si immagina cosa sarebbe diventato.
In forma precauzionale Massimiliano va alla polizia postale, ha capito che qualcuno potrebbe aver rubato la sua identità, prova a denunciare il crimine ma ai tempi nessuno era preparato ad accogliere una denuncia di questo tipo; tre anni fa, non esistevano ancora né giurisprudenza né precedenti per questo reato.

Solo che il problema c’era e diventava sempre più grande.

Nel giro di poco tempo, grazie ai consigli di amici poliziotti e avvocati, Massimiliano raccoglie le prove di 2000 (duemila) profili fake presentandoli come allegati alla denuncia.

È allora che inizia la battaglia dei fake, dei profili falsi che in una lotta di segnalazioni e ricerche oggi sono stati censiti in 7000 (settemila).

Il problema e aggravante è che per una serie infinita di ragioni, tutti i dati personali di Massimiliano sono on line e le donne raggirate ci mettono molto poco a trovare l’originale (scambiandolo per il fake) e conoscere oltre al numero di telefono privato, perfino l’indirizzo di casa.

Piano piano, essendo comunque un uomo intelligente e per bene, parlando con le donne offese, Massimiliano riesce a ricostruire la storia che, grosso modo, è sempre più o meno la stessa.

Storia del fake e sua strategia.

Lui (il fake) è vedovo e ha due figli (nella realtà i figli sono interpretati in foto dai due nipoti minorenni), caduto in disgrazia per qualche motivo, riesce poi a risollevarsi grazie al commercio di auto, torna ad essere un uomo ricco e va in Costa d’Avorio.

Purtroppo mentre è lì con i due figli, ha avuto un imprevisto (un furto, un sequestro…) fatto sta che si trova in pericolo e senza soldi e chiede aiuto per comprare il biglietto aereo per sé e per i suoi figli o per pagare chi lo tiene sotto scacco o una certa ludoteca.

Una storia da film che appassiona donne sensibili e di buon cuore che cercano un uomo di cui innamorarsi.

Donne che passano del tempo con uno dei 7000 falsi Massimiliano che le fa sentire importanti, amate, apprezzate, fondamentali e che chiede loro soldi, sempre più soldi.

I contatti avvengono tramite messenger, addirittura vengono fatte anche video chiamate per le quali, i malfattori, mettono sù un sistema ingegnosissimo: durante la chiamata mandano l’immagine in movimento senza audio di uno dei tanti video pubblicati da Massimiliano e, con la scusa che in Costa d’Avorio la connessione non è gran ché, tolgono il video e tengono solo l’audio.

Chi legge si chiederà “ma per le chiamate vocali, chi parlava?” Ivoriani (probabilmente) che conoscono l’italiano.

Ma chi ascoltava non si rendeva conto che non era il modo di parlare di un italiano?

No.

Perché una persona che vuole credere in qualcosa, non aprirà mai gli occhi di fronte a nessuna evidenza.

Queste donne affamate di attenzioni e affetto decidono di denunciare la truffa solo quando finiscono i soldi e, la cosa più inverosimile è che la denuncia per truffa non può essere accolta perché le donne hanno dato spontaneamente i soldi senza ricevere alcuna minaccia.

Ma come è possibile gestire e coordinare 7000 profili finti, completi di fotografie, storie, invio di messaggi, telefonate e interazioni di vario tipo?
Di certo non è una sola persona.

Si tratta di una organizzazione ben strutturata che individua il profilo ideale (composto da foto, video, informazioni facilmente utilizzabili e ri manipolabili, un viso attraente…) da utilizzare, ne prende le prime informazioni e le distribuisce a una rete fittissima di operatori della mala vita che, lavorando on line, e accrescono

Massimiliano ha scoperto anche questo perché, ad un certo punto, perfino alcuno dei suoi fake lo hanno contattato per avere ulteriori materiali da utilizzare argomentando che alla fine era il loro lavoro e che avevano bisogno di guadagnare.

Insomma, quello che ne viene fuori è che la delinquenza si sposta on line e crea dei mostri.

Riflessioni finali sul senso di ingiustizia.

La storia di Massimiliano Titone forse qualcuno di voi la conosceva già, perché una storia così bizzarra ha trovato spazio, soprattutto in un primo momento, in numerose trasmissioni televisive come Chi l’ha visto o la trasmissione di Barbara d’Urso…

Purtroppo presto anche il sistema di informazione televisivo che si proponeva di aiutarlo a risolvere questo nonsenso si è presto trasformato in una forma di sciacallaggio per avere più audience, così Massimiliano ha rifiutato i vari inviti se non seguito direttamente dal suo avvocato Andrea Caristi.

Massimiliano al telefono si rivela una persona simpatica e forte, che non ha nessuna intenzione di farsi piegare da questa ingiustizia anche se vive una condizione impossibile per tanti; ma la sua storia è triste perché racconta di tante ingiustizie.

L’ingiustizia patita da un uomo che non è più padrone della sua identità, che riceve ogni giorno telefonate e messaggi di donne che pretendono che sia quello che non è.

L’ingiustizia strutturale tenuta sù da persone che guadagnano rubando l’identità di una persona per estorcere soldi a donne fragili.

L’ingiustizia patita da donne emotivamente analfabetizzate, saccheggiate sentimentalmente che cercano amore nel posto sbagliato perché, spesso, non sono in grado di cercarlo in quello giusto.

L’ingiustizia istituzionale di una giurisprudenza impreparata che non riesce a fare giustizia su un reato quasi inesistente.

L’ingiustizia mediatica di un sistema televisivo che approfitta delle vittime per esserne a loro volta anch’essi carnefici.

È amara la chiusura di questo articolo ma non ne troviamo altre.

Auguriamo al protagonista e a tutti personaggi di questa storia una fine felice che saremo ben lieti di raccontare.

Restiamo in attesa facendo il tifo per Massimiliano e non ce la sentiamo di dare nessun consiglio sulla prudenza sui social sulla condivisione delle informazioni personali perché al posto di Massimiliano poteva benissimo esserci ciascuno di noi.

 




Giù le mani dallo Sport, noi stiamo con il CONI!

Lo guardiamo in TV, leggiamo di lui sui giornali, a volte ci appassiona, altre volte ci fa arrabbiare, altre volte ancora ci fa litigare o abbracciarci.

Lo giudichiamo, lo condanniamo e alla fine lo salviamo perché spesso lui salva noi.

È lo sport.

Lo sport è una grande famiglia fatta di tennis, pallavolo, golf, ping pong, curling, nuoto, calcio, boxe, basket, surf…

Lo sport fa parte delle nostre vite, ci ha formati ed emozionati, a chi lo ha praticato, ha dato un imprimatur di vita; dietro lo sport ci sono gli atleti, gli eroi i semi dei.

Le storie di sport sono storie di eroi.

Persone che spostano di continuo la banda dei propri limiti personali, danno l’esempio e toccano i cuori.

Questo patrimonio culturale e formativo è talmente importante che in Italia, quando non ha avuto un ministero dedicato, ha sempre goduto almeno di un ufficio all’interno dei ministeri di governo.

 Chi è appassionato di sport o lo vive attivamente, in questo periodo è particolarmente in fibrillazione per via dell’articolo 48 del DEF (Documento Economia e Finanza) che vorrebbe rimodulare la gestione dei fondi dedicati allo sport e la loro destinazione d’uso.

 Per capirci qualcosa, visto che l’articolo 48 sull’argomento non conta più di 50 righe e che per capire la vera portata di una azione così importante serve qualcuno che da queste poche righe sappia tirar fuori tomi di storia dello sport, ho chiesto ad un collega di redazione di aiutarmi a capire.

Lui fa parte del CONI, è un golfista professionista e sta scrivendo una tesi di laurea sulla storia dello sport, si chiama Andrea Vaccaro e in questo articolo vi racconterò cosa ho imparato da lui dopo più di un’ora di conversazione.

 Ovviamente non entrerò nello specifico tecnico – a quello ci penserà Andrea nei modi e tempi per lui più congeniali – io condividerò un pezzettino di quanto mi ha concesso lui dandomi modo di capire e riflettere perché, lo confesso, non mi ero resa conto dell’importanza di questo argomento.

Prima di parlare con Andrea, nonostante il mio passato da agonista, non avevo considerato quanto lo sport fosse importante, dal punto di vista storico, culturale, politico e imprenditoriale.

Chi tocca lo sport, tocca delicatissimi equilibri e si prende grandissime responsabilità.

 Il punto della questione sollevato dal DEF è “chi gestirà lo sport?”

 Oggi il settore dello sport è gestito e coordinato dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) che segue le federazioni, distribuisce i fondi e si occupa delle attività ed iniziative a livello nazionale e nei rapporti internazionali.

Il CONI si occupa solo di sport ed è una istituzione stabile e affidabile.

Per spiegare cosa si intende con questi due aggettivi, basterà dire che, tra gli enti pubblici, il CONI è uno dei pochi che chiude l’anno con un bilancio attivo.

In più, nella storia giudiziale dei presidenti del CONI non si contano condannati e lo stesso dicasi per la maggior parte dei presidenti di federazione.

In poche parole – mi spiega Andrea – il CONI ha fatto quello che avrebbe dovuto fare la politica: mettere l’onestà come condizione essenziale e non come motivo di vanto.

 Ecco perché, dopo tanta fatica, spostare il piano di azione del CONI alla politica fa paura: perché, improvvisamente, quello che fino ad oggi è stato un punto di riferimento stabile (con tutte le sue dinamiche interne) con il nuovo DEF diventa incerto.

Ed è proprio questo il punto che mette inquietudine nel mondo degli sportivi: l’incertezza.

L’incertezza della nuova gestione, della riorganizzazione delle responsabilità e dei criteri e modalità di erogazione dei fondi, perché da tutto questo dipende la possibilità di allenamento ottimale degli atleti.

Una preparazione atletica è fatta di pianificazione, gradualità e continuità; la federazione si preoccupa di fare in modo che le sue condizioni di allenamento sia ottimale, ovvero che le strutture siano adeguate e le risorse disponibili.

Un atleta che si allena per quattro anni in vista delle Olimpiadi, deve sapere che può conquistare con le proprie forze il diritto di andare alle Olimpiadi e che le federazioni faranno di tutto per garantirgli le migliori condizioni di allenamento.

In Italia lo sport è legato alle decine di federazioni e migliaia di società sportive che formano, allevano e migliorano persone che diventeranno atleti, campioni o anche semplici praticanti.

Queste federazioni, al di là delle quote associative dei loro atleti, hanno bisogno di fondi.

Fondi per le strutture, innanzitutto, per le gare, per le trasferte, per la cura degli atleti.

Questi fondi hanno bisogno di essere erogati in fretta e bene.

 Oggi il CONI grazie al 40% degli incassi che lo sport genera per lo stato, si occupa anche della cansulenza sulle infrastrutture e di alcuni progetti nella scuola nonostante questo sia dovere del Ministero dello Sport che gestisce il restante 60%.

La nuova proposta però, prevedrebbe che al CONI restasse solo il 10% dei fondi e che sia il governo, assieme a tutti gli altri incarichi, a gestire direttamente nomine, distribuzioni dei fondi e azioni.

 Quando chiedo ad Andrea quale potrebbe essere una buona gestione dei fondi per lo sport, mi risponde che lo sport dovrebbe essere come la magistratura: completamente indipendente, il presidente del CONI dovrebbe essere Ministro dello sport senza diritto di voto.

In più, in una gestione ideale, il CONI non dovrebbe avere il 40% ma il 100% dei fondi per lo sport, dovrebbe potersi occupare anche dell’educazione fisica nelle scuole e la gestione degli impianti sportivi, inclusa la ricostruzione e la manutenzione.

Lo sport – mi spiega – si può benissimo gestire da solo attraverso i suoi proventi: scommesse, gare ecc… e crea altri indotti, come la vendita di oggetti e attrezzature, creazione di villaggi sportivi e movimentazione di atleti da tutto il mondo; insomma quello dello sport è oggi uno dei possibili  e innovativi sbocchi imprenditoriali.

Dopo tutto questo, ho chiesto al mio collega se la paura che viene vissuta in questo momento, è relativa a un rischio reale.

La risposta mi è piaciuta molto e mi ha fatto molto riflettere.

Lo sport storicamente è più forte di qualunque avversità.

Il rischio è a breve tempo non a lungo.

Il problema contingente è che il breve tempo interessa e incide sul periodo di preparazione di un atleta olimpionico; ma sul lungo tempo, lo sport vince sempre.

Un esempio per tutti è quanto è successo nel 1450 in Scozia, quando il parlamento aveva bandito la pratica del calcio e del golf; nel breve periodo il parlamento è riuscito a imporre il proprio volere ma il presente ci dice che nel lungo periodo lo sport ha avuto la meglio.

E questo non solo perché gli atleti hanno a che fare con eroi e semi dei ma perché lo sport porta ricchezza, crescita, coesione e miglioramento; lo sport è il simbolo del miglioramento inarrestabile.

Lo sport porta inevitabilmente emulazione e per questo ha una forza migliorativa che altre realtà non hanno.

 Ovviamente quella del DEF è solo una proposta di legge e prima di poter parlare veramente di quello che accadrà, ci saranno tante riunioni, tanti confronti, tanti studi che porteranno solo alla fine a un decreto attuativo del quale, in realtà, adesso, non si riesce ancora a vedere la forma.

A noi resta l’insegnamento che lo sport vince contro ogni avversità e per una volta non faremo il tifo per una squadra ma per lo sport tutto.

 

 




Sibaldi: si nasce per cambiare il mondo!

Igor Sibaldi è definito scrittore studioso di teologia, filologia, filosofia, autore di decine di libri e traduzioni di opere letterarie, se avete voglia di cercare on line qualcosa in più su di lui, più che ai testi di wikipedia affidatevi ai video su YouTube e ascoltate qualche suo intervento.

A me di lui hanno colpito le riflessioni sul concetto di ombra, quelle su Abele e Caino, su Jeova e Jahve, amo la sua lettura di Pinocchio e, grazie a lui, ho rivisto la mia posizione sul tema dell’obbedienza del tempo e dello spazio.

Se avete voglia di scoprire il mondo dei desideri, guardate il video in cui spiega la tecnica dei 101 desideri (trovate il link in calce) credo di averlo conosciuto in questo video.

Se siete particolarmente avventurosi, potrete anche farvi delle domande sui maestri invisibili, sugli angeli e fare qualche calcolo sulle epoche, valutate voi la vostra resistenza, curiosità e il vostro coraggio.

Oltre che leggere i libri o guardare i video, è possibile seguire Sibaldi dal vivo nel corso di uno dei suoi numerosi eventi in giro per l’Italia.

Io ho partecipato a uno di questi e ne ho approfittato per chiedergli un’intervista.

Il titolo dell’evento era “L’essere umano dopo la Speciazione 2.0” organizzato da Life-Strategies.

Personalmente posso solo ringraziarlo per la disponibilità e la gentilezza che ha dimostrato, non aggiungerò altro e farò finalmente parlare lui attraverso le  pazienti risposte alle mie domande.Igor, tu sei uno scrittore che affronta temi di grande profondità e impatto; è improbabile che un tuo lettore legga un tuo libro solo per il piacere di leggere e non si faccia poi delle domande. Chi ti guarda da fuori vede che tu, con i tuoi libri cambi il mondo.

Dal tuo punto di vista, ne sei cosciente? 

Come si può cambiare il mondo scrivendo libri?

 

Ne sono ben cosciente.

E non posso esprimermi altrimenti: da sempre ho avuto la sensazione, molto forte, che ognuno nasca per cambiare il mondo che c’è, per tentare di farlo diventare più bello e più sorprendente.

La ragione è semplice: un io non è il mondo. E finché è un io, è diverso dal mondo.

Quindi, appena dice o fa qualcosa di suo, non può non entrare in conflitto con tutto il resto: o lui cambia il mondo, o il mondo cambia lui.

O lui esprime quel che ha dire e da dare, o il mondo si esprime attraverso di lui.

Come si cambia il mondo?

A domandarlo così, sembra la richiesta di un metodo sicuro.

Un metodo già sicuro, io non l’ho.

Come scrittore e conferenziere ho fatto così:

ho cominciato a inventarmi un pubblico che si interessasse alle cose che avevo da dire e le capisse, e libro dopo libro, conferenza dopo conferenza, ho provato a concretare questo pubblico.

Un po’ ci sto riuscendo. Vediamo come va avanti.

 

L’autore che pubblica un libro continua ad esserne l’autore (finché il lettore ricorderà il suo nome) ma smette di esserne il padrone.

Un libro pubblicato acquista vita propria ed entra nelle vite (nel tuo caso) di migliaia di persone che lo accolgono e ne assimilano quello che in quel particolare momento della loro vita sono in grado di assimilare.

Quali sentimenti nutri quando pubblichi un tuo libro?

Hai mai paura che il lettore fraintenda? 

Sei fiducioso? Insicuro? Felice? Indifferente?

 

Quando scrivo un libro, e soprattutto quando lo correggo, faccio tutto il possibile perché non sia frainteso.

L’impegno che ciò richiede mi tiene al riparo da sensi di insicurezza e da sensi di soddisfazione: sia l’una sia l’altra sono molto dannose, mentre si lavora.

E, quando il libro è pubblicato e lo rileggo, mi accorgo sempre di non essere io l’autore: chi lo ha scritto non è quel mio io che conosco ogni giorno, ma un altro mio io, molto più intelligente di me.

A volte, leggendo un mio libro, mi capita addirittura di sottolineare, come se stessi imparando.

Nei tuoi libri e durante le tue conferenze, parli anche di scoprire ciò che ciascuno davvero desidera ed è chiamato a fare al di là dei desideri degli altri e dell’educazione ricevuta; come si fa a riconoscere ciò che si vuole, ciò che si è chiamati a fare se non lo si conosce ancora? 

Come si riconosce il proprio futuro se si sa (perché si sente) che esiste qualcosa ma forse non ne esiste ancora l’esistenza?

 

Non lo si riconosce, lo si scopre. E il sensore è la gioia: se ti dà gioia (non contentezza, non orgoglio ecc…) allora è proprio tuo.

 

Hai detto che più lingue si conoscono, più strumenti si hanno per conoscere sé stessi.

Pensi che la stessa cosa possa valere anche per le religioni, ovvero più religioni si conoscono più possibilità ci sono di conoscere ciò che molti chiamano Dio?

 

No. Più lingue si conoscono, e più ci si accorge che nessuna lingua basta a esprimere con precisione quello che senti e pensi e speri.

Ma le religioni sono il contrario: sono apparati secolari, millenari il cui scopo principale è sempre impedirti di sapere che cosa pensi e senti e speri tu.

Hanno plasmato, ciascuna, uno o più Dèi, tutti diversi l’uno dall’altro, rispondenti alle problematiche di ciascun popolo.

Purtroppo ogni religione sostiene che il suo Dio supremo è l’unico che esista davvero.

E questo induce le persone religiose a credere che tutte le religioni parlino di un unico Dio.

Ma è come credere che tutti i frutti siano aspetti di un unico frutto,

o tutte le donne siano aspetti di un’unica donna.

A ragionare in questo modo, si fa molto torto a ciascun frutto e a ciascuna donna.

E si fa un favore alle religioni, che possono dire, a propria giustificazione: be’, almeno un aspetto dell’unico Dio sono riuscita a descriverlo.

 

Durante il Tour “L’essere umano dopo la Speciazione 2.0” hai parlato della specie Speciata che rappresenta la porzione di società che decide di staccarsi dalla massa ascoltando i propri bisogni piuttosto che seguire quelli della specie in generale.

Se lo speciato rappresenta una minoranza, come può cambiare il mondo all’interno di un sistema democratico?

 

I sistemi democratici sono sempre stati cambiati, in meglio o in peggio, da minoranze.

Fin dai tempi in cui una minoranza di sobillatori, agenti del Sinedrio, spinse la gente a preferire democraticamente Barabba a Gesù.

Ma durante una speciazione culturale, la specie nuova non ha alcuna intenzione di cambiare un sistema, democratico o no.

Non lo cambia: lo fa apparire improvvisamente obsoleto, e perciò dannoso.

Se ne allontana, o geograficamente, o anche solo esistenzialmente (a seconda che si tratti di una speciazione culturale allopatrica o simpatrica) e pensa a quello che dice Pinocchio alla fine della sua storia:

«Com’ero buffo quando ero burattino!»

 

Link di interesse

Eventi di Igor Sibaldi:sito

Tecnica dei 101 desideri: video

Pinocchio: video

L’essere umano dopo la Seciazione 2.0: sito

 




La Spesa che ti Educa.

I cataloghi di raccolta punti sono quei volumi affascinanti che, finché sono chiusi, ci fanno immaginare come sarà bella la nostra vita quando otterremo uno dei regali e, quando poi li apriamo, ci troviamo davanti la solita sfilata di abbonamenti, spremiagrumi, pentole e pupazzi più o meno inutili.

C’è chi però non cancella questo sogno addirittura migliorandolo e, al posto di farci accumulare utensili e riviste, ci permette di fare del bene, di migliorare l’esperienza di studio e sportiva dei nostri figli e nipoti.

Non so se chi legge ha già sentito parlare di fund raising: si tratta di una espressione inglese che indica delle azioni più o meno complesse di raccolta fondi per scopi benefici.

Spesso scuole, biblioteche, musei, associazioni e enti non profit attivano delle azioni di raccolta fondi per compiere uno o più progetti.
Azioni comuni di fund raising sono le cene, le lotterie, la vendita di prodotti caratteristici (come per esempio panettoni e uova di Pasqua) o anche la devoluzione di una quota dell’IRPEFF (il famoso 5 per mille, per intenderci).

Le attività di fund raising in genere sono attivate grazie all’aiuto di specialisti (i fundraisers) oppure con la buona volontà dei membri delle associazioni.

Ovviamente, più è ambizioso l’obiettivo, più è articolata l’azione di fundraising, più serve un professionista per il buon esito della raccolta.

Credo che la più organizzata azione di fundraising per le scuole e le associazioni sportive sia stata effettuata da Coro Marketing, una azienda che si occupa di far incontrare le offerte delle aziende con le esigenze del consumatore.

Per soddisfare il costante fabbisogno di scuole e associazioni sportive di strutture e materiali, Coro ha pensato (e ci è riuscita) di rendere la spesa quotidiana una possibilità di miglioramento dell’esperienza formativa di chi studia o fa sport.

Le strutture che ospitano i nostri figli o i nostri nipoti, per quanto facciano il possibile per far quadrare i conti e offrire il massimo del supporto didattico, hanno sempre bisogno di qualcosa: dalle sedie ai colori, dai percorsi di psicomotricità ai microscopi…
Ovviamente non possono sempre chiedere soldi o aiuto extra alle famiglie che, bisogna però riconoscerlo, quando possono, sono sempre molto generose di fronte all’emergenza.

Per questo azioni come quella di Coro Marketing sono sempre più fondamentali nel panorama del fund raising per scuole e associazioni sportive.

Le adesioni ai progetti sono a titolo gratuito quindi scuole, associazioni sportive e le stesse famiglie dei ragazzi, hanno sono da guadagnare da una azione simile.

La professionalità di Coro e la bellezza dei suoi progetti non sta solo in questo.

Chi si occupa di raccolta fondi, sa che l’azione deve essere semplice per il donatore, ha quindi legato l’attività di fund raising alla più comune delle azioni quotidiane di ogni famiglia: la spesa ma, ancora di più, la spesa dove la si fa normalmente.
Sì perché il donatore offre spesso con piacere ma, sul lungo tempo, la scomodità non aiuta la costanza del lavoro.

Lo splendido lavoro a monte fatto da Coro è stato, dunque, non solo quello di contattare le principali aziende di distribuzione organizzata e stringere con loro un accordo per portare le raccolte punti a vantaggio delle scuole e delle associazioni sportive che, nonostante il loro elevato valore sociale, spesso si trovano in carenza di fondi ma anche a individuare, coinvolgere e indicare i punti vendita vicino alla struttura che desidera aderire all’azione di fund raising.

Come funziona l’adesione ai progetti?

L’ente interessato contatta Coro Marketing ai contatti indicati in calce di questo articolo e loro attivano la convenzione con i supermercati della rete.

Per chi invece desidera partecipare alla raccolta fondi, il meccanismo di donazione è semplice e familiare.

Tutti noi conosciamo e aderiamo alle raccolte punti al supermercato, ecco grazie ali progetti di Coro, si smette di raccogliere bollini da attaccare su fogli incasellati e numerati a vantaggio della raccolta di bolloni che verranno consegnati alla scuola o alla società sportiva.

La scuola o le associazioni sportive condivideranno con le famiglie l’obiettivo da raggiungere e il tempo di azione a disposizione, dopo di che, una volta indicati i supermercati affiliati che, come abbiamo detto, saranno nello stesso quartiere o nei quartieri subito vicini, basterà solo, quando si andrà a fare la normale spesa, farsi consegnare il bollone.

Famiglie e amici potranno consegnare i bolloni raccolti allo studente che li consegnerà alla scuola.
Nel giro di poco tempo la struttura sarà arricchita degli strumenti tanto utili alla struttura.

La cosa bella è che può dare il proprio contributo chiunque senza modificare le proprie abitudini: basterà andare a fare la spesa e farsi consegnare il bollone che verrà poi dato a chi lo porterà a scuola.

Ecco qui i contatti dei progetti di fund raising per le scuole e le associazioni sportive di Coro Marketing

Amiamo la Scuola, fund raising per le scuole;
Arrivano i buoni, fund raising per le scuole e le società sportive.
Voglio Crescere qui, fund raising per le scuole e le società sportive.




“La Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”

CORRADO FALETTI

Sono passati tanti anni, più di dieci, da quando ho lavorato per lo stato, quindi tutto quello che racconterò in queste righe è ormai prescritto e non dovrebbe più far paura a nessuno. CORRADO FALETTI

Ora voi cari lettori potreste pensar che io scrivo queste cose perché sono soffocato dalla rabbia e dalla frustrazione o per un senso di vendetta, a mia difesa e per dimostrare la mia buona fede queste cose le sto dicendo dieci anni dopo, appunto.

In questi anni ho sempre cercato di portare all’evidenza degli organismi preposti le cose che qui racconterò, ma gli esiti dei miei tentativi sono stati poco utili perché, seppur positivi alla fine, sono rimasti talmente sommersi che non sono serviti a far capire al cittadino la realtà in cui viviamo.

Perché raccontarle oggi? perché appare sempre più evidente che pochi comprendono il funzionamento della macchina dello stato, quantomeno pochi sanno che il problema non è solo nella politica, ma nel sistema dirigente su cui la politica appoggia.

Il problema è incardinato nella macchina amministrativa che è troppo complessa, permettendo deviazioni o addirittura scappatoie che vengono gestite dalla media dirigenza statale che ne conosce perfettamente i meccanismi, spesso addirittura li crea lei stessa.

Più volte mi è capitato di vedere arrivare il politico di turno anche animato da buone intenzioni, per poi naufragare clamorosamente nel mare dei cavilli e delle tempistiche assurdamente lunghe “imposte” dalla burocrazia della middle class

Eppure ci scanniamo per le dichiarazioni di Salvini o Zingaretti o Dimaio o chi per loro, per poi non capire che le stesse dichiarazioni, giuste o sbagliate che siano, messe nella macchina statale diventano clamorosi fallimenti …

Non mi soffermerò a raccontare tutto quello che trovai di storto e segnalato agli organismi competenti, non spenderò tempo per raccontare quanto malaffare esiste e come viene bellamente tollerato dalle cariche importanti dello stato, mi limiterò a raccontare qualche  aneddoto che rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema talmente cristallizzato che credo sia ormai impossibile distruggere.

Come faccio a dirlo? direte voi, ebbene giudicate da soli se ancora avete la capacità di leggere tra le righe e sopratutto se ancora vi interessa.

Anni dal 2009 al 2014

Venni incaricato di gestire un gruppo di lavoro di scuole per analizzare il controllo di gestione nelle istituzioni scolastiche (chiamato poi gruppo Co. Ge.), il gruppo di lavoro parte nel 2010, ne fanno parte oltre 200 scuole, l’entusiasmo è alto da parte delle scuole, fu la prima volta in cui le scuole vennero coinvolte dal Ministero nella realizzazione di progetti che le riguardano.

La particolarità di questo gruppo fu quella di dialogare direttamente con le scuole, saltando qualsiasi intermediazione anche quella sindacale, e dando direttamente le notizie alle scuole, facendole progettare direttamente quello che più serviva loro.

Fin da subito, infatti, il gruppo di lavoro fu soggetto a critica ed attacchi da parte delle organizzazioni sindacali in quanto in un certo qual modo questo gruppo le disintermediava rispetto alle scuole stesse.

I sindacati addirittura chiesero al ministro se il gruppo coge era una mia farneticazione personale.

Le scuole realizzarono progetti importantissimi e vennero avviati i primi progetti di fundrising per le scuole con la grande distribuzione organizzata (ad esempio Conad), con ritorni di svariati milioni di euro.

Progetti che oggi sono all’ordine del giorno come l’ordinativo informatico locale con le banche, e che hanno portato tantissimi vantaggi alle scuole.

Realizzammo inoltre un progetto completo che prevedeva una nuova gestione dei software della scuola, in cui venivano messi a disposizione delle scuola registro elettronico, segreteria digitale, bilancio e contabilità, inventario, sito edu.it, etc. che le scuole avrebbero ricevuto in forma gratuita (costo medio del pacchetto oggi sulle scuole comprato da da fornitori terzi è dalle 4 mila euro in su, quindi si avrebbe avuto un un risparmio per lo stato di circa 32 milioni di euro annue in su, senza contare che un unico sistema informativo avrebbe aiutato molto anche nella formazione, negli spostamenti di personale tra le scuole, nella puntualità degli aggiornamenti,  etc.), peccato che questo progetto sia stato subito boicottato (anche con interrogazioni parlamentari) dai vari fornitori di software per ovvi motivi economici.

Questo gruppo di lavoro realizzò importanti progetti ancor oggi attivi e funzionanti, leggasi appunto il suddetto ordinativo informatico per le scuole in collaborazione con ABI, e avviò un percorso di formazione diretta Miur scuole che poi prenderà forma definitiva nel progetto IO CONTO.

Mi venne anche affidato il ruolo di capo degli ispettori dei fondi europei (un nucleo di sei persone più consulenti esterni), vennero svolte delle ispezioni sulle scuole e sull’utilizzo dei fondi, si riscrissero i regolamenti ispettivi (ad oggi ancora utilizzati).

Durante questa attività uscirono luci ed ombre, dalle pillole del sapere ai fondi mal gestiti da alcune scuole e da società di formazione regionali (parliamo di milioni di euro), ovviamente individuammo anche scuole eccellenti e di altissima qualità.

Provvidi a segnalare le evidenze negative con note ai miei superiori ministri compresi, alla comunità europea, querele alla procura della repubblica, informative ai giornali.

Gli animi si scaldarono, ricevetti lettere anonime, mi venne distrutta la moto con cui mi recavo al ministero, ricevetti lettere dai miei superiori in cui mi si accusava di danno erariale perché facevo troppe ispezioni, le missioni ci vennero pagate con mesi di ritardo, venne messa in giro la voce che mi ero sfasciato la moto da solo e che le lettere anonime le scrivevo io , i carabinieri, su indicazione superiore, indagarono su di me dall’asilo in poi, venni anche indagato per simulazione di reato (ovviamente tutto poi archiviato) dal nucleo interno al ministero dei carabinieri che “casualmente” mandava relazioni ai miei superiori su come stavano gestendo il caso (durante le indagini è un reato), addirittura riuscirono a farmi indagare per la moto, le lettere anonime ricevute (dicevano che me le ero scritte io), i titoli di studio, insomma per screditarmi il più possibile riuscirono a buttarmi addosso una serie di indagini ridicole che normalmente non sarebbero state nemmeno avviate, indagini che comunque furono tutte ovviamente archiviate in seguito (cioè quando non servivano più),  sul momento venni fatto passare per un mitomane pazzo pericoloso, tutti presero le distanze.

Agli occhi delle persone normali questo accanimento contro di me risultò evidentemente una macchinazione, ma immaginate come poteva essere percepita all’esterno tutta questa serie di informazioni buttate là a caso o dai sindacati o da chi aveva interesse a continuare le sue ruberie senza ” lo Sceriffo” che li controllava.

Nonostante questi atteggiamenti io ed i miei colleghi continuammo nella nostra attività, portammo avanti i progetti, le verifiche ispettive, ottenemmo i risultati che poi sono stati certificati dalla società di consulenza esterna.

Se ci si pone attenzione, nessuna delle accuse che ricevetti era diretta al mio operato, ma solo al fatto che ero uno sceriffo, mi rompevo la moto da solo, mi scrivevo le lettere anonime da solo, falsificavo i documenti, pertanto ero un inaffidabile pazzo che diceva cattiverie sui poverini che invece facevano tutto bene, come poi si è visto chiaramente negli anni successivi dalle condanne della magistratura, dalla chiusura forzata degli enti, dall’allontanamento forzato di persone mandate in pensione anticipata.

La cosa che però mi lasciò più perplesso e deluso del mondo in cui ero avvenne proprio in mezzo al marasma che vi ho descritto sopra, il fatto sconcertante, almeno a mio avviso, fu questo:

Venni convocato da uno dei ministri dell’epoca: ovviamente mi aspettavo parole di incoraggiamento per me e per i colleghi che stavano subendo tutta una serie di angherie (come il non pagamento delle trasferte o il continuo controllo sui permessi e sulle presenze), invece dopo un saluto che io non avrei dato nemmeno al peggiore dei miei nemici, venni apostrofato con queste parole, davanti a testimoni:

“la smetta di andare in Sicilia a fare ispezioni, la Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”.

A parte la mia espressione che doveva essere di un misto di schifo e stupore, io comunque rilanciai “ma ministro e la comunità europea? a loro dobbiamo rendicontare i fondi che usiamo”

mi si rispose: ” già non riceviamo tutti i fondi che dovremmo se poi andiamo anche a dire che ci sono magagne…”

“quindi” continuai  io “invece che mettere a posto gli errori che facciamo, nascondiamo tutto e scriviamo che è tutto perfetto!?!? andiamo bene…”

Fui congedato dal ministro senza un saluto, ma con i miei colleghi, aggiornati sull’accaduto, decidemmo di andare avanti nel nostro lavoro, sapendo che sarebbe comunque a quel punto durato poco.

 

Tengo a precisare che io amo la sicilia ed i siciliani, che sono gente veramente in gamba (poi le mele marce sono ovunque), ma questa frase mi sembrò assurda in bocca ad un ministro dello Stato, e questo mi fece perdere molta della voglia di andare avanti.

Venni convocato dalla Comunità Europea che mi chiese conto delle mie relazioni, le confermai, i fondi vennero bloccati per sei mesi: tutti impazzirono, ricevetti minacce, mi venne imposto per scritto di modificare i miei rapporti ispettivi che mandavo alla comunità europea, venne smantellato l’ufficio ispettivo che dirigevo, il venerdì eravamo in sei ispettori e 15 consulenti, il lunedì non c’era più nessuno; dopo una settimana al mio posto venne nominato un nuovo dirigente che mi disse testuali parole: “dopo quello che è successo a te io di sicuro non faccio un cxxxo di niente.”

Nel febbraio 2012 visto che nulla era stato fatto rispetto alle mie segnalazioni rassegnai le dimissioni, che non vennero accettate in quel momento perché a marzo si doveva rispondere alla comunità europea rispetto al mio rapporto che aveva fatto bloccare i fondi e lo dovevo fare io come capo degli ispettori ancora in carica, e peraltro la mia uscita repentina  sarebbe stata evidentemente un colpo tremendo anche e soprattutto verso la comunità europea, venni pertanto convinto a rimanere con la promessa che le mie segnalazioni sarebbero state considerate, mi illusi che sarebbe stato così e ritirai le dimissioni, in realtà fu solo uno stratagemma per prendere tempo e fare così in modo che io mandassi alla comunità europea un rapporto meno pesante perché tenetti conto delle promesse che mi furono fatte.

Questo prendere tempo servì non solo per passare il momento cruciale del rapporto alla comunità europea, ma anche per poter mettere ulteriormente in moto la macchina del fango e darmi del pazzo scatenato in modo tale che tutto quello che dicevo passasse per le farneticazioni di un mitomane.

Devo dire, ad onor del vero, che ci riuscirono.

Amareggiato e deluso, visto che quanto mi era stato promesso a febbraio non veniva messo in atto, consegnai le mie dimissioni definitive ed inderogabili comunque nei primi di settembre 2012, rendendomi conto che il problema non era nel governo politico, erano passati ormai tre ministri, ma nel sistema di alta dirigenza ministeriale.

Dopo la mia uscita la macchina del fango svolge il suo compito che, solo adesso dopo dieci anni, sono riuscito a debellare grazie alla giustizia che mi ha dato ragione (anche se forse un poco in ritardo).

Anche io ho fatto i miei errori certo, avrei potuto mediare, un colpo al cerchio ed un colpo alla botte, invece sono stato categorico, non ho mediato, non ho accettato il compromesso, ho portato lo stile del privato in un comparto che non era abituato a reggerlo, che non è proprio il modo di lavorare in quel mondo, non ho saputo adattare il mio agire all’ambiente in cui mi trovavo e da cui appunto alla fine mi sono allontanato, sono entrato come montanaro bergamasco e ne sono uscito uguale.

Però alla luce dell’esperienza che ho vissuto, finché il mondo del pubblico non assimilerà lo stile del privato, non funzionerà mai.

Nel mondo del pubblico il 75% del tempo i dirigenti lo passano per “pararsi il fondoschiena“, quindi prima di fare una cosa chiedono 1000 pareri, 1000 relazioni, aumentando tempi, costi e facendo in modo che l’idea iniziale diventi tutt’altra cosa alla fine dei passaggi.

Insomma manca il coraggio di portare avanti idee innovative e soprattutto manca la voglia.

Ah, tra le altre cose, ho anche dovuto discutere con qualche sindacato perché a loro non andava bene che il ministero parlasse prima con le scuole che con loro, sindacato che ancora oggi riesce a dire che il ministero ha fatto in modo che io me ne andassi (nonostante io avessi ricevuto lettera di encomio da parte del mio superiore diretto), notare la frase il ministero ha fatto in modo che io me ne andassi (il sindacato infatti dice e scrive: “il ministero ci ha garantito che il problema faletti sarebbe stato risolto”), ma non è proprio qui che un sindacato dovrebbe intervenire? o almeno verificare cosa succede? invece il sindacato ha spalleggiato il ministero (in realtà alcuni personaggi del ministero) addirittura schierandosi con gli stessi  … assurdo vero? un sindacato che dice consapevolmente che un datore di lavoro assilla un lavoratore fino a farlo andar via, e lo dice come se fosse una cosa giusta???

ma sindacato mio, sei sicuro? se fossi stato un lavoratore così pessimo, secondo te, il mio capo aveva davvero bisogno di farmi mobbing, di fami indagare per qualsiasi fesseria, di non pagarmi le trasferte, di togliermi gli incarichi, di allontanare dal servizio tutti i colleghi presenti, compresi i consulenti,  per farmi dare le dimissioni?? non ti sembra che ci sia sotto qualcosa???

in fondo bastava licenziarmi per giusta causa …

ah, ma certo, la giusta causa non c’era, appunto, allora giusto farmi mobbing, ma che lo dica anche il sindacato non è un poco patetico?

ma anche ammesso che io fossi un pazzo, ma gli altri colleghi presenti non andavano tutelati??

Mi viene da ridere a pensarci!

Comunque, a ripensarci bene, il mio datore di lavoro non poteva licenziarmi, c’erano gli encomi della comunità europea, c’erano le lettere di gradimento delle scuole, ma soprattutto c’è una relazione (che ovviamente non esiste sul sito del ministero come non esiste nessun riferimento al progetto Co. Ge. tutto cancellato) fatta da una società di revisione che dice che, con la nostra attività, progettuale sono arrivati in più,  alle scuole, circa 13 milioni di euro nei primi due anni per poi assestarsi sugli 80 milioni di euro ogni anno per tutti gli anni successivi alla sperimentazione,

… andata la giusta causa …

 

Per dieci anni mi sono gestito tutto il rammarico che questa situazione mi ha lasciato, anche se mi ha fatto piacere che in precedenza qualche ex collega ispettore abbia rilasciato qualche dichiarazione raccontando i fatti, anche se in forma anonima.

Ma io ho taciuto sperando che il tempo fosse galantuomo con i galantuomini, e devo dire che alla fine lo è stato, anche se, per me purtroppo, la galanteria è arrivata postuma.

Scrivo ora queste cose perché sia abbastanza chiaro che qui nel nostro paese da cambiare sarebbe buona parte dell’impalcatura, non solo le bandiere in cima al balcone, invece noi ci illudiamo che basti votare pinco piuttosto che pallino per cambiare qualcosa, non è così!

I decenni di malgoverno del nostro paese lo dimostrano, non importa chi governa, conta il substrato, l’humus del sottobosco italiano della PA che oggi è uno dei veri artefici dello sfacelo a cui stiamo assistendo.

Al 31 agosto 2019 il debito pubblico era pari a 2.463 miliardi di euro, rispetto ai 2.466 miliardi del mese precedente (dato rivisto), che rappresenta il massimo storico.

Occorre dire altro?

Direi proprio di no.

Vorrei lanciare una proposta: chiediamo tutti asilo politico in un paese straniero (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Russia) per incapacità manifesta dello stato italiano, secondo me non possono negarcelo.


In considerazione di questo malcostume italiano, Betapress.it propone a chiunque abbia avuto un sopruso, sia stato messo da parte perché faceva il suo lavoro, abbia ricevuto azioni di mobbing o simili, di raccontare la sua storia tramite le nostre pagine.

Un nostro giornalista raccoglierà la testimonianza e pubblicheremo un articolo nella nostra rubrica IO CI HO PROVATO, in cui racconteremo storie di soprusi e di malcostume che nessuno ha mai raccontato.

Siamo fermamente convinti che il silenzio su questi casi sia fatto ancora più grave dei casi stessi, pertanto scrivete alla mail iocihoprovato@betapress.it  e raccontateci cosa vi è successo, non fa nulla se è successo dieci anno or sono o ieri o sta succedendo, noi lo racconteremo sentendo tutte le campane e portando alla luce tutta la verità, così come stiamo già facendo nel mondo delle scuole.

Il nostro team di avvocati valuterà gratuitamente il vostro caso e vi darà le prime indicazioni per poter reclamare giustizia.

 

note di positiva speranza:

A onor del vero occorre però fare i nomi di chi in quel periodo fu dalla mia parte, aiutandomi, o anche solo non voltandomi le spalle:

in primis l’allora direttore generale del bilancio del Miur, Marco Ugo Filisetti, che con me portò avanti parte delle battaglie e che comunque subì anche lui una forma di ostracismo che lo portò ad essere trasferito ad altro incarico. (leggi più avanti)

della politica vi fu solo un senatore, che nel momento in cui tutti mi misero al bando, rimase al mio fianco cercando di aiutarmi.

i colleghi Elisabetta Cannarsa, Cesare di Falco, Cavallo Patrizia, Antonino Giunta, Rocco Pinneri, Gianna Barbieri, il consulente Giovanni Vico, a cui sempre va un mio pensiero affettuoso.

 

 

corrado faletti

Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti

per chi volesse approfondire, ecco alcuni documenti utili:

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

 

 

PON – intervista ad un ex ispettore dei fondi europei del MIUR

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=4VDSISTKNMY?start=5&w=640&h=360]

 

http://www.report.rai.it/dl/Report/extra/ContentItem-7778933c-ec14-4f2d-8b5a-3712b51d388b.html

https://www.ilsussidiario.net/news/educazione/2016/8/3/scuola-pillole-del-sapere-la-sentenza-della-corte-dei-conti-che-la-giannini-non-puo-ignorare/717312/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/24/ministero-dellistruzione-a-roma-aperta-uninchiesta-per-bandi-su-misura/635955/

https://www.iltempo.it/cronache/2016/07/26/news/il-grande-bluff-delle-pillole-del-sapere-1016138/

questi a seguire sono i documenti che provano quanto raccontato sopra, ovviamente non sono tutti, ma credo che bastino per dare veridicità ad un racconto che altrimenti potrebbe sembrare surreale ed inventato:

questa è la lettera con cui prese avvio ufficialmente il progetto Co.Ge

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/lettera-avvio-coge-biondi.pdf” title=”lettera avvio coge biondi”]

questa è una delle scuole su cui facemmo l’ispezione nel 2010

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/borsellino-articolo.pdf” title=”borsellino articolo”]

questo è l’ente di formazione citato nell’articolo sopra e da noi segnalato

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/assunzioni-edyuform.pdf” title=”assunzioni edyuform”]

questa è la lettera di buon servizio ricevuta

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/44-faletti-miur-lettera-paluso-Filisetti-protocollata-2013.pdf” title=”44 – faletti miur lettera paluso Filisetti protocollata 2013″]

questa è la lettera in cui venivamo accusati di far troppe ispezioni, e leggendo gli articoli di cui sopra appare molto ridicola

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/parte-lettera-su-troppe-ispezioni.pdf” title=”parte lettera su troppe ispezioni”]

relazione di società di consulenza su mio operato

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/MIUR_Progetto-Co.Ge_._Relazione-tecnica-0.34-relazione-di-kpmg.pdf” title=”MIUR_Progetto Co.Ge._Relazione tecnica 0.34 relazione di kpmg”]

alcune delle tante lettere di ringraziamenti

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/06-LETTERA-ministro-da-borini.pdf” title=”06 – LETTERA ministro da borini”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/07-lettere-varie-complimenti-progetto-coge.pdf” title=”07 – lettere varie complimenti progetto coge”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/IC-MISANO.pdf” title=”IC MISANO”]

la mia prima lettera di dimissioni del 7 febbraio 2012

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/41-prima-lettera-di-dimissioni-7-2-2012.pdf” title=”41 – prima lettera di dimissioni 7-2-2012″]

la seconda e definitiva lettera di dimissioni del 5 settembre 2012

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/42-dimissioni.pdf” title=”42 – dimissioni”]

Alcuni articoli sulle nostre iniziative

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/60-mio-articolo-con-intervista-ad-ispettore-ex-miur-Fondi-Europei_-luci-ed-ombre-forse-più-buio-profondo…pdf” title=”60 – mio articolo con intervista ad ispettore ex miur Fondi Europei_ luci ed ombre, forse più buio profondo..”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/30-IlSole24ore-20mag12-Sostegni-privati-per-le-scuole.pdf” title=”30 – IlSole24ore 20mag12 – Sostegni privati per le scuole”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/31-sole-24-ore-23-marzo-2012.pdf” title=”31 – sole 24 ore 23 marzo 2012″]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/34-2012_03_23_Corriere_AdriaticoAN_Miur.pdf” title=”34 – 2012_03_23_Corriere_AdriaticoAN_Miur”]

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una delle tante lettere anonime ricevute

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Condannato per diffamazione Giusto Scozzaro, ex segretario provinciale CGIL Palermo

Vita da sindacato: quando manca la logica nelle cose

 

 

 

 

 




La prima volta della governance…

Per la prima volta in Italia la I Edizione della Governance Week, una settimana di incontri ed approfondimenti sul tema della Corporate Governance.

Dal 18 al 22 novembre, allo IULM di Milano, Edificio 6 – Via Carlo Bo 2 avranno luogo una serie di incontri per formare i top manager, addetti ai lavori, ma anche per informare gli azionisti societari, sulla relazione tra GOVERNANCE E MANAGEMENT.

Tradizionalmente si passa dal generale al particolare, dal macro al micro, dall’alto al basso. La relazione tra Governance e Management rispetta questo schema: dalla strategia all’execution. La Governance Week stimola invece la discussione sul paradigma inverso: dal Management alla Governance, interrogandosi su quali siano le principali istanze di business e i trend evolutivi globali che gli organi di governo dovrebbero maggiormente considerare. L’iniziativa è a numero chiuso e la partecipazione è gratuita.

Ma perché la corporate governance è così importante? perché è la linfa vitale di ogni azienda, è la corrente etica che percorre ogni ganglio aziendale, più è preparata, più è corretta e più l’azienda avrà un futuro.

Quante aziende oggi fallite o sommerse da scandali sarebbero ancora sul mercato se avessero avuto una corporate governance preparata ed etica?

Chi governa un’azienda, chi siede nel CDA quindi decide le strategie, dovrebbe essere una persona preparata, etica, orientata al futuro, e chi investe in un’azienda dovrebbe prima di tutto guardare alla composizione del CDA, alla sua preparazione ma anche alla sua indipendenza.

Formare ed informare per il bene di tutti, questo il motto della settimana sulla governance, formare i manager perché possano sedere in cda in modo competente per il bene dell’azienda e dei suoi investitori ed informare la gente che investe i propri soldi su cosa guardare di un cda per poter investire con consapevolezza e coerenza.

 

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/Programma-dettagliato.pdf” title=”Programma dettagliato”]

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I quaderni della privacy

I Quaderni della Privacy, uscirà nelle prossime settimane un importante lavoro sull’argomento privacy.

i quaderni della privacy

Ogni quaderno rappresenta un argomento topico (dpo, registro, dpia, nomine, particolarità del settore scolastico, etc) in modo da rendere semplicissimo l’approccio ad ogni punto.

Il libro è impostato per argomento e scritto in modo semplice ed efficace, cercando di rendere alla portata di tutti un argomento complesso gli autori Faletti, De Duro e Caristi si occupano di privacy da più di un decennio e sono specializzati anche nel settore scuola.

il libro sarà in vendita i primi di dicembre a 24,00 euro.

i quaderni della privacy
quarta di copertina