MES, nuova linea gotica tedesca.

Nella riunione dell’eurogruppo, durata appena tre ore, il problema dell’adesione al Mes, che pure aveva rappresentato un fardello ai lavori della Commissione europea negli ultimi mesi, si è risolto agevolmente.

L’oggetto della discordia, il Mes, ha diviso l’europa tra paesi del blocco nordico, fautori della frugalità e del rigore dei conti pubblici, da quelli dell’area mediterranea, alle prese con la recessione economica già da prima che la pandemia divampasse.

Eppure il Meccanismo Europeo di Stabilità ha rappresentato un principio, un articolato normativo, una Linea Gotica, per e della Germania, più che una reale misura di sostegno per i paesi aderenti in difficoltà.

Dopo la riunione di ieri, infatti, grazie al Mes, sarà operativa una nuova linea di credito disponibile dal 1° giugno che potrà essere utilizzata per le spese sanitarie dirette ed indirette a concorrenza del 2% del Prodotto interno lordo.

Per il nostro paese la manovra non dovrebbe superare i 36 miliardi di euro.

Una cifra inadeguata alle esigenze sanitarie del paese.

Perché tanta importanza, allora, a questo strumento il cui dibattito in sede comunitaria era stato inizialmente calendarizzato per il mese di luglio e poi  anticipato bruscamente a fine gennaio scorso e, cioè, al palesarsi dei primi sintomi del Covid 19 in Italia?

Non è facile capirci molto anche perché il gergo della maggioranza  e dei capi di Stato e di Governo dell’Unione è sempre stato smussato dai consulenti della comunicazione per i quali tra verità reali e presunte spesso non c’è soluzione di continuità.

Il regolamento 473/2013 relativo alle “disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro

si occupa della complessa vicenda richiamando nell’articolo 1 che il trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che gli Stati membri considerino le loro politiche economiche una questione di interesse comune, che le loro politiche di bilancio siano guidate dalla necessità di finanze pubbliche sane che non rischino di compromettere il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria.

L’articolo 1 è già di per sé esaustivo.

I principi richiamati non sono la solidarietà e la promozione sociale economica ed umana dei cittadini soprattutto in contesti di gravi crisi asimmetriche, come qualcuno avrebbe pensato, ma l’equilibrio dei conti pubblici, costi quel che costi.

E’ tuttavia la lettura del regolamento 472/2013, al titolo

sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati Membri nella zona euro che si trovino o rischino di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria” che ci permette una visione più chiara di cosa stia accadendo.

Nel dettato normativo, in sostanza, si attribuisce alla Commissione (art 2) la facoltà di sottoporre a sorveglianza rafforzata uno Stato membro che si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria.

Il rafforzamento della sorveglianza economica scatta per i paesi che abbiano accettato di beneficiare di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più stati membri o terzi, dal Mes …

o da altre istituzioni finanziarie, come il Fondo Monetario Internazionale, l’FMI (art 3).

Nei casi più gravi il Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, puo’ raccomandare misure correttive precauzionali o predisporre un progetto di aggiustamento macroeconomico  che avrà come obiettivi:

la riduzione del debito pubblico, il contenimento di pensioni e salari e la riforma dello Stato (art. 7).

Lo Stato membro soggetto al richiamato programma di aggiustamento macroeconomico che non avesse la capacità amministrativa di guidare la transizione verso gli equilibri di bilancio potrebbe essere assistito da personale tecnico messo a disposizione dalle istituzioni europee (art 8).

La lettura dei regolamenti citati dissipa ogni dubbio.

Attraverso il Mes, che è un “trigger”, un tecnicismo giuridico, non una vera e propria misura di sostegno economico, l’Unione monetaria può imporre politiche economiche rigoriste ai paesi che abbiano fatto richiesta di misure di sostegno fino a limitarne la sovranità economica e politica.

Il paese aderente, una volta richiesto l’intervento del Meccanismo europeo di stabilità, si vedrà costretto a siglare un’accordo di intesa

(MOU Memorandum of understanding) con la Commissione europea, la Bce ed il Fondo Monetario Internazionale (Troika) che daranno via al monitoraggio ed alla probabile imposizione di politiche economiche come previsto dai trattati e dai regolamenti citati.

Il caso della Grecia durante la crisi del 2010 ci torna in mente in modo prepotente.

Il programma di aggiustamento macroeconomico messo in opera dalla Troika ha prodotto, in quella occasione, tagli verticali a salari e pensioni, nuove forme di imposizione fiscale e tagliato il debito pubblico di oltre il 50%.

La cattiva notizia è che non esiste un “Mes light”.

Non esistono condizionalità attenuate a meno che non si metta mano alla modifica dei regolamenti richiamati.

Coloro che sostengono il contrario sono come quel banchiere che nel prendere le firme sulla pratica di mutuo al momento di presentare  le clausole di garanzia ed i provvedimenti in caso di morosità ci dicesse di non preoccuparci perché tanto la banca non li userà…!

Il tentativo del Commissario Gentiloni di presentare il Mes come un’iniziativa diretta al finanziamento delle spese sanitarie la cui condizionalità opererà soltanto su l’uso coerente dei fondi, non è credibile e fa il coro con le dichiarazioni dei numerosi politici e dirigenti  che nelle prossime ore cercheranno di presentare agli italiani come vittoria quella che invece è, e resterà, una sconfitta.

Né convinceranno le prese di distanza che anime della maggioranza di governo in italia porranno in essere, con lo scopo di rendere meno pesanti le ricadute di consenso delle politiche sostenute.

Del resto il paese è duramente colpito e le proiezioni su prodotto interno lordo, deficit, reddito ed occupazione non potranno che confermare l’impoverimento del nostro tessuto sociale ed economico.

Le misure di sostegno promesse dal Consiglio europeo, una volta accettato il Mes,  riposano, inoltre, sul bilancio dell’Unione 2021/2027 e prevedono finanziamenti importanti per l’economia comunitaria da spalmare in più esercizi ma senza un’unione fiscale:

lo scontro sulla mutualizzazione del debito dei paesi più in difficoltà non si risolverà facilmente e la parola d’ordine continuerà a rimare con rigore, tagli alla spesa, tasse patrimoniali e riduzione del debito pubblico esistente.

La Germania ha fatto del Mes la sua Linea Gotica, la linea difensiva fortificata lunga oltre 300 chilometri costruita dai soldati tedeschi nell’Italia centro settentrionale alla fine della seconda guerra mondiale con il fine di proteggere la madre patria germanica da una ipotetica controffensiva.

Linee fortificate di ieri fatte di montagne e costruzioni che rivivono oggi nelle parole, nelle normative e negli  atti di indirizzo politico ma la sostanza non cambia.

Sullo sfondo rimangono le macerie di un continente  europeo ancora alla ricerca di una propria identità.

In questi mesi, le riunioni delle assemblee decisionali dell’Unione sono state accompagnate, spesso precedute, da eventi negativi annunciati o temuti:

downgrade del debito pubblico

revisioni al ribasso delle stime economiche

sentenze avverse da parte di tribunali costituzionali ad interventi di sostegno economico già assunti da anni

(i.e. Quantitative Easing).

Campanelli d’allarme che ai malpensanti possono richiamare echi di complottismo ed ai miti  semplici casualità.

Non sorprenda, tuttavia ad entrambi, che la società Moody’s abbia lasciato inalterato il merito creditizio del paese nella riunione, anch’essa svoltasi nella giornata di ieri.

Non si dispiaceranno i miti lettori, se alle coincidenze, i maligni, dai quali ci  dissociamo, ne aggiungeranno un’altra: una data.

Quella dell’8 maggio.

Il Mes è adottato da ieri, 8 maggio 2020 e consegna alla Germania un primato sugli altri paesi.

Settantacinque anni fa un’altro 8 maggio regalava al mondo una speranza di pace: la resa senza condizioni della Germania nazista alle truppe alleate.

Fatti che s’inseguono quasi per caso e che parlano più di mille parole.

Se gli eventi conservano un’anima, se un filo lega i corsi storici, dovremo ricordare, a questo punto, che dopo la capitolazione della Germania

nazista e la fine della guerra, il Mondo dei “giusti” avvio’ un percorso di pacificazione che ebbe inizio con un Processo:

quello di Norimberga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

 




Complottismo, o mio complottismo…

Complotto sì o complotto no?

Benché ci muoviamo ancora nel campo delle ipotesi, più o meno comprovate a seconda dell’autorevolezza degli analisti, credo sia opportuno porsi questa domanda, perché è strettamente legata a quello che ci accadrà dopo, ossia dopo la fine dell’emergenza, sia sul piano economico che politico.

Infatti, sulla base dei dati e dell’analisi di cui siamo conoscenza, a mio parere, è urgente comprendere se, dietro tutto questo, c’è un disegno, e di quale disegno si tratta, oppure, se gli sviluppi del capitalismo degli ultimi decenni, lasciati per così dire a briglia sciolta, siano responsabili di quanto sta accadendo. 

In entrambi i casi, ci viene data l’opportunità di mostrare, anche dinanzi a chi è più chiuso nel suo piccolo mondo antico, sperando illusoriamente di salvarsi, che questo sistema non regge, è foriero di morte e di distruzione per l’umanità tutta intera e per la natura stessa, dal cui grembo siamo stati partoriti.

Prima di andare avanti nella direzione tracciata, vorrei soffermarmi brevemente sulla cosiddetta teoria del complotto.

Come è noto, di complotti, è seminata la storia, basta pensare alle attività di Catilina contro il Senato romano, o all’assassinio di Giulio Cesare da parte di un gruppo di congiurati, tra cui il figlio adottivo Bruto.

Chi ha un po’ di sensibilità storica, sa benissimo che le grandi trasformazioni storiche non si realizzano per le scelte politiche episodiche di gruppi più o meno agguerriti; il complotto, se effettivamente viene orchestrato nel segreto, non è che l’ultimo atto di una strategia politica elaborata da una certa forza sociale, forza sociale a cui corrispondono, in termini marxisti, ben precise classi o alleanze tra classi.

Per esempio, il colpo di Stato del Termidoro, termine poi divenuto paradigmatico, con cui furono arrestati e giustiziati RobespierreSaint JustCouthon, rappresentanti della sinistra giacobina, fu attuato da un’altra fazione del Comitato di Salute pubblica che, benché avesse partecipato al Terrore, si opponeva all’estremismo dei sanculotti e faceva gli interessi della nuova borghesia.

Ma torniamo al caso nostro, ossia all’ormai tanto famoso coronavirus, il cui tasso di letalità secondo calcoli sbagliati, forniti dall’Istituto superiore di sanità, è stato individuato nel 5,8% dei contagiati. 

Notizia che inevitabilmente (e volutamente?) ha terrorizzato la popolazione.

In questi giorni, siamo stati inondati dai pareri più disparati, di esperti veri e falsi, di personaggi noti al grande pubblico, di analisti politici, di propagandisti, che ci elargiscono tesi, ci dispensano consigli (vorrei sapere quanto paghiamo gli spot televisivi), e ci invitano ad essere un tutt’uno contro la pandemia, come se fossimo in guerra, contro un nemico comune.

 Ma non è così!

Altro che bandiere italiane ed inno di Mameli, il vero nemico è interno all’Italia ed è rappresentato da individui ben precisi e dagli interessi che essi rappresentano.

Come, per esempio, chi ha emanato lo stato di emergenza nella Gazzetta ufficiale, il primo febbraio per 6 mesi, in seguito alla presa di posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, senza mettere in risalto questa notizia e facendola seguire da misure a singhiozzo e spesso contraddittorie, come ha dimostrato il persistere di attività lavorative in settori non essenziali (armi), la mancata disponibilità di strumenti protettivi che lo Stato stesso avrebbe dovuto distribuire alla popolazione.

Oppure, chi in nome del privato che è più efficiente (in realtà più redditizio), ha chiuso ospedali, strutture sanitarie e dato agevolazioni fiscali a privati.

O ancora, chi ha tagliato i fondi alla ricerca e all’università, facendo sì che – secondo la stessa OMS – oggi ci manchino 50.000 infermieri e probabilmente 45.000 medici, creando così un buco stratosferico che cerchiamo di riempire con aiuti provenienti da “odiati” paesi (Cuba, Cina, Venezuela), che, evidentemente, di fronte alle emergenze, funzionano meglio della “democratica” Italia.

Ma torniamo al nocciolo della questione, cioè al tema principale dell’articolo.

Esistono due tesi fondamentali:

1) “la distruzione sempre più veloce degli habitat”;

2) la costruzione in laboratorio del coronavirus che ha generato l’attuale pandemia, o la sua diffusione voluta o casuale, indipendentemente dalla sua origine.

Questi due tesi, che non credo si escludano reciprocamente, sono sostenute da vari studiosi, esperti, analisti internazionali.

In un articolo uscito su Le Monde diplomatique (Contro le pandemie, l’ecologia, marzo 2020) la giornalista statunitense, di origini indiane, Sonia Shah, scrive: “Dal 1940, centinaia di microbi patogeni sono comparsi o riapparsi in aree in cui in alcuni casi non si erano mai visti prima.

È il caso dell’immunodeficienza umana (Hiv), dell’Ebola nell’Africa occidentale e della Zika nel continente americano.

La maggior parte di essi (60%) è di origine animale.

Alcuni provengono da animali domestici o da allevamento; più di due terzi da animali selvatici”.

Come altri studiosi, la giornalista statunitense ritiene che: “la maggior parte di questi microbi vive al loro interno [degli animali] senza far loro alcun male.

Il problema è un altro: con il dilagare della deforestazione, dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, abbiamo dato a questi microbi i mezzi per arrivare fino al corpo umano e adattarsi”.

Altri studiosi convergono su questo tipo di riflessione, sottolineando che alcune zone della Cina sono state caratterizzate da questi processi come rapida urbanizzazione, industrializzazione dell’attività agropecuaria, integrazione alle nuove catene del valore sviluppati in maniera accelerata, dai quali sono scaturite le condizioni per la rapida mutazione del virus e per il cosiddetto “passaggio di specie”.

Come scrive il periodico on line Scienzainrete, questo fenomeno “sempre avvenuto, da quando esiste la vita, è favorito principalmente da due fattori”: i ricettori cellulari sono simili in specie diverse e la prolungata vicinanza fra uomini e animali.

Da queste considerazioni, si evince la ragione per la quale la Lombardia costituisce il centro dell’infezione, proprio per il semplice fatto che probabilmente, per la sua intensità industriale, costituisce la regione più inquinata d’Europa.

Si tenga inoltre presente che il contesto descritto negli ultimi decenni ha dato vita ad epidemie che si sono susseguite con maggiore frequenza, come la SARS (2002-03), influenza suina H1N1 (2009), il MERS Covid (2012), l’Ebola (2014-16), lo zika (2015) e il dengue (2016).

Epidemie di cui dobbiamo attribuire tutta responsabilità al capitalismo e alle sue dinamiche distruttive e perverse.

A questo punto, vorrei rispondere alla seconda domanda: il SARS-COVID-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2), noto più semplicemente come COVID-19, è stato prodotto in un laboratorio, innescandone la mutazione, e poi involontariamente o volontariamente diffuso o disperso, anche nel caso in cui costituisca un organismo non manipolato?

L’ipotesi della diffusione involontaria dei virus non è del tutto scartata dal Bulletin of Atomic Scientists, nel quale si può leggere la descrizione del laboratorio di Plum Island, situato alla foce del Long Island Sound vicino a New York, il cui obiettivo è quello di operare nel campo della bio-sicurezza, altamente sviluppatasi dopo l’11 settembre.

Secondo questo studio, è affare dato che “nessun laboratorio è perfetto”, e dunque che è possibile che gli agenti patogeni delle malattie lì studiate possano in qualche modo sfuggire e colpire gli abitanti circostanti per poi espandersi ulteriormente.

Passiamo invece alla tesi assai discussa della diffusione volontaria del virus.

Come è noto, il presidente Trump insiste nel chiamare il Covid-19 il “virus cinese”, in questo seguito da settori filoamericani, che intendono cogliere ancora una volta l’occasione di demonizzare la Cina, considerando addirittura gli aiuti pervenutici da questo paese una sorta di cavallo di Troia.

Ovviamente tale associazione (Cina/virus) è fortemente respinta dal governo cinese, che nella persona del portavoce del Ministero degli Esteri, Lijan Zhao, in un tweet del 12 marzo, ha accusato gli Stati Uniti di non aver informato il mondo sulle numerose morti lì avvenute, sulla data del ritrovamento del cosiddetto paziente zero, insinuando che sia stato lo stesso esercito statunitense ad aver introdotto il virus a Wuhan in occasione dei giochi sportivi militari tenutosi a in questa città nell’ottobre del 2019.

L’ipotesi formulata dai cinesi è sposata dal giornalista brasiliano Pepe Escobar, il quale scrive che, essendo la Cina oggi il centro dell’economia mondiale, essendo diventata il socio commerciale di circa 130 paesi e avendo firmato solo nel 2019 contratti per la costruzione di infrastrutture per 128 miliardi di dollari, costituisce effettivamente – come ha affermato Trump – la più grande minaccia economica e militare per gli Stati Uniti.

Come si può ben capire, ci troviamo costretti a questo punto a parlare di guerra batteriologica o biologica, ossia di qualcosa di cui, nei tempi della cosiddetta guerra ibrida, bene o male tutti noi abbiamo sentito parlare o visto rappresentare magari in qualche film commerciale.

Ma che dati abbiamo su questo aspetto della questione?

Inevitabilmente ne menzionerò solo alcuni che mi sembrano importanti disposta ad accettare ulteriori informazioni da chi vorrà fornirmele.

La storia ci ricorda vari episodi di guerra batteriologica/biologica, di cui si resero responsabili gli antichi greci, i cartaginesi, gli spagnoli e gli inglesi nel Nuovo Mondo; infatti, sappiamo con certezza che questi due ultimi gruppi scientemente regalarono ad esponenti delle nazioni originarie indumenti appartenuti ad individui infettatati dal vaiolo, che – come è noto – fu una delle più rilevanti cause dello sterminio degli indo-americani.

Ernesto Burgio, medico pediatra, esperto di epigenetico e medicina molecolare, presidente del Comitato scientifico della Società italiana di Medicina ambientale (SIMA), fa notare che vi sono ragioni economiche (rapporto costi/benefici) che fanno delle armi biologiche un utile strumento: “Secondo stime un po’ semplicistiche, ma attendibili, la potenzialità bio-distruttiva di un grammo di spore di antrace è pari a quella di 700 grammi di plutonio da fissione, di 70 chilogrammi di gas nervino, di tre tonnellate di bombe al cluster”.

Detto in soldoni, ciò significa che con un po’ di spore di antrace si fanno fuori milioni di esseri umani a bassissimo costo (V. Armi biologiche e guerra (infinita) al pianeta).

Purtroppo per chi ha intenzione di far uso di tali strumenti di morte, scrive sempre Burgio, le armi biologiche “sono praticamente incontrollabili”, giacché “ogni volta che un microrganismo patogeno comincia a circolare all’interno della biosfera, la durata della sua permanenza in essa e il suo percorso sono assolutamente imprevedibili” (Ibidem).

E quindi è del tutto possibile che il diffusore stesso rischi di infettarsi e di infettare i suoi compatrioti.

Secondo la costituzionalista venezuelana M. Alejandra Díaz, intervistata da Telesur, vi sono delle ricerche, per esempio, quella di uno studioso venezuelano di nanotecnologie che ha tracciato la mappa genetica del virus, arrivando alla conclusione che esso sarebbe il risultato della combinazione di vari virus; mentre dalla ricerca di uno studioso cinese si ricaverebbe che il Covid-19 scaturisce dall’unione di segmenti tratti dall’HIV e dalla SARS.

La Signora Díaz, membro dell’Assemblea nazionale costituente del Venezuela, è convinta – come il già citato giornalista brasiliano – che il virus responsabile dell’epidemia in Cina sia uscito dai laboratori statunitensi, in effetti numerosi a partire dal secondo dopoguerra e moltiplicatisi dopo l’11 settembre.

La costituzionalista latino-americana sostiene che gli Stati Uniti stanno distruggendo il sistema di ordine internazionale da loro stessi creato dopo la Seconda guerra mondiale, e che stanno imponendo uno stato di eccezione mondiale, in cui il diritto viene sospeso e conta solo la forza.

In particolare, secondo questa ipotesi il Covid-19 sarebbe stato creato per colpire la Cina, facendone rallentare l’economia e danneggiando così anche quei paesi, come la Russia e l’Iran, che riforniscono l’ex impero celeste di petrolio e di gas.

Con questo atto, gli Stati Uniti avrebbero attaccato contemporaneamente i loro più acerrimi nemici: la Russia che li sfida sul piano tecnologico-militare e la Cina che li sta surclassando sul piano economico.

D’altra parte, fonti autorevoli, come il giornale Nature Medicine, considerano improbabile che il nostro virus sia il prodotto di una manipolazione fatta in un laboratorio di virus dello stesso tipo, perché tali cambiamenti possono anche avvenire per via naturale.

Inoltre, diversi esperti ci spiegano che è possibile distinguere tra le mutazioni dei virus prodotte in laboratorio attraverso l’inserimento nel genoma di un virus di pezzi del RNA di altri agenti patogeni, e quelle prodotte secondo il principio della selezione naturale, che avvengono in maniera graduale e uniforme.

Da parte sua, il biologo Paolo Massucci, ritiene che l’origine naturale o artificiale di un virus si può desumere, su basi probabilistiche, dallo studio delle sequenze variate di materiale genetico.

L’eventuale presenza, ad esempio, in un nuovo virus, di sequenze provenienti dai virus normalmente utilizzati nei laboratori a scopi di ingegneria genetica, fa propendere per l’ipotesi di una manipolazione umana.

Ma si tratta di un’indagine complessa che non sempre fornisce risultati certi e definitivi.

In ultima istanza, quindi sembrerebbe che, nonostante il dibattito sia acceso, gli epidemiologi e altri studiosi del settore sembrano escludere la produzione artificiale del COVID-19, mentre considerazioni di carattere geopolitico potrebbero suffragare una diversa ipotesi non necessariamente fondata sulla manipolazione del virus, ma più probabilmente sull’idea della diffusione casuale e/o volontaria del virus.

Richiamandomi un’altra volta al Burgio, vorrei aggiungere qualche altra rapida riflessione sulla storia della guerra biologica / batteriologica.

L’eminente studioso ricorda che durante la Seconda guerra mondiale giapponesi e tedeschi sperimentarono gli effetti di agenti patogeni su cavie umane, e che molti di loro furono assoldati successivamente dagli Stati Uniti, con la mediazione di Henry Kissinger e Allen Dulles, per lavorare nei laboratori di quel paese.

Scrive Burgio: “il programma americano per la guerra biologica, partito con un certo ritardo nel 1942, fu in grado di recuperare il tempo perduto nell’immediato dopoguerra, anche grazie alla preziosa collaborazione degli scienziati giapponesi della famigerata Unità 731, che avevano disseminato la Cina di pulci portatrici del bacillo della peste”.

Nel periodo della Guerra fredda entrambe le parti in lotta portarono avanti queste ricerche sviluppando “batteri, virus e tossine sempre più micidiali”, fino al momento in cui Stati Uniti ed Inghilterra presero la decisione di vietare le cosiddette armi dei “poveri” e sviluppare sempre più la guerra tecnologicamente più costosa, promuovendo la Biological Weapons Convention del 1972, per tenere a freno i paesi più litigiosi.

La Convenzione fu poi osteggiata da Clinton e da Bush, osserva Burgio, perché – riassumendo -: “proprio in quegli anni e proprio nei laboratori americani, si stava realizzando la rivoluzione tecnologica che avrebbe sconvolto il mondo della genetica e fornito agli scienziati gli strumenti necessari a trasformare innocui microrganismi in microscopiche bombe intelligenti, più potenti di qualsiasi arma mai costruita”.

Con questa rivoluzione gli scienziati, dotati o no di una sensibilità etica, si trovarono in mano i mezzi forniti dall’ingegneria genetica, con i quali è possibile “modificare e manipolare con una certa precisione il codice stesso della vita”.

Ovviamente queste scoperte trovarono immediatamente applicazioni che garantivano a imprese come la Geniatech, fondata dal premio Nobel Paul Berg, immensi profitti e mostrarono l’impossibilità di opporre ostacoli al proliferare di ricerche in questo campo, in cui per di più non è facile distinguere tra il loro uso difensivo e quello offensivo.

Quali sono le conclusioni che traggo da queste informazioni?

Molto rapidamente vorrei osservare che nessuno nega che il tardo capitalismo sta vivendo una crisi letale, dalla quale si può uscire solo trasformando dalle fondamenta il sistema attuale basato su micidiali conflitti e su strategie distruttive.

Purtroppo, l’unica via di uscita che immaginano i decisori mondiali, è quella di far pagare, ancora una volta, la terribile crisi alle masse popolari, attraverso politiche di austerità draconiana e con l’uso dello stato di eccezione mondiale, come suggeriva la Signora Díaz.

Dunque, il panico suscitato dalla diffusione volontaria o involontaria del COVID-19 sembra risultare assai utile a farci tacere e sottomettere ancora una volta, senza scartare l’ipotesi della guerra ibrida tra potenze.

Almeno avessimo imparato dalla storia…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italexit?

Trump Presidente: l’america segue Clint Eastwood

Coronavirus, stare dall’altra parte!

 




Talento Sharona

THE KNACK: IL FENOMENO “SHARONA”

THE KNACK, “IL TALENTO”: questo è il nome della band di Los Angeles capitanata da Doug Fieger (chitarra e voce) e Berton Averre (chitarra) che ha segnato il mondo della musica a partire dalla fine degli anni settanta!

A completare il quartetto Prescott Niles (basso) e Bruce Gary (batteria).

Una delle band meno prolifiche del panorama Rock, ma sicuramente tra le più incisive.

Una sola canzone che ha reso THE KNACK immortali: My Sharona! Con questo capolavoro THE KNACK del compianto Fieger (Doug Fieger è morto nel 2010 all’età di 57 anni per un tumore cerebrale; n.d.a.) hanno scalato le vette delle classifiche di quasi tutti i paesi del mondo rimanendoci fino ai giorni nostri.

My Sharona è infatti la canzone più ascoltata da intere generazioni.

Sono disposto a sfidare chiunque abbia più di 12 anni a non conoscere questo simbolo del Rock targato anni settanta… ottanta, novanta, duemila, duemilaedieci e pure venti!

Moltissimi sono i musicisti che hanno adorato le canzoni di Doug & Co. ed alcuni hanno continuato a suonare la cover di My Sharona nei loro concerti, ricordo solo questi mostri sacri del Rock: METALLICA, FOO FIGHTERS, NIRVANA e ci metto pure i TIMORIA dell’amico Omar Pedrini.

THE KNACK sono stati spesso sottovalutati, nonostante abbiano prodotto pezzi di grandissimo valore come Good Girls Don’t e Baby Talks Dirty.

Solo My Sharona però ha tributato al Combo californiano un successo strabiliante.

Il riff iniziale è uno dei più celebri e riconoscibili del Rock, forse anche più famoso dell’intro di Smoke on the Water dei DEEP PURPLE. My Sharona NON è un brano POP come gli “etichettatori” vorrebbero…

My Sharona è pura potenza di suono, puro Rock’n’Roll! Come molti artisti dell’epoca (succede purtroppo anche ai nostri giorni, anzi oggi in modo vergognoso, n.d.a.) anche THE KNACK hanno subito una certa manipolazione artistica voluta dalle case discografiche (Capitol in testa), che imponevano alla Band produzioni più “radiofoniche” di quelle contenute in Get the Knack, il loro primo lavoro in studio del 1979.

Purtroppo già dall’anno seguente, con l’album …But the Little Girls Understand, la band ammorbidisce le chitarre e alleggerisce pure il groove della sezione ritmica. Sulla falsa riga del secondo disco, THE KNACK produrranno Round Trip (1981), Serious Fun (addirittura 1991), Zoom (1998), Normal as the Next Guy (2001) ed infine Re-Zoom. (2008).

La straordinaria fiammata con cui THE KNACK hanno scritto My Sharona li ha portati ad avere uno spazio importante nell’olimpo del Rock.

La canzone parla della bellissima (e giovanissima!) Sharona Alperin di cui Doug si innamorò perdutamente (Sharona Alperin, canottiera bianca, jeans ed in mano una copia dell’album della band, compare nella copertina del 45 giri; n.d.a.) e che dopo un breve periodo di fidanzamento rimase amica fino al giorno delle morte di Doug.

Chi vi scrive ha amato, suonato e cantato centinaia di volte questa canzone dal ritmo travolgente, un singolo praticamente perfetto e, come già detto, mai fuori moda.

Avevo dodici anni quando la sentii per la prima volta, era un disco 45 giri regalato da un amico a mio padre ed una domenica mattina, lo ricordo come fosse ieri, misi sul piatto del “giradischi” (rigorosamente Philips), il pezzo di THE KNACK. In quell’istante ho capito che avrei voluto suonare quella musica affascinante, nei mesi ed anni successivi infatti sarebbe diventata realtà.

Un aneddoto da raccontare: quante volte un profumo o un suono ci hanno riportato alla mente ricordi ed immagini del passato?

Beh, per citare Marcel Proust, celebre autore de La Recherche du Temps Perdu: «Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata (…)».

Così mi accade quando oggi riascolto My Sharona. In febbraio 2010 poi la triste notizia: nel bel mezzo di un CdA apprendo dal mio Nokia 9000 Communicator che era morto Doug Fieger, mi ha preso una strana malinconia, quella malinconia che viene quando un grande artista ci lascia dopo aver riempito il mondo con il suo genio.

Vi voglio salutare con un omaggio a Sharona e ai THE KNACK di una delle più grandi artiste italiane: Mina.

 

https://www.youtube.com/watch?v=jcfgx4nxHXE

 

 

PERTH

GIANKA: LA FORMA DELL’AMORE

JON BON JOVI: I LUSTRI(NI) DELL’HAIR METAL

 




Cosa è indispensabile per la riapertura

Saloni e centri estetici. Cosa è indispensabile per la riapertura

Possibile apertura anticipata per parrucchieri ed estetiste ma cosa serve davvero?

Secondo il Dpcm 26 aprile 2020 le attività di servizi alla persona fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti non possono ancora riaprire, in sede di conferenza stampa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dato come data possibile il 1 giugno.

Questa comunicazione ha attivato in diverse regioni, soprattutto quelle con un numero di contagi contenuto, una pressante richiesta alla riapertura anticipata.

Considerata la contingenza dei fatti e il reale stato epidemiologico, alcune regioni e alcuni sindaci hanno deciso di valutare l’apertura anticipata della categoria, la data di interesse è il 18 maggio.
Ovviamente la scelta è difficile in quanto una presa di posizione di questo tipo potrebbe implicare un subentro di responsabilità da parte dell’autorità locale in caso di contagio per qualche lavoratore.

In questa roulette russa di date, la preoccupazione più grande dei professionisti del settore beauty (come sono classificati gli operatori che lavorano nel settore dei saloni e dei centri estetici), è quella di farsi trovare “pronti”; laddove la misura della preparazione sta nell’adeguamento a protocolli e regole precise indicate dal Governo o dall’amministrazione locale.

In un panorama privo di regole precise, i poveri saloni di parrucchieri e centri estetici sono bombardati da aziende che cercano di vender loro servizi medicali e forniture di cui però, ancora non si conosce la vera necessità.

Le domande

Dovendo però aprire e non avendo ancora delle regole e delle indicazioni precise, i professionisti di questo settore sono pieni di domande:

  • Serviranno le mascherine? 
  • E i calzari?
  • Le visiere?
  • Bisognerà avvolgere le clienti nella pellicola trasparente come mostrano video amaramente divertenti?
  • Bisognerà comprare i termometri?
  • Bisogna chiamare una impresa di pulizie specializzata che elimini il 100% dei batteri?
  • L’ozono funziona? 
  • E l’alcol etilico?
  • Meglio l’ozono o l’alcol etilico?
  • Le lampade UV devono avere caratteristiche ulteriori rispetto a quelle già presenti nel salone?

Ma se già i centri erano iper puliti e iper disinfettati e attenti alla persona, cosa dovrebbero fare di più?

Lo stato dell’arte

Lo stato dell’arte è una situazione border line di difficile gestione dovuta al fatto che le normali regole della mascherina e della distanza di un metro non soddisfano le esigenze professionali della categoria e dei loro clienti.

In più ancora non esiste una comunicazione ufficiale per quanto riguarda la data di riapertura né un protocollo specifico per quanto riguarda le regole da seguire in caso di ripresa di attività.

Quello però che è possibile osservare e a cui poter fare riferimento è che, per quanto riguarda i protocolli e le regole a cui far capo, gli imprenditori e le imprenditrici del settore beauty hanno già delle indicazioni chiare e difinite e sono quelle indicate dalla legge 81 sulla sicurezza del lavoro e sul rischio biologico.

In attesa di sapere se i calzari saranno obbligatori e se e quali strumenti aggiuntivi bisognerà acquistare, abbiamo chiesto a Francesco Melis assessore alla Protezione Civile e Polizia Locale del comune di Iglesias, quali sono, senza dubbio, le accortezze che centri estetici e saloni possono mettere in atto e su quali processi ragionare in vista della riapertura.

 

Premessa

Facciamo una premessa:

Il problema riscontrato nella riapertura delle attività di servizi alla persona, è stato dovuto anche alla doverosa valutazione dei rischi.

Secondo la normativa vigente, nel momento in cui bisogna fare una valutazione dei rischi i rischi, i primi da valutare sono i rischi professionali.

I rischi professionali sono quelli che hanno a che fare con la salute e la sicurezza sul  posto lavoro a cui il lavorato è esposto (nota, confronta piè di pagina).

Considerato che le indicazioni sul contagio riportano che il contagio del COVID-19 avviene tramite vie respiratorie (ragion per cui è richiesta la mascherina) e contatto diretto delle mani con occhi naso e bocca, i rischi professionali che interessano gli operatori del settore del beauty sono più elevate rispetto chi volge un lavoro a minor contatto con le persone.

Per quanto riguarda le misure specifiche di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica covid possiamo rifarci alla normativa vigente come integrata e chiarita dalle fonti autorevoli indicate in calce.

Misure specifiche che il titolare deve adottare all’interno dell’attività.

All’interno della propria attività, il titolare è tenuto ad adottare alcune misure specifiche:

  • convocazione a lavoro del numero indispensabile di lavoratori dividendone l’accesso in turni;
  • formazione del personale sui nuovi protocolli e le nuove procedure;
  • creazione di un registro di presenza che indichi con precisione orario di ingresso e uscita di ciascun lavoratore, fornitore, visitatore e utente. Questo registro sarà utile all’autorità sanitaria in caso di accertamento di positività di uno di essi;
  • costituzione di un Comitato per l’applicazione e la verifica delle misure di sicurezza contro la diffusione del covid-19;
  • esposizione di cartelli informativi: 
  1. uno relativo agli atteggiamenti e alle misure da adottare per la prevenzione del virus, 
  2. un altro relativo all’informativa privacy sul rilevamento della temperatura, 
  3. un terzo cartello di prevenzione e protezione nei luoghi di maggiore passaggio,
  4. Un quarto con le indicazioni di come lavare le mani e usare le mascherine 

Cosa mettere a disposizione delle clienti e dei dipendenti

Il titolare è inoltre tenuto a mettere a disposizione di clienti, dipendenti ed altri avventori:

  • dispenser di soluzione igienizzante idroalcolica;
  • mascherine con filtrante FFP2/FFP3 da fornire ai lavoratori incaricati del rilevamento della temperatura;
  • mascherine chirurgiche da fornire a tutti i lavoratori o alle clienti o fornitori non fornite delle stesse;
  • camici monouso impermeabili guanti monouso e occhiali o maschera facciale per i dipendenti incaricati delle operazioni di sanificazione;
  • Ove possibile, individuazione di un servizio igienico ai soli ospiti separato da quello dei dipendenti.

La sanificazione

In questo periodo si sente tantissimo parlare di sanificazione e, nonostante la frequenza dell’argomento, è bene fare dei chiarimenti.

Cosa è la sanificazione 

Per”sanificazione” si intende un insieme di operazioni che interessano un’area, un locale o una superficie, che arriva a garantire che quell’area, locale o superficie sia anche “sana” ovvero ragionevolmente priva di batteri e virus che possano comportare un rischio per la salute. 

In poche parole si tratta del normale e già abituale nei centri estetici passaggio con disinfettanti.

Non è obbligatorio rivolgersi a una azienda specializzata, può esser svolta anche da personale interno incaricato.

Quali prodotti utilizzare:

  • la candeggina (ipoclorito di sodio) allo 0,5% o superiore per piastrelle, muri, sanitari, scrivanie/banchi e sedie in legno o formica etc – per preparare 10 litri di soluzione allo 0,5% partendo dalla candeggina al 5% è sufficiente diluire 1 litro di candeggina in 9 litri di acqua 
  • l’alcool etilico al 75% o superiore per tastiere, mouse, interruttori etc (in quanto meno aggressivo)

L’eventuale scelta di adottare prodotti diversi deve essere accompagnata da una dichiarazione del distributore / produttore che attesti ufficialmente l’efficacia del prodotto per il contrasto al coronavirus.

Quando va fatta la sanificazione

La sanificazione ha una frequenza di tre tipi:

  • Ad ogni uso
  • Quotidiana 
  • Settimanale

Santificazione quotidiana:

In caso di uso di una sola persona, va vanificato ogni giorno ogni oggetto toccato:

telecomandi, tastiere, mouse, schermi, interruttori, maniglie, finestre, scrivanie, tavoli, mensole do appoggio, tastierini di stampanti e copiatrici, sedie, pulsanti di ogni dispositivo, sanitari, rubinetti e ogni tipo di manopola o superficie di contatto.

Vanno igienizzati quotidianamente anche pavimenti e superfici comuni.

Sanificazione più volte al giorno

Vanno sanificate più volte al giorno tutte quelle superfici di contatto che vengono toccate dal personale interno ed esterno al centro:

tastiere, schienali, sedie, maniglie, armadi…

Sanificazione ettimanale

In caso di locali scarsamente utilizzati, la sanificazione può esser fatta settimanalmente piuttosto che quotidianamente

Sanificazione straordinaria

Prima della riapertura parrucchieri e centri estetici devono fare una sanificazione.

Il personale incaricato deve indossare: 

  • mascherina FFP2/FFP3, 
  • maschera facciale, 
  • guanti monouso, 
  • camice monouso impermeabile a maniche lunghe 

Dopo aver effettuato la sanificazione tutto quanto indicato sopra dovrà essere trattato come rifiuti speciali in quanto potenzialmente infetti.

Come va effettuata questa prima sanificazione

Si tratta di una regolare pulizia dei locali, aree e superfici prevista dal normale protocollo di pulizia, se presente o dalle normali abitudini operative osservate all’interno dell’azienda/ente, utilizzando i detergenti comunemente in uso.

  • Pulire tutte le superfici (telecomandi, tastiere, mouse, schermi touch, interruttori, maniglie, finestre, scrivanie, tavoli, mensole d’appoggio, tastierini di stampanti e copiatrici, sedie, pulsanti dei dispenser della soluzione igienizzante mani etc.) mediante uso di stracci in microfibra inumiditi con alcool etilico al 75% o con soluzione di candeggina allo 0,5% in funzione del tipo di materiale. Lo straccio deve essere utilizzato sfregando l’oggetto da sanificare e garantendo un tempo minimo di azione del disinfettante, lo stesso non deve essere intriso al punto da “sgocciolare” ma comunque ben inumidito di soluzione disinfettante
  • Durante tutte le operazioni deve essere assicurata la ventilazione degli ambienti.
  • Le tende ed ogni altro oggetto in tessuto deve essere sottoposto ad un ciclo di lavaggio a 90° e detergente, se ciò non è possibile occorre addizionare il ciclo di lavaggio con candeggina;
  • Eseguire, in un’unica soluzione, tutte le operazioni di sanificazione previste a frequenza quotidiana e settimanale.

Al termine delle operazioni dare evidenza in un Registro delle pulizie dell’attività svolta (data, ora, cosa è stato sanificato, da chi).

Riepilogo dei documenti che devono essere presenti sul luogo di lavoro

Una parziale novità sarà data dai documenti che devono essere presenti sul luogo di lavoro:

  • Registro delle presenze 
  • Cartello informativo 
  • Informativa privacy temperatura
  • Lettera di incarico privacy
  • Cartello prevenzione e protezione
  • Cartello lavaggio mani e istruzioni mascherina
  • Opuscolo per la diluizione della candeggina 
  • Tabella delle frequenze della sanificazione
  • Registro delle pulizie 
  • Modulo di consegna dei dispositivi di Protezione Individuale
  • Istruzioni i operative al personale

Buon lavoro


Riferimenti

  • Per la normativa vigente, i rischi che devono essere oggetto di valutazione e conseguente formalizzazione della stessa all’interno di un Documento di Valutazione dei Rischi, sono i rischi professionali e cioè quelli per la salute e la sicurezza sul lavoro a cui è esposto un lavoratore nell’espletamento della sua attività lavorativa nella specifica mansione all’interno dell’organizzazione aziendale.

Documenti di riferimento:

Formazione utile

Presentazione della prima edizione del master in Orientamento alla Persona

 

 

 

 

 

 

 

Lettera di un medico al Ministro Conte

quando è troppo è troppo!

 




Perché la sposa di Barbablù si è salvata

La chiave proibita di Barbablù si chiama “Perché?”

Quando la giovane sposa si avvicinò all’ultima porta tenendo stretta tra le dita, separata dal grande mazzo, la più piccola delle chiavi, sentì come una specie di paura.

Con lei le sorelle più grandi, il sangue del suo sangue, le più sagge, le più esperte, quelle che avevano visto di più della vita, la incoraggiavano ad usare quella chiave e lei si fidò.

Quella chiave era la più piccola del grande e pesante mazzo lecito che precedentemente aveva aperto ad una ad una tutte le altre porte di quel grande e bellissimo castello che la giovane sposa credeva proprio.

Dietro ciascuna porta le chiavi avevano concesso la vista e il godimento di meraviglie e gioie.

E tanto poteva bastare e le era bastato fino a quel momento, ma non bastò alle sagge sorelle.

Restava ancora quella chiave, quella piccola chiave che avrebbe aperto quella porta; quella piccola, preclusa porta.

Quella chiave era piccola ma avrebbe aperto la porta più pericolosa di tutte: quella proibita, l’unica che la giovane sposa non aveva il permesso di aprire.

Quella che, da sola, le faceva capire che il castello non era suo.

Quella chiave aveva un nome, si chiamava “Perché?”.

Ed era piccola ma pericolosissima perché apriva la porta della Verità.

Quando la chiave girò, la porta si aprì e tutto fu chiaro.

Improvvisamente la barba di Barbablù fu chiaramente blu e non di nessun altro colore che poteva sembrare normale, come ad un certo punto era sembrato alla giovane sposa quando cedette al corteggiamento.

Improvvisamente furono chiari i delitti, le colpe nascoste e il sangue.

Gli interessi personali, le bugie e i raggiri.

Improvvisamente fu tutto vero e la giovane sposa ne ebbe paura.

Barbablù intanto stava rientrando ed era sempre più vicino a scoprire la disobbedienza della sposa.

La sposa richiuse la porta e nascose la chiave nella tasca del vestito.

Ma la chiave era il “Perché?” e aveva avuto la sua risposta e la verità non può essere nascosta.

Fu così che la verità, sotto forma di sangue, iniziò a sporcare la tasca, le mani e l’abito tutto della sposa che ebbe ancora più paura.

Cambiò l’abito e lo nascose nell’armadio.

Ma l’emorragia di verità non si fermava e dopo poco anche l’armadio iniziò a sanguinare.

E la giovane sposa aveva paura.

Quando Barbablù rincasò e vide che il suo segreto era stato svelato e non poteva mai più essere nascosto, non lo sopportò e decise di uccidere la sposa.

Ma la ragazza non era sola, aveva le sorelle, che le consigliarono di prendere tempo e, intanto, di nascosto, andarono a chiamare i fratelli.

E così, mentre la ragazza chiedeva tempo per prepararsi alla morte, si avvicinarono al castello correndo i fratelli di lei, il sangue del suo sangue, la parte di lei più forte, più coraggiosa, quelli che avevano sempre combattuto e vinto le battaglie della vita.

I fratelli arrivarono al castello e Barbablù, colto di sorpresa e sopraffatto dalla forza dei fratelli, fu ucciso.

Fu così che la giovane sposa, grazie alla chiave del “Perché?” e alla disobbedienza divenne una donna al pari delle sorelle e con i fratelli si diresse verso un nuovo viaggio.


Dedicato a chi ha paura di usare fino in fondo la chiave del “Perché?”, 

a chi sa che la verità che gli hanno raccontato è strana e, anche se molto bella, non è la verità.

A chi sa che la barba di Barbablù (dentro o fuori di noi) e blu e c’è un motivo.

A chi vuole scoprire quel motivo.

A chi non vuole avere paura delle verità perché è molto più forte di ciò che crede ed è in grado di affrontarla.

 

Crediti

Ispirato a Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estès: libro

Audiolibro Barbablù di Perrauld

 




Cura a Casa il covid 19, forse sì!

Il Dottore Stefano Manera e le sue scomode verità sul Covid 19.

Stefano Manera, 44 anni, specialista in anestesia e rianimazione, ha partecipato al bando straordinario indetto dalla regione Lombardia.

È partito da Milano per la trincea dell’ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo, tra i più colpiti dall’emergenza coronavirus.

Anestesista e rianimatore in prima linea, Manera, è recentemente finito nell’occhio del ciclone per la sua versione dei fatti, a dir poco contro corrente.

Come redazione di betapress riprendiamo l’intervista di Massimo Mazzucco al Dr. Stefano Manera, trasmessa su Contro.tv.

Intervista diffusa anche da Gianluca Spina in un video intitolato

IO PENSO#38.

Secondo Manera, all’inizio era davvero una semplice influenza.

“Una malattia ancora sconosciuta, che all’inizio colpiva le persone più fragili e che adesso intacca anche giovani sani. La mia impressione è che chi si ammala abbia un substrato preesistente di infiammazione:

sovrappeso, diabete, ipertensione arteriosa”.

Per spiegare come una semplice influenza sia diventata poi mortale, sottolinea quello che è successo nei primi giorni del contagio, un passaggio fatale.

Le persone avrebbero meritato di essere curate sin dall’inizio, a casa, in modo efficace, ma questo non è stato possibile.

Perché?

Per il fallimento della medicina del territorio, impreparato e scoperto, nel gestire la prima fase del virus, quella virale.

All’inizio, i medici di base non hanno potuto, per mancanza di indicazioni adeguate, contenere l’evolversi del virus, e così chi aveva contratto il virus arrivava all’ospedale già in fin di vita, in condizione disperate.

Lasciare il paziente a casa, curato con solo la tachipirina, non è stato adeguato, perché poi i malati arrivavano in ospedale direttamente in fase 3.

Adesso, però, con l’esperienza acquisita, sappiamo come curare con farmaci adeguati, subito, a casa.

E qui il dottore Manera spiega come funzionano eparina e idroclorochina per i malati di Covid 19.

Farmaci economici che vanno però contro gli interessi delle grandi case farmaceutiche.

Racconta che stanno chiudendo i primi reparti di Terapia Intensiva (perché non più necessari), e suggerisce come si possa iniziare ad allentare il lockdown dei cittadini.

In tal senso, Manera sottolinea che non ha più senso isolare i pazienti dai loro cari.

Possono essere curati, a casa, e non strappati ai loro parenti.

E definisce condotta aberrante la morte dei malati per covid 19 isolati dalle loro famiglie.

Ma l’aspetto più sconvolgente di questa intervista di Massimo Mazzucco al Dr. Stefano Manera, medico chirurgo laureato in medicina e chirurgia, specialista in anestesia e rianimazione all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sono le seguenti affermazioni

E’ già possibile instaurare una terapia domiciliare.

 Ci si può curare tranquillamente a casa, inutile il lockdown.

Vaccini, esperti di COVID-19 non ce ne sono e non ce ne possono essere in soli 2/3 mesi di esperienza, avere la presunzione di ritenersi esperto è un atto fuori luogo, non è possibile sapere ancora se questo virus determini immunità, abbiamo un virus che è in grado di mutare velocemente, e per tanto riuscire a identificare un vaccino in grado di determinare immunità su un virus che muta, è un’impresa molto complicata.

Sottolinea gli enormi interessi economici che pilotano la ricerca del vaccino sperimentato in tempi troppo brevi.

 

E’ inspiegabile altre sì accorciare il periodo di studio, come propongono, perché diventerebbe una sperimentazione fatta sulle persone e questi elementi determinerebbero una insicurezza di questo farmaco

  • 1 il vaccino sarà sicuro? 
  • 2 non mi crea malattie iatrogene? 
  • 3 questo vaccino mi dona una memoria immunitaria?
  • 4 quanta è durata la sperimentazione e di conseguenza quanto è sicuro?

Un farmaco sperimentato per 3 mesi, vuol dire che la sperimentazione è inesistente.

  • Una sperimentazione è composta da 3 fasi: fase in vitro, fase sugli animali, fase sull’essere umano, il tempo minimo è 2 anni.
  • Saltare questi passaggi è un’imprudenza elevata, il farmaco dovrebbe servire per curare, non ammalare
  • I medici dovrebbero fare prevenzione, in occidente non si fa prevenzione, perché non ci sarebbero guadagni per le case farmaceutiche

Quali sono le cause del virus secondo il Dottore:
«I veleni: elementi nocivi nell’aria o nell’acqua che beviamo. Per questo si pensa che il virus abbia colpito le zone più inquinate d’Italia. Di certo, quando tutto sarà finito, nulla dovrà tornare come prima».

Ed infine sottolinea l’importanza della prevenzione individuale per ridurre lo stato infiammatorio preesistente nello stato della popolazione.

Parla di rimedi della nonna, cioè di sane abitudini comportamentali snobbate dalle case farmaceutiche, perché contro gli interessi economici.

Dunque, noi di betapress ci chiediamo:” Perché bloccare tutto per un errore di approccio?”

Ed ancora” Se ci voleva un tempo di comprensione, questo periodo non poteva essere diminuito o annullato dall’ OMS?”

“Perché l’OMS non ha saputo o voluto dirci come stavano andando le cose?”

“E perché continuano ad ingannarci con la storia del vaccino per prolungare il lockdown?”

“Chi, come e quando saranno risarcite milioni di persone per tanto disastro economico, strazio sanitario e comportamento aberrante?!?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Calo dei contagi???

 

Covid19, un nuovo futuro.




La sottomissione di Gregge

Ormai credo non sia più discutibile: ci sono cose che palesemente non vanno.

Ci sono dati che palesemente sono falsi e siparietti che sembrano costruiti ad hoc.

Eppure se ci si pensa bene siamo arrivati qui da un lungo cammino pre costruito:

sanità azzerata da folli rincorse a pareggi di bilancio senza scopi definiti, scuola distrutta negli anni da mancanza di fondi ed incompetenza, politica sempre più dei cani arrabbiati e non dei signori, industrie e posti di lavoro persi, ricerca inesistente, università ridotte alla stregua di licei, profondità di pensiero del paese lasciate in mano ad orde di ignoranti dichiarati.

Un popolo che non sa né leggere né scrivere, è un popolo facile da ingannare.”
CHE GUEVARA

Eccoci qua, popolo ignorante, senza ossatura industriale, in mano ai titanici sforzi della nostra PMI che più di tanto non può fare, sotto il controllo di uno stato di polizia fiscale perché altro non gli rimane.

Ed ecco che ingannarci è uno scherzo da bambini, basta dire quattro cavolate davanti ad un microfono et voilà il gioco è fatto.

Siamo lì, pronti a berci tutto purché sia una cosa momentaneamente rassicurante e che ci dica che siamo al sicuro, che tutto è a posto, che andrà tutto bene.

“Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia, che da una piccola.”
ADOLF HITLER

Eppure nonostante anni di storia non impariamo mai.

Bugie enormi, raccontate perché ormai non abbiamo più la memoria storica, bugie infinite che si perdono in rivoli di fake news, abbaglio di menti povere.

Siamo solo l’ombra di un popolo, appendiamo le bandiere alle finestre per coprire con la loro ombra le nostre mancanze.

Ci danniamo per capire chi ha inventato il MES ma non ci preoccupiamo del perché c’è.

Ci lamentiamo che il nostro paese dovrebbe ricevere quintali di miliardi di euro per parare il colpo della pandemia, ma non ci rendiamo conto che la pauperizzazione del nostro paese, perpetrata negli ultimi decenni, ci ha resi inermi di fronte a qualsiasi crisi.

Siamo una famiglia senza risparmi e con debiti con gli strozzini sia europei che mondiali.

Non avendo più un tessuto industriale in grado di reggere i colpi di un mercato asfittico e paranoico cadiamo come il colosso dai piedi d’argilla.

Ma ancora non ce ne stiamo accorgendo, ancora siamo stati messi in un bozzolo di sicurezza a suon di DCPM.

Il Popolo stava forse rendendosi troppo conto dell’imbecillità del suo governo ed allora ha giocato facile la paura, la pandemia, che forse poteva essere affrontata prima e meglio, ma magari farlo prima non era utile.

“Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione.”
BENITO MUSSOLINI

Cosa governa le masse? la Paura, la paura del diverso, dell’immigrato, della crisi, della pandemia.

No, certo che non sono uguali, è uguale solo il modo in cui vengono usate, puntualmente e spregiudicatamente.

Oggi non c’è più un governo italiano, oggi c’è un governo ombra che non ha interesse verso il popolo, ma cura altri interessi, che accetta la distruzione sistematica del tessuto produttivo a favore di potenze che non hanno a cuore il nostro paese e la nostra gente.

I fatti di quello che vi dico sono davanti a tutti voi, sono nella perdita della grande impresa italiana, nella distruzione dei marchi italiani, nella distruzione della scuola italiana, che oggi più che mai ha dimostrato la sua inadeguatezza (si difende solo perché il personale della scuola ha ancora una sua dignità), nei 2400 miliardi di debito pubblico, nella sanità mancata.

Sono nella banale mistificazione dei fatti: prendete subito 600 euro ma per farlo dovete richiedere il codice inps per accedere alla domanda, codice che vi viene dato se vi va bene dopo un mese (?!?!?! ma che c…o).

E nemmeno è più rimasta la dignità perché un governo per prendere decisioni nomina task force ad minchiam di gente che di certo voti non ne ha presi, perché per affrontare quelle problematiche noi abbiamo messo al governo delle persone, abbiamo votato delle persone che devono loro risolvere le cose, non affidare ad altri la responsabilità di risolverle.

Ma la piantiamo di passar sopra la sovranità del popolo????

Certo che un popolo gregge…

“Il popolo non è organizzato; perciò l’espressione della sua volontà è una mistificazione, perché i suoi organizzatori, i suoi mediatori – i partiti – hanno perso il contatto con il popolo.”
ADRIANO OLIVETTI

Io vedo un percorso pericoloso verso la sottomissione di gregge, utilizzando la paura e la preventiva distruzione di ogni risorsa dello stato.

L’uso criminale dei mezzi d’informazione, la mancanza assoluta di onestà intellettuale, non aver dato al popolo la possibilità e gli strumenti per leggere correttamente anche i media è l’atto criminoso più vigliacco dell’ultimo secolo.

“La nuova fonte di potere non è il denaro nelle mani di pochi, ma l’informazione nelle mani di molti.”
JOHN NAISBITT

Il fumo negli occhi, le risse tra politici, le continue polemiche, i battibecchi che portano molto lontano dalla verità, la facilità con cui la nostra attenzione ormai vaga su mille argomenti senza approfondirne nemmeno uno, l’iracondia che leggiamo in tutte le comunicazioni.

 

“Si dominano più facilmente i popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi.”
GUSTAVE LE BON

Da questo periodo usciremo forse avendo sconfitto il covid (ma a caro prezzo e poi non ne sono così sicuro), ma pagando un tributo altissimo sull’altare della nostra sovranità nazionale… infatti il duro colpo che è stato dato alla PMI è forse l’attacco peggiore al nostro paese degli ultimi anni.

Per ora aiuti non ce ne sono!

La cassa integrazione non è un aiuto è solo un palliativo, perché la produzione è ferma immobile, posticipare i pagamenti delle imposte non serve ad una mazza di niente perché le aziende prima o poi le dovranno pagare ed ora che non guadagnano nulla non possono certo accantonare.

La possibilità di ricevere prestiti agevolati è solo un modo per mettere ulteriori cappi al collo degli imprenditori, non dico nulla del contributo dei 600 euro perché è offensivo.

lo stato riceverà mille e mille miliardi dalla CE (balle) e comunque anche se fosse mica li regalano, li rivogliono (giustamente direi), quindi cosa abbiamo risolto?

Forse dobbiamo pensare a nuovi modi di supporto alle imprese, ricapitalizzazione con partecipazione dello stato, ti metto dei soldi ma poi parteciperò ai tuoi utili, utilizziamo il patrimonio artistico che possediamo per creare fondi di investimento per finanziare il capitale delle imprese.

Oppure facciamo cose strepitose, usciamo dell’europa che non ci ha aiutato manco per scherzo e creiamo una nuova unione italia-cina, la comunità Italina o Cinaliana.

Ma no, continuiamo a lamentarci dei governi, di conte, di salvini, di zingaretti, della meloni, di grillo, di dimaio, ma si dai andiamo avanti così!

Ma io vi esorto amici italiani, incominciamo a lamentarci di chi ha votato in tutti questi anni, incominciamo a lamentarci di noi, della nostra dignità, della dignità del nostro Paese.

“Il primo bene di un popolo è la sua dignità.”
CAMILLO BENSO, CONTE DI CAVOUR

Questa credo che un poco l’abbiamo persa, primo passo verso la sottomissione di gregge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conte ed i fantastici 17

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

 




il silenzio degli innocenti … e dei colpevoli.

La strage degli innocenti, anziani, però…

Anziani, spesso con diverse patologie e non autosufficienti, ricoverati in strutture al massimo della loro capienza, con familiari e visitatori che entrano ed escono dall’edificio tutti i giorni.

Gli elementi per rendere le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) dei moltiplicatori del contagio c’erano tutti.

Ora, un’ indagine nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, fotografa la situazione all’interno delle strutture.

Su un totale di 4629 Rsa in Italia, di cui 2166 contattate dall’Iss, 577 hanno risposto alle domande, il 24% sul totale delle strutture nel Paese.

Secondo la ricerca, su 44.457 residenti (in 572 strutture, al 1° febbraio 2020) fino alla data di compilazione del questionario (tra il 26 marzo e il 6 aprile) i morti sono 3.859, l’8,4% (nel calcolo del tasso di mortalità sono stati compresi i nuovi ingressi dall’uno di marzo).

La Lombardia, con 1.822 decessi calcolati da febbraio, è in assoluto la regione che ha registrato più morti nelle residenze, a grande distanza da tutte le altre regioni.

Il Veneto è seconda per numero di morti (760).

La Lombardia è anche la regione che in Italia presenta la maggiore concentrazione di case di cura per anziani (677), seguita sempre dal Veneto, che ne ha 521.

La percentuale di decessi sugli ospiti delle strutture in Lombardia è del 47.2%, quella del Veneto del 19.7%.

A livello nazionale, dei 3.859 soggetti deceduti, 133 erano risultati positivi al tampone e 1.310 presentavano sintomi simil-influenzali.

 Il 37.4% dei morti aveva i sintomi del Covid-19.

Il tasso di mortalità fra i residenti, considerando i decessi legati al Covid-19, è del 3.1% a livello nazionale, ma sale fino al 6.8% in Lombardia.

«Da un ulteriore approfondimento, risulta che in Lombardia e in Liguria circa un quarto delle strutture (rispettivamente il 23% e il 25%), presenta un tasso di mortalità maggiore o uguale al 10%», spiega il rapporto.

 

Il caso Lombardia 

In Lombardia, il 51.3% di coloro che erano positivi al Covid-19 e che presentavano sintomi, è morto.

Al 6 aprile, in Lombardia risultano ancora 163 positivi al Covid-19 (risultati da tampone) nelle strutture del territorio.

Nella regione, il 49,7% dei deceduti è morto tra il 16 e il 31 marzo.

L’assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Giulio Gallera, in conferenza stampa ha dichiarato di aver diffuso un primo documento di linee guida destinate alle Rsa del territorio il 23 febbraio, indicando alle strutture di limitare fortemente gli accessi dei visitatori esterni.

Una seconda comunicazione l’8 marzo, per bloccare totalmente le visite dei parenti e prescrivere che tutti coloro che avevano una sindrome simil-influenzale fossero isolati, a prescindere dal tampone.

In alcune strutture la chiusura però è arrivata tardi: il quotidiano di Pavia La Provincia Pavese scriveva il 21 marzo «chiuse da oggi le Rsa Pertusati e Santa Croce».

A Milano sta facendo discutere il caso del Pio Albergo Trivulzio, la più grande residenza sanitaria assistenziale d’Italia, dove secondo un’inchiesta di Repubblica si è registrato un numero di morti anomale e i contagi non sono stati comunicati.

Il Trivulzio in una nota si è giustificato dicendo che su un totale di 1.012 persone all’interno della struttura, a marzo si sono registrati 70 decessi, in linea con quelli dell’anno precedente.

La procura di Milano ha aperto un’inchiesta mentre il viceministro alla Sanità Pierpaolo Sileri ha annunciato di avere mandato gli ispettori.

Anche la direzione regionale ha voluto istituire una commissione esterna di controllo, annunciata all’inizio di questa settimana.

 

Tamponi e mascherine: le Rsa senza protezioni 

Secondo l’Istituto superiore di sanità, le Residenze sanitarie assistenziali «sono strutture importanti e fragili nella dinamica di questa epidemia. Oltre alle misure in essere è molto importante adottare una speciale attenzione nella prevenzione e controllo».

Ma i problemi sono molti, in Lombardia e non solo.

Secondo la ricerca dell’Iss, a livello nazionale (547 Rsa rispondenti) l’85.9% delle strutture ha riportato la mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale, mentre il 17.7% ha riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione.

L’11.9% segnala una carenza di farmaci, il 35.1% l’assenza di personale sanitario e l’11.3% difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 in strutture ospedaliere.

E’ evidente che le Rsa non erano preparate a gestire l’emergenza, le Rsa sono luoghi dove si accolgono persone anziane non autosufficienti e pluripatologiche, non sono ospedali.

Pensare che il Covid-19 non potesse entrare lì è stato l’errore più grave. Bisognava cominciare a preparare molto prima i gestori su cosa fare quando il contagio sarebbe arrivato.

Ma fino a due settimane fa, lo sguardo di Regione Lombardia, è andato solo in direzione degli ospedali, dopo quasi un mese e mezzo che il contagio era avviato», dice Valeria Negrini, presidente di Confcooperative-Federsolidarietà, l’ente che unisce 1200 cooperative che svolgono servizi nel terzo settore, tra cui l’ambito delle Rsa, nel territorio lombardo.

Nelle Rsa della cerchia di Confcooperative-Federsolidarietà, i problemi ricalcano quelli sollevati dall’Istituto superiore di sanità.

«Le consegne di mascherine e dispositivi di protezione stanno migliorando, ma non in maniera sufficiente. I tamponi sono ancora limitati, ci si è concentrati sui casi sintomatici e non c’è stato tracciamento dei potenziali positivi.

Solo dieci giorni fa si è iniziato con le ATS che hanno iniziato a chiedere alle strutture quanti tamponi avessero bisogno per avviare un primo screening di casi sintomatici, paucisintomatici e di contatti a rischio di queste persone», spiega Negrini.

Anche per il personale sanitario si riscontrano problemi simili a quelli degli ospedali.

«Non è così chiaro se il test sia estendibile a tutti gli operatori», dice Negrini.

«Le ATS chiedono la lista dei paucisintomatici da tamponare, ma ufficialmente solo il personale che rientra dalla quarantena va tamponato per essere sicuri che non sia più contagioso».

Secondo il sondaggio Iss, su 560 strutture sul territorio nazionale, il 17,3% ha dichiarato una positività per SARS-CoV-2 del personale della struttura. In Lombardia questa percentuale sale al 34.6%.

Anche l’isolamento costituisce un problema per molte strutture:

se a livello nazionale il 47% delle Rsa dichiara di poter disporre di una stanza singola per i residenti con infezione confermata o sospetta, o stanze dove poter mettere più di una persona (30%), il 24.9% dichiara di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da Covid-19.

L’operazione è difficile soprattutto per le strutture più piccole (a livello nazionale, la media è di 80 posti letto a struttura).

«Nelle strutture con 40 o 50 posti spesso non ci sono gli spazi per riorganizzare», spiega Negrini.

Negrini denuncia inoltre come non sia stato fornito il personale medico adeguato a trattare i casi di Covid.

«Pneumologi e infettivologi sono figure fondamentali.

La Regione deve dire alle ASST (Aziende socio sanitarie territoriali, ndr) di fornire consulenza specialistica e personale specifico alle Rsa, e deve stabilire che vada fatta per tutto il territorio lombardo».

Nell’indagine dell’Iss, su 568 strutture che hanno risposto alla domanda, il 63.9% dice di non aver ricevuto una consulenza ad hoc per la gestione clinica e/o di prevenzione e controllo per COVID 19.

 

Negrini: «La Regione ha sbagliato a usare le Rsa per i pazienti Covid»

Negrini definisce inaccettabile la richiesta da parte di Regione Lombardia alle Rsa di accogliere pazienti Covid-19 per alleggerire la pressione sugli ospedali:

una questione sollevata anche dal vicepresidente del consiglio regionale lombardo Carlo Borghetti e dal capo delegazione Pd in commissione sanità Gian Antonio Girelli.

L’assessore Gallera, in conferenza stampa il 7 aprile, ha detto:

il numero di pazienti Covid positivi trasferiti in Rsa è stato «limitatissimo», 150 pazienti spostati in 15 strutture

le persone sono state collocate in palazzine e padiglioni separati, con personale dedicato e solo su disponibilità delle singole Rsa

questa scelta «ha salvato delle vite».

Ma per Negrini «la richiesta in sé aveva una logica sbagliata.

Qualche Rsa si è contagiata per aver accolto pazienti Covid».

Regione Lombardia, peraltro, ha chiesto disponibilità alle Rsa ad accogliere pazienti non classificati come Covid (ma potenzialmente positivi, provenendo dall’ospedale), il che potrebbe rappresentare un’ulteriore fonte di contagio all’interno delle strutture.

La situazione è ancora critica.

«Il tampone viene fatto solo in alcuni casi.

Le morti sono attribuite al coronavirus solo se risulta un tampone positivo.

Che ci sia una sottostima nel numero di morti è indubbio», ha detto Giovanni Rezza dell’Iss.

G.V., un infermiere di una residenza privata convenzionata a Cinisello Balsamo, racconta che un intero piano della Rsa in cui lavora è diventato un reparto Covid.

Ci lavorano 6 infermieri, un medico e operatori assistenziali (OSS e ASA), per 109 ospiti ed hanno cominciato a fare i tamponi ai pazienti soltanto a partire da questa settimana.

Per il momento ne sono stati selezionati 8, nonostante il numero dei sospetti sia molto superiore.

Tutti sono risultati positivi, e quattro di questi sono già morti.

I dpi inizialmente erano «inesistenti», dice G.V.

Avevano solo mascherine chirurgiche usa e getta che hanno tenuto per due giorni di fila.

Ogni settimana muoiono 3-4 persone, ma nessuno è ancora stato portato in ospedale, in parte perché i familiari si sono opposti, in parte perché la direzione sanitaria ha ritenuto che intubarli fosse inutile.

Lo stesso G.V. ha probabilmente contratto il Covid una decina di giorni fa. Con la febbre a 37,5, è stato mandato a casa e messo in isolamento fiduciario per 14 giorni.

Nel frattempo, un’altra sua collega si è ammalata.

Facevano già turni da 12 ore.

Lui dovrebbe tornare al lavoro alla fine di questa settimana: sarà tra i primi a cui viene fatto il tampone.

Nel frattempo, la struttura è stata segnalata all’ATS.

«A questo punto, al rientro mi aspetto di tutto», dice.

E noi di betapress con lui, perché la strage degli innocenti, anziani, continua, ora dopo ora, giorno dopo giorno…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Calo dei contagi???

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.




Scuolexit???

Il ritorno a scuola

Sembra proprio che l’Europa non esista neanche più sulla carta.

Non c’è un punto di contatto, tra i diversi stati membri europei, né sulla gestione dell’emergenza sanitaria, né sulle risposte alla recessione economica, né sulla ripresa delle attività lavorative.

Basta guardare cosa sta succedendo alla scuola.

In Italia, epidemiologi e medici, chiamati a dare consulenza al governo italiano, propendono per la chiusura delle scuole fino a settembre.

Il Miur si interroga su come riprendere le attività scolastiche salvaguardando le misure di sicurezza, prima di tutte il distanziamento sociale, ma non ha né certezze sulla didattica a distanza, né verità sull’organico in presenza.

In Francia, invece, si ritorna a scuola a maggio.

Ad annunciare un graduale rientro in classe è stato il presidente francese Emmanuel Macron nel suo messaggio ai francesi.

Il ministro dell’Istruzione Michel Blanquer ha precisato che sarà progressivo e “non da un giorno all’altro”.

Il criterio seguito dal governo francese sarà soprattutto sociale: saranno gli alunni delle zone più in difficoltà a riprendere prima degli altri.

“Bisogna salvare gli studenti che potrebbero andare alla deriva a causa del confinamento”, ha avvertito Blanquer, aggiungendo “Sono le fasce più fragili che ho innanzitutto in testa”.

Viceversa, in Danimarca, tutti a scuola dal 15 aprile

 

A fare la scelta più drastica sono stati i danesi: la premier Mette Friedriksen ha annunciato di riaprire asili nido e scuole dell’obbligo da mercoledì 15 aprile.

L’idea del governo danese è che per riprendere una vita normale, chiedendo ai genitori di tornare a lavorare è necessario che i bambini e i ragazzi tornino in classe.

Il governo di Copenhagen è pronto a innestare la retromarcia nel caso in cui il numero dei contagi, ora basso, dovesse crescere di nuovo.

 

Da mercoledì dovrebbe scattare la fase due anche in Norvegia: riaprono asili nido e scuole primarie.

 

In Spagna, si spera di tornare a scuola tra maggio e giugno

 

La Spagna che è stata colpita gravemente dal Coronavirus come l’Italia sta da alcune settimane riflettendo sulla questione dei giovani e dell’educazione.

La settimana scorsa si è riunita la commissione che si occupa dell’emergenza e l’indicazione è di provare con aperture scaglionate, diverse da regione a regione a seconda della condizione dell’epidemia, a partire da maggio.

A Madrid sperano di cominciare a riaprire a giugno, non tutte le scuole ovviamente. Ma il messaggio è positivo.

 

In Germania la decisione definitiva non è stata ancora presa (è prevista mercoledì 15), ma l’accademia delle scienze nazionale, l’Accademia Leopoldina, ha raccomandato un graduale allentamento delle restrizioni.

 

Per le scuole si prospetta un rientro a scaglioni, per età:

prima i ragazzi delle elementari e quelli delle medie, perché sono quelli ai quali la chiusura delle scuole fa più danno esasperando il ritardo di chi è già svantaggiato.

Secondo l’avviso degli esperti si dovrebbe partire dagli studenti delle ultime classi di ciascun livello dividendoli in gruppi al massimo di 15 alunni e concentrandosi solo su alcune materie:

tedesco, matematica e per le scuole secondarie anche la lingua straniera.

Il rientro a scuola dei ragazzi delle superiori è visto come meno urgente: loro infatti sono quelli che possono continuare a giovarsi con maggior profitto della didattica a distanza.

Sono senza parole.

Ma perché mai gli altri stati europei hanno tutte queste certezze e verità?!?

Programmi, scadenze, priorità ed esecutività…

Se è vero che la scuola è palestra di vita, è mai possibile che in Italia alleniamo i nostri alunni all’incertezza sul da farsi, educhiamo i nostri allievi a procrastinare le scelte di campo:

insegniamo a temporeggiare per poi rincorrere gli eventi quando ormai la situazione è precipitata?!?

Se è vero che la scuola è un microcosmo sociale, allora è vero che in Italia navighiamo a vista, scorgendo sempre e solo la punta dell’iceberg?!?

Se il Titanic ha un so che di romantico, la nostra povera Italia, è proprio solo “nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello…”

Mi auguro solo che i nostri cari politici che continuano ad invocare il modello Italia come esempio da seguire nella gestione dell’emergenza, inizino ad aprire gli occhi!

Direi anche che comincino a valutare se non c’ è forse un modello extra-Italia, più efficace ed efficiente, a cui conformarsi, perché anche noi italiani abbiamo tanto bisogno di certezze e verità, almeno tra i banchi di scuola…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo




Conte ed i fantastici 17

A pensar male si fa peccato ma spesso  ci s’indovina.

Lo diceva uno che di politica e accordi di palazzo se ne intendeva.

Giulio Andreotti, un politico che ha attraversato oltre mezzo secolo di attività parlamentare ed istituzionale nei momenti più difficili della storia contemporanea del nostro paese, deve aver pensato male molte volte a giudicare dalla longevità della sua carriera.

E pensare male, oggi, purtroppo, è facile perché non mancano paradossi ed incompetenze a tutti i livelli amministrativi e di governo.

Così la decisione di dotare l’apparato politico di un team per la fase II costituito da 17 tecnici guidato dal manager Vincenzo Colao suscita qualche lecita perplessità.

È evidente che il mondo post covid sarà diverso da quello che abbiamo lasciato e che la società dovrà convivere con il distanziamento sociale, lo smart working e la de-globalizzazione.

È altresì facile da immaginare che via via che l’epidemia rallenterà la sua devastante corsa la riapertura delle attività diventi un soggetto di attualità che presupponga competenze e capacità manageriali non di poco conto.

Questo spiega gli intenti nobili alla base del gruppo tecnico che annovera:

top manager, economisti, sociologi, una psicologa ed uno psichiatra, un fisico, uno specialista del lavoro, un’avvocato, un commercialista ed un esperto di disabilità.

Perché pensare male, allora?

Il Governo fino ad oggi ha operato nel quadro dell’emergenza con lo strumento dei decreti legge che hanno  limitato la dialettica parlamentare.

Il Premier Conte ha esercitato con abilità le leve della comunicazione e la difficile partita in Europa con la consapevolezza che non sarà, tuttavia, possibile procrastinare all’infinito la chiusura delle piazze e le decisioni politiche fondamentali.

Le misure di sostegno all’economia  ed il nodo degli aiuti comunitari che è stato rinviato al Consiglio Europeo convocato per fine aprile sono ancora allo stato iniziale ben coperti da una sorta di segreto istruttorio.

La nomina di un super manager ed un team di esperti nasconde, per questi motivi, obiettivi ben più ampi del miglioramento dell’azione dell’esecutivo.

Vi sono almeno due strategie che possono riposare nell’intento di cementare il governo mettendolo al riparo dai giudizi dell’opinione pubblica, dai conflitti interni e dall’opposizione parlamentare.

La prima riguarda la tenuta e la popolarità dell’esecutivo di fronte all’agenda delle prossime scadenze.

L’emergenza virale è divampata in un quadro economico mondiale già in buona parte recessivo.

Le misure di sostegno verranno alla fine prese con o senza adesione al Meccanismo Europeo di Stabilità.

Il paese vedrà venire alla luce nuove tasse, una patrimoniale e tagli alla spesa pubblica ed alle pensioni.

Si tratterà di decisioni impopolari che colpiranno un sistema economico indebolito ed un quadro sociale instabile generando conflitti e vuoti di consenso che potrebbe essere più conveniente scaricare su una squadra di tecnici piuttosto che sul premier ed i suoi uomini.

Conte andrà al prossimo Consiglio d’Europa con le spalle più forti e sarà facile pretendere dal super manager Colao ed i suoi economisti una “moral suasion” sull’ineluttabilità delle decisioni da prendere in sede comunitaria, anche se assistite da ipotesi rigoriste.

Un modus operandi che troverà applicazione per tutte le manovre che si abbatteranno sui risparmi di famiglie ed imprese e che dovranno comunque essere assunte.

Si può pensare ad un modo politically correct di togliere le patate dal fuoco ad un governo segnato dall’insicurezza e travolto dalle emergenze delle ultime settimane.

C’è poi un secondo obiettivo non meno importante.

La necessità di portare a termine la legislatura con un governo “politico” e procedere all’elezione del Presidente della Repubblica in un quadro di maggiore stabilità.

Negli ultimi tempi, infatti, l’ipotesi di un ribaltamento di Conte in favore di un governo tecnico stava prendendo piede.

L’idea era quella di riconciliare l’azione politica intorno ad una figura di ampio respiro internazionale in grado di far contare di più l’italia in europa e sui mercati internazionali.

Una scelte dovuta alla luce del degenerare della situazione economica e delle scelte necessarie per il rilancio dell’economia.

È evidente che un governo tecnico avrebbe ri attualizzato le dinamiche politiche già in atto nel paese ed evidenziato lacune e ritardi nelle azioni assunte negli ultimi mesi.

Non è chiaro di chi sia stata la decisione di nominare una squadra di specialisti guidata da un manager già noto al mondo della finanza internazionale da affiancare al governo in carica, né i ruoli che verranno distribuiti per dotare il nascente team di poteri e ovviamente di centri di decisione e responsabilità.

Alcuni hanno già immaginato ad una polizza assicurativa offerta a Conte dal Quirinale.

Non è altre sì da escludere che l’iniziativa abbia messo d’accordo Partito Democratico e renziani   molto più disponibili ad una manovra economica a guida europea e certamente più spaventati di un ritorno di consenso negativo durante la Fase II.

Per capirci, quella, cioè, che dovrà misurarsi obbligatoriamente con le nuove regole della vita sociale ed economica ma anche con le maggiori tasse ed imposte.

La cosa certa è questa:

il Premier dovrà fare, ancora una volta, buon viso a cattivo gioco e confrontarsi con un un corpo tecnico che potrebbe rivelarsi utile per appannare la responsabilità delle scelte impopolari, ma anche fornire il profilo del prossimo Presidente del Consiglio e la lista dei nuovi ministri.

La politica è l’arte del possibile, ma le risposte non mancheranno ad arrivare e, come spesso accade, anche le sorprese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

Coronavirus: l’Italietta, come al solito…

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI