Il futuro è ibrido

L’emergenza Covid-19, ha costretto tutti ha obbligato ferocemente ad essere e  diventare finalmente digitali,  non doversi recare in comune per richiedere un certificato, non dover andare all’Agenzia delle Entrate per avere il PIN, ma comunque per non farti perdere l’abitudine l’Agenzia ti lascia la tua bella coda virtuale infatti lo ricevi dopo almeno 20 giorni, e eviti pure di andare dal medico di base per ritirare  la solita ricetta con le solite medicine.

Dai primi di Marzo, in comune si accede solo da remoto, l’Agenzia delle Entrate ha chiuso gli uffici e non risponde neanche più al telefono, mica che prendono il coronavirus, ma ci sono solo per e-mail o dal portale.

Le ricette on-line erano un tabù, se non per qualche medico eretico, oggi arrivano in pochi secondi nella tua casella di posta.

Ed ancora le assemblee regionali, i consigli comunali ed i consigli di amministrazione delle aziende che per regolamento possono essere svolte in presenza altrimenti sei assente, in pochi giorni sono stati modificati senza le solite sterili discussioni, l’emergenza ha costretto tutti quanti a cambiare approccio, o da remoto o  nessuna alternativa.

In queste settimane la richiesta di servizi di video conferencing e unified communication sono aumentati a dismisura, in realtà l’utilizzo è aumentato, i servizi esistevano da anni.

Anche l’e-learning che negli ultimi anni aveva perso il suo slancio, in quest’ultimo mese ha ripreso vigore e fioriscono ovunque offerte per l’apprendimento online, dovuto soprattutto alle tante persone bloccate in casa senza più palestra e corsetta al parco.

Per anni aziende pubbliche hanno sperimentato lo strano strumento, a loro dire, dello smart working, provando a far lavorare alcuni dipendenti un giorno alla settimana da casa, mi raccomando non di più potrebbe essere dannoso, ed immediatamente con la Pandemia si può lavorare tutti da casa, e non è più pericoloso, anzi è diventata una grande opportunità e sembrerebbe anche con un notevole aumento della produttività.

Certo, come tutte le cose, ha le sue controindicazioni, infatti se sei in smart working allora il tuo capo o i tuoi clienti, visto che sei a casa, ti chiamano alle 21:00 perché hanno un’emergenza che non può essere assolutamente demandata al giorno dopo, e se non rispondi sei pure cafone o poco dedito al lavoro.

Ma anche in futuro, terminata l’emergenza, continueremo ad utilizzare queste nuove modalità lavorative o ritorneremo alle vecchie abitudini ?

Molto probabilmente, viste le tante richieste che aziende grandi e piccole e la stessa Pubblica Amministrazione stanno ponendo ai player di connettività e di servizi online, il futuro sarà ibrido.

Si ibrido come le macchine un po’ elettrica ed un po’ termico, anche i nuovi strumenti digitali dovranno essere pensati per la modalità remota e on-site, oggi nessuno strumento digitale è stato pensato per essere ibrido, o tutti da remoto o tutti in un luogo fisico, è la prossima sfida tecnologica, una nuova generazione di servizi.

 

Roberto De Duro

 

IL DIGITALE potrà contribuire ad una Italia migliore

 

Do Androids Dream of Electric Sheep?




Soli a casa … per sempre?

 

La quarantena continua.

La sua scadenza inizialmente fissata per il 3 aprile, cioè l’altro ieri, è stata prorogata al 18, quindi a dopo Pasqua. 

Quest’anno niente esodo pasquale, niente gita fuori porta, niente viaggetto al mare per prenotare l’albergo per l’estate, niente  pranzo al ristorante, niente spettacoli, niente sport.

Stiamo a casa.

Ad alleviare la clausura c’è però un fatto nuovo, lo smart working, cioè, per dirlo in italiano, il lavoro a distanza. 

Per verità non è una novità assoluta perché in certi ambiti e per determinate occasioni il telelavoro, la teleconferenza, lo studio telematico sono attivi già da tempo.

Con l’arrivo di questo strano Covid 19 e la sua rapida e spaventevole contagiosità che ci  obbliga ad isolarci in casa, il lavoro a distanza diventa una forma obbligata per esercitare, quando possibile, un’attività che tenga in vita il motore imprenditoriale del nostro Paese.

Come stiamo impegnandoci nello svolgere il lavoro da casa, agganciati al luogo di produzione di beni o servizi attraverso un computer, un telefonino, o altro strumento elettronico, così pure, parlando di sport, possiamo fantasticare che, al presente e nel prossimo futuro, persistendo i rischi di contagio massivo, diventeremo tutti tifosi e appassionati casalinghi. 

Sarà estremamente difficile, pensando al calcio (ma il concetto vale per tutte le discipline), recarsi allo stadio, o comunque sul luogo dell’evento.

La riunione di grandi folle crea pericolose occasioni di contagio per cui ad ogni persona prima di concedergli l’ingresso all’evento andrebbe fatto un controllo medico.

Se il test immunologico lo si deve fare alle diverse migliaia di persone che di solito affollano uno stadio va da se che bisogna disporre di una moltitudine di check point con personale e mezzi specialistici. 

Una impresa che, a parte l’impiego di tempo (immaginate 50.000 test  davanti a San Siro)  e ogni altro disagio, riverserebbe sul costo del biglietto oneri di notevole consistenza.

Allora, per conservare un po’ di passione sportiva, ci converrà diventare tifosi a distanza, tifosi solitari, abbonati alla poltrona o al divano di casa.

Addio quindi alle mitiche curve, alle tribune e gli stadi, pian piano, diventeranno come il Colosseo, monumenti di un’epoca passata.

Per giocare a calcio, basterà un campo erboso rasato da un robot e delimitato da bianche righe di gesso tracciate automaticamente un altro marchingegno elettronico.

Per riprendere e trasmettere la partita ci sarà una batteria di telecamere ai quattro lati ed un’altra di droni per le visioni dall’alto; il tutto comandato a distanza da una persona umana isolata in una cabina di regia perché non si contagi.

A governare poi la correttezza del gioco penserà un grande Var che rileverà ogni fallo comminando le punizioni, le ammonizioni e le espulsioni, magari emanando una luce gialla o rossa!

Cesseranno così di esistere arbitri e guardialinee.

E i giocatori? La loro professione diventerà una delle più rischiose sul piano della salute non potendo durante la partita rispettare le distanze anti-contagio.

Dovranno sottoporsi prima e dopo l’incontro ad appositi controlli medici che ne attestino l’idoneità al gioco. Insomma un mestiere ad alto rischio che non rientrerà più nelle principali aspirazioni dei ragazzi.

Anche il famoso inno dei Reds di Liverpool “You’ll never walk alone”che, dovrebbe essere aggiornato “You ever walk alone” perché intorno ai 22  in campo non ci sarebbero più gli spalti gremiti di tifosi ma solo gli occhi fissi ed inespressivi delle telecamere.

Speriamo che questo brutto momento passi, tutto torni come prima e che lo scenario futuribile sopra tracciato sia solo un ironico gioco di fantasia. Svegliamoci da questo brutto sogno!

 




Il percorso iniziatico del sanscrito

Mi piaceva studiare il sanscrito perché per i filosofi indiani non si poteva essere filosofi senza prima essere grammatici.

Prima di avviare le speculazioni più raffinate, l’allievo che voleva iniziare questa avventura doveva conoscere gli strumenti.

Lo strumento del pensiero è la grammatica.

La grammatica è il codice che usiamo per avviare il pensiero e articolarlo.

Ci sono voluti millenni perché l’illuminato occidente intuisse che esiste un collegamento tra il modo di costruire un periodo sintattico e pensare.

Loro lo sapevano.

L’allievo

prima imparava lo strumento

poi lo applicava nel ragionamento

poi ancora faceva silenzio

infine parlava

A quel punto il maestro lo rimproverava perché non avevano capito nulla

e l’allievo ricominciavo da capo.

Così avanti all’infinito.

La grammatica amici cari

la grammatica.

E prima di chiederci perché una persona ragiona in un certo modo, osserviamo come parla e scrive.

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San Gennaro esiste…

Grazia ricevuta per tutti gli studenti di Italia

Tutti promossi, anche con debiti, tutti ammessi agli esami di stato, e la Maturità sarà ridotta ad un colloquio on line.

Queste le dichiarazioni ufficiose, dunque, per ora non ufficiali, veicolate da Tg com 24, questa notte.

Sugli Esami di Stato, che concluderanno l’anno scolastico, “il confronto è aperto e a giorni saranno comunicate decisioni ufficiali in merito”.

Questo è quanto rende noto il Ministero dell’Istruzione.

Al vaglio un piano di emergenza per portare a termine lezioni ed iter disciplinare in questa situazione travagliata.

E fin qui, ci siamo.

Il via libera lo si avrà solo dopo Pasqua.

E qui inizia il bello!

Perché, ormai da anni, eravamo preparati che, almeno per Pasqua, il Miur ci regalava una bella sorpresa, una nuova versione degli esami di stato.

Sapevamo, noi addetti ai lavori del mondo scuola, che avevamo due mesi di tempo per fare i salti mortali, per adattarci alle nuove disposizioni, cercando di salvare il salvabile.

E, attenzione, non lo dico solo nell’ottica di un prof, ma, anche e soprattutto, nell’ottica di un alunno, che, fino all’ultimo, non sapeva di che morte doveva morire.

Adesso, le sorprese, arriveranno in ritardo.

E saranno tante e belle, come i fuochi d’ artificio della nostra Ministra, che, ogni giorno, ne spara una nuova.

Si torna a scuola, sì o no? Non si sa…

Se sì, quando? Vedremo…

E dunque, gli esami ci sono oppure no? Stiamo valutando…

Ed in che modo? Ci stiamo pensando…

Ma, per favore, state zitti, Lei, cara Ministra ed il suo entourage.

State zitti, che è meglio!

E già, perché, lo volete capire, che più dichiarazioni rilasciate e rimangiate, con gli organi di stampa, è peggio è?!?

Smettetela di confondere, famiglie, studenti, insegnanti, presidi, personale di segreteria…

Siate onesti, non avete le idee chiare, parlo a voi politici, su quando si tornerà a scuola, se il rientro nelle aule sarà ipotizzabile per maggio, oppure si chiuderà

l’anno scolastico con i ragazzi a casa fino a giugno.

A conferma di quanto le dichiarazioni contraddittorie confondano l’opinione pubblica, oggi, sul quotidiano “La Repubblica”, sono circolate alcune indiscrezioni circa l’anno scolastico in corso.

Secondo il giornale, nessuno studente perderà l’anno, ma non ci sarà un “6 politico” per decreto.

Questo sempre che, nel primo quadrimestre, il voto in materia sia stato al di sopra di 4.

Praticamente, che messaggio passa?

Avanti tutti, dal quattro in su… 

 

Inoltre, riguardo agli esami di Maturità, l’unica certezza è che non ce ne sono.

Valutiamo insieme le ipotesi possibili.

 

Prima ipotesi.

Tutti a scuola il 4 maggio, come dice Renzi. 

Se dovessimo ritornare tutti in aula ai primi di maggio (cosa al momento remota), si prevede l’ammissione all’esame per tutti, indistintamente, anche quelli che avevano qualche insufficienza.

E già qui, primo errore, ma, perché dirlo adesso?!?

Così, si penalizzano gli studenti responsabili e coscienziosi.

Quelli che si sono sempre impegnati, sia prima, con la scuola tradizionale, che adesso, con la sfida della didattica digitale.

Che senso ha la partecipazione, l’impegno, la costanza, se tanto, tutti sono ammessi all’esame?!?

Ma soprattutto, così facendo, svendendo l’ammissione all’esame e praticamente regalando la maturità a tutti, si va a premiare i furbi ed i lazzaroni, quelli che non hanno mai fatto niente, né prima, né dopo.

Bel modello educativo che forniamo ai nostri alunni!

E poi ci riempiono la bocca con la storia delle competenze trasversali di educazione alla cittadinanza!

Poi, non lamentiamoci se, dalle nostre classi, quest’ anno più che mai, usciranno dei futuri cittadini allenati a fare il minimo, convinti che tanto tutto il resto è dovuto.

 

Inoltre, col rientro ai primi di maggio, secondo i geni del Miur, ci sarebbero quattro settimane piene di lezioni e il 17 giugno potrebbe esserci il primo scritto di italiano.

Infatti, passata l’emergenza, è un attimo, recuperare il programma ed arrivare tutti insieme, appassionatamente agli esami!

Del resto, è risaputo, dopo Gesù Cristo, i miracoli li fanno i prof!!!

Le tracce però, attenzione, dovrebbero tenere conto che il programma del secondo quadrimestre nessuno è riuscito a concluderlo.

Alle commissioni verrebbe data grande autonomia di scelta di argomenti.

Altro errore madornale.

Il selvaggio West.

Ognuno per sé e Dio per tutti!

Però, c’è sempre un però.

Non è mica detto. 

Infatti, tra un po’, ci diranno, no dai stavamo scherzando…

 

Seconda ipotesi.

Per quest’anno nessuno torna in aula.

La data limite, secondo gli esperti, è appunto il 17 maggio.

Oh, almeno una certezza c’è, direte voi…

No, attenzione, altra sorpresa!

Se le scuole rimarranno chiuse fino al 17, l’esame di Stato dovrà essere completamente diverso.

Tutti saranno ammessi, ma non ci saranno due scritti, tutto sarà concentrato in un unico colloquio, davanti alla commissione.

Eh qui, immaginate la festa dei nostri alunni, niente più versioni di latino al classico, niente più studio di funzioni allo scientifico, men che meno analisi di bilancio per i futuri ragionieri.

Un esame di un’ora e con alcuni esercizi matematici o di traduzioni, dipende dal percorso scolastico.

In quest’ultimo caso, l’intero colloquio dovrebbe valere 60 punti su 100, con gli altri 40 assegnati con l’analisi degli anni scolastici di terza e quarta superiore.

La data di inizio degli esami di Maturità è sempre quella del 17 giugno, con conclusione prevista entro metà luglio.

 

Terza ipotesi.

Stiamo a vedere.

Cioè, navighiamo a vista.

Se dovessimo trovarci in un’altra situazione di lockdown a tempo indeterminato, allora tornerebbe in auge l’esame online per tutti.

Maturità, maxi colloquio.

Terza media, mini colloquio.

Per tutti gli altri promozione garantita.

Praticamente, una grazia ricevuta, nel vero senso della parola!

Ma, attenzione, la Ministra Azzolina, si è precipitata a dire la “promozione di massa” non significa non recuperare quanto non fatto o lasciato indietro in questi mesi.

Almeno settembre e ottobre del prossimo anno scolastico saranno utilizzati per recuperare.

Ai ragazzi sarà chiesto uno sforzo in più, anche di tempo.

Il programma andrà recuperato e questa volta senza sconti!

Eh, già, come al solito, quando i buoi sono fuori dalla stalla …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

Se lo dice Lui …

sdidatticamente parlando e non solo

 




Calo dei contagi???

Agghiacciante verità sul calo dei contagi.

Io sono solo un medico di base e non un professorone – dice Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo – ma so che i numeri ufficiali non sono credibili.

Si fanno tamponi solo ai ricoverati, ma qui stimiamo 100 mila positivi non censiti su 1 milione di abitanti».

Il calo dei ricoveri non è un buon segnale?

«Calano perché non c’è più posto in ospedale. Talvolta non si ricovera più nemmeno con 85 di saturazione. Gestiamo a domicilio situazioni che due mesi fa avremmo ricoverato alla velocità della luce. Altrimenti non avremmo 1200 pazienti in ossigenoterapia domiciliare».

Cosa cambia?

«A casa non c’è la stessa assistenza, né diagnostica né farmacologica. In ospedale hai più possibilità di cura».
Quanto dura una bombola di ossigeno?
«In media dalle 12 alle 24 ore».
E poi?
«Bisogna cambiarla».

Provvede la Asl?

«No, deve vedersela il paziente».
Come?
«E’una caccia al tesoro. Chi ha parenti, li manda in giro nelle farmacie. Dieci, venti tentativi. Poi magari una la trovi».

E se non la trovi?

«Da una settimana ci hanno dato la possibilità di fornire ossigeno liquido, ma è contingentato».

Che cosa suggerite ai vostri assistiti?

«Di munirsi di un saturimetro. Avevamo detto alla Regione di darlo con l’ossigeno, ma niente».

E quindi?

«Chi l’ha comprato sul web, chi in farmacia, chi se lo fa prestare dal vicino di casa. Ci si arrangia».

E’un sistema giusto?

«Non è più un sistema sanitario universalistico e uguale per tutti».
Lei ha pazienti in queste condizioni?
«Un centinaio di pazienti malati su 1500. Cinque a casa con l’ossigeno, una decina di polmoniti monitorate per telefono».

Niente visite a domicilio?

«Ho smesso quando mi sono ammalato anch’io, uno dei primi medici di Bergamo positivi».

Com’è andata?

«All’inizio di marzo, con tosse febbre e forte astenia, ho chiesto il tampone. Me l’hanno fatto il 10 e dato l’esito il 15. Ora lavoro da casa, dodici ore al giorno sabato e domenica compresi».

Quanti sono i medici di base ammalati a Bergamo?

«Su 600 medici di famiglia ce ne sono 145 ammalati, di cui 5 morti. L’ultimo, Michele, due giorni fa. Non avrei mai pensato di dover aggiornare una lista di colleghi morti. Mandati a morire sul lavoro. E’ una strage di Stato».

Che cosa non ha funzionato?

«Per un mese tutti gli sforzi si sono concentrati sulla moltiplicazione dei posti ospedalieri in rianimazione. Il territorio è stato trascurato. Questo è il risultato».

Non bisognava ampliare gli ospedali?

«Certo, era indispensabile. Ma gli ospedali non sono la prima linea. In questi giorni i medici di base lombardi ricevono 500 mila telefonate al giorno. Noi siamo la prima linea. Eppure ci hanno mandati incontro allo tsunami a mani nude».

In che senso?
«Non sono stati fatti i tamponi al personale sanitario. Molti di noi hanno l’impressione di aver contribuito alla diffusione del virus, da asintomatici. Io ho avuto madre e moglie a casa con l’ossigeno».

Avete avuto i dispositivi di protezione?

«Pochi e tardi. Niente tute, visiere, sovrascarpe. Dopo un mese venti mascherine chirurgiche, alcuni pacchi di guanti, un saturimetro che non ci serve. E una settimana fa sei mascherine filtranti».

Quanto durano?

«In teoria quattro ore di servizio. Per farle durare di più mettiamo sopra le mascherine chirurgiche».

Funzionano le unità speciali per le visite a domicilio, istituite dalla Regione una settimana fa?

«Dovrebbe esserci una postazione con due medici ogni 50 mila abitanti, quindi in provincia di Bergamo 20. Invece al momento ce ne sono sei».
Quante visite riescono a fare sei postazioni?

«Al massimo 60 visite al giorno su 1 milione di abitanti e almeno 100 mila ammalati. Ne servirebbero almeno cinque volte tante».

Qual è il problema?
«Mancano medici e dispositivi di protezione. Ci siamo impuntati: non stiamo a casa noi per mandare a morire i neolaureati».

Ne avete parlato con la Regione, con la Asl?

«Raramente la nostra opinione è stata richiesta. Peccato, a fine febbraio avevamo capito che la situazione era fuori controllo».

Non c’è un coordinamento?
«In due mesi ci sono stati un paio di incontri ufficiali. L’ultimo il 5 marzo».

La sua voce sembra avvilita ma non rabbiosa.

Perché?
«Che senso avrebbe ora mettersi a urlare contro i nostri carnefici? Siamo medici, dobbiamo cercare di salvare quante più vite è possibile».

 

Aggiungiamo solo che Il Ministero della Sanità ha gravissime colpe di carenza di visione su come gestire la pandemia.

 

I medici di base hanno mancato di svolgere il loro ruolo, sia per mancanza di direttive, sia per mancanza di attrezzature e medicinali specifici.

 

I medici di base, non hanno nessuna colpa!

 

Diamo a Cesare quel che è di Cesare!

 

I veri responsabili sono i politici che hanno affrontato il problema, con leggerezza prima, irresponsabilità durante e tentativo maldestro di salvare la faccia, ora!

Invece che affrontare efficacemente la pandemia, al momento del suo insorgere presso il paziente, limitando quindi il suo aggravarsi, I politici, cosa hanno fatto?

Prima hanno minimizzato il problema, una semplice influenza, ci hanno detto.

Inoltre, hanno enfatizzato la capacità dell’Italia di affrontare e gestire il problema, sottolineando che le misure prese dal governo erano le migliori in Europa.

In seguito, hanno perso tempo prezioso per affrontare tempestivamente la gestione dell’emergenza, nelle prime fasi del contagio.

Infine, si sono concentrati sulla fase finale (terapie intensive ospedaliere).

Ed ora, una certa parte della stampa italiana, sta al loro gioco, attribuendo ai medici di base, responsabilità che non hanno.

Ma, per favore, smettiamola di credere a quello che dicono nei bollettini medici, ed andiamo a leggere tra le righe di interviste scomode come questa!

Come redazione di betapress, rigettiamo ogni approccio inefficace e profondamente sbagliato, che rovescia la prospettiva tentando di colpevolizzare i medici ed assolvere i politici.

E sappiamo che in molte famiglie italiane, dove la malattia e la morte sono di casa, i conte non tornano…

 

fonti:

le dichiarazioni di Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo.

L’ intervista è stata pubblicata il 31/03/2020 su La Stampa. Articolo di Giuseppe Salvaggiulo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Lettera di un medico al Ministro Conte

Lettera di un medico al Ministro Conte

Ecco il testo integrale della lettera che il Segretariato Italiano Dei Giovani Medici ha indirizzato al Presidente Del Consiglio Conte.

Avremmo potuto modificarla nei contenuti o inasprirla nella forma.

Ma non è nel nostro stile.

Come redazione di betapress, abbiamo il dovere di informarvi senza filtri.

E, voi lettori, avete il diritto di sapere.

E, state attenti, non è una fake news, ma pura verità.

Al più presto, seguirà intervista.

Intanto, cari lettori, leggete e suggeriteci pure altre domande da porre direttamente al Segretariato Italiano Dei Giovani Medici.

“All’attenzione del Primo Ministro e del Governo Italiano

Gentile Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Giuseppe Conte,

siamo il Segretariato Italiano Giovani Medici. Ma non siamo solo una sigla, non ci facciamo forza solo di un logo. Noi siamo medici, alcuni più giovani di altri, ma medici. Alcuni di noi sono impegnati nella gestione dell’emergenza sanitaria in prima linea, alcuni più stanchi di altri, ma sempre stanchi.

La nostra stanchezza non deriva solo dall’oneroso lavoro che, affiancati da tutto il personale sanitario, siamo chiamati a fare. Oggi questa prova è solo una delle tante, più difficile di altre sicuramente, ma solo una delle tante che ogni giorno siamo chiamati a sostenere.

Ogni giorno Ci scontriamo con carenze strutturali, ogni giorno siamo oberati dal lavoro, ogni giorno siamo in prima linea, ma solo in questa occasione Vi ricordate di Noi.

Ogni giorno, mai come ora, dobbiamo sopperire a tutte le carenze del nostro Sistema Sanitario, carenze create da un’errata programmazione degli specialisti e dei medici di medicina generale, oltre che un’inadeguata gestione strutturale.

Ma allora perché il Governo se ne è accorto solo ora? Perché se ad ogni nostro collega è sempre stato chiesto di fare il lavoro di 10 persone, oggi gli viene chiesto di fare il lavoro di 30 persone.
Per sopperire a ciò siamo costretti a ricorrere, ben prima dell’emergenza, alla richiamata di medici in pensione, all’arruolamento di medici in formazione, al depredare le forze del personale sanitario.

Chiediamo una semplice cosa ora che il Velo di Maya è stato squarciato da questa calamità: la lungimiranza.
Se vogliamo evitare che questo succeda ancora, se vogliamo che ai Cittadini siano garantiti i loro fondamentali diritti per la tutela della Salute, si necessita di un’adeguata programmazione dei contratti di formazione, perché le mancanze di oggi, che saranno aggravate dal pensionamento di molti medici, non si ripresentino domani.
Ogni anno fino a 10000 colleghi vengono tagliati fuori dalla possibilità di intraprendere un percorso formativo di specializzazione.

Per tanto tempo questo è sembrato adeguato, ma ora non basta più, anche se come spiegato mai è bastato. Lei ha affermato che non si dimenticherà della classe medica, degli sforzi che oggi sta facendo. Se vuole alleviare questi sforzi, almeno nel futuro, allora Ci ascolti.

Abbiamo scritto al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Università e della Ricerca. Ad oggi, probabilmente, saranno circa 22500 i candidati che parteciperanno al prossimo concorso, con sole 8300 borse, o poco più, stanziate ad oggi.

Chiediamo da tanto, forse troppo tempo l’aumento dei contratti di formazione specialistica e di formazione in Medicina Generale, e tra promesse e mancanza di risposte non possiamo più andare avanti, consapevoli che tale comportamento mina il nostro Sistema Sanitario e il futuro di tanti Giovani Medici.

Le auguriamo e Vi auguriamo un Buon Lavoro,
Segretariato Italiano Giovani Medici”

Non aggiungiamo altro se non la piena sottoscrizione di quanto segue.

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Non più soluzioni tappabuchi, è ora di riformare in maniera seria e completa la programmazione e la formazione medica!

 

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità




Se lo dice Lui …

Si ritorna tutti a scuola! Parola di Renzi…

Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, nella sua newsletter Enews e in una diretta Facebook, ha annunciato il ritorno a scuola.

Riportiamo direttamente le sue parole, lasciando a voi lettori, il piacere o il dispiacere di tale lettura.

Se conteniamo l’onda di piena di queste ore e aumentiamo la forza negli ospedali, avremo vinto una battaglia contro il Covid 19 Ma non la guerra. Perché per vincere la guerra occorre il vaccino. E il vaccino purtroppo ha bisogno di tempo. Quindi ci sarà un periodo di convivenza. Un anno? Due? Non lo sappiamo, dobbiamo seguire la scienza. È chiaro che non possiamo stare chiusi in casa per tutto questo tempo. Dobbiamo ripartire. Piano piano ma ripartire “, ha detto Renzi.

C’è chi mi critica senza neanche avermi letto ma bisogna programmare d’accordo con la comunità scientifica una graduale ripartenza. Bisogna gradualmente iniziare a pensare a ripartire: questo dico. Gradualmente, a macchia di leopardo. Ma siccome non avremo la normalità di prima per due anni, dovremo inventarci una nuova normalità. Servono test a tutti, innanzitutto. Dovremo abituarci a fare i controlli della febbre per andare al supermercato e a scuola o – un domani – al cinema e a teatro. Dovremo gestire con cura la tecnologia e la privacy. Dovremo cambiare la vita nelle fabbriche e negli uffici “.

I giovani potranno uscire prima degli anziani. Brutto dirlo ma è così. Il Covid 19 uccide molto più gli anziani che i giovani. Ci sono alcuni settori che oggi possono partire. Si pensi a tutto il settore dei lavori pubblici e degli investimenti con il Piano Shock. Le scuole sono chiuse? Bene, autorizziamo lavori in emergenza per metterle in sicurezza. Adesso. Con procedure super semplificate. Nel mese di aprile possiamo spendere centinaia di milioni per rimettere a posto le nostre scuole consentendo ai ragazzi di vivere in posti più sicuri. Poi pensiamo che piano piano bisogna riaprire anche le scuole. Bisogna fare l’esame del sangue a tutti i nostri studenti o almeno il test sierologico. Potremmo scoprire che molti dei nostri figli hanno già contratto il virus Covid 19 che nei ragazzi sotto i 20 anni nella quasi totalità dei casi non dà sintomi. Fatti gli esami medici, dobbiamo pensare di riaprire gradualmente le scuole magari iniziando da chi deve fare la maturità o l’esame di terza media. Naturalmente con tutte le verifiche sanitarie del caso”. 

Da qui la proposta del rientro a scuola per il 4 maggio

Infatti, nel corso di un’intervista al quotidiano Avvenire, Renzi ha addirittura proposto di ritornare a scuola il 4 maggio.

Peccato, che tale idea, non sia piaciuta per niente affatto, né agli addetti ai lavori del mondo scolastico, né, soprattutto, agli esperti del mondo medico.

Del resto, già in passato, in altre occasioni, Renzi era stato paragonato al Pinocchio della politica italiana, vista la sua proverbiale abitudine a promettere qualcosa che, immancabilmente, poi non manteneva.

Come dicevamo, Per Luigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa e coordinatore scientifico della task force pugliese per l’emergenza coronavirus, ha subito definito folle ed illusorio tale proposito, dichiarando che “Pensare di riaprire le scuole il 4 maggio è una follia e fare proclami in questo momento è sbagliato. Dobbiamo essere cauti come facciamo a riaprire le scuole se non abbiamo dati né certezze? Non diamo false illusioni e speranze

Anche il virologo Roberto Burioni ha spiegato su Twitter: “Dobbiamo cominciare a pensare a una ripresa delle nostre vite: non possiamo pensare di stare in casa al fine di rimanere in casa per sempre. Però in questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve “.

Infine, anche il virologo Fabrizio Pregliasco, ha sottolineato che è prematuro e rischioso promettere il ritorno a scuola con una data precisa.

Pensare di riaprire le scuole è prematuro. E’giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione”.

Per ultimo, altrettanto duro contro Renzi anche Calenda, leader di Azione: “Caro Matteo Renzi, la tua dichiarazione è poco seria. Potremo riaprire quando la curva inizierà a flettere seriamente. Altrimenti il lockdown sarà stato inutile e dovremo riapplicarlo al primo riaccendersi di un focolaio “.

L’unica osservazione che ci permettiamo di aggiungere è che, mai come in questo periodo di emergenza sanitaria e di stress collettivo, i nostri cari politici, dovrebbero soppesare le dichiarazioni e misurare le parole, anche solo per non peggiorare ulteriormente il disagio personale di ognuno di noi, nonché la fatica di vivere del nostro Paese, già, visibilmente, provato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.




Coronavirus: epidemia massmediologica

La corrente pandemia di coronavirus fa risaltare alcuni aspetti sociologici e comunicativi molto importanti: primo, la polarizzazione dell’informazione mediatica sulla pandemia, che porta ad avere da un lato una enorme risonanza in termini di informazione quantitativa (dati cifre, numeri) dall’altro un forte impatto sulle emozioni degli utenti (televisivi e della stampa in genere).

Secondo, i servizi video-giornalistici enfatizzano per lo più i lati negativi della pandemia, quali il forte tasso di morbilità (contagio) e la sostanziale difficoltà nel contrastarla.

La combinazione di questi due fattori genera nel largo pubblico un senso di scoraggiamento, di esasperazione, di turbamento profondo e non giovano né alla risoluzione della pandemia né al sistema psico-neuro-immuno-endocrinologico di chi passa da un notiziario all’altro.

Questa polarizzazione, poi, sembra essere orientata solo alla reiterazione del problema in sé e non alla ricerca o alla divulgazione di soluzioni effettive, cioè sostanzialmente dà per scontato quanto di efficace vi sia ancora all’opera per sostenere il sistema nazionale (per esempio l’azione encomiabile del volontariato, senza il quale lo Stato collasserebbe in pochi giorni) e perciò appare evidente una corsa verso l’aggravamento e non verso la soluzione del problema.

Dispiace non avere notizie più trasparenti ed incoraggianti sull’impegno e sulle risorse messe a disposizione di chi rischia la vita per gli altri, dai volontari fino ai medici, alle forze dell’ordine e ai semplici impiegati di banca, tabaccai, edicolanti, farmacisti e cassieri dei supermercati che, ricordiamoci, rischiano la vita ogni giorno nel silenzio, in attesa del consueto “bollettino di guerra” serale, un conteggio freddo, burocratico, quasi asettico, di morti e guariti, ma senza quel calore, quella partecipazione sociale e quell’infusione di coraggio che tutti avrebbero bisogno di sentire.

Preoccupa poi soprattutto il fenomeno della parcellizzazione sociale: le persone separate dai nuclei famigliari perché sole o lontane, chi non può muoversi e soprattutto gli anziani, le vittime silenziose di questa tragedia. Eh si, perché, come si sente dire spesso “le case di riposo sono piene di coronavirus”, quasi che fossero dei lazzaretti dove l’anziano malato può solo tacere … e morire.

L’anziano, colui che ha costruito l’Italia, colui che ha sostenuto la sua famiglia fino ad oggi, anche attraverso la sua pensione, pilastro della famiglia, diventa così la vittima silenziosa di un sistema che non gli appartiene più e dal quale può solo uscire in sordina, in punta di piedi, dalla porta posteriore di una casa di riposo, mezzo vivo o mezzo morto, manipolato della freddezza dei guanti in latice, senza dire una parola e nemmeno vedere i volti dei suoi soccorritori, avvolti delle mascherine protettive.

Condotto in ospedale o direttamente ai luoghi di raccolta dei feretri, che poi vengono trasportati dall’esercito, sotto i riflettori impietosi di una stampa che sa valorizzare e spettacolarizzare l’audience, gli indici di ascolto, la notizia a tutti i costi, quella che “buca lo schermo” ma che purtroppo, spezza anche il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

 

La libertà di stampa

 




Italexit?

Il Coronavirus è entrato nelle nostre vite ed ha cambiato in pochi mesi abitudini e certezze.

La crisi virale e l’emergenza che ne è scaturita ha fatto emergere una parte della coscienza civile sinora, forse, sopita.

Di fronte alla paura della morte il bivio si fa più vicino e si sceglie la strada da seguire: unione o solitudine, sopravvivenza o sopraffazione, solidarietà o conflitto.

È uno stato dell’anima che si coniuga al singolare ma anche al plurale.

Riguarda Stati, comunità civili ed economiche fino a ciascuno di noi.

Nelle ultime settimane il divampare della pandemia ed il dibattito politico sulle misure di sostegno da applicare in ambito europeo hanno finito per dividere le comunità locali piuttosto che unirle in una comune lotta.

Il Consiglio d’Europa, con la pausa di riflessione imposta di fatto ieri ai Paesi più colpiti dal Virus dalla spirale recessiva e cioè Italia e Spagna principalmente, non ha fornito un’immagine unita e solidale.

Così, la guerra all’untore italiano o il blocco dei dispositivi di protezione diretti in Italia alla frontiera tedesca di qualche settimana fa tornano a far rumore, acquistano rilevanza e fanno male alla coscienza collettiva.

Si litiga per interessi contrapposti, per una visione diversa del vivere quotidiano di comunità separate, in realtà, da distanze spesso contenute.

Una lettura critica delle misure di sostegno adottate fino ad oggi non può che rinsaldare i nostri timori.

Nelle ultime ore, il provider finanziario Bloomberg ha pubblicato i dati, denominati in dollari usa, relativi alle politiche di stimolo adottate nei giorni precedenti dai principali paesi del mondo.

La Cina, l’economia che per prima ha dovuto confrontarsi con l’epidemia ha stanziato oltre 718 miliardi di dollari che rappresentano quasi il 6% del suo Prodotto Interno Lordo.

Gli Stati Uniti hanno dato corso ad un’operazione senza precedenti ovvero un’iniezione di liquidità para a 2158 miliardi di dollari, equivalente circa al 10% del Pil attraverso stimoli diversi estesi ad assegni per le famiglie e copertura delle spese sanitarie.

La situazione in Europa, purtroppo, non è stata la stessa.

La Germania ha varato a stimoli per oltre 611 miliardi di dollari, vicini al 16% del proprio Pil.

La Francia si è impegnata ad immettere sul sistema economico 380 Miliardi pari al 14% del Pil.

L’Italia è riuscita finora a varare misure di sostegno per circa 27,8 miliardi di dollari che rappresentano l’1,4% del Pil.

L’unione Europea, ha preso la decisione di assistere l’Eurozona con 41 miliardi di dollari attraverso operazioni a favore delle banche (Quantitative Easing e TILTRO Facility).

Il confronto tra i dati è disarmante.

Il sistema dei due pesi e delle due misure rischia di ritardare in modo significativo l’avvio delle misure di sostegno indispensabili per le famiglie e l’imprese soprattutto in Italia.

Senza un Nuovo Piano Marshall a difesa dell’Europa non sono soltanto a rischio le fondamenta politiche delle istituzioni comunitarie.

Senza interventi immediati è a rischio la pace sociale dei paesi più esposti alla crisi pandemica ed economica.

Senza interventi, dell’Europa per l’Europa, sono a rischio le alleanze internazionali poste in essere dal secondo dopo guerra.

Nei prossimi giorni la politica italiana dovrà essere unita e procedere nelle richieste formulate senza indugi e senza cedere alle condizioni imposte dal Meccanismo Europeo di Stabilità.

È un impegno per il nostro paese ma anche per il futuro stesso dell’Unione Europea, politica e monetaria.

 

 

 




La Generosità Circola: la cordata di solidarietà degli imprenditori italiani contro COVID-19

La Generosità Circola: la cordata della solidarietà delle aziende italiane a favore di chi combatte contro il COVID-19

La solidarietà che alleggerisce l’angoscia

Alla fine di tutto questo, le persone si ricorderanno solo se siamo stati umani o no

Questa è l’unica certezza che chi scrive si sente di avere in questo periodo eccentrico e, forse, è l’unica cosa che alleggerisce l’angoscia.

Chi scrive, come tanti, è fortunata perché è circondata da persone profondamente umane che, nonostante la sofferenza lavorativa, continuano a chiedersi come aiutare gli altri, le istituzioni e chi si sta sforzando di dare sempre di più sul campo.

La condizione dei piccoli e medi imprenditori italiani non è facile, non lo è per niente.

Ma la cosa più straordinaria e oltre il limite è che anche loro dimostrano di essere eroi.

La nascita del progetto

L’altro ieri parlavo con un mio amico che ha una osteria a Rovereto (TN), lui è un uomo dalla caratura umana molto alta; anche lui, come tantissimi colleghi, ha subìto il fortissimo colpo della chiusura. 

Anche lui, come tanti colleghi, sta facendo i conti con le spese e i piani di sostenibilità.

Anche lui, come tanti altri colleghi, vuole dare il suo contributo a chi si impegna e combatte contro COVID-19.

L’altra mattina il mio amico mi ha chiesto un consiglio: aveva deciso di dare il suo contributo ma non sapeva come perché nella sua zona, fortunatamente, i servizio mensa dell’ospedale non è al collasso quindi non servono pasti caldi per gli operatori.

Quando però ha capito che la risorsa utile in questo momento sono i fondi, ha ideato il “canederlo del sorriso”.

Una iniziativa di raccolta fondi basata sulla vendita del suo piatto forte: il canederlo.

L’intero importo raccolto andrà devoluto in beneficenza alla sua Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.

La circolazione della generosità

A me l’idea è piaciuta talmente tanto e tanto mi ha commossa che ho chiesto l’autorizzazione al mio amico, Paolo Torboli, di poter coinvolgere anche altre aziende, lui ha generosamente acconsentito e ho passato le ultime 24 ore a chiamare e sensibilizzare quanti più piccoli imprenditori possibile in tutta Italia.

Poiché la generosità circola e lo fa velocemente e con entusiasmo, subito in tanti si sono mossi, così è nata La Generosità Circola“: il progetto di raccolta fondi promosso da noi di Betapress.it per ispirazione di Paolo Torboli dell’Osteria Il Pettirosso.

Ognuno sta contribuendo con un piccolo segno: chi offre un gadget, chi un servizio estetico, chi altro…

Alcuni hanno già aderito e contattato i loro clienti, altri si aggiungeranno in corso d’opera perché, davvero, mancava il tempo tecnico per organizzarsi.

Il ruolo di Betapress

Ovviamente a questa maratona di generosità non potevamo non partecipare anche noi di Betapress; così, nella mia qualità di caporedattore e consulente di comunicazione e grazie agli strumenti messimi a disposizione dal gruppo editoriale e dai colleghi tutti, abbiamo scelto di sostenere queste aziende con il totale supporto comunicativo del caso: cli imprenditori che aderiranno saranno aiutati nella preparazione dei testi e dei materiali nonché nella loro divulgazione.

I partecipanti

Ad oggi, meno di 24 ore dal primo passa parola hanno aderito 10 aziende che ho il piacere di indicare di seguito

OSTERIA DEL PETTIROSSO, di Rovereto (TN) il nostro simbolico capofila che, con l’iniziativa Il Canederlo del sorriso, devolverà in beneficenza l’intero importo di un Canederlo del costo di €12,00.

K2 Progetto Corpo, di Caronno Pertusella (VA) che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo! devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

La Dolce Vita “the beauty lounge experience”, di Novara che con l’iniziativa Bellezza per la solidarietà devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di un buono bellezza al costo di €10,00.

Angolo di Paradiso, di Allumiere (ROMA) che con l’iniziativa Il baffetto della solidarietà devolverà in beneficenza l’intero importo di un servizio di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Sublimando 2.0 di Oliviero Denni, di Carpi (MO) che con l’iniziativa La ricarica del sorriso devolverà in beneficenza l’intero importo di un Caricatore Wireless al costo di €10,00.

SpecialGas, di Carpi (MO) che con l’iniziativa La ricarica del sorriso devolverà in beneficenza l’intero importo di un Caricatore Wireless al costo di €10,00.

Revolutionbody, di Biella che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Amalaki di Messina Rosalba, di Bergamo che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo  devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti e sopracciglia al costo di €13,00.

Magnolia di Stefania Guariso, di  Moncalieri (TO) che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo, devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Riflesso Evolution, di Montebbelluna (TV) che con l’iniziativa Il virus ci fa un baffo, devolverà in beneficenza l’intero importo di un trattamento di epilazione baffetti al costo di €10,00.

Purtroppo questa azione non è adatta a tutti i piccoli imprenditori, ci sono quelli che non hanno beni o servizi adatti a questa raccolta fondi, però ci hanno tenuto tanto a farci sapere che loro volevano esserci pur donando in forma autonoma ai loro Enti locali.

È il caso di 

ACF GROUP s.r.l. – Assicurazioni Credito Finanza e ACF Finance di Antonio Consiglio di Parma

Vi ringraziamo, vi ringraziamo di cuore tutti quanti.

Unisciti all’iniziativa

Se qualcun altro volesse contribuire a questa iniziativa, mi contatti all’indirizzo chiara.sparacio@betapress.it: sarà per me un piacere contattarlo e dare tutte le informazioni del caso.

Aggiornamenti

Alla fine dell’emergenza, quando tutti noi potremo andare a ritirare il nostro acquisto, noi di betapress pubblicheremo un nuovo articolo e vi racconteremo quante imprese si sono unite e quanto hanno raccolto, sarà bello e importante per noi festeggiare tutti assieme.

Alla fine di tutto questo, le persone si ricorderanno solo se siamo stati umani o no