Coronavirus: epidemia massmediologica

La corrente pandemia di coronavirus fa risaltare alcuni aspetti sociologici e comunicativi molto importanti: primo, la polarizzazione dell’informazione mediatica sulla pandemia, che porta ad avere da un lato una enorme risonanza in termini di informazione quantitativa (dati cifre, numeri) dall’altro un forte impatto sulle emozioni degli utenti (televisivi e della stampa in genere).

Secondo, i servizi video-giornalistici enfatizzano per lo più i lati negativi della pandemia, quali il forte tasso di morbilità (contagio) e la sostanziale difficoltà nel contrastarla.

La combinazione di questi due fattori genera nel largo pubblico un senso di scoraggiamento, di esasperazione, di turbamento profondo e non giovano né alla risoluzione della pandemia né al sistema psico-neuro-immuno-endocrinologico di chi passa da un notiziario all’altro.

Questa polarizzazione, poi, sembra essere orientata solo alla reiterazione del problema in sé e non alla ricerca o alla divulgazione di soluzioni effettive, cioè sostanzialmente dà per scontato quanto di efficace vi sia ancora all’opera per sostenere il sistema nazionale (per esempio l’azione encomiabile del volontariato, senza il quale lo Stato collasserebbe in pochi giorni) e perciò appare evidente una corsa verso l’aggravamento e non verso la soluzione del problema.

Dispiace non avere notizie più trasparenti ed incoraggianti sull’impegno e sulle risorse messe a disposizione di chi rischia la vita per gli altri, dai volontari fino ai medici, alle forze dell’ordine e ai semplici impiegati di banca, tabaccai, edicolanti, farmacisti e cassieri dei supermercati che, ricordiamoci, rischiano la vita ogni giorno nel silenzio, in attesa del consueto “bollettino di guerra” serale, un conteggio freddo, burocratico, quasi asettico, di morti e guariti, ma senza quel calore, quella partecipazione sociale e quell’infusione di coraggio che tutti avrebbero bisogno di sentire.

Preoccupa poi soprattutto il fenomeno della parcellizzazione sociale: le persone separate dai nuclei famigliari perché sole o lontane, chi non può muoversi e soprattutto gli anziani, le vittime silenziose di questa tragedia. Eh si, perché, come si sente dire spesso “le case di riposo sono piene di coronavirus”, quasi che fossero dei lazzaretti dove l’anziano malato può solo tacere … e morire.

L’anziano, colui che ha costruito l’Italia, colui che ha sostenuto la sua famiglia fino ad oggi, anche attraverso la sua pensione, pilastro della famiglia, diventa così la vittima silenziosa di un sistema che non gli appartiene più e dal quale può solo uscire in sordina, in punta di piedi, dalla porta posteriore di una casa di riposo, mezzo vivo o mezzo morto, manipolato della freddezza dei guanti in latice, senza dire una parola e nemmeno vedere i volti dei suoi soccorritori, avvolti delle mascherine protettive.

Condotto in ospedale o direttamente ai luoghi di raccolta dei feretri, che poi vengono trasportati dall’esercito, sotto i riflettori impietosi di una stampa che sa valorizzare e spettacolarizzare l’audience, gli indici di ascolto, la notizia a tutti i costi, quella che “buca lo schermo” ma che purtroppo, spezza anche il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

 

La libertà di stampa

 




Italexit?

Il Coronavirus è entrato nelle nostre vite ed ha cambiato in pochi mesi abitudini e certezze.

La crisi virale e l’emergenza che ne è scaturita ha fatto emergere una parte della coscienza civile sinora, forse, sopita.

Di fronte alla paura della morte il bivio si fa più vicino e si sceglie la strada da seguire: unione o solitudine, sopravvivenza o sopraffazione, solidarietà o conflitto.

È uno stato dell’anima che si coniuga al singolare ma anche al plurale.

Riguarda Stati, comunità civili ed economiche fino a ciascuno di noi.

Nelle ultime settimane il divampare della pandemia ed il dibattito politico sulle misure di sostegno da applicare in ambito europeo hanno finito per dividere le comunità locali piuttosto che unirle in una comune lotta.

Il Consiglio d’Europa, con la pausa di riflessione imposta di fatto ieri ai Paesi più colpiti dal Virus dalla spirale recessiva e cioè Italia e Spagna principalmente, non ha fornito un’immagine unita e solidale.

Così, la guerra all’untore italiano o il blocco dei dispositivi di protezione diretti in Italia alla frontiera tedesca di qualche settimana fa tornano a far rumore, acquistano rilevanza e fanno male alla coscienza collettiva.

Si litiga per interessi contrapposti, per una visione diversa del vivere quotidiano di comunità separate, in realtà, da distanze spesso contenute.

Una lettura critica delle misure di sostegno adottate fino ad oggi non può che rinsaldare i nostri timori.

Nelle ultime ore, il provider finanziario Bloomberg ha pubblicato i dati, denominati in dollari usa, relativi alle politiche di stimolo adottate nei giorni precedenti dai principali paesi del mondo.

La Cina, l’economia che per prima ha dovuto confrontarsi con l’epidemia ha stanziato oltre 718 miliardi di dollari che rappresentano quasi il 6% del suo Prodotto Interno Lordo.

Gli Stati Uniti hanno dato corso ad un’operazione senza precedenti ovvero un’iniezione di liquidità para a 2158 miliardi di dollari, equivalente circa al 10% del Pil attraverso stimoli diversi estesi ad assegni per le famiglie e copertura delle spese sanitarie.

La situazione in Europa, purtroppo, non è stata la stessa.

La Germania ha varato a stimoli per oltre 611 miliardi di dollari, vicini al 16% del proprio Pil.

La Francia si è impegnata ad immettere sul sistema economico 380 Miliardi pari al 14% del Pil.

L’Italia è riuscita finora a varare misure di sostegno per circa 27,8 miliardi di dollari che rappresentano l’1,4% del Pil.

L’unione Europea, ha preso la decisione di assistere l’Eurozona con 41 miliardi di dollari attraverso operazioni a favore delle banche (Quantitative Easing e TILTRO Facility).

Il confronto tra i dati è disarmante.

Il sistema dei due pesi e delle due misure rischia di ritardare in modo significativo l’avvio delle misure di sostegno indispensabili per le famiglie e l’imprese soprattutto in Italia.

Senza un Nuovo Piano Marshall a difesa dell’Europa non sono soltanto a rischio le fondamenta politiche delle istituzioni comunitarie.

Senza interventi immediati è a rischio la pace sociale dei paesi più esposti alla crisi pandemica ed economica.

Senza interventi, dell’Europa per l’Europa, sono a rischio le alleanze internazionali poste in essere dal secondo dopo guerra.

Nei prossimi giorni la politica italiana dovrà essere unita e procedere nelle richieste formulate senza indugi e senza cedere alle condizioni imposte dal Meccanismo Europeo di Stabilità.

È un impegno per il nostro paese ma anche per il futuro stesso dell’Unione Europea, politica e monetaria.

 

 

 




La Generosità Circola: la cordata di solidarietà degli imprenditori italiani contro COVID-19

La Generosità Circola: la cordata della solidarietà delle aziende italiane a favore di chi combatte contro il COVID-19

La solidarietà che alleggerisce l’angoscia

Alla fine di tutto questo, le persone si ricorderanno solo se siamo stati umani o no

Questa è l’unica certezza che chi scrive si sente di avere in questo periodo eccentrico e, forse, è l’unica cosa che alleggerisce l’angoscia.

Chi scrive, come tanti, è fortunata perché è circondata da persone profondamente umane che, nonostante la sofferenza lavorativa, continuano a chiedersi come aiutare gli altri, le istituzioni e chi si sta sforzando di dare sempre di più sul campo.

La condizione dei piccoli e medi imprenditori italiani non è facile, non lo è per niente.

Ma la cosa più straordinaria e oltre il limite è che anche loro dimostrano di essere eroi.

La nascita del progetto

L’altro ieri parlavo con un mio amico che ha una osteria a Rovereto (TN), lui è un uomo dalla caratura umana molto alta; anche lui, come tantissimi colleghi, ha subìto il fortissimo colpo della chiusura. 

Anche lui, come tanti colleghi, sta facendo i conti con le spese e i piani di sostenibilità.

Anche lui, come tanti altri colleghi, vuole dare il suo contributo a chi si impegna e combatte contro COVID-19.

L’altra mattina il mio amico mi ha chiesto un consiglio: aveva deciso di dare il suo contributo ma non sapeva come perché nella sua zona, fortunatamente, i servizio mensa dell’ospedale non è al collasso quindi non servono pasti caldi per gli operatori.

Quando però ha capito che la risorsa utile in questo momento sono i fondi, ha ideato il “canederlo del sorriso”.

Una iniziativa di raccolta fondi basata sulla vendita del suo piatto forte: il canederlo.

L’intero importo raccolto andrà devoluto in beneficenza alla sua Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.

La circolazione della generosità

A me l’idea è piaciuta talmente tanto e tanto mi ha commossa che ho chiesto l’autorizzazione al mio amico, Paolo Torboli, di poter coinvolgere anche altre aziende, lui ha generosamente acconsentito e ho passato le ultime 24 ore a chiamare e sensibilizzare quanti più piccoli imprenditori possibile in tutta Italia.

Poiché la generosità circola e lo fa velocemente e con entusiasmo, subito in tanti si sono mossi, così è nata La Generosità Circola“: il progetto di raccolta fondi promosso da noi di Betapress.it per ispirazione di Paolo Torboli dell’Osteria Il Pettirosso.

Ognuno sta contribuendo con un piccolo segno: chi offre un gadget, chi un servizio estetico, chi altro…

Alcuni hanno già aderito e contattato i loro clienti, altri si aggiungeranno in corso d’opera perché, davvero, mancava il tempo tecnico per organizzarsi.

Il ruolo di Betapress

Ovviamente a questa maratona di generosità non potevamo non partecipare anche noi di Betapress; così, nella mia qualità di caporedattore e consulente di comunicazione e grazie agli strumenti messimi a disposizione dal gruppo editoriale e dai colleghi tutti, abbiamo scelto di sostenere queste aziende con il totale supporto comunicativo del caso: cli imprenditori che aderiranno saranno aiutati nella preparazione dei testi e dei materiali nonché nella loro divulgazione.

I partecipanti

Ad oggi, meno di 24 ore dal primo passa parola hanno aderito 10 aziende che ho il piacere di indicare di seguito

OSTERIA DEL PETTIROSSO, di Rovereto (TN) il nostro simbolico capofila che, con l’iniziativa Il Canederlo del sorriso, devolverà in beneficenza l’intero importo di un Canederlo del costo di €12,00.

K2 Progetto Corpo, di Caronno Pertusella (VA) che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo! devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

La Dolce Vita “the beauty lounge experience”, di Novara che con l’iniziativa Bellezza per la solidarietà devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di un buono bellezza al costo di €10,00.

Angolo di Paradiso, di Allumiere (ROMA) che con l’iniziativa Il baffetto della solidarietà devolverà in beneficenza l’intero importo di un servizio di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Sublimando 2.0 di Oliviero Denni, di Carpi (MO) che con l’iniziativa La ricarica del sorriso devolverà in beneficenza l’intero importo di un Caricatore Wireless al costo di €10,00.

SpecialGas, di Carpi (MO) che con l’iniziativa La ricarica del sorriso devolverà in beneficenza l’intero importo di un Caricatore Wireless al costo di €10,00.

Revolutionbody, di Biella che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Amalaki di Messina Rosalba, di Bergamo che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo  devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti e sopracciglia al costo di €13,00.

Magnolia di Stefania Guariso, di  Moncalieri (TO) che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo, devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Riflesso Evolution, di Montebbelluna (TV) che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo, devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Purtroppo questa azione non è adatta a tutti i piccoli imprenditori, ci sono quelli che non hanno beni o servizi adatti a questa raccolta fondi, però ci hanno tenuto tanto a farci sapere che loro volevano esserci pur donando in forma autonoma ai loro Enti locali.

È il caso di 

ACF GROUP s.r.l. – Assicurazioni Credito Finanza e ACF Finance di Antonio Consiglio di Parma

Vi ringraziamo, vi ringraziamo di cuore tutti quanti.

Unisciti all’iniziativa

Se qualcun altro volesse contribuire a questa iniziativa, mi contatti all’indirizzo chiara.sparacio@betapress.it: sarà per me un piacere contattarlo e dare tutte le informazioni del caso.

Aggiornamenti

Alla fine dell’emergenza, quando tutti noi potremo andare a ritirare il nostro acquisto, noi di betapress pubblicheremo un nuovo articolo e vi racconteremo quante imprese si sono unite e quanto hanno raccolto, sarà bello e importante per noi festeggiare tutti assieme.

Alla fine di tutto questo, le persone si ricorderanno solo se siamo stati umani o no




A letto con il nemico.

 

Le restrizioni decise dai vari paesi per contenere il coronavirus stanno provocando un incremento delle tensioni familiari, con episodi quotidiani di violenza domestica, soprattutto sulle donne.

Per questo movimenti femministi, varie associazioni di tutela della donna e persino alcuni governi si stanno organizzando per monitorare il problema e cercare di arginarlo con la diffusione di informazioni utili.

Secondo le Nazioni Unite, la pandemia avrà un doppio effetto sulle donne.

Lo stop forzato delle scuole e dei centri diurni per gli anziani o per le persone non autosufficienti, soprattutto disabili psico-fisici, sta incrementando il carico di lavoro domestico e di cura alla persona, evidentemente non retribuito.

Come ben sappiamo, il peso di tutto questo, da sempre, e ancor più adesso, ricade principalmente sulle donne.

Inoltre, anche fuori casa, i settori di lavoro con la maggiore esposizione al virus sono principalmente femminili: le donne rappresentano il 70% del personale nel settore sanitario e sociale a livello globale.

Come se non bastasse, esiste un divario retributivo medio di genere del 28%, che si può aggravare in tempi di crisi con anche conseguenze future.

Infine, ciliegina sulla torta della questione femminile, ci sono i rischi di una maggiore esposizione alla violenza domestica e la sospensione del servizio di salute sessuale e riproduttiva.

In questa situazione, la coesistenza obbligatoria può diventare, ancor più, un pericolo per le donne che sono vittime di violenza di genere.

Restare a casa e condividere costantemente lo spazio con il proprio aggressore, per molte donne, potrebbe, non solo non essere più sicuro, ma, addirittura, creare l’occasione per compromettere ulteriormente la propria incolumità.

Prova ne è la Cina in cui, questi effetti domino delle restrizioni imposte per il coronavirus, si sono già verificati.

Dal 6 marzo, secondo un’organizzazione non governativa cinese che lavora con le donne, il numero totale di casi di violenza domestica nella prefettura di Jingzhou, nella provincia di Hubei, è salito a oltre 300, e a febbraio 2020 il numero di casi è raddoppiato rispetto al febbraio 2019.

Secondo uno degli attivisti che ha fondato l’ong, «l’epidemia ha avuto un impatto enorme sulla violenza domestica».

Nel Regno Unito, Claire Barnett, responsabile di UN Women, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dedicata alla parità di genere e all’emancipazione delle donne, ha spiegato che esistono «prove evidenti» che in tempi di incertezza economica e di instabilità sociale, l’abuso domestico aumenta. «Quando le comunità subiscono ulteriori stress, i tassi di violenza aumentano».

Anche, Marise Payne, ministra delle Donne australiane, ha affermato che garantire la sicurezza delle donne e dei bambini dalla violenza è «fondamentale ogni singolo giorno» e che questo «non cambia nell’attuale contesto».

«È fondamentale in questo momento difficile che le persone che hanno bisogno di servizi di sostegno per violenza familiare sappiano che tali servizi sono presenti e sono in grado di sostenerle».

Anche in Spagna, il ministero della Giustizia, ha incluso i tribunali che si occupano di violenza di genere tra quelli che continueranno a essere operativi, per «garantire l’emanazione di ordini di protezione e di eventuali misure precauzionali in materia di violenza contro donne e minori».

L’isolamento è una delle caratteristiche più comuni delle relazioni abusanti, ed è già dimostrato come la violenza domestica aumenti durante le ferie.

E’ evidente come, per tante donne andare al lavoro o accompagnare i bambini a scuola significa poter sfuggire, anche solo per poco, alle dinamiche di violenza domestica.

Spesso, per le vittime, queste sono occasioni per sottrarsi al potere ricattatorio, colpevolizzante, umiliante del loro carnefice.

In tempi normali, pur consapevoli della violenza in cui vivono ogni giorno, le donne trovano la forza per andare avanti così, con una “boccata d’aria” quotidiana.

Al momento questo non è possibile.

L’incubo implode ed esplode tra le quattro mura. L’imposizione ed il protrarsi dell’isolamento amplifica il rischio a cui queste donne sono esposte, trovandosi a dover condividere per tutto il giorno lo stesso spazio con l’aggressore.

Non solo: una donna vittima di violenza domestica, chiusa in casa h/24 con il suo aggressore, come fa a chiedere aiuto?!?

Strutture di accoglienza per donne vittime di violenza chiuse o fortemente limitate nella loro attività.

Difficoltà di accesso ai vari servizi di supporto e ai luoghi di rifugio.

Queste sono le circostanze attuali che scoraggiano del tutto le donne dal fare segnalazioni.

E, spesso, il rimandare la richiesta di aiuto può essere fatale.

Qualche giorno fa la magistrata della procura di Milano, Maria Letizia Mannella, ha spiegato che da quando è iniziata l’emergenza coronavirus c’è stato anche un apparente calo nelle denunce per maltrattamenti.

Ma, attenzione, «Ci basiamo solamente sull’esperienza perché è ancora presto per avere dei dati certi, ma possiamo dire che le convivenze forzate di questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine».

In Italia – dove l’81,2 per cento dei femminicidi, nel 2019, è avvenuto all’interno della famiglia – è nostro dovere segnalare che si stanno attivando i movimenti femministi come Non Una di Meno con lo sloganNon sei sola” per rilanciare il numero antiviolenza e stalking 1522, che è attivo anche in questi giorni 24 ore su 24 e che è gratuito.

Dal sito è inoltre possibile chattare direttamente con un’operatrice.

La rete dei centri antiviolenza sta poi segnalando le possibilità rimaste attive sul territorio italiano, e in alcuni spazi femministi sono stati aperti dei canali diretti via chat, perché chiuse in casa non sempre sarà possibile telefonare.

Infine la piattaforma “Obiezione Respinta” – partendo dal presupposto che in Italia non sempre è facile accedere a un’interruzione di gravidanza e che l’emergenza sanitaria in corso ha aggravato la situazione, poiché alcuni ospedali hanno dovuto ridurre gli accessi o trasferire il servizio di IVG – ha creato una rete di solidarietà per monitorare lo stato del servizio di interruzione volontaria di gravidanza, fornendo punti di riferimento e aiuto a chi ha bisogno di abortire. È stato dunque aperto un canale Telegram a cui fare riferimento.

Purtroppo, in Italia, il ministero delle Pari opportunità non è per ora intervenuto in modo specifico sulla questione della violenza domestica, ma sta rilanciando soprattutto le misure economiche speciali approvate «per le famiglie».

Speriamo, che passata l’emergenza coronavirus, non si faccia il conto delle vittime, non solo per covid 19, ma anche per violenza domestica!

 

 




Piano Marshall UE, sarà vera gloria???

 

La Pandemia non mostra segni di cedimento, ma in questi giorni ha assunto dimensioni per quantità, oltreché per estensione, di rilevante entità tali da restituire alla politica quella dignità che le teorie sulla immunità di gregge, ipotizzate da qualche premier, avevano un po’ annebbiato.

Nella giornata di ieri, in sede EU la riunione dell’Ecofin che raccoglie i ministri economici dei singoli paesi aderenti, ha provveduto, come del resto già annunciato nei giorni precedenti, alla sospensione dei Patti di Stabilità, cioè, dei “ratios” tra Deficit e Pil che gli accordi in sede europea del 1997 avevano convenuto dover essere inferiori al 3%.

Una decisione importante che permetterà ai singoli paesi il varo di misure economiche in disavanzo, almeno per i prossimi mesi.

L’Ecofin ha preso in rassegna, inoltre, le modalità attraverso le quali intervenire in sede europea per contrastare i danni economici e dotare le comunità degli strumenti finanziari necessari al contenimento ed alla cura della pandemia.

Le proposte in agenda riguardano, tre ipotesi di intervento.

Si parla, infatti, di Linee di Credito per l’Emergenza, di Linee di Credito con condizioni rafforzate (ECCL, Ehnanced Conditions Credit Line) erogate dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e della proposta, avanzata dall’Italia, in ordine all’emissione di “Coronavirus Bond” da parte dei singoli stati, garantiti dalla Bei (Banca Europea degli Investimenti).

Tutti gli strumenti sarebbero riconducibili all’utilizzo del Mes che, pertanto, dovrebbe essere ratificato nonostante l’opposizione dell’Italia e della Spagna ed, in sede nazionale, di tutte le forze di opposizione.

Il Mes lo ricordiamo è un’entità istituita nel 2012 con lo scopo di proteggere il sistema economico e garantire un accesso agevole al credito a disposizione dei paesi dell’Unione Europea.

Il Mes istituito come fondo è venuto ad assumere, ben presto, la forma di un’organizzazione intergovernativa con il potere di imporre scelte economiche ai paesi aderenti.

Tra gli strumenti di intervento del Mes ci sono l’adozione di linee di credito per i paesi in difficoltà e l’acquisto di titoli sul mercato secondario.

Non solo buone notizie, purtroppo.

Il Mes, infatti, impone, nei confronti dei paesi che ne fanno ricorso e non rispondenti a parametri di equilibrio nei conti pubblici, programmi di correzione macroeconomica e sanzioni fino alla sospensione del diritto di voto del paese stesso in caso di ritardo nei tempi di rimborso degli aiuti ricevuti.

Non colpisca, a questo punto, che tutto ruoti intorno ai cosiddetti “requisiti di condizionalità” sottostanti alle politiche di sostegno finanziate dal Mes al centro del dibattito in questo momento.

La condizionalità opera, infatti, nella direzione di prevedere programmi di aiuti “non” assistiti da clausole e condizioni di rimborso drastiche, alla luce del principio che la crisi pandemica ha avuto origini esterne dalla finanza dei singoli paesi.

Un orientamento, che è utile ricordarlo non vede d’accordo l’Olanda, la Finlandia e la stessa Germania caratterizzati da migliori condizioni di finanza pubblica.

È evidente che dietro la forma ed i distinguo politici ci sono circostanze oggettive ma anche tecnicalità economiche e giuridiche.

Le condizioni, infatti, per ottenere un prestito, sono rappresentate dalla capacità e dalla volontà di rimborso e dal sistema delle garanzie offerte che hanno, tuttavia, carattere accessorio.

La volontà di rimborso è connaturata alle fondamenta democratiche e solidali dell’Unione Europea e non è certamente in discussione.

Resta centrale, quindi nell’”insight” delle modalità di accesso alle linee di credito o ai Coronavirus Bond, la Capacità di Rimborso del paese richiedente.

La capacità di rimborso, sia nel settore privato che in quello istituzionale, dipende dalla ricchezza che si produce ogni anno e pertanto dai parametri di crescita.

In un contesto recessivo, cioè nel quale l’economia decresce, il rimborso delle passività dovrebbe essere accompagnato da periodi di rimborso lunghi e tassi di emissione particolarmente vantaggiosi.

Se guardiamo alle stime macro pubblicate in queste ore da Goldman Sachs ci rendiamo conto che l’economia italiana potrebbe flettere, nel corso del 2020, del 11.6% con un aumento del Deficit che potrebbe raggiungere il 10% del Pil.

Previsioni molto severe che non faranno certo il gioco del nostro paese alla riunione del Consiglio Europeo prevista per giovedì 26 marzo.

I paesi virtuosi, Germania in testa, avranno il timore che l’Italia, data la fragilità dei conti pubblici, il perdurare della pandemia e della recessione economica, non sia in grado di fare fronte ai rimborsi previsti dal piano di aiuti.

Più agevole sostenere, pertanto, la necessità di riservarsi la carta di imporre scelte draconiane di politica economica e tagli alla spesa pubblica secondo gli schemi già attuati durante la crisi greca.

È evidente, tuttavia, che la contrapposizione tra paesi virtuosi e le economie periferiche in atto, in queste ore, debba trovare un elemento di mediazione che consenta un’ iniezione importante di liquidità nel sistema e rimandi tensioni implosive a tempi migliori.

Un Piano Marshalldi al quale affidare il sostegno illimitato delle strutture produttive, e del modello di consumi di famiglie ed imprese.

Nel frattempo i paesi aderenti potranno lavorare ad una versione più attuale del Mes ed i governi nazionali a misure domestiche di rilancio dell’economia e tutela delle classi sociali più deboli.

La strada è, purtroppo, in salita.

Il Paese dovrà debellare il male e nel frattempo far ripartire il motore economico con serietà e competenza.

Per far questo occorreranno scelte importanti aperte alla più ampia condivisione delle forze politiche.

Il timore è che la strada impegnata dall’esecutivo, quella cioè dell’emergenza senza alcuna visione d’insieme, potrebbe essere, ancora una volta, la più facile, quella della tanto temuta imposta patrimoniale, dell’ Imu sulla prima casa ed dell’aumento delle aliquote Iva.

Per fortuna c’è ancora un giorno per pensare ed i contagi sembrano diminuire. E questa è una bella notizia.

 




La scuola siamo noi di Angela Ferraro

La scuola siamo noi

 

Una volta tanto mi fa piacere impiegare una frase o delle parole che seppure molto usate, non perdono significato nel loro riutilizzo, ma diventano più forti, al contrario di quanto accade a termini stra-abusati, ed oggi se ne fa abuso a iosa, che si sviliscono e perdono la loro funzione significativa.

E quindi, “La scuola siamo noi”, persone che la vivono quotidianamente, per cui tutto ciò che è burocrazia liturgica e struttura, ne rappresenta solo il contorno e mai la sostanza. Questo momento di “sospensione” in cui non si sospende tuttavia la relazione umana ed educativa con gli allievi, ce lo evidenzia nel modo più forte.

E’ vero, manca l’incontro fisico, il contatto, la struttura contenitore con le sue liturgie: dalla campanella, all’appello, alla chiacchera con il compagno di banco, pur tuttavia da questo campo di mancanze, spunta prepotente il germoglio della ricerca del contatto, del rinsaldamento della relazione con i docenti, quelli che ti cercano, che sono disponibili ben oltre il solito orario, a supportarti e offrirti un punto di arrivo di un filo di comunicazione che è più saldo di prima.

La motivazione che guida questi docenti non è il mero adempimento lavorativo o l’adesione ad una indicazione ministeriale, bensì è volontà di essere con gli studenti, di immaginare e collocare la scuola in uno spazio altro, non fisico ma relazionale, che non solo continua ad esistere ma diventa paradossalmente più vivo.

Tutti rimarcano che in questo momento la scuola si scopre classista, nel divario socio-economico derivante dalla disponibilità o meno dei device per realizzare la cosiddetta “didattica a distanza”. Eppure basta un cellulare (ovviamente mi riferisco alla scuola secondaria di secondo grado) per parlarsi, contattarsi, vedere video, scrivere elaborati, fare videochiamate e via discorrendo.

Allora ciò che fa la differenza, ancora una volta, è la parte umana, la voglia di “restare” con i propri alunni, di star loro vicino, di continuare a seguirli in quel processo che è si didattico ma soprattutto formativo ed umano. Noi docenti siamo per loro modelli e punti di riferimento umani e culturali, questa “sospensione” ci offre l’opportunità per rinsaldare legami, per coltivare confronti, idee e relazioni in un momento di angoscia e paure collettive.

E di angosce ora i ragazzi ne hanno molte, perché non tutti i giovani sono quelli degli aperitivi, delle manie di onnipotenza o del menefreghismo nei confronti dei più anziani o dei più deboli, molti dei nostri ragazzi partecipano più di prima a tutto ciò che la didattica a distanza consente, nelle varie situazioni specifiche, si mostrano empatici, maturi, dotati di sensibilità sociale e umana, in grado di rispondere alle sollecitazioni dei docenti che li contattano, in modo ben superiore alle aspettative.

Dunque la scuola non si è affatto né fermata, né chiusa, né si può identificare col freddo e impersonale assegnare compiti da svolgere, quella non è scuola, ma pseudo-adempimento burocratico.

La scuola è l’insieme di quei docenti che si adoperano, per fortuna molti, e tutti gli studenti che partecipano. La scuola sono le relazioni che nessun decreto né emergenza può fermare, perché fioriscono e crescono anche sui terreni più difficili ed impervi.

 

Angela Ferraro

Docente di liceo

 




LA MUSICA DA “GUARDARE”

In questi mesi siamo protagonisti, nostro malgrado, di un’emergenza sanitaria globale che rivoluzionerà il futuro del mondo per come l’abbiamo conosciuto finora.

Anche la musica subirà un profondo e, mi auguro radicale, cambiamento. A mio modesto parere, già oggi si stanno delineando due grandi areali: il primo in cui la persona è al centro ed il secondo in cui è sacrificabile.

Non essendo né un economista né un esperto di geopolitica evito di addentrarmi troppo in questo delicatissimo argomento, c’è un fattore però, legato ai nuovi contesti, che è sotto gli occhi di tutti e che, volenti o nolenti riguarda tutti.

L’imperialistico Regno Unito inneggia al darwinismo sociale mentre la Repubblica Popolare Cinese, lontana dalla democrazia e dai diritti umani, invia aiuti sanitari (negati in principio dagli “amici” dell’Europa; n.d.a.), denaro e personale medico e paramedico all’Italia, uno dei paesi maggiormente colpiti dall’epidemia.

Una tragedia globale come quella di oggi porterà a riflessioni profonde riguardanti l’intera umanità e questo è positivo, l’uomo dovrà tornare al centro e la musica avrà, a mio avviso, un ruolo fondamentale per la riscoperta dei veri valori.

I falsi profeti delle nuove correnti musicali (sostenuti dai talk show e dai talent), i profeti del cinismo, del becero ed irritante edonismo mediatico, del disprezzo delle regole sociali, lasceranno il posto a chi intonerà inni alla vita e alla morte e racconterà dell’uomo, della sua esistenza, della sua anima, del suo cuore, domande queste che portano ad un’unica vera riflessione: per cosa veramente vale la pena vivere? Tutto ciò, in modo straordinario è stato testimoniato in questi ultimi giorni: il “coinvolgimento digitale” di centinaia di artisti e musicisti noti (e sconosciuti) al grande pubblico che, rigorosamente dalle loro abitazioni, hanno lanciato un grido di solidarietà per vincere la guerra che ognuno di noi è chiamato a combattere.

Sangiorgi (Negramaro), Jovanotti, Bocelli, il Blasco Nazionale, Ligabue, Ferro, Sarcina (Vibrazioni), Agnelli (Afterhours), Britti, Pinguini Tattici Nucleari (intervistati da noi di Betapress a maggio 2019; n.d.a.) e moltissimi altri (che vi invito a vedere martedì 31 marzo alle 20.30 su RAI 1 ed in streaming; n.d.a.) hanno lanciato una campagna di raccolta fondi per il Sistema Sanitario Nazionale e per la Protezione Civile.

Il mondo dell’arte e della musica oggi ci stanno consegnando un messaggio forte di solidarietà: la persona al centro! Ridisegnare la mappa dell’intrattenimento musicale e della discografia sarà una sfida che ci auguriamo possa iniziare al più presto perchè il dramma che ci sta affliggendo non sia capitato invano.

Ma allora cosa serve veramente in questi giorni di isolamento? Qual’è il ruolo della musica in questo triste momento?

Quanto importante sarà la musica e l’arte in un futuro, speriamo prossimo, di ripresa? Chi guardare (ed ascoltare) allora? Dobbiamo guardare ed ascoltare artisti che ci tocchino il cuore, dobbiamo guardare a chi parla di me, di te, di quel che sono io, di quel che sei tu.

Una cara amica anni fa mi chiese di accompagnarla all’Alcatraz di Milano ad uno dei primi concerti da solista di Robert Plant (storico frontman dei Led Zeppelin; n.d.a.) e la cosa che mi colpì, oltre al sound devastante e l’incredibile presenza scenica, fu guardare ed ascoltare la straripante bellezza e la profondità dei pezzi proposti e cantati con una voce struggente. Alla fine lo incontrammo nel backstage per un breve dialogo e Plant ci accolse cordialmente rispondendo a tutte le nostre domande… un grande!

Il mio augurio è che in questo momento di autoisolamento domiciliare si possano riscoprire gli Artisti veri, quelli con la “A” maiuscola: Artisti, Cantanti, Musicisti… da guardare!

Vi lascio con un brano scritto pochi giorni fa “per me e per te”, per il dramma di tutto il popolo italiano, dal leader degli U2, Bono Vox: “Let Your Love Be Know”.

 

https://www.youtube.com/watch?time_continue=20&v=m8esAuYRyYI&feature=emb_logo

 

Perth

PERTH




Andrà tutto bene … parte terza

Il protrarsi dell’emergenza sanitaria sta generando un blocco dell’economia che porterà ad un forte ridimensionamento delle attività produttive in tutti i settori. Stiamo assistendo al calo delle vendite, all’annullamento di contratti commerciali e incarichi professionali, alla cancellazione diffusa di eventi, manifestazioni, ordini e prenotazioni sia in ambito turistico che business nonché alla mancata o ritardata consegna di merce al cliente.

È evidente che uno dei settori su cui l’epidemia sta impattando maggiormente è il settore turismo.

In Italia, il segmento del turismo vale in totale 146 miliardi di euro: una cifra pari a circa il 13% del Pil, generata da una filiera di 216 mila esercizi ricettivi e 12mila agenzie di viaggio. 

 

La proliferazione del Coronavirus ha spinto diversi governi a considerare l’Italia tra i Paesi da sconsigliare, se non vietare, per i viaggi e le trasferte di lavoro. 

L’impatto si fa sentire pesantemente sul turismo italiano, con la proiezione di un tracollo senza precedenti nella stagione pasquale, il comparto ha subito cancellazioni pari a circa l’80% per le città e fino al 95% in montagna. Questo fenomeno non riguarda solo le zone colpite direttamente, ma tutto il Paese.

Gli operatori del settore sono molto preoccupati rispetto al calo delle prenotazioni per le settimane bianche e per la Pasqua e si teme anche per la stagione estiva che risulta già essere compromessa.

Solo il settore delle gite scolastiche – che sono state vietate – muove un business da 316 milioni di euro, ormai perso, anche alla luce del provvedimento di chiusura di tutte le scuole di ordine e grado almeno fino al 3 aprile p.v. A questo si aggiunge la cancellazione di eventi e manifestazioni pubbliche importanti come il Carnevale di Venezia, solo per citare la prima più eclatante, o il Salone del Mobile e altri importanti eventi fieristici intorno ai quali gravitano ingenti interessi economici.

Durante i mesi di febbraio e marzo, gli esercizi ricettivi italiani generalmente ospitano 14,5 milioni di turisti italiani e stranieri, per quasi 40 milioni di pernottamenti, questo è un periodo di intensa attività per alcune aree del Paese.

Bene, alla luce dei fatti, si è rallentato prima e si è fermato tutto adesso.

Napoli ha perso 15mila visitatori e si prevede una perdita del 30% per Pasqua; 

Venezia perde il 40%

Riviera Romagnola disdette di massa (teme ricadute anche per l’estate)

Lazio crollo delle prenotazioni del 60-70% relative anche ai mesi dopo la Pasqua. 

Milano debooking all’ 80%

Ritornando ai dati inerenti l’incoming, secondo uno studio condotto dell’Istituto Demoskopika, che ha tracciato una mappa dei possibili effetti sul turismo italiano a seguito dell’allerta coronavirus, nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa turistica di ben 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% del P.I.L. di cui il 70% in Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. 

Inoltre, l’ipotesi di base è che i viaggiatori che risiedono in paesi dove ci sono stati casi di coronavirus, spinti da sentimenti di paura e timore, continueranno a cancellare prenotazioni e limitare gli spostamenti anche dopo l’emergenza.

La sindrome da contagio, alimentata anche da scarsa e inadeguata informazione, rischia di produrre ricadute devastanti su gran parte dei sistemi turistici regionali.

Le pandemie nell’era dei social hanno pesanti effetti mediatici sull’immagine e la attrattività di un Paese.

Basta poco e crolla la domanda.

Territorialmente, subiranno le principali ricadute le destinazioni turistiche strutturalmente più apprezzate dai turisti internazionali, primi fra tutti cinesi, americani, tedeschi e inglesi.

L’impatto di questo scenario economico sul Made in Italy potrebbe essere difficilmente superabile dalle imprese italiane, soprattutto le più piccole, che costituiscono oltre il 95% del nostro tessuto produttivo, con ricadute pesanti non solo sui fatturati, ma sulla stessa occupazione in termini strutturali.

Siamo in una situazione emergenziale e servono, per questo, misure emergenziali.

Prima di addentrarci nella formulazione di proposte, bisogna sottolineare che, per reperire i fondi necessari a coprirne i costi, si dovrebbe utilizzare canali di finanziamento alternativi a quelli solitamente sfruttati, per esempio, risorse europee, relative alla programmazione 2014-2020, che ad oggi non risultano ancora spese, in tal senso urge un monitoraggio immediato.

Inoltre, sempre nell’ottica di un migliore utilizzo di risorse già esistenti, bisogna che il Governo riveda la nuova Programmazione 2021-2027, pianificando, almeno per il biennio 2021-2023, interventi specifici destinati a sostenere il sistema produttivo italiano, con un particolare focus sui settori Turismo e Cultura, con una rinnovata attenzione alle piccole e medie imprese che da sempre hanno difficoltà ad accedere a questa tipologia di risorse e che, invece, rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica.

Infine, il covid 19 è l’occasione per modificare Accordi di partenariato e regolamenti comunitari, che ingessano la spesa dei Fondi UE assegnati ad ogni singolo Paese.

Non si tratta di poter fare più deficit, che comunque genera debito per le generazioni future, ma avere l’adeguata flessibilità di risorse già programmate in contesti ordinari. 

Federterziario e Federterziario Turismo, propongono pertanto le seguenti misure:

  • la sospensione i pagamenti di tasse, contributi, Iva e tutte le cartelle esattoriali almeno per i prossimi 3 mesi con recupero a partire dal 1° gennaio 2021;
  • il temporaneo azzeramento delle sanzioni per i ritardati pagamenti di cartelle erariali;
  • sospensione dell’utilizzo degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il 2020, in considerazione dell’impatto negativo dell’emergenza sui bilanci d’impresa;
  • l’estensione della Cassa Integrazione in deroga a tutte le aziende, anche quelle con un solo dipendente;
  • il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa;
  • lo slittamento dei pagamenti di mutui e finanziamenti, con contestuale attivazione di un dialogo con il sistema bancario che porti all’adozione di misure in grado di concedere liquidità e prospettive alle imprese del settore turismo;
  • sospensione segnalazione automatica nella banca dati Crif;
  • la riduzione delle tasse di ancoraggio nei porti; 
  • azioni di promozione e rilancio del Made in Italy e dell’offerta turistica e culturale, anche attraverso iniziative di sostegno della domanda interna, quali il riconoscimento di detrazioni fiscali per le spese sostenute per viaggi e soggiorni presso strutture ricettive italiane.

Con la proposta della Commissione europea di sospendere di fatto l’applicazione del patto di stabilità con gli impegni di consolidamento di bilancio relativi per fronteggiare la crisi del coronavirus e la recessione ormai in arrivo, viene fatto un passo del tutto inedito: finora era stata usata solo la flessibilità sugli obiettivi di bilancio caso per caso.

Ora tocca ai ministri finanziari dare il via libera.

E, soprattutto agire di conseguenza, e qui inizieranno un mare di problemi…

 




I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

Facile criticare, in questo momento è fin troppo facile muovere critiche al governo ed a chi lo presiede, sono d’accordo, ma sarebbe anche un momento pericolosamente antidemocratico non farlo.

Facile adesso fare dietrologia, ma è difficile dimenticare la grave sottovalutazione fatta dal governo del fenomeno covid19, e la spavalderia con cui si sono dichiarate eccellenze sanitarie e preparazioni intoccabili giusto solo a fine gennaio 2020.

Difficile dimenticare come questo governo nei sui vertici bollava come semplice malattia, meno pericolosa dell’influenza, questa ormai pandemia mondiale, difficile in ogni caso non valutare come tutti i governi abbiano distrutto la sanità negli ultimi anni, sull’altare del pareggio di bilancio europeo.

Giusto? sbagliato? ad oggi sembrerebbe sbagliato!

Certo chi immaginava una pandemia mondiale?

Ebbene meraviglia delle meraviglie, Noi!

Proprio così, Noi avevamo, abbiamo, un piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, già dal lontano 2006.

Infatti nel 2006 a pagina 6 si diceva:

L’obbiettivo del piano e rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:
1. identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia.
2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia.
3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.
4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia.
5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media e il pubblico.
6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi.
Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:
1. migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica.
2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione).
3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi.
4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari e altri servizi essenziali.
5. Mettere a punto un piano di formazione.
6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione.
7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il  monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando e analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.
L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, cui parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia.
Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione epidemiologica.

Quindi lo sapevamo benissimo che poteva succedere!!!

ed addirittura dicevamo:

1] Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione

Per contenere gli iniziali focolai nazionali attribuibili a virus pandemico e ridurre il rischio di trasmissione vanno adottate:
– misure di sanità pubblica quali la limitazione degli spostamenti, l’isolamento e la quarantena dei casi e dei contatti
– strategie di utilizzo di farmaci antivirali sia come profilassi che come terapia
– strategie di vaccinazione.

 

2] Misure di sanità pubblica

Gli interventi di sanità pubblica che possono risultare efficaci per limitare e/o ritardare la diffusione dell’infezione sono basati sulla riduzione dei contatti tra persone infette e persone non infette, e/o sulla minimizzazione della probabilità di trasmissione dell’infezione in caso di contatto attraverso comuni norme igieniche e misure di barriera (per esempio dispositivi di protezione individuale, DPI).

Fasi interpandemiche (fasi 1-2) ovvero non appena si viene a conoscenza dell’individuazione di casi infetti:
1) informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono:
lavarsi spesso le mani
pulire le superfici domestiche con
normali prodotti detergenti
coprirsi la bocca e il naso quando si
tossisce o starnutisce
2) adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione
3) preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero:

a) approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario

b) controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione
c) individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali

d)censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa (terapia intensiva, camere ad ossigeno etc.)
e) censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti (respiratori).

Quindi, pur sapendo già cosa e come sarebbe successo, non abbiamo limitato subito gli spostamenti, non abbiamo innalzato i controlli alle frontiere, non abbiamo dotato le strutture di dispositivi di protezione individuali (mascherine, guanti, camici) non abbiamo ampliato le terapie intensive, non abbiamo predisposto opportuni piani per l’acquisizione di strumenti per l’assistenza ai pazienti, ma in compenso dal 2006 ad oggi abbiamo tolto più di 40.000 tra medici ed infermieri e fatto tagli per oltre trenta miliardi alla sanità pubblica.

Certo tutto questo non è colpa dell’attuale governo ma di tutte le forze politiche che si sono succedute in quel posto, e di cui oggi Conte eredita tutte le colpe.

Certo tutto questo è frutto dell’ottuso modo di essere in Europa che abbiamo tenuto negli anni.

Per cui sicuramente non per dolo ma per ruolo il nostro premier deve essere criticato.

Una critica che ci deve far riflettere su tutti gli errori del passato che oggi sono palesi, e non dobbiamo cantar vittoria perchè sono stati tolti i limiti del patto di stabilità, perchè questo ci permetterà solo di far sprofondare il paese in un rosso finanziario ancora più profondo, inoltre il tutto avrà un qualche valore solo se la BCE interverrà acquistando titoli di stato.

Si salverà forse qualche impresa, ma non certo l’Italia.

Oggi più che mai i Conte europei non tornano, ma davvero pensiamo che la Germania non ha i suoi piccoli falsi in bilancio che le cambiano i ratios? Ma tutti i finanziamenti alle imprese tedesche non “dichiarati” in bilancio all’europa?

E di fronte ad una Pandemia mondiale perchè l’Europa ha così paura ad esporsi? forse che salteranno fuori altarini che hanno coperto altri piani? forse che l’Italia si è svegliata dal quel sogno da principessa e si accorge pian pianino che in realtà era la cenerentola senza principe azzurro, o comunque il principe azzuro promesso in realtà era il cacciatore che doveva ucciderla strappandole il cuore?

Non è che tutto questo rincorrere un pareggio di bilancio con inflazione sotto il 2% altro non era che il modo di gestire masse di capitali a favore dei soliti ignoti?

Stiamo esagerando, pensando male? forse si ma a pensar male si pecca, ma la si azzecca.

 

 

 

 

 

 

Alleghiamo per una vostra lettura il piano pandemico, ad oggi molto attuale.

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2020/03/pianopandemico.pdf”]

 

Covid19, un nuovo futuro.

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




Il primo bene di un popolo è la sua dignità

“Per manipolare efficacemente il popolo, è necessario convincere tutti che nessuno li sta manipolando.” J.K. Galbraith

 

Come milioni di italiani, inchiodati davanti alla tele, ho appena ascoltato le ultime, ennesime, restrizioni alla nostra libertà, in nome del rispetto e della tutela del bene più prezioso, la vita, la vita di ognuno di noi.

Sempre più avanza la morsa del controllo e della punizione.

Tutto giusto, quasi lecito sul piano etico e legale sul piano giuridico, anche considerando che chi fa le leggi oggi sono loro.

Io, però, non ci credo più che andrà tutto bene.

E men che meno, da domani, canterò l’inno d’Italia.

Perché non solo sta andando sempre più tutto peggio, ma perché insieme ai morti, stiamo portando via la verità.

Le file di camion militari piene di salme dei miei concittadini bergamaschi, ci sfilano davanti agli occhi e gridano, nel silenzio attonito di una città in ginocchio, gridano vendetta.

Ma urlano anche, dentro ognuno di noi, se ancora abbiamo una coscienza personale e collettiva.

Ogni nuovo morto ci obbliga a prendere atto che stiamo morendo tutti, indistintamente, diventando, sempre più, un popolo bue.

Non posso sopportare che quegli uomini e donne che hanno fatto da cavia in questa emergenza, finiscano in un pugno di cenere.

Quel pugno di cenere, che giorno dopo giorno, ci viene lanciato negli occhi, attraverso i media per avanzare a tentoni.

E per scatenarci, l’uno contro l’altro, nella caccia alle streghe o nella guerra agli untori.

La strategia applicata è quella di colpevolizzarci per dominarci.

Anche adesso, ci dicono “il problema lo stai provocando tu, sempre di più, ogni volta che non rispetti le regole”.

É una strategia che sta funzionando anche in questo periodo, nella fase più critica dell’epidemia prodotta dal coronavirus.

L’epidemia ha un’unica verità: questi morti sono sì deceduti per covid 19, ma la loro vera condanna a morte risale a tutti gli inganni della dottrina liberista.

Un esempio per tutti? Il nostro sistema sanitario.

Un sistema sanitario come quello italiano, fino a un decennio fa, era tra i migliori al mondo.

Poi è stato fatto precipitare sull’altare del patto di stabilità: tagli da 37 miliardi complessivi e una drastica riduzione del personale (-46.500 fra medici e infermieri), con il brillante risultato di aver perso più di 70.000 posti letto.

Solo per quanto riguarda la terapia intensiva, così drammaticamente attuale, siamo passati dai 922 posti letto, ogni 100mila abitanti nel 1980, ai 275 nel 2015.

Tutto questo dentro un sistema sanitario progressivamente privatizzato e, quando anche pubblico, sottoposto ad una torsione aziendalista con l’ossessione del pareggio di bilancio.

La prova inconfutabile è data dalla Lombardia, considerata l’eccellenza sanitaria italiana e ora crocifissa da un’epidemia che, nella drammaticità di queste settimane, ha dimostrato l’intrinseca fragilità di un modello economico-sociale interamente fondato sulla priorità dei profitti d’impresa e sulla preminenza dell’iniziativa privata.

Può un popolo mettere in discussione questo modello, con il rischio che, con effetto domino, l’intero sistema della dottrina liberista crolli?

Dal punto di vista dei poteri forti, è inaccettabile.

Meglio che il popolo resti bue e vada nella direzione voluta dal potere e dai media.

Ed ecco scattare la fase della colpevolizzazione dei cittadini.

Sono i cittadini che sbagliano, che non rispettano le regole, che propagano il contagio.

Forza, facciamo scendere in campo l’esercito, puniamo con pene esemplari.

A nessuno viene il dubbio che le pene esemplari dovrebbero essere inflisse a chi ci ha portato a questo sfacelo?!?

Perché, di sicuro, i primi untori, sono stati coloro che hanno voluto questo nostro sistema sanitario italiano.

Questa nostra sanità, de-finanziata e privatizzata, che non può funzionare senza risorse umane e mezzi tecnici adeguati.

E cosa dire di quei folli decreti che, fino a stasera hanno tenute aperte le fabbriche (e addirittura hanno incentivato la produzione con un bonus per la presenza sul lavoro), ma, al contempo, hanno ridotto i trasporti congestionando di più le presenze fisiche sugli stessi?!?

Così, per settimane, le aziende ed i trasporti hanno continuato a fare propagare il virus.

Ma evidentemente, la colpa è del cittadino irresponsabile che si comporta male, uscendo a passeggiare o a fare una corsa al parco.

Ogni giorno il messaggio che passa è LA COLPA E’ TUA .

Sei tu, cittadino vergognoso che continui a boicottare un sistema di per sé efficiente.

Questo attuale, ma antichissimo, meccanismo di colpevolizzazione è molto potente.

Paradossalmente, c’è da sperare che funzioni, almeno quello!

E dovrebbe funzionare perché si intreccia con il bisogno di ognuno di noi di dare un volto ad un nemico invisibile.

Ecco perché indicare un colpevole, L’IRRESPONSABILE, costruendogli intorno una campagna mediatica che non risponde ad alcuna realtà evidente, almeno nei numeri.

Anche se c’è stata la fuga dalla Lombardia, ma chi è stato il folle che ha diffuso la bozza del decreto, come è possibile che una superficialità del genere in un momento del genere sia avvenuta?????

Non era ovvio che dopo un bombardamento mediatico così aggressivo e terrorizzante potesse succedere una fuga dall’epidemia???

Scarichiamo proprio tutte le responsabilità sul popolo, perché così, il popolo bue non si ribella, o per lo meno, scarica sull’untore la rabbia crescente per il prolungamento delle misure di restrizione.

Un popolo libero, intelligente e consapevole potrebbe davvero rivoltarsi sul piano politico.

Potrebbe davvero scatenarsi con una rabbia furiosa contro quel modello che ci ha costretto a competere fino allo sfinimento senza garantire protezione ad alcuno di noi.

Ed allora io resto a casa.

E mi comporto bene.

Ma se lo faccio è solo per onorare la morte di chi ha dato la vita, e per rispettare chi è in prima linea.

Andrà tutto bene non esiste, continuerà comunque ad andare tutto peggio.

A meno che, non guardiamo in faccia la realtà.

E pur continuando a seppellire i morti, prendiamo coscienza di quello che sta succedendo, di quello che ci hanno fatto e che ci stanno ancora facendo.

E quando avremo toccato il fondo, teniamocelo ben stampato in fronte e marchiato nel cuore.

MAI PIU’ POPOLO BUE, e nemmeno complice…

“I popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi, ma sono i governi che devono aver paura dei propri popoli.” T. Jefferson