Il gioco d’azzardo tra passato e presente

Affrontare il tema del gioco d’azzardo patologico, oggi conosciuto come GAP, significa riflettere su qualcosa di presente nel tempo e nocivo alla vita individuale, famigliare, scolastica e lavorativa.

Sembra che il gioco d’azzardo sia nato in Cina per poi diffondersi nel resto del mondo.

È interessante notare come nei dipinti di famosi artisti siano ritratti soggetti di fascia sociale povera intenti al gioco.

L’arte ha voluto essere testimone di un fenomeno che abbraccia tutti i tempi e tutti i popoli.

Per esempio citiamo verso la fine del 1500 il dipinto “I bari” di  Caravaggio dove alcuni soggetti vengono sbirciati mentre sono intenti al gioco delle carte.  

Intorno al 1600 Georges de La Tour propone invece l’opera “Il baro” dove vengono mostrate alcune figure femminili, anch’esse intente al gioco delle carte, con un uomo che sfila dalla cintura due assi. 

A sua volta Paul Cézanne realizza, attraverso la scomposizione della realtà in forme geometriche, l’opera “I giocatori di carte” rappresentando uno spaccato del popolo francese dedito al vizio del gioco e dell’alcool.

Risale al 1887 l’opera di William Holbrook Beard intitolata “The poker game” che ritrae al tavolo da gioco degli scimpanzé impegnati in una partita a carte.

Nel 1948 l’americano Norman Rockwell crea “Bridge game” ma in questo caso viene rappresenta una scena di relax dove il gioco del bridge diviene un piacevole momento di condivisione teso a rispecchiare lo stile di vita americano del dopoguerra.

Di grande impatto sono le tele raffiguranti cani che giocano a carte dell’artista Cassius Coolidge, il quale aveva realizzato, con la società pubblicitaria Brown & Bigelow, un accordo per produrre 16 dipinti raffiguranti cani in atteggiamenti umani e ben nove di queste tele raffigurano tali animali intenti a partecipare ad una partita di poker.

Come si può notare il gioco rappresenta, sia nelle sue sfaccettature positive che negative, motivo di interesse per le espressioni artistiche del contesto socioculturale di tutti i tempi.

L’arte che mostra il gioco diviene ai giorni nostri spunto di riflessione per affrontare un tema che suscita allarme e cioè quello del gambling.

È risaputo che la tecnologia ha reso maggiormente accessibile il gioco d’azzardo e ciò può dipendere dal fatto che i costi per iniziare a giocare online sono molto ridotti se paragonati a quelli del casinò ed è garantito l’anonimato del giocatore.

Il gioco d’azzardo sembra essere passato da fenomeno sociale a fenomeno asociale.

La persona è meno consapevole di quanti soldi perde e, perlomeno inizialmente, sono  minori i sensi di colpa.

Uno dei giochi d’azzardo online che ha avuto recentemente un forte incremento è il poker.

Questo grazie al fatto che le persone possono imparare gratuitamente a giocare, si possono puntare cifre irrisorie e si può partecipare ad una partita in ogni  momento e in ogni luogo tramite internet.

Una forte attrazione verso il gioco rischioso sta coinvolgendo varie fasce d’età dalla giovinezza alla senescenza.

Il GAP è stato riconosciuto come patologia dalla comunità scientifica ed è considerato una dipendenza non oggettuale e cioè una dipendenza in assenza di  sostanza.

Ci troviamo di fronte ad un agito persistente nel tempo che va a ledere il vissuto personale e sociale.

Essere posseduti totalmente dal gioco porta a mutare radicalmente il proprio stile di  vita.

Il soggetto intrappolato sente la necessità di investire denaro pensando di recuperarlo e di aumentarlo, tende a cambiare umore e diventa irascibile, utilizza stratagemmi per nascondere alla famiglia il suo stato, le sue relazioni ed il suo lavoro divengono a rischio.

L’illusione di poter vincere diventa un input molto forte poiché fa emergere un desiderio di  potenza. Il gioco assume il ruolo di un surrogato che colma le lacune di un sistema di vita in crisi.

Riconoscere il proprio disagio e chiedere aiuto non è facile nel caso del GAP in quanto l’accettazione del gioco, quale fenomeno socialmente condiviso, mira a nasconderne la pericolosità.

“Il giocatore” di Dostoevskij del 1866 può essere preso come emblema del dramma dell’uomo che finisce nella spirale del gioco d’azzardo. L’autore analizza con sapienza quest’ultimo in tutte le sue forme ed evidenzia i diversi tipi di giocatori, da quelli ricchi a quelli poveri, che si giocano tutti gli averi.

Simbolica è la frase tratta dal testo dello scrittore sopracitato: “I giocatori sanno bene che si può resistere addirittura per ventiquattr’ore di seguito con le carte in mano senza neanche gettare un’occhiata a destra o a sinistra”.

Il potere ipnotico del gioco patologico può dunque catalizzare a tal punto la persona che è caduta nella trappola da allontanarla dalla realtà come viene espresso in alcuni dei quadri di cui abbiamo precedentemente parlato.

Si salva forse la scena di Norman Rockwell dove il gioco del bridge diviene momento conviviale e di socializzazione.

Il gioco ha in sé le caratteristiche dell’ambivalenza: seguire il lato positivo può  aiutare la persona a socializzare ed è infatti risaputo come il bridge sia fonte di  benessere per l’anziano che, inoltre, attraverso la sua pratica può rafforzare le capacità mnemoniche; seguire il lato negativo, come ad esempio il gioco online condotto in solitudine, può diventare distruttivo in quanto quasi sicuramente condurrà la persona ad una dipendenza con conseguente isolamento, perdita di denaro e danni a se stesso oltre che alla famiglia di appartenenza.

  

 

 

 

 

 

 

 

Lo scollamento

“Il Potere Creativo Del Logos”

 




Il made in Italy che piace al mondo

Un sogno in bella vista sulla scrivania …

Il video di quest’oggi riassume la Storia di un Progetto di Coraggio.
 
Il Diario di Viaggio di chi un giorno ha deciso di lasciare la sua terra e quel che aveva fino a quel momento costruito, per reinventarsi la vita.
Come chi cambia vita, anche quest’uomo impara ad assumersi dei rischi e si impegna a rendere concreti i suoi sogni.

… diventa tangibile Realtà.

Così, da piccolo imprenditore nell’ambito della ristorazione, Stefano Versace si dedica al mondo del gelato aprendo dei punti vendita in America.
 
Ancora una volta in ogni settore, dal Food alla Moda, dall’Arte al Design, il “Made in Italy” si riconferma Brand sinonimo di Qualità Eccellente, in ogni parte del mondo.
 

“Rialzati, Italia!”

Stefano porta avanti il Progetto “Rialzati Italia”: Progetto dedicato alle micro, piccole e medie imprese italiane che, a seguito del delicatissimo periodo appena trascorso, hanno esuberanti scorte di magazzino di prodotti di altissima qualità.
 
Grazie a “Rialzati Italia” le micro, piccole e medie Aziende italiane possono, mediante un ricco supermarket digitale aperto a buyers internazionali, far conoscere al mondo intero l’eccellenza dei loro prodotti:
l’eccellenza del “Made in Italy”.
 
Per informazioni su questa bellissima iniziativa e per entrare attivamente a far parte del Progetto, clicca sul link:
https://progettorialzatitalia.it/
 
Se ti fossi perso la diretta di ieri sera, clicca qui.
Auguri di cuore Stefano, visionario realizzatore di Sogni!
Sono certa che anche questo tuo Progetto, attuato assieme ad altri “Angeli” come te, sarà un grande successo.
LOve,
Ondina Wavelet – Jasmine Laurenti



La semantica della pandemia

A PROPOSITO DI SARS2-COVID:                                                   L’IMPORTANZA DELLE PAROLE. 

Gli avvenimenti susseguitisi in Italia e nel Mondo negli ultimi 10 mesi ca. hanno radicalmente cambiato gli scenari globali: sociali, politici, economici e strategici.

Negli ultimi mesi, però, specialmente in Italia, abbiamo assistito a un balletto di dichiarazioni, dati, decretazioni d’urgenza e quant’altro, all’insegna di una ‘emergenza’ dichiarata e di una ‘pandemia’ non dichiarata esplicitamente da una OMS ondivaga che sostiene tutto e il contrario di tutto.

Una mole di dati così consistente da far sentire smarriti i più, travolti da tesi e antitesi, ma ormai principalmente da dubbi, per giungere a conclusioni in cui le risposte – balbettanti o omissive da parte degli enti preposti, estremamente vaghe e fumose da parte dell’informazione generalizzata e annacquata – vengono ricercate dai Cittadini in un fai-da-te fatto di passaparola, verifiche sul web, scambio di articoli e interventi riportati sempre in rete: quella rete che, peraltro, ha subito forti limitazioni e censure in nome di scelte ‘politicamente corrette’ che si sono trasformate in scelte scorrette nei confronti della libertà di informazione e di quella di espressione.                                

I Cittadini, frastornati, si sono trovati a contatto con terminologie – non di rado anglofone ma spesso di natura clinica e sanitaria – e fraseggi utilizzati pubblicamente con finalità complessive di estremo allarme sociale, monito o indirizzo sanitario.          

Certamente, la cosa che è sotto gli occhi è che pare esserci una strana concertazione: il tizio indossa una mascherina a Berlino, Caio e Sempronio copiano il gesto il giorno successivo a Roma o Madrid; una tesi o una controtesi definita a Parigi trova eco o smentite ad Amsterdam o New York…

Lo stesso dicasi per allarmi o improvvise recrudescenze, e persino per l’utilizzo di precisi termini: ad esempio ‘contagio’ o ‘focolaio’.  

Al riguardo, vocabolario alla mano, vediamone più da vicino i significati reali:   

 EMERGENZA: (coniugabile con ‘emergente’, che emerge, che succede, che si palesa, che deriva o scaturisce) che nasce inaspettatamente, rif. a caso o accidente impreveduto. Ovviamente l’emergenza ha carattere temporaneo, diversamente si tradurrebbe in secca limitazione o violazione della sfera inalienabile di diritti e libertà.               

PREVEDERE: anti vedere, prevenire, prevenire fatti o circostanze.

PREVENIRE: premunirsi attivamente contro danni, disgrazie o altro.

PREMUNIRE/PREMUNIRSI: provvedersi prima adottando idonee tutele.

MALATTIA: qualunque alterazione dello stato di salute, suscettibile di cure.  

MALATO: chi o che ha una malattia; chi sia o si sente male.

INFEZIONE: condizione patologica e quindi malattia prodotta da sostanze microbiche, virali, batteriche o fungine, esterne.   

INFETTO: che, affetto da infezione e quindi malato, spande esalazioni perniciose ovvero che trasmette in modo attivo contagio, così comunicando una malattia.  

INFETTATO: che patisce un’infezione così ammalandosi.                        

CONTAGIO: trasmissione di una malattia per mezzo del contatto: materia impercettibile (es.: alito, saliva) che serve a comunicare patologicamente la malattia.

FOCOLAIO: centro attivo di infezione.                                                      

CASO: malattia particolarmente contagiosa ovvero difficile da curare.                                  

Nella fattispecie qui trattata, quella dell’epidemia da virus in Italia, saltano subito agli occhi almeno quattro situazioni anomale, ossia quelle legate ai termini EMERGENZA, PREVENIRE, CONTAGIO, FOCOLAIO e CASO.   

Ma ciò non prima di aver evidenziato e sottolineato che nel corpo umano – intestino, pelle, vie respiratorie e urinarie, vivono stabilmente e senza creare danni ca. 50 mila miliardi di batteri, virus, funghi e lieviti: solo i virus sono alcune miglia di miliardi.        

Vediamone sinteticamente, ponendoci degli interrogativi, auspicando che qualcuno possa assisterci con delle rispose plausibili, logiche, scientificamente assistite dalla letteratura medica.                                 

È possibile sostenere di aver dovuto sostenere una situazione di emergenza, quando il doversi riferire a una condizione di emergenza era stato già stabilito per tabulas un mese prima dei primissimi casi in Italia, almeno tre mesi dopo i primi casi in Cina, e cinque dopo le strane ‘influenze’ patite anche da atleti in trasferta in Cina?     

In stretta relazione a quanto sopra, perché a livello governativo è stato sostenuto che non esistevano preoccupazioni e che tutto era stato predisposto per prevenire e affrontare ogni situazione, mentre invece nulla era stato fatto a livello di prevenzione, tant’è che le innumerevoli (quanto incerte) vittime, specie tra il personale sanitario, infermieristico e ausiliario (letteralmente, mandato allo sbaraglio) hanno ricevuto terapie inadeguate se non mortali?                                     

Diffondendo e sostenendo l’esistenza di focolai si vuol dire che esistono sacche attive con malati sintomatici, ricoverati, assistiti e curati?               

Dando notizia che ci troviamo di fronte a ‘ondate’ riferite ad alta diffusione di contagi, fors’anche in stretta relazione ai citati ‘focolai’, significa che ci troviamo di fronte a nuovi soggetti cui è stato trasmessa (contagio) la malattia, il virus, e quindi anch’essi ricoverati, curati, assistiti?

Ma le parole hanno anche significati più pregnanti se riferite allo specifico ambito medico.                                                            

È questo il caso di… caso: un altro termine adoperato con una leggerezza ed una superficialità sconcertante: chi lo adopera vuol trasmettere ai cittadini – così contribuendo a mantenere ovvero determinare uno stato di allarme, timore e paura – il concetto che si sono scoperti (ovvero si sono manifestati: ovviamente, con sintomatologia specifica) nuovi soggetti affetti dal virus, inteso quale malattia conclamata e quindi attiva particolarmente contagiosa ovvero difficile da curare.

Ma è davvero così? Decisamente no!

Perché diversamente, i malati sarebbero ammucchiati gli uni sugli altri, a strati: negli ospedali, sui prati, negli stadi… e non basterebbero tutti i medici e gli infermieri del Mondo neanche per dar loro un’aspirina!

Ma allora, di chi e cosa stiamo parlando?

A prescindere da rari casi reali (malati con sintomi palesi, certi e inequivocabili), si fa riferimento ai soggetti ‘positivi’ al tampone (screening adoperato massicciamente, al pari dell’esame sierologico, ma dalle diverse finalità cliniche, data l’originario scopo per entrambi di raccolta dati a fini epidemiologici), ma non certo malati (chiamateli, se volete, ‘portatori sani’ o soggetti che si sono ‘incontrati’ con il virus, producendo idonea immunità: quindi, si tratta di soggetti non contagiosi).                                          

Ecco allora anche l’usato e abusatissimo (per l’improprietà dell’utilizzo) termine contagio, merita chiarezza dovendosi distinguere tra persona contagiata e persona che ha incontrato il virus.                                                                       

Il contagiato è persona che presenta i sintomi della malattia: è quindi malato, e oggetto di adeguate terapie in ambiente ospedaliero. gli altri sono sani come pure ‘protetti’.

Mi spiego ancor meglio: ogni giorno, ciascun essere umano entra in contatto con decine di virus diversi quasi sempre innocui o nei confronti dei quali si siano sviluppate autonomamente difese immunologiche, degli anticorpi; quindi, non per questo siamo contagiati

E le stime ci suggeriscono che oltre 1/3 della popolazione italiana ha ‘incontrato il virus’: ossia almeno 20.000.000 di Italiani ha ‘incontrato il virus’ sviluppando degli anticorpi.

Per questo, secondo il ‘ragionamento’ dei soloni delle costosissime task-forces e quant’altro, devono subire quarantene o altre misure restrittive, anche a carattere prudenziale?

Non credo abbia molto senso, specie sotto il profilo della correttezza clinica.                                

A meno che – e pongo un quesito retorico, in questa sede – vi sia uno strettissimo nesso tra mantenimento dello stato di paura e di obblighi coercitivi, e interessi inconfessabili (ma sempre più evidenti) delle aziende farmaceutiche verso la fissazione ad ogni costo di nuovi obblighi vaccinali.                                              

E sentir correre frasi come il virus continua a circolare’ il virus non è ancora stato sconfitto, eliminato, debellato rappresenta un’offesa all’intelligenza delle persone, alla Scienza medica, agli stessi morti per (causa solo apparente) un virus che è già mutato più di 300 volte: a meno che non sia stato già scoperto un rimedio contro il banalissimo, semplicissimo, virus del raffreddore!              

Quindi, i Cittadini si trovano davanti all’utilizzo di una terminologia menzognera, atta a generare paura e disinformazione, posta in essere da soggetti incompetenti o da una rete di soggetti tra loro connessi da interessi e complicità.                                                                                    

L’establishment ufficiale e quello filogovernativo – che non si danno pensiero di ascoltare e/o verificare con rigore scientifico le argomentazioni di segno opposto alle loro e nettamente in contrasto alle loro azioni, così omettendo di operare in base al principio di prudenza e cautela – etichettano tutto ciò che li critica con il termine fake-news (notizie spazzatura) giungendo persino a definire negazionisti quegli studiosi e quegli scienziati che osano confutare parole e azioni ritenute persino dannose per le persone.

Assurdità lessicale, anche in questo caso, attraverso l’utilizzo di un termine dalle caratteristiche ben definite, con il fine di creare un vero e proprio sfregio verso chi ha semplicemente dato luogo al proprio diritto di espressione e di critica sostenendolo con concreti dati scientifici, sociali e sanitari.

Ma tant’è, poiché simile comportamento – peraltro, tipico di ideologie e di regimi assolutistici e dittatoriali che, a corto di motivazioni, amano criminalizzare chi a loro si opponga o chi semplicemente critiche il loro agire – è quello che gli Italiani devono oggi affrontare.

 

Giuseppe Bellantonio

   per BetaPress

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

 




Qualunquemente …

Siamo tornati a passeggiare sulle spiagge, a farci un aperitivo in piazza, ad uscire senza mascherina…

Sembra passata un’epoca, da quando il covid ci ha messo in ginocchio.

Eppure, non è passato molto tempo da quando è iniziato l’incubo.

Forse l’emergenza sanitaria ha fatto il suo corso, almeno in Italia, sembra…

Ma quella economica è in pieno sviluppo, dentro e fuori i confini nazionali.

Da febbraio, le economie mondiali hanno cominciato a fermare la produzione a causa della pandemia.

All’inizio della crisi, la maggior parte delle persone aveva previsto una ripresa veloce, immaginando che l’economia avesse solo bisogno di una pausa.

Con due mesi di cure, un bel po’ di denaro ed un balletto di decreti legislativi e di strategie economiche, si pensava, avrebbe ripreso da dove si era fermata.

Ma ormai siamo a luglio e la ripresa veloce è un’illusione (nonché una bugia sparata ad arte N.d.D).

L’economia del dopo pandemia sarà probabilmente debole, non solo nei paesi che non sono riusciti a gestire il contagio (come gli Stati Uniti), ma anche in quelli che si sono difesi bene.

Il Fondo monetario internazionale prevede che, entro la fine del 2021 l’economia globale sarà appena più ricca di quanto era alla fine del 2019, e che le economie di Stati Uniti ed Europa saranno del 4 per cento più povere.

Le attuali prospettive economiche possono essere esaminate su due livelli.

Il primo si manifesta nei comportamenti macroeconomici.

Infatti, la macroeconomia ci dice che i consumi diminuiranno, perché famiglie e aziende hanno meno soldi a causa dei fallimenti e del comportamento prudente indotto dall’incertezza sul futuro.

Il secondo è evidente nelle scelte dei singoli.

Infatti, la microeconomia ci dice che il virus agisce come una tassa sulle attività che prevedono un contatto umano ravvicinato e continuerà a cambiare gli andamenti dei consumi e della produzione, che a loro volta porteranno a una trasformazione sociale.

La storia cosa ci insegna?

La teoria economica e la storia c’insegnano che i mercati, da soli, fanno fatica a gestire un simile cambiamento, considerando soprattutto quanto è stato improvviso.

Non è facile trasformare dei dipendenti di compagnie aeree in tecnici di Zoom, o gli insegnanti vecchio stampo in maghetti della DAD…

E anche se potessimo, i settori oggi in espansione richiedono meno manodopera e più competenze rispetto a quelli che stanno sparendo.

Sappiamo anche che le trasformazioni strutturali creano un tradizionale problema keynesiano, quello che gli economisti chiamano effetto di reddito e sostituzione.

Anche se i settori che non prevedono il contatto umano si stanno espandendo, l’aumento dei consumi che generano sarà controbilanciato dalla diminuzione della spesa causata dal calo del reddito di chi lavora nei settori in crisi.

Inoltre ci sarà un terzo effetto: l’aumento delle disuguaglianze.

Visto che le macchine non possono essere infettate dal virus, diventeranno una soluzione più attraente per i datori di lavoro.

E poiché le persone a basso reddito devono spendere una parte più consistente dei loro guadagni per i beni essenziali, ogni aumento delle disuguaglianze prodotto dall’automazione determinerà una contrazione.
Ci sono altri due motivi per essere pessimisti.

Il primo motivo è dato dai limiti della politica monetaria in sé.

Infatti, la politica monetaria può aiutare alcune aziende a fronteggiare la scarsa liquidità, come è avvenuto nella recessione del 2008, ma non può risolvere i problemi di solvibilità, né stimolare l’economia quando i tassi d’interesse sono già vicini allo zero.

Inoltre, negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi, le obiezioni dei “conservatori” all’aumento del disavanzo e del debito ostacoleranno le azioni di stimolo.

Le stesse persone erano felici di tagliare le tasse a miliardari e grandi aziende nel 2017, di salvare Wall street nel 2008, e di dare una mano alle multinazionali quest’anno.

Ma i sussidi di disoccupazione e la copertura sanitaria sono un’altra storia.

In pratica, è tutto questione di priorità.

Le priorità a breve termine sono state chiare fin dall’inizio.

La più evidente è che bisogna affrontare l’emergenza sanitaria, perché non può esserci ripresa economica finché il virus non sarà contenuto.

Dunque chi salvare?

Bisogna proteggere le persone più bisognose, fornire liquidità per evitare fallimenti evitabili, e mantenere i legami tra i lavoratori e le aziende.

Ma ci sono anche scelte dolorose da fare.

E dunque cosa eliminare?

Non dovremmo salvare le aziende che erano già in declino prima della crisi.

Questo creerebbe degli “zombi”, con il risultato di limitare la crescita.

Né dovremmo salvare aziende che erano già troppo indebitate.

Il covid-19 rimarrà tra noi a lungo, quindi abbiamo tempo per fare in modo che i consumi e gli investimenti riflettano le nostre priorità.

Quando è arrivata la pandemia, la società statunitense era segnata da disuguaglianze razziali ed economiche, dal deterioramento degli standard sanitari, e dalla dipendenza dai combustibili fossili.

Ora che la spesa pubblica è stata enormemente aumentata, i cittadini hanno il diritto di esigere che le aziende che ricevono aiuti contribuiscano alla giustizia sociale, alla salute pubblica e a un’economia più verde.

Una spesa pubblica mirata, che investa nella transizione verde, può essere utile, può coinvolgere una consistente forza lavoro (contribuendo così a combattere la disoccupazione) e può rivelarsi uno stimolo per l’economia.

Non ci sono ragioni economiche che impediscono agli Stati Uniti di adottare programmi di ripresa in grado di farli somigliare alla società che dichiarano di essere.

Viceversa, la nostra povera Italia, a un’unica estrema ragione, economica, politica e sociale.

Quella di sopravvivere.

Forse noi Italiani, in primis, dobbiamo rivendicare aiuti finalizzati alla giustizia sociale, alla tutela della salute dei cittadini, all’incremento di un’economia ecologica.

Altrimenti, altro che sogno americano, a noi, resta solo l’incubo italiano!

 

Fonti:

Joseph Stiglitz

https://www.internazionale.it/sommario/1366

BLOG di FRANCESCO MACRI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




“Il Poncho Dei Papi”

La pulce nell’orecchio …

Un giorno un’amica mi mette una pulce nell’orecchio: “Dovresti intervistare Christian Gaston Illan. Ha inventato un social in cui chi si iscrive si incontra veramente! Organizzano eventi e partecipano: sono menti brillanti, imprenditori di alto profilo, creativi, artisti … Un po’ di tutto. Li riconosci dal braccialetto che indossano …”

La mia amica Ary conosce la mamma di Christian: una signora che, orgogliosa del proprio figlio, ne condivide le iniziative e le idee vincenti. L’ultima è “iLoby”, il primo social che ha lo scopo di creare proficue liaisons tra persone attive nell’ambito del business e dell’imprenditoria.

 

Il primo “vero” social network

Se mi guardo indietro nel tempo, mi accorgo che tutte le volte che ho temporeggiato prima di contattare persone o intraprendere nuovi progetti, ho finito per innescare virtuosi processi e generare, più o meno consapevolmente, importanti conseguenze. Senza praticamente alzare un dito. Lasciandomi andare al Flusso della Vita.

La stessa magia si è ripetuta con Christian. A distanza di qualche mese dal suggerimento della mia amica, gli mando un messaggio su FB al quale risponde con garbo e disponibilità. Fissiamo il nostro appuntamento in una profumeria di nicchia nel cuore fashion – luxury di Milano per parlare di iLoby, il primo social network di persone “vere” che si incontrano per davvero.

La Mission di iLoby è creare liasions tra amici e amici degli amici: sintonizzati sulle stesse frequenze, fondati sugli stessi Valori, con lo sguardo proiettato ben oltre le circostanze contingenti. Tutti accomunati dal desiderio di creare Valore.

Clicca qui per vedere la prima parte dell’intervista.

E qui per vedere la seconda parte. 

 

Lo “Smart Villag[g]e Cloud”

A un mese dal nostro incontro, il mondo si ferma. Ma Christian prosegue la sua corsa e con Maria Giulia, la sua fidanzata, inaugura lo “Smart Villag[g]e Cloud”, la chat su whatsapp che annulla in un click gli altrimenti inevitabili effetti del “lockdown” e del “social distancing”. Mentre ne scrivo, il gruppo conta circa un centinaio di membri riuniti all’insegna dell’Amicizia, dell’Imprenditorialità e del Networking. Tra loro non ci sono solamente imprenditori ma atleti, giornalisti, speaker, attori, doppiatori, scrittori, artisti … addirittura direttori d’orchestra.

La loro frase – simbolo è l’aforisma di Thomas Edison: “Se facessimo veramente tutto ciò che siamo capaci di fare rimarremmo letteralmente sbalorditi.” Il tag del Gruppo più bello del pianeta è #insieme, e richiama il motto di iLoby “Insieme Siamo Più Forti”.

Mai motto fu più profetico: in tre mesi di inevitabile vita domestica, i membri più attivi della chat hanno stretto amicizia, avviato progetti e interessanti iniziative … insieme.

 

“Il Poncho Dei Papi”

… Christian aveva un sogno nel cassetto: raccontare la storia del suo incontro con papa Bergoglio, per consegnargli di persona il poncho acquistato da Marco e Patricia, i suoi genitori, su indiscutibile ordine di nonna Ita. Un poncho di rara fattura e bellezza – blu, con i lembi bianchi – fatto con amore da “Tero Guzman”, l’artigiano che ha reso il poncho, indumento gaucho di antica tradizione indigena del popolo salteno, famoso in tutto il mondo.

Ancora una volta si rivela prezioso l’apporto di Maria Giulia, che aiuta il suo compagno a mettere per iscritto la sua testimonianza di coraggio e perseveranza.

Nasce così “Il Poncho Dei Papi”, libro che racconta la storia di un Eroe dei nostri tempi che, sostenuto dalla fede e dalle parole di nonna Ita – “Il mondo appartiene agli audaci” –  sfida e vince le stesse insicurezze che, in simili circostanze, avrebbero dissuaso dall’azione la maggior parte di noi.

Ed ecco la nostra chiacchierata. Buon ascolto e, soprattutto, ottima Ispirazione!

Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Docenti e personale ATA si organizzano con il nostro supporto per un ricorso cumulativo contro il sistema istituzionale. Obiettivo: difendere la loro professionalità, gli studenti e le famiglie.

Betapress sostiene i diritti dei docenti e del personale ATA: ecco il link per accedere alla pagina di adesione al ricorso https://betapress.it/azione-collettiva-a-difesa-dei-docenti-e-del-personale-ata/

Cause scatenanti

Alla fine dell’anomalo anno scolastico 2019/2020 e in piena preparazione per l’anno scolastico 2020/2021, tra bilanci e pianificazioni, una cosa è chiara a tutti gli insegnanti, agli studenti e alle famiglie:

la Didattica a Distanza (altrimenti nota come DAD) è un disastro.

Ripetiamo: un disastro per tutti anche a causa della generale impreparazione a questa novità.

Nonostante i complimenti a favore di telecamera fatti dal ministro Azzolina ai docenti e ai dirigenti scolastici,

nonostante le linee di comunicazione eroiche e l’atmosfera da “è stata dura ma ce l’abbiamo fatta”,

la verità è che, stando a quanto dichiarato da un campione di docenti intervistato, la DAD è stato un disastro su tutti i livelli.

Disastro nella gestione familiare

La DAD, così come è stata organizzata, ha creato uno stress insostenibile alle famiglie che tra smart working, convivenza forzata, nuovi ritmi, bisogno di reperire toner, carta per stampante e periferiche di ogni tipo, si sono trovate a dover coordinare e pianificare l’utilizzo dei computer e dei vari dispositivi tra loro e i figli.

Chi ha più di un figlio e di età diverse, ha passato settimane infernali.

Disastro per la formazione

La DAD ha penalizzato in modo irreparabile la formazione di una intera generazione di studenti che non si riprenderà mai più dal deficit formativo.

Questo perché, stando a quanto detto dai docenti, per colpa della DAD e della promozione erga omnes, gli studenti di tutte le classi non riusciranno in alcun modo a recuperare un intero programma, né in un anno né in più tranche.

La DAD ha causato una voragine formativa insanabile.

Disastro per la classe docente

Quando, con l’applicazione della DAD, migliaia di docenti sono stati chiamati alla Didattica a Distanza, nessuno si è preoccupato se queste persone erano state preparate a questo.

Sì perché, né i docenti formati nei decenni scorsi né quelli formati fino a pochi mesi fa, hanno mai ricevuto una formazione specifica alla DAD.

Lo stesso può esser considerato per il personale ATA.

I docenti sono stati penalizzati su infiniti fronti.

Danno di immagine

La prima cosa che è saltata agli occhi di tutti è stata la poca dimestichezza con le periferiche e i terminali da parte di una grossa fetta della classe docente, non solo gli insegnanti della “vecchia guardia” ma anche di giovani docenti poco informatizzati.

In questo caso, la gestione delle lezioni on line ha richiesto ai docenti un ulteriore sforzo che, al di là della capacità di gestione della classe (o della “stanza” trattandosi di lezione on line) del docente, ha causato un deficit di stima nei loro confronti da parte degli studenti.

Osservazione

Il docente è la guida che i discenti devono seguire, se il sistema mina la credibilità del docente, il sistema è nel torto.

In più, da contratto nazionale, i docenti non sono tenuti a saper utilizzare i computer e nel corso del loro percorso di preparazione specialistica, non è obbligatorio da nessuna parte la capacità di sapere utilizzare strumenti per la DAD.

Danno economico

Con l’impiego della DAD molti docenti hanno dovuto acquistare computer, cambiare o installare connessioni più potenti, smartphone… alcuni, addirittura, hanno acquistato dei corsi per imparare in fretta ad utilizzare i strumenti.

Nessuno ha previsto il rimborso di queste spese che, altrimenti, non sarebbero state sostenute.

Anche in questo caso: lo stesso vale per lo smart working del personale ATA.

 

Lo ricordiamo:

I docenti e il personale ATA da contratto nazionale, non sono tenuti in alcun modo al lavoro da casa né al possesso di strumenti all’avanguardia (sì perché per la gestione della DAD e dello smoart working servono una connessione potente, programmi aggiornati e periferiche e terminali in grado di sostenere i programmi aggiornati).

Danno contrattuale

Il personale scolastico, al momento dell’assegnazione dell’incarico, firma un contratto.

Purtroppo la DAD ha colpito fortemente questo contratto:

Ore di lavoro

Nel contratto sono indicate le ore di lavoro da rispettare, con la DAD gli insegnanti e il personale ATA hanno lavorato ben oltre le ore concordate e queste ore non sono state considerate in nessun caso come straordinario.

Risorse

Il contratto non parla in alcun modo della necessità di dover utilizzare risorse personali da casa per la formazione.

Docenti e personale ATA, infatti sono tenuti ad usare al meglio gli strumenti forniti dalle scuole e non a dover acquistarne di propria tasca.

Violazione del diritto di disconnessione

Nel contratto è indicato il diritto di disconnessione, ovvero il diritto di non essere sempre connessi.

Con la DAD e il relativo smart working, questo diritto è stato completamente violato in quanto docenti e personale ATA sono stati connessi ad oltranza.

Danno sanitario

L’esposizione allo stress, alla corsa per l’aggiornamento, al sovraccarico di lavoro, alla difficoltà della gestione familiare (anche i docenti hanno famiglie) ha portato molti docenti a uno stato di rischio burnout.

Lo scandalo delle piattaforme

C’è ancora un problema trasversale a tutti gli interessati dalla DAD: docenti, genitori e studenti (questi ultimi in forma ancora più grave in quanto minorenni).

Per la DAD il ministero non ha fornito nessuna piattaforma dedicata e quindi adeguata dal punto di vista di privacy.

Con la DAD e l’utilizzo trasversale delle piattaforme (zoom, gotowebinar, google class, teams e chi più ne ha avuto più ne ha messo), sono stati dati in pasto a google, senza alcun controllo e senza alcuna garanzia.

Google ha acquisito indiscriminatamente e senza alcuna garanzia specifica i dati personali e le immagini di docenti, genitori e minorenni molti dei quali non avevano ancora profili registrati on line.

La DAD, così come è stata velocemente organizzata, ha creato un censimento informatico non autorizzato e non controllato che ha colpito ob torto collo anche chi non avrebbe avuto piacere di aderire.

E per concludere, non dimentichiamo la violazione del diritto costituzionale all’uguaglianza.

L’applicazione arraffazzonata della DAD non ha in alcun modo garantito tutti quegli studenti che non avevano accesso ai terminali adeguati.

Se è vero, com’è vero, che il diritto all’istruzione è un valore, il ministero dell’Istruzione con la DAD ha infranto questo diritto costituzionale.

Come ha detto Rosanna Rodriguez, presidente dell’associazione sindacale ACA Scuola:

“la DAD è una cosa seria: gli insegnati e il personale ATA devono essere formati adeguatamente e i processi didattici devono essere ben pianificati perché qualunque processo di apprendimento si basa sulla relazione”

Per questi e per altri motivi docenti e personale ATA si sono riuniti e hanno chiesto aiuto a Betapress che da sempre si occupa della buona istruzione.

Noi ci impegniamo a dare voce a questa gravissima violazione e aggressione dei diritti e sponsorizziamo professionalmente il ricorso cumulativo contro il ministro Azzolina.

“Siamo stanchi –  dice il nostro direttore prof. Corrado Faletti – di vedere il personale della scuola, a cui occorre dire solo grazie, continuamente preso a calci, non un grazie, nessun riconoscimento, solo grandi prese in giro e paroloni vuoti a cui seguono solo amare delusioni”.

È ora che il personale della scuola faccia sentire la sua voce, reclami i suoi diritti, ma sopratutto impari a mettere al governo gente competente.

Ringrazio Rosanna Rodriguez che ha voluto seguire Betapress in questa forma di protesta, Lei, unica fra i sindacati, che invece di parlare ha deciso di entrare in azione.

Anche grazie al suo supporto siamo riusciti a tenere il costo della partecipazione all’azione collettiva per il personale scuola molto basso, sicuramente molto lontano dai soliti 250 euro che vengono richiesti da chi si “dichiara” a supporto della scuola.

Noi lo siamo coi fatti!!

 

Ecco il link per aderire:

Aderisci al ricorso

Entra nel gruppo facebook

 

Azione collettiva a difesa dei docenti e del personale ATA

 

 

 

 

 

 

 

 

DADOUT: burnout telematico

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?

DAD: conta ancora il fattore umano

 




I DS AL GOVERNO CONTRO I VICEPRESIDI: INACCETTABILE!!!

Il valore indiscusso del formatore competente

L’incarico di dirigente scolastico porta con sé una grande quantità di responsabilità e impegno in un contesto molto delicato qual è quello della formazione degli studenti.

Chi scrive è convinto che non esistono cifre troppo alte per gratificare e sostenere chi ha la responsabilità di formare al meglio gli uomini e donne di domani, quelli che devono avere tutti gli strumenti per poter cambiare il mondo sempre in meglio.

Chi scrive è convinto che chi è capace deve essere sostenuto e gratificato.

Una cosa simile pensa anche l’onorevole Vittoria Casa, membro della VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione, come il ministro Azzolina Dirigente Scolastico (prima però del Concorso del  discusso concorso del 2017), siciliana e membro del movimento 5stelle.

Il dirigente scolastico che pensa ai dirigenti scolastici

Quando pochi giorni fa la paventata riduzione dello stipendio dei Dirigenti scolastici è stata scongiurata, tutti gli interessati hanno tirato un sospiro di sollievo.

Soprattutto dopo un periodo difficile come quello della chiusura generale dovuta all’allerta COVID, era fondamentale riconoscere l’impegno e gli sforzi dei dirigenti scolatici.

“Sappiamo che non è stato semplice gestire l’emergenza e non è semplice neppure il lavoro che ora sono chiamati a svolgere in vista della riapertura a settembre.
Responsabilità e collaborazione non possono mancare: Governo e Parlamento sono al loro fianco e stanno fornendo loro tutti gli strumenti per poter garantire un rientro tra i banchi di scuola per tutti, e nella massima sicurezza”,

ha dichiarato l’on. Vittoria Casa.

Ripetiamo:

“Responsabilità e collaborazione non possono mancare”.

La protesta di AnCoDiS

E allora perché, fa notare Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (An.Co.Di.S.) al momento di dividere le gratificazioni e i riconoscimenti, nessuno si ricorda di chi ha svolto il lavoro?

É quasi come se i dirigenti scolastici che si battono per i giusti diritti dei dirigenti scolastici, si siano dimenticati che, nei giochi di squadra, alla fine del campionato non ci arriva solo il capitano ma tutti quanti.

I commenti di chi è stato dimenticato

Ecco alcune dei commenti giunti a noi in redazione 

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale”

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale. Credo sia arrivato il tempo di evidenziare che queste scelte hanno un imprinting politico che noi non possiamo accettare”

E ancora

“Non mi interessano i soldi… Ma le dichiarazioni della Casa sono per noi inaccettabili! Sappiamo bene e lo diremo chiaramente nel comunicato stampa che c’è una falsa rappresentazione della realtà”

Ma chi sono i Collaboratori dei DS e le figure di sistema?

I Collaboratori del dirigente Scolastico sono figure di governance vitali (ma non riconosciute) per la scuola dell’autonomia.

Sono docenti nominati su base fiduciaria dal dirigente scolastico che non possono assumere alcuna responsabilità dirigenziale o amministrativa nei confronti del personale scolastico.

Non hanno un contratto specifico né specifici riconoscimenti ma svolgono ruoli cruciali.

Profilo dei Collaboratori dei DS

Stando a uno studio divulgato da AnCoDiS,

il 77% dei collaboratori è di sesso femminile e

l’80% ha una anzianità lavorativa di oltre 15 anni

(praticamente sono la memoria storia della scuola).


Cosa fanno i Collaboratori

Ecco un riepilogo dei lavori svolti dai collaboratori

  • Organizzazione del servizio per il 74,4% 
  • Collaborazione nella gestione delle criticità rilevate nella tua scuola, anche durante la DaD per il 70,2% 
  • Gestione dei rapporti tra le componenti scolastiche per il 6,.0%
  • Organizzazione e coordinamento della DaD per il 66,1%
  • Monitoraggio della DaD per il 50,5%
  • Rapporti con le famiglie durante la DaD per il 48,5%
  • Gestione dei conflitti per il 48,0% 
  • Sicurezza e prevenzione per il 41.6% 
  • Redazione progetti per il 38.2% 

 

Per il 15,3% svolgono i seguenti incarichi:

  • Animatore digitale
  • Coordinamento inclusione
  • Progettazione Erasmus
  • Predisporre organizzazione collegio docenti e consiglio d’istituto e loro verbalizzazione
  • Gestione delle emergenze
  • Gestione totale PON, compresi gli accertamenti
  • Risoluzione di problemi informatici e tecnologici comprese gestioni piattaforme
  • Formazione classi
  • PEI iniziali, intermedi e finali
  • Formazione docenti
  • Sostituzione DS, gestione posta, rendicontazioni progetti Fse,
  • Organizzazione sostituzione docenti assenti, rapporti con le famiglie e il territorio
  • Coordinamento didattico
  • Organizzazione scrutini e relazione con le scuole interessate da docenti in COE 
  • Gestione esami idoneità, integrativi, preliminari per qualifica ed Esami di Stato, ecc. Rapporti con Enti e istituzioni locali
  • Formatore per utilizzo di strumenti, App e software utili alla DAD
  • Supporto alla segreteria alunni e al DSGA per i progetti PON Gestione orario con “Progetto classi senza aule”.
  • Redazione modulistica DaD (rimodulazione progettazione, PAI – PIA), 
  • Rilevazione dei bisogni delle famiglie durante la DaD e organizzazione per l’assegnazione e distribuzione dei dispositivi e delle connessioni

Conclusioni

Per concludere, riconosciamo pienamente la difficoltà e la gravosità del lavoro del dirigente scolastico, dichiariamo che chi è stato investito da questo incarico deve far fronte a enormi responsabilità.

Vorremmo solo che chi si batte per i propri diritti, si ricordasse di combattere anche per chi li  aiuta e li ha aiutati a raggiungere i risultati o, quanto meno, tornando alla analogia sportiva, ad arrivare alla fine del campionato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

 

 




Bullizzati di successo: considerazioni psicologiche sul fenomeno

 

Molti personaggi affermati del mondo artistico hanno dichiarato di essere stati  vittime di bullismo.

Per esempio la nota cantante Lady Gaga era una bambina di bassa statura e un pò robusta  e per questi motivi i bulli della classe la infastidivano a tal punto che lei non voleva più andare a scuola.

Barack Obama veniva deriso dai compagni per le sue orecchie a sventola.

Kate Middleton, moglie del principe William, dichiara di aver sofferto per essere stata presa in giro da alcune compagne di classe in quanto timida e troppo studiosa.

Johnny Depp, anche lui vittima di bullismo, così si esprime: “Non aspetterei un attimo a distruggere chiunque facesse del bullismo ai miei figli”.                                                                                                                                                                                                

Il bullismo è da considerarsi una forma conclamata di violenza perpetrata a danno di  soggetti incapaci di difendersi.

Peraltro la violenza, insita anche nel bullismo, come affermava Benedetto Croce “non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruggitrice”.

Capire quale struttura di personalità si nasconda sotto la vittima è fondamentale in quanto le reazioni possono essere svariate di fronte ad atti persecutori subiti nel tempo.

C’è chi dalla sofferenza trae spunto per superarla, compensando positivamente i torti  subiti, e chi invece cade nello sconforto fino a giungere ad atti estremi quali quelli autolesionisti e/o suicidari.

È noto che la vittima è spesso bloccata nel rispondere alle offese fisiche e/o verbali messe in atto nei suoi confronti, non accetta e non reagisce poiché preferisce isolarsi.

L’invisibilità diviene una caratteristica presente che la rende fragile ed inadeguata allo sguardo dei pari.

Può inoltre succedere che alcune vittime, per lungo tempo, tendano a negare il problema, cercando di neutralizzare la propria sofferenza emotiva e talvolta possono mettere in atto anche comportamenti di auto colpevolizzazione.

Emerge spesso che la vittima subisca prepotenze ed offese riguardanti una sua caratteristica particolare tale da differenziarla significativamente dal resto dei coetanei.

Per esempio può avere una statura più bassa degli altri o minore forza muscolare,  semplicemente a causa delle differenze fisiologiche che si manifestano nei processi di sviluppo e di crescita.

La vittima incontra difficoltà a gestire le relazioni sociali, soprattutto di fronte ad interazioni complesse.

In relazione a ciò è plausibile chiedersi come possa succedere che diventi poi una persona di successo.

L’inferiorità che ha accompagnato la vittima si è trasformata in una superiorità che si è poi strutturata in un percorso di solitudine e sofferenza ma che nello stesso tempo ha lasciato spazio all’emergere di una creatività finalizzata al raggiungimento di obiettivi concreti.

L’isolamento, seppur sofferto, non impedisce di produrre qualcosa di fruibile esteticamente.

Molto costruttivo per le vittime è lo sviluppo della “resilienza”, ossia la capacità di gestire i momenti di difficoltà senza perdersi d’animo e, pur nell’inevitabile disagio, trovare risorse per fronteggiare i problemi.

Per aiutare le vittime nei momenti di difficoltà è utile fornire supporto, sia emotivo che operativo, in modo da consentire loro di sentirsi meno stressate, meno vittimizzate e capaci di fronteggiare situazioni di disagio grazie alle proprie potenzialità.

L’obiettivo è quello di modificare le norme ed i modelli comportamentali, facendo in modo che la vittima si senta meno sola e sia più propensa a parlare di ciò che le succede invece di soffrire in silenzio.

Molte persone bullizzate risultano dunque vincenti sul piano dell’affermazione personale perché riescono a mettere in campo il meccanismo psicologico della “compensazione positiva”.

Secondo la Psicologia Individuale si può compensare tanto un “sentimento di inferiorità psichica” quanto una “inferiorità d’organo” ed è attraverso la “volontà di potenza”, intesa come desiderio di affermazione di ciascun individuo, che si  mettono in atto delle compensazioni per superare il “sentimento d’inferiorità”.

Francesco Parenti in proposito sostiene che “la compensazione si configura perciò come l’insieme delle modalità con cui la volontà di potenza si propone di superare o aggirare un sentimento d’inferiorità all’interno di una dinamica basso/alto in cui l’individuo aspira a mete di superiorità e di perfezione”.

Come affermava Eleanor Roosevelt: “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso”.

Questo messaggio deve essere alla base del superamento del grave disagio provocato dal bullismo e probabilmente i personaggi celebri che ne sono stati vittime lo hanno introiettato trasformando l’inferiorità vissuta in successo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




E siamo ancora qua…

Non è tempo di consuntivi, purtroppo, perché il Covid 19 circola ancora tra la gente ed i dispositivi individuali di protezione fanno parte ormai del nostro vivere quotidiano.

Siamo alla Fase II o forse alla Fase III ma il timore di nuovi focolai e dei contagi innescati dagli asintomatici rende possibile il ritorno ad una fase di confino e di isolamento sociale.

Se guardiamo indietro, alla esplosione dei primi casi in Italia alla fine del gennaio scorso ci rendiamo conto che negli ultimi mesi il virus ha cambiato radicalmente le nostre vite e le certezze sulle quali riposavano.

Non sono in discussione le modalità relazionali imposte dalle logiche di prevenzione che hanno accelerato processi già in atto come la digitalizzazione e la progressiva innovazione tecnologica a disposizione dei modelli di consumo.

Gli archetipi dell’immaginario collettivo stravolti dal Covid sono stati i cardini portanti della società del benessere conosciuta dalle economie avanzate dal dopoguerra ad oggi.

Pensiamo al sistema delle certezze, a quello dell’informazione ed infine alla Politica ed al senso di Stato.

Le prime sono state spazzate via dall’emergenza virale e per molto tempo la precarietà potrebbe essere l’humus culturale di ogni scelta individuale e collettiva.

Un mondo senza certezze tuttavia è facile preda della caduta valoriale e materiale.

Una vita senza futuro si consuma nell’attesa e nell’inazione.

In realtà l’incertezza ha fatto il suo ingresso nel linguaggio dell’economia già da un paio di decenni e la società contemporanea è stata già sapientemente descritta come “liquida” dal filosofo Zigmunt Bauman.

Purtroppo il Covid19 ha portato a compimento un processo già in atto con la conseguenza di  rendere tutto più incerto e instabile.

L’informazione non è stata risparmiata dagli effetti del Covid19.

La pandemia, infatti, ne ha condizionato la natura e la comunicazione è diventato lo strumento principale per orientare scelte e veicolare decisioni.

Purtroppo ai più attenti non sarà sfuggita la difficoltà di decifrare i contenuti dell’informazione proprio riguardo ai nuclei centrali dell’interesse pubblico degli ultimi mesi: l’andamento dell’epidemia, i protocolli di terapia, i progressi nella ricerca di un vaccino per non citare le questioni economiche sull’agenda della politica nazionale e comunitaria.

Comprendere in modo esaustivo le cifre della comunicazione è stato molto difficile e ciò non a causa dei giornalisti o delle testate editoriali.

Le stesse fonti della informazione sono divenute fluide, instabili, a volte approssimative aprendo la strada ad una comunicazione fatta più di suoni e slogan che di contenuti cognitivi.

Il senso di precarietà e la parzialità delle conoscenze veicolate non sono stati i soli terreni di scontro collaterali della pandemia.

La Politica ed il significato di Stato hanno forse subito contraccolpi ontologici di cui non abbiamo ancora una idea precisa.

La prova è sotto gli occhi di tutti: lo scollamento tra classe politica e paese reale ha raggiunto livelli di estrema gravità.

Nei palazzi del governo si discutono temi urgenti e necessari ma le decisioni non arrivano e la comunità civile ed economica cercano di tirare avanti come possono.

La politica in atto è inadeguata e non serve né ai cittadini né alle proprie prerogative.

In questo contesto lo Stato perde giorno dopo giorno autorevolezza e mostra le proprie debolezze.

Il dibattito politico degli ultimi mesi in ambito nazionale ed europeo fornisce, purtroppo, soltanto conferme.

Per molti mesi abbiamo ascoltato dal Governo e dall’Unione europea promesse di aiuti per il rilancio dell’economia del paese.

Interventi di miliardi di euro mai erogati  e per i quali si dovrà attendere ancora a lungo.

È evidente che il modello di Stato liberale e democratico arrivato fino ad oggi si stia mostrando lento e poco reattivo al cambiamento imposto dalla recessione globale e dalla pandemia.

Senza una riforma dello Stato e delle Istituzioni sarà difficile immaginare un rilancio del “sistema paese” sostenibile.

Dietro l’angolo infatti si annidano insidie evidenti nella crisi dei partiti politici e nella deriva verso forme di democrazia diretta e populista.

Sarebbe un errore in questo contesto assistere in silenzio al degrado dei mondi paralleli: lo Stato, le Istituzioni, la Politica e la Società civile.

È ancora possibile fare qualche cosa?

Certo gli scenari descritti incutono timore e disegnano le trame di una tempesta perfetta.

Eppure la pandemia accanto a tanta sofferenza ha cambiato il corso della storia riportando in superficie valori sepolti.

Il senso della Vita, la Felicità, la centralità della famiglia ed il senso di comunità hanno trovato un nuovo collante emotivo nelle vite di ognuno di noi.

Per questo occorre ripartire da un nuovo Patto Sociale nel quale attribuire allo Stato la responsabilità di regolare il progresso umano, civile ed economico, intorno ai nuovi paradigmi della crescita.

Un patto che metta al primo posto la felicità individuale e collettiva nelle sue declinazioni più ampie.

La pandemia ci ha reso più fragili e spaventati ma ha messo dinnanzi ai nostri occhi i limiti di un modello di crescita economico fondato su parametri di natura quantitativa.

Dobbiamo ripartire da quello che abbiamo e non aver timore di sognare un futuro di benessere anche se il cammino sarà ancora lungo e dovremo superare ancora molti ostacoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Lo scollamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Concorso DS 2017 – il TAR concede l’accesso ai codici sorgente

Il TAR ha sentenziato: Il CINECA dovrà fornire i codici tarcineca

sorgente

Continua la crociata delle migliaia di partecipanti al concorso per Dirigenti Scolastici bandito nel 2017 da noi già osservato in un altro articolo.

Lunedì 22 giugno 2020, dopo una serie di rinvii dovuti all’emergenza covid, il TAR si è espresso in merito ad una fondamentale richiesta delle vittime del concorso permettendo un passo importantissimo in direzione della verità.

Cosa è successo 

Nell’anno 2017, è stato indetto un concorso per 3.400 (circa) posti da dirigenti scolastici, al concorso si sono iscritti 34.000 (circa) candidati.

Ciò che ha reso particolarmente famoso questo concorso è stata la partecipazione dell’attuale ministro dell’istruzione Lucia Azzolina che ne uscì vincitrice superando le prove scritte e dimostrando all’esame orale buona conoscenza dell’apparato legislativo, mediocre conoscenze di inglese e scarsissima preparazione informatica.

Ma la partecipazione al concorso del ministro, con conseguenti taciuti conflitti d’interesse che ne sono scaturiti e del muro di gomma costruito attorno alle nebulose fasi del concorso, è solo una delle numerosissime segnalazioni che hanno sporcato questo concorso pubblico.

Le pressioni

Quando a un concorso per 3.400 posti, si presentano 34.000 persone, i commissari del concorso non si preparano ad affrontare un periodo facile per via delle pesanti ingerenze a cui vengono esposti.

Ad alcuni è venuto da dire che questo eccesso di pressioni è normale e ragionevole visto lo scarto tra domanda e offerta; a noi viene da dire che normale non è e che soprattutto quando il ruolo è così ricco di responsabilità e le candidature così numerose, il dovere dello stato è quello di garantire la scelta dei migliori a prescindere dal numero di posti e delle persone da “soddisfare”.

E il fatto che “da sempre” la segnalazione ha ceduto il passo alla meritocrazia, non è un buon motivo per non cambiare strada, soprattutto in un momento così delicato e in cui la cultura e l’istruzione possono essere le uniche risorse a poter davvero permettere un cambiamento.

Il superamento di ogni limite

In occasione del concorso per Dirigente Scolastico del 2017 però pare che sia stato superato ogni limite.

Abbiamo intervistato più partecipanti al concorso e ognuno di loro (a prescindere dall’esito finale) ha avuto modo notare o riconoscere delle dinamiche inusuali.

Per parte sua poi, il campione di commissari intervistato, ha riconosciuto fuori dai denti di aver ricevuto a vari livelli di spudoratezza messaggi più o meno velati.

Insomma, che il concorso per D.S. del 2017 non era del tutto trasparente si è saputo fin da subito, la cosa triste però è che anche davanti a una serie di circostanze plateali, per dimostrare l’illegittimità di alcune assegnazioni, chi è stato ingiustamente (o giustamente) escluso o comunque, chi ha dovuto confrontarsi ad armi impari (raccomandato vs non raccomandato piuttosto che preparato vs impreparato) debba combattere per anni per veder trionfare la verità.

Sì perché di certo non tutti quelli che hanno fatto ricorso sarebbero stati meritevoli di vincere ma la battaglia che si combatte è quella per la giustizia e la trasparenza, ed è per quella che stanno investendo tempo ed energie: per un ideale… e questo a noi piace.

Il CINECA e le sue meraviglie

Nell’articolo precedentemente pubblicato abbiamo raccontato tutte le storture del concorso e le legittime richieste (negate finora) dei candidati esclusi.

Una di esse era l’accesso al codice sorgente del programma CINECA (Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro, cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’ANVUR e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).

Il CINECA è un Centro di Calcolo “cuore tecnologico del sistema di comunicazione tra Università e Ministero dell’Università e della Ricerca”, come riportato sul loro sito, che si occupa di fornire i software per gli esami.

Ad un certo punto di questa vicenda, è sorto un dubbio molto grave che assolutamente merita di essere affrontato: il non anonimato delle prove di esami.

Parrebbe che il sistema (perfetto per le università ma non creato ad hoc per i concorsi pubblici) potrebbe avere una falla che svelerebbe l’identità del candidato attraverso il codice sorgente.

Questo vuol dire che ci potrebbe essere il rischio che un commissario (generico) avvisato di questo bug di sistema o un po’ più scafato del mondo informatico, avrebbe potuto risalire al nome del candidato che invece in tutta la parte scritta doveva per legge rimanere anonima.

Noi non sappiamo se questo sia corretto o meno, sappiamo che c’è la possibilità e che quando c’è un dubbio di questo tipo va immediatamente sciolto per la credibilità di tutti.

Le motivazioni di CINECA

Quando i candidati hanno chiesto nell’accesso agli atti l’accesso anche ai codici sorgente, così da poterli  sottoporre a un esperto, il CINECA anziché collaborare dimostrando buona fede, ha negato l’accesso adducendo una serie di motivazioni:

1) CINECA non può rivelare i codici sorgenti per proteggere i dettagli tecnici del programma che se no potrebbe essere copiabile da qualunque concorrente ma, anche se fosse, il principio di trasparenza di un concorso pubblico viene prima degli interessi aziendali (come richiamato nella sentenza n. 7333/2019) 

2) trattandosi di dati sensibili o sensibilissimi, non è possibile rivelarli ma in questi contesti si giudicano i “dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.

3) fornire i codici sorgente potrebbe rendere vulnerabile il sistema e compromettere tutti i dati modificando tutte le prove, ma comunque sono dati che appartengono allo stato committente.

Insomma, ce l’hanno messa proprio tutta ma la verità è che Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), si è pronunciato definitivamente ingiungendo a CINECA di fornire i codici sorgente.

 

Nota bene:

Non sappiamo ancora se questi codici siano trasparenti o meno, ovvero possano tradire l’anonimato del candidato, questo lo vedremo successivamente, però la reticenza a fornire quanto richiesto, non dispone bene chi legge.

Recte facendo, neminem timeas

Male non fare, paura non avere.

 

Chiunque volesse segnalare ulteriori informazioni coerenti o meno con quanto scritto, scriva pure a info@betapress.it

 

Post Scriptum: 

Stiamo osservando anche il concorso per DSGA, per cui auspichiamo la retta condotta professionale di commissioni e candidati.

Purtroppo sembra che anche per il concorso DSGA le acque non siano così chiare… (NdD)

Riferimenti

Il ministro Azzolina e il concorso del 2017

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

Sito CINECA 

Leggi di riferimento: articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!