Depressione e Covid19: l’opinione.

 

Consapevoli dell’incremento del disagio collettivo da Covid 19 e per fronteggiare il preoccupante aumento di diverse forme di depressione provocate dal lockdown, la redazione di betapress propone una serie di interviste a noti Psicologi e Psichiatri, che si sono resi disponibili ad offrire ai nostri lettori un’azione di supporto psicologico a 360°.

Oggi ne parliamo con la Psicologa Crigna Valentina.

 

Betapress- Buongiorno dott.ssa, una carriera interessante la sua …

 

Dott.ssa Crigna– Mi sono laureata nel 2015 in Psicologia Clinica e di Comunità, ora sono al termine della specializzazione in Psicologia del ciclo di vita.

Durante il mio percorso formativo ho svolto varie esperienze di tirocinio, tra le più significative c’è stata quella all’Ospedale Niguarda di Milano nei reparti Nemo (malattie neuromuscolari) e Unità Spinale. 

Attualmente, presso il consultorio dell’Asl di Novara, seguo un progetto sulla prevenzione della depressione post partum.

Nel corso degli anni ho ampliato la mia formazione frequentando un corso quadriennale di sessuologia e conseguendo il titolo di sessuologa clinica.

Da un paio d’anni, inoltre, mi occupo di dipendenze tecnologiche e di utilizzo disfunzionale della rete e dei dispositivi tecnologici. Ultima, ma non per importanza, l’esperienza in collaborazione con varie associazioni che si occupano di fornire sostegno psicologico alle donne vittime di violenza.

 

Betapress- Parliamo ora del profilo medio dei suoi pazienti, età, sesso, livello culturale, condizione sociale.

 

La mia utenza è variegata.

Mi occupo di tutte le fasce d’età, anche se buona parte dei miei pazienti si collocano nella fascia d’età che va dai 20 ai 40 anni.

Nel corso della mia esperienza professionale, ho lavorato sia con uomini che donne, senza che ci fosse una particolare predominanza dell’uno o dell’altro sesso.

Anche per quanto riguarda il livello culturale ho seguito e seguo pazienti con livello culturale ed estrazione sociale estremamente variegata.

 

Betapress- Partiamo dal primo lockdown.

Quale richiesta di aiuto/supporto psicologico ha ricevuto.

Con quale frequenza/modalità e perché.

 

Dott.ssa Crigna- Nel corso del primo lockdown ho ricevuto alcune richieste di sostegno psicologico, in realtà non quante me ne sarei aspettate.

La paura di uscire e di avere contatti con le persone credo abbia molto frenato gli individui nel chiedere l’aiuto di un professionista.

Allo stesso tempo, le persone hanno fatto fatica a chiedere un supporto psicologico a distanza, fatto che avrebbe arginato la paura di uscire, a causa della difficoltà a ritagliarsi uno spazio intimo e riservato nella propria abitazione per poter svolgere un colloquio con uno psicologo.

Le richieste d’aiuto che ho ricevuto non erano strettamente inerenti ai vissuti emotivi scatenati dal lockdown, ma connesse a problematiche psicologiche già esistenti che sono state messe a dura prova dalla situazione emergenziale e che hanno richiesto l’intervento di un professionista.

 

Betapress- Invece nel secondo lockdown…

 

Dott.ssa Crigna- Durante il secondo lockdown ho ricevuto una richiesta di sostegno psicologico ben più ampia rispetto ai mesi precedenti.

Varie persone si sono rivolte a me per disturbi del sonno, ansia e vissuti depressivi, in alcuni casi emersi già nel primo lockdown, in altri casi emersi solo dopo l’estate. Le persone che hanno vissuto con emozioni negative anche il primo lockdown, per svariati motivi, hanno deciso di non chiedere aiuto.

Una causa può essere stata la difficoltà nel sostenere, da un punto di vista economico, un percorso psicologico, ma anche la convinzione o la speranza che, finito il primo lockdown, saremmo tornati tutti alla nostra vita com’era prima del Covid, e che di conseguenza anche i disturbi emersi sarebbero scomparsi.

Quando le voci di un nuovo lockdown hanno iniziato a circolare, le persone che hanno vissuto in maniera peggiore, dal punto di vista emotivo i mesi precedenti, hanno sentito il bisogno di cercare un aiuto professionale per superare la loro situazione.

 

Betapress- Secondo lei, c’è stato dunque un incremento cronologico del disagio?

 

Dott.ssa Crigna- Come già detto, nella mia esperienza professionale ho potuto constatare una maggiore richiesta d’aiuto nei mesi più recenti.

Credo, però, che il forte disagio emotivo causato dall’emergenza Coronavirus sia emerso già al primo lockdown, ma che sia rimasto silente.

 

Betapress- Le dipendenze da fumo/alcool/social sono segno e segnale specifico dell’isolamento e della solitudine?

 

Dott.ssa Crigna- I dati provenienti da vari enti ed istituzioni ci dicono che le richieste di aiuto connesse a dipendenze di vario tipo (droghe, alcool, gioco d’azzardo, ecc.) sono aumentate durante i mesi scorsi.

D’altronde, basta osservare i dati di vendita degli alcolici, che hanno subito un’impennata importante nel periodo del primo lockdown, si parla di un aumento del 180%, anche grazie alle consegne a domicilio.

Prima eravamo abituati a vivere vite disordinate e frettolose, distratti da mille stimoli spesso superficiali (chat, media, informazioni, pubblicità, divertimenti, ecc.).

Il primo lockdown ci ha messo di fronte in maniera inusuale alla nostra intimità psichica ed al vissuto più profondo delle nostre relazioni sentimentali, interpersonali e sociali.

Il silenzio e la solitudine sono diventati uno spazio vuoto nel quale si sono moltiplicati il disagio esistenziale, l’insicurezza e la paura.

L’alcool, il fumo e le altre dipendenze hanno trovato suolo fertile nelle persone che non sono riuscite a far fronte a questi disagi in maniera adattiva.

 

Betapress- Parliamo della Paura: soggettiva, oggettiva e collettiva

 

Dott.ssa Crigna- La paura è un’emozione potente ed utile, ci permette di prevenire i pericoli ed è quindi funzionale ad evitarli.

La paura, però, funziona bene se è proporzionata ai pericoli. Oggi molti di essi non dipendono dalle nostre esperienze.

Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete.

Succede così che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi derivanti dalla frequenza dei pericoli. In questi casi la paura si trasforma in panico e finisce per danneggiarci.

Si ha più paura dei fenomeni sconosciuti, rari e nuovi, e la diffusione del Coronavirus ha proprio queste caratteristiche. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi.

Non è sempre così semplice controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

 

Betapress- Dott.ssa ci aiuta a decifrare la consapevolezza del limite e della fragilità esistenziale?

 

Dott.ssa Crigna- L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Coronavirus ci ha messi tutti di fronte alla fragilità della nostra esistenza.

Nessuno è più al sicuro, tutti sono in pericolo, ognuno di noi potrebbe contrarre il virus e trovarsi ad affrontare stadi diversi della malattia, dall’assenza di sintomi ad essere in terapia intensiva.

L’attuale pandemia ha avuto un forte impatto emotivo e psicologico proprio perché ha reso le persone consapevoli della propria ed altrui fragilità, ma soprattutto perché ha portato buona parte delle persone ad essere consapevoli dei propri limiti, consapevoli che nessuno avrebbe mai potuto considerarsi immune e al sicuro da questa malattia.

 

Betapress- Per alcuni, la prossimità della malattia e l’esperienza della morte in casa sono stati devastanti…

 

Dott.ssa Crigna- A conti fatti è difficilissimo trovare una persona che non conosca qualcuno che ha contratto il Coronavirus.

Visti i numeri, tutti o quasi, abbiamo avuto un contatto più o meno ravvicinato con il Covid.

Uno degli impatti forse più forti che il Covid ha avuto sulle nostre vite è quello relativo alla morte e ai rituali ad essa connessi. Le persone sono morte, e continuano a morire, sole.

A prescindere dal luogo in cui si trova un malato (casa o ospedale) il suo approssimarsi alla morte sarà contraddistinto da un unico elemento: la solitudine.

Egli non potrà salutare i suoi cari, e non potrà essere salutato dai suoi cari. Nel periodo del primo lockdown chi ha perso un caro a causa del Covid non ha nemmeno potuto presenziare ad un funerale, non ha potuto salutare l’affetto di una vita con un rito di passaggio così importante e significativo.

Questo inevitabilmente ha creato e creerà dei vissuti emotivi molto forti, ha reso difficile un’elaborazione del lutto già compromessa dai risvolti psicologici negativi della pandemia.

 

Betapress- Nuove ansie, come affrontarle e gestirle?

 

Dott.ssa Crigna- Quando l’ansia non ha le caratteristiche di un vero e proprio disturbo si può iniziare a gestirla utilizzando delle tecniche di rilassamento, che sono molto efficaci nel bilanciare i livelli di attivazione del corpo spostando l’equilibrio psicofisiologico da uno stato di attivazione ad uno di rilassamento.

Un altro consiglio può essere quello di allenare la mente alla consapevolezza, poiché aiuta a controllare e ridurre le emozioni negative e a conoscere e osservare le modalità di funzionamento della nostra mente.

L’ansia può essere amplificata dalla perdita di sonno, la cui qualità è ormai dimostrata molto importante per la nostra salute mentale, è dunque, fondamentale, porre attenzione ad un’adeguata qualità del sonno.

Quando l’ansia raggiunge livelli di intensità più estremi e non controllabili dalla persona, sfociando in un vero e proprio disturbo d’ansia, occorre un intervento professionale.

Sarà, quindi, importante rivolgersi ad uno psicologo che possa aiutare la persona a riconoscere i propri stati d’ansia e ad imparare a gestirli al meglio.

 

Betapress- Quali sono le strategie comportamentali e gli interventi sul piano cognitivo per agire e reagire?

 

Dott.ssa Crigna- Una prima azione da compiere potrebbe essere quella di evitare un eccesso di informazioni e soprattutto fare attenzione alle fonti.

Dovremmo ascoltare le notizie dosando le informazioni, ascoltandole al massimo due o tre volte al giorno, preferibilmente su fonti governative.

Molto importante è cercare di conservare una propria routine, perché questo ci aiuta moltissimo a mantenere una parvenza di normalità.

Se non possiamo mantenere le nostre solite abitudini creiamone di nuove, cercando di mantenerle costanti nel tempo.

Conservare degli schemi quotidiani ci permette di far fronte in maniera più adattiva al momento di grandissima incertezza sanitaria, economica e sociale.

Può essere utile anche condividere le proprie preoccupazioni, parlare di ciò che ci mette paura, ma è importante stare attenti a evitare che il Covid e la pandemia diventino gli unici oggetti delle nostre discussioni.

 

Certi di aver offerto un primo e valido supporto psicologico ai nostri lettori, ringraziamo la Dott. ssa Crigna Valentina per la competenza, professionalità e disponibilità dimostrate, e diamo appuntamento al nostro pubblico, sempre su queste pagine e nel nostro canale youtube con la rubrica parliamone insieme, per affrontare con la  Psicologa Barnabino Federica il disagio nei minori e lo stress correlato all’isolamento e alla Dad.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bullismo e Cyberbullismo sempre attuali.

 




Scuola???

La scuola del futuro è in ostaggio tra legge di bilancio e rinnovo del contratto.

 

Siamo prossimi all’esame della legge di bilancio per il 2021 in Commissione Bilancio della Camera. 

Cosa ne sarà della scuola?

Intanto, partiamo dalla scuola di adesso e dal report di Ancodis.

Il 23 novembre, Ancodis ha proposto un weebinar:

“Riflessioni a scuola: L’emergenza pandemica a scuola e il Referente Scolastico COVID 19″ nel quale si sono confrontati esperti impegnati nella complessa gestione dell’emergenza.

Emergenza che sta mettendo a dura prova modelli organizzativi e didattici anche sotto l’aspetto della tenuta psicologica di tutti gli operatori.

In poco più di sei mesi, dal punto di vista della sicurezza, alla “scuola dell’ANTI” (incendio, sismico, infortunio) si sono aggiunti anche l’ANTI contagio e, potendo, l’ANTI stress.

Ed una “squadra anticovid”, nel rispetto di ruoli e funzioni, giorno dopo giorno, ha dovuto reggere ad un pressing notevole.  

E’ evidente, siamo di fronte ad una emergenza che è stata affrontata con alta responsabilità e competenza dentro la scuola, dai diretti interessati, spesso gli ultimi “della catena”, ma che ha visto negligenze, superficialità e distrazioni in territorio extrascolastico. 

I Collaboratori dei DS e le figure di sistema di Ancodis – alcuni dei quali individuati Referenti scolastici Covid 19 – hanno denunciato purtroppo una sofferente condizione di sconfitta delle squadre anticovid impegnate a far rispettare i protocolli, a monitorare tempestivamente vulnus organizzativi, a mettere “toppe” alle criticità la cui responsabilità è da addebitare ad altri. 

Con il webinar si è fatto un primo bilancio, dando voce ad esperti e protagonisti. L’auspicio è che, almeno, si possa fare emergere la vera condizione nella quale si sono ritrovate le scuole e quali sono le (ir)responsabilità da evidenziare per il corretto funzionamento del sistema di prevenzione, controllo e monitoraggio. 

Ed allora, come redazione di betapress, siamo tornati ad intervistare il Presidente di Ancodis Rosolino Cicero per scoprire insieme i buoni propositi per la scuola del futuro.

 “Tra le misure previste – fa rilevare il Presidente di Ancodis Rosolino Cicero – troviamo il piano pluriennale per l’assunzione in organico di diritto di 25000 docenti di sostegno (con piano di formazione sull’inclusione ed acquisto di ausili didattici); l’assunzione di 1000 docenti di potenziamento (per rispondere alle carenze di organico nella scuola dell’infanzia) e la stabilizzazione degli Assistenti tecnici nella scuola del primo ciclo e dei collaboratori scolastici ex LSU.

Dal punto di vista infrastrutturale, è posta l’attenzione su l’ammodernamento degli edifici, sul potenziamento della digitalizzazione delle scuole (implementata l’attività degli animatori digitali e dei team digitali), sul sistema dei trasporti urbani ed extraurbani (specifico anello debole attuale).

Viene, infine, incrementato il fondo per la formazione e l’apprendistato e recuperata (e speriamo semplificata) la 440, una legge che dà meritata attenzione all’arricchimento ed ampliamento dell’offerta formativa”. 

In linea di principio, dunque, emerge un significativo investimento in risorse umane e in beni materiali, di cui la scuola ha certamente un gran bisogno, a partire dall’attenzione al sistema di istruzione 0-6.

ANCODIS apprezza l’inversione di rotta del governo e del Ministero e condivide l’importanza di INVESTIRE in istruzione e cultura dopo un ventennio di tagli lineari di risorse che hanno profondamente inciso sulla qualità del sistema scolastico italiano.

“Occorre riconoscere – continua Rosolino Cicero – che siamo entrati nella strada giusta ed auspichiamo l’inizio di un processo davvero irreversibile. Suscita ovvio interesse anche l’attenzione alle risorse per il rinnovo contrattuale con la previsione di incrementarne gli attuali stipendi.” 

Il Presidente Cicero sottolinea, però che “Investire in risorse umane e materiali non è sufficiente se poi si lascia invariato il modello scolastico. Occorre anche dare la meritata attenzione al suo funzionamento organizzativo e didattico dal quale deriva la qualità dell’offerta formativa e l’azione che quotidianamente si mette in campo nelle autonome istituzioni scolastiche”. 

Per i Collaboratori dei DS e le figure di sistema di Ancodis, autonomia, offerta formativa e governance scolastica devono integrarsi in una visione unitaria nella quale tra il Dirigente scolastico ed il corpo docente si riconosca l’esistenza insostituibile delle figure intermedie (Middle management scolastico) che devono finalmente godere di una identità giuridica e contrattuale incardinata in una vera carriera professionale. 

“Nessuno – afferma Rosolino Cicero – oggi più che mai può disconoscere che la moderna governance scolastica è la conditio sine qua non per la qualità dell’offerta formativa e per l’efficienza nelle attività didattiche e nei servizi ad alunni e famiglie”.

Ancodis non finirà mai di affermarlo: l’organizzazione gestionale e didattica sta alla base del buon funzionamento ed i DS – senza l’apporto e la professionalità dei loro Collaboratori e delle figure di sistema oggi “strutturate” in tutte le comunità scolastiche – non possono guidare e gestire un sistema che in questi ultimi anni è divenuto sempre più complesso e gravato di numerose incombenze che vanno dalla didattica alla sicurezza, compresa quella covidiana.

Se si guarda alla scuola italiana dei prossimi anni, non si può più escludere dagli obiettivi una innovazione legislativa che porti al riconoscimento giuridico dei Collaboratori dei DS e delle figure di sistema e ad un nuovo modello contrattuale nel quale trovi spazio l’area del middle management scolastico.” 

La seconda proposta di Ancodis riguarda la sostituzione del Dirigente Scolastico: in caso di assenza e/o impedimento del Dirigente Scolastico non è prevista dall’ordinamento scolastico una figura istituzionale che eserciti le funzioni!

“Le ragioni di una innovazione legislativa che copra questo vulnus nella gestione delle I.S. autonome – dichiara il Presidente Cicero – ci sembra ormai giunta: il riconoscimento di diritto di chi può sostituire – entro certi limiti – il DS (per esempio l’Assistant principal anglosassone) ed il distaccamento ex lege dalle attività didattiche è ormai una necessità in tutte le scuole a partire in particolare da quelle in reggenza.”

Ed il tema della modalità di accesso, della permanenza nel nuovo status, della valorizzazione nella carriera professionale, del riconoscimento nelle prove concorsuali compreso quello per l’area dirigenziale, per Ancodis deve essere aperto senza posizioni ideologiche o pregiudizi di categoria. 

La terza proposta – conclude Cicero – riguarda un tema più generale: è il tempo di un patto generazionale e professionale tra tutte le componenti impegnate alla costruzione di un sistema scolastico che, fondato sulla storica ed indiscussa tradizione, si apra a quelle innovazioni culturali e contrattuali capaci di integrare nuovi modelli didattici e moderne azioni organizzative mettendo sempre al centro i bisogni formativi delle nuove generazioni ma andando oltre le arcaiche norme giuridiche e superati schemi contrattuali.”

Infine, il Presidente di Ancodis lancia un appello: “Chi oggi guida il Paese, chi ha la responsabilità di indicare una direzione, chi deve sedere al tavolo del confronto, chi deve rinunciare magari ad antichi privilegi, chi ha a cuore la scuola dei nostri figli, assuma la necessaria responsabilità e faccia un passo avanti.” 

E come redazione di betapress, ci auguriamo che, finalmente, iI Sistema Scuola, a partire dai vertici, riconosca l’esperienza e la professionalità dei Collaboratori dei Dirigenti scolastici.

Ricordiamoci che la scuola è l’ombelico della società civile, ammettiamo, una volta per tutte che bisogna premiare il merito di chi nella scuola ci crede e ci vive!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANCODIS: BASTA CON LE DEMAGOGIE

 

ANCODIS: firmato il contratto docenti, inadeguato!




Bullismo e Cyberbullismo sempre attuali.

La lotta al cyberbullismo ai tempi della DAD.

Niente e nessuno può fermare la lotta al bullismo e al cyberbullismo.

Siamo sempre più consapevoli che un’adeguata informazione ed una pronta divulgazione sono le prime armi contro il bullismo ed il cyberbullismo.

E sappiamo che la situazione emergenziale in corso, ha acutizzato il problema, perché, mai come in questi giorni di lockdown, i nostri figli sono soli davanti ad un computer, in balìa di nemici invisibili, ma prima ancora in balìa di loro stessi.

I nostri figli, sono, a volte, ragazzi pieni di paure non gestite e di istinti non riconosciuti.

Ragazzi vittime di un forte disagio adolescenziale, che li trasforma, a seconda della loro indole (da leader o da gregario) in bullo o in vittima.

Nascono così, gli adolescenti/bulli, pronti ad aggredire, insultare, umiliare, minacciare e ricattare i loro pari.

Adolescenti/cyberbulli che si trasformano in leoni della tastiera, perché nascosti dietro un nickname, si sentono ancor più vigliaccamente spavaldi.

Adolescenti bisognosi di affermarsi, perché si sentono deboli, invisibili nella loro famiglia.

Adolescenti in preda alla necessità di imporsi, di darsi un ruolo come aggressori reali o virtuali.

Adolescenti che per leggerezza, emulazione o disagio fanno del male a tanti altri ragazzi della nostra epoca, ma che in fondo, fanno del male a loro stessi.

Poi ci sono gli altri.

Gli Adolescenti/vittime.

Ragazzi che subiscono, soffrono in silenzio, che non hanno la forza ed il coraggio di agire e di reagire.

Ragazzi che mancano di autostima, che non conoscono il loro merito, convinti di non valere, altrettanto invisibili nelle loro case.

Ragazzi che hanno paura prima di tutto di parlare, di rompere il silenzio, di chiedere aiuto.

Ragazzi che non ce la fanno a ribellarsi. E che proprio per questo fanno il gioco dei loro aggressori, diventando vittime, prese di mira per tutto.

Ragazzi massacrati a parole, a suon di post sui social, dove i like e la di condivisione di video puntano sui risultati scolastici del “secchione”, sulle inclinazioni sessuali dello” sfigato” o del “frocio”, ma anche sulle origini razziali=marchio per l’esclusione e sugli usi ed i costumi sociali=oggetto di scherno.

Lo sanno bene, tutto questo, le Referenti Bullismo dell’ITIS OMAR di Novara, Prof.ssa Ida Angiulli e Prof.ssa Valentina Martes che il 19 novembre u.s., nonostante il lockdown, anzi, consapevoli che la situazione attuale rappresenta un rischio di incremento del bullismo e del cyberbullismo, hanno organizzato un incontro on line.

Una sorta di convegno virtuale per la condivisione di buone pratiche e l’incremento della sinergia tra le scuole della rete sui temi della prevenzione del bullismo e del cyberbullismo.

Come redazione di betapress, c’eravamo anche noi, perché, una nostra giornalista, docente in un I.C. del territorio, referente cyberbullismo della scuola di appartenenza, vi ha preso parte.

Dunque, per chi ancora non lo sapesse, ecco il report delle attività di PEER EDUCATION, cioè i progetti attivi di educazione tra pari, presenti sul territorio piemontese e non solo.

I progetti sono due: il Progetto “Per Tommaso” e il Progetto “Gruppo NOI”.

PER TOMMASO è nato nel 2010, per iniziativa del Rotary Val Ticino da una grande spinta emozionale (scatenata da un fatto di cronaca locale).

Da 10 anni, il progetto vuole combattere il cyberbullismo, ed accompagnare gli adolescenti in una navigazione internet sempre più sicura.

EDUCARE E PREVENIRE le due parole chiave.

Educare all’utilizzo corretto degli strumenti informatici e prevenire l’abuso e i rischi legati alla navigazione in rete.

Il progetto prevede la formazione di gruppi di peer educators selezionati tra gli studenti del triennio degli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore che, una volta preparati, riversano contenuti ed esperienze nelle classi del biennio dell’istituto di appartenenza.

GRUPPO NOI: è un’iniziativa più recente, proposta nell’anno 2014 -15 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Val d’Aosta, condivisa dall’USR e dalla Regione Piemonte, presentata al Tavolo dell’Osservatorio di prevenzione bullismi.

Si tratta di un progetto di formazione di PEER EDUCATORS.

L’idea è di individuare, all’interno della scuola, dei gruppi di studenti che svolgano funzione di auto-mutuo-aiuto tra pari sulle situazioni di disagio giovanile e che siano supportati da risorse esterne del territorio di riferimento (Forze dell’Ordine, esperti esterni, volontariato, servizi del territorio). 

Il Gruppo, denominato “NOI” perché composto da un gruppo di studenti che vive la quotidianità della scuola, è attivo all’ITI OMAR dall’anno scolastico 2016-17 e possiede le seguenti caratteristiche:

-è composto da studenti già entrati in contatto con bullismo o altre forme di disagio o conflitto   giovanile;

-è a composizione aperta e ha un’ottica inclusiva;

-si presenta alle classi e promuove la propria funzione anche al fine di alimentarne un ricambio;

– si pone come “sentinelle della legalità”.

Praticamente, la squadra Gruppo NOI si mette a disposizione degli studenti: accoglie, ascolta, intercetta e contrasta il disagio giovanile, le varie forme di bullismo e rischio, si confronta con i pari, organizza eventi di discussione o interventi di peer education in classe, attività esterna anche di volontariato, diffonde fiducia nel lavoro di rete tra pari, tra adolescenti e adulti, tra scuola e territorio;

-beneficia delle risorse esterne della rete locale di prossimità (organi di polizia, esperti esterni, volontariato, servizi del territorio);

supportato da uno o più docenti di riferimento, con cui si interfaccia lavorando principalmente sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva e dell’educazione all’affettività.

 

Durante l’incontro, inoltre, la prof.ssa Elena Ferrara dell’USR ha informato i referenti sulle novità relative al Progetto “Un Patentino per lo Smartphone” ed al relativo Corso di formazione per docenti formatori di formatori “Essere cittadini digitali e sulle novità relative ad un Bando della Regione Piemonte relativo alla prevenzione del bullismo e cyberbullismo.

Un Patentino per lo Smartphone per le scuole secondarie di primo grado è un progetto didattico nato nel Verbano – Cusio – Ossola, all’interno della collaborazione fra l’Ambito Territoriale, l’ASL VCO e l’associazione Contorno Viola.

Successivamente è stato adottato da tutte le ASL del Piemonte ed inserito nei cataloghi dell’offerta formativa per le scuole.

Si tratta a tutti gli effetti di un progetto interistituzionale che vede coinvolti gli operatori delle ASL, gli operatori di ARPA Piemonte, i docenti degli ambiti territoriali e le forze dell’ordine (in genere la Polizia postale).

Il progetto è stato adottato dalla Regione Piemonte con la Legge 2/18 e quindi dalle ASL che lo hanno inserito nel loro catalogo di prevenzione.

Il progetto era partito lo scorso anno scolastico con un primo incontro tenutosi il 17 febbraio 2020, ma si era poi interrotto a causa del lockdown dovuto all’emergenza sanitaria. La Prof.ssa Ferrara ha informato i colleghi sulla ripresa del progetto in modalità da definire, con la riproposizione anche dell’incontro iniziale già svolto. Tale ripresa delle attività sarà comunque comunicata ufficialmente dall’Ufficio Scolastico Provinciale.  

Corso di formazione per docenti formatori di formatori “Essere cittadini digitali: il patentino per lo smartphone come risposta al cyberbullismo e altri rischi della rete”.

Nell’ambito del progetto e della collaborazione tra gli Assessorati Sanità e Istruzione della Regione Piemonte, l’Arpa Piemonte, Polizia di Stato – Compartimento Polizia Postale e delle Telecomunicazioni e l’Ufficio Scolastico Regionale sul tema in oggetto, nel mese di gennaio 2021 avrà luogo un’importante opportunità di formazione per i dirigenti scolastici ed i docenti delle scuole piemontesi finalizzata alla formazione di Docenti esperti. Sono previste tre giornate di formazione online nel corso delle quali, oltre a riflettere sugli accordi interistituzionali e sulle normative vigenti per la prevenzione dei rischi legati agli usi impropri delle tecnologie, si entrerà nel merito delle azioni che hanno permesso al progetto, grazie ad un approccio multidisciplinare e alla metodologia attiva, di ottenere un positivo impatto nell’uso creativo, critico e consapevole dello smartphone.

Al termine della formazione-formatori, i partecipanti riceveranno un patentino oltre un regolare attestato di partecipazione valido ai fini dell’iscrizione all’albo regionale di esperti in materia, albo che sarà realizzato in seguito ad una chiamata tramite nota regionale.

La formazione al predetto corso comporta la possibilità di essere nominati come formatori a livello territoriale attingendo dall’albo regionale sopramenzionato.

Infine, è stato illustrato il Bando della Regione Piemonte Contributi per formazione docenti su prevenzione del bullismo e del cyberbullismo: è pervenuto avviso per la presentazione di domanda di contributo per la realizzazione di percorsi di formazione per docenti sulla tematica della prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo per l’A.S. 2020/2021 rivolto alle scuole polo regionali per la formazione, con scadenza 11 dicembre 2020.

Le proposte progettuali dovranno approfondire la tematica del bullismo e del cyberbullismo, al fine di:

tutelare e valorizzare la crescita educativa, psicologica e sociale di minori, proteggendo in particolare, i soggetti più fragili;

-valorizzare il benessere tra pari;

prevenire il rischio nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza;

supportare i soggetti che, a vario titolo, ricoprono un ruolo educativo con i minori.

Le progettualità dovranno prevedere particolare attenzione anche alla capacità integrativa rispetto agli alunni con bisogni educativi speciali. Le attività progettuali formative dovranno essere strutturate, vista la situazione di emergenza sanitaria, garantendo comunque la formazione a distanza, là dove non fosse possibile prevedere incontri in presenza. 

Certi di fornire un servizio utile a tutti coloro che fossero interessati a queste tematiche, vi segnaliamo i link delle iniziative sopra citate:

http://www.arpa.piemonte.it/news/il-patentino-per-lo-smartphone-partono-i-corsi-pilota-per-docenti

http://www.istruzionepiemonte.it/corso-di-formazione-regionale-essere-cittadini-digitali-il-patentino-per-lo-smartphone-come-risposta-al-cyberbullismo-ed-altri-rischi-delle-tecnologie-gennaio-2021

https://bandi.regione.piemonte.it/contributi-finanziamenti/contributi-formazione-docenti-prevenzione-bullismo-cyberbullismo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorno a Scuola!!! Ovvero ritorno ai problemi di sempre…




DAD e DDI, il danno per i docenti

Non ne posso più, di Dad e di falsità.

Tutti a parlare dei danni provocati dalla DAD nella didattica e nella psicologia degli studenti.

Tutti a preoccuparsi dei minori e dei loro genitori.

Quasi nessuno si preoccupa del disagio degli insegnanti.

In questi giorni, ha fatto notizia la protesta di diversi studenti (ma di pochi insegnanti) contro la chiusura effettiva delle scuole e il ricorso obbligatorio ai “device” per fare lezioni doppiamente faticose e minimamente efficaci.

La televisione e gli organi di stampa si compiacciono a divulgare l’immagine di una Scuola che, malgrado tutto, funziona, grazie alle meraviglie della tecnica. 

Ma per favore!!!

Venite a scuola e vedete con i vostri occhi!!!

Solo i docenti e gli studenti sanno davvero come stanno andando le cose.

Anzi, come NON STANNO ANDANDO.

Basti ricordare il tempo perduto ad ogni ora di lezione per fare l’appello, cioè per verificare che tutti gli alunni siano presenti in audio, collegati in video (“spegni il microfono, attiva la telecamera”, è diventato un mantra quotidiano).

Una volta verificato che tutti gli alunni sono fuori dal letto e, possibilmente, non ancora in pigiama, inizia il “toto scommesse” in attenzione, concentrazione, motivazione…

Eh, sì, perché se uno è attento, non è concentrato, se uno è concentrato, non è motivato.

Ogni docente continua a ripetere infinite volte le stesse parole, magari alzando la voce, per poi farsi ripetere altrettante volte le parole dai discenti.

Certi alunni, sinceramente, ci mettono l’anima per farsi capire, ti girano il libro contro la telecamera per farti vedere che i compiti li hanno fatti, ma, spesso, “non riescono a rendere” a causa delle inadeguatezze delle medesime tecnologie.

Tecnologie arretrate, altro che adeguate.

Supporti e strumenti digitali legati a fibre regionali o connessioni locali.

Che sia ben chiaro, oggi, in Italia, ai tempi del Covid, la DAD, va e viene a corrente alternata, a seconda di dove ti trovi.

Altro che bel paese, l’Italia!!!

E in Italia, ti conviene pure non dire che fai l’insegnante, perché, per ben che ti vada, sei compatito, se non denigrato.

I docenti, lo si sa, in Italia, da un trentennio, non vengono considerati come meriterebbero, né rispettati e stimati per il loro lavoro.

L’ Italia non appartiene a quei Paesi, civili e civilizzati, in cui, chi educa e istruisce le giovani generazioni, è onorato e ben pagato!!!

Qui, da noi, dietro le dichiarazioni ufficiali dettate dal BON TON/GOSSIP MEDIATICO, si cela spesso un profondo disprezzo verso chi insegna.

Anzi, siamo onesti, la professione di un insegnante, non è neppure considerata un lavoro da buona parte dell’opinione pubblica.

È questo il frutto avvelenato di 30 anni di campagne mediatiche diffamatorie.

30 anni di politiche scolastiche miranti all’aziendalizzazione delle istituzioni scolastiche.

30 anni dedicati all’impiegatizzazione e proletarizzazione (anche economica) degli insegnanti.

Decenni di autentiche calunnie ai danni della categoria, pronunciate con leggerezza, anche da politici importanti.

A volte, ci si mettono pure i Ministri dell’Istruzione a far perdere di prestigio la categoria degli insegnanti!!!

Ecco perché dello STRESS dei docenti — adesso costretti (anche grazie all’accordo contrattuale siglato da CISL, ANIEF e CGIL) a insegnare attraverso uno schermo — nessuno si preoccupa.

Tutto è dovuto, da parte di professionisti “invisibili”.

Eroi e martiri che il sentire comune non considera nemmeno veri lavoratori.

Nella scorsa primavera, almeno, nelle scuole, si permetteva ai docenti di scegliere tra didattica sincrona e asincrona, limitando il numero di lezioni “in diretta” davanti al videoterminale.

Ora, col pretesto dell’emergenza ormai istituzionalizzata, si pretende da loro una DAD che fotocopi la vita di classe (con risultati tra il comico e il tragico).

Voglio solo aggiungere due parole, per chi crede di conoscere il lavoro del docente.

Manca il contatto umano: è questo il primo motivo di stress.

Insegnare non è mettersi in modalità “macchina da fiato” e ripetere a memoria le proprie conoscenze. 

Se fosse così, si potrebbe far lezione anche al citofono, e la potrebbe fare chiunque.

Insegnare è entrare in relazione col discente, con OGNI DISCENTE (e per questo le classi dovrebbero essere di 15 alunni).

Ogni alunno andrebbe motivato, coinvolto.

Sarebbe bello, farlo ridere o, almeno sorridere, mentre impara.

Un insegnante che si rispetti, sa cosa vuol dire ACCENDERE UN ALUNNO, iniziarlo al piacere del dialogo conoscitivo, renderlo partecipe di una scoperta reciproca.

Ditemi voi, come si può realizzare tutto questo, mediante uno schermo che non ti permette nemmeno di guardare una persona negli occhi?!?

L’insegnante in Dad fa la fatica di Sisifo (raddoppiata dalle “nuove tecnologie”)

La fatica è fisica e psichica.

Stare quattro o cinque ore seduti davanti al p.c. la mattina, e altrettante il pomeriggio — peraltro in un momento in cui palestre e piscine sono chiuse — espone l’apparato muscoloscheletrico (e non solo) degli attempati prof a patologie gravi e croniche, che nessuna amministrazione si sogna nemmeno di risarcire.

La mente si affatica il doppio che in aula, inducendo alla depressione, alla rabbia, al senso di inadeguatezza.

Nessuno parla dell’incremento del burnout degli insegnanti in DAD.

Anzi ti senti dire” Ma di cosa ti lamenti, che le scuole sono chiuse, che è da febbraio che non fai niente!!!”

Coordinare il lavoro sugli allievi è difficile, faticoso, avaro di soddisfazioni.

Cercar di motivare alunni già solitamente distratti (ed ora più assenti e annoiati che mai) è una fatica di Sisifo, quale nessun’altra professione conosce.

Si aggiunga lo sforzo immane che molti docenti hanno improvvisamente dovuto sostenere per acquisire le competenze digitali necessarie all’utilizzo di piattaforme mai viste prima.

Si riconosca il disagio di molti insegnanti obbligati a gestire problemi di telematica che nulla hanno a che fare con la loro cultura e con la loro didattica.

Il tutto nell’improvviso oscurarsi di qualsiasi rapporto affettivo, sia con gli alunni, sia con i colleghi.

Ogni comunicazione passa ormai per lo schermo: e persino nei Collegi dei Docenti è impossibile parlar liberamente, giacché, col pretesto di far parlare tutti, ognuno deve limitarsi a dichiarazioni brevi, senza incrociare gli sguardi altrui, senza interazione umana.

Tanto che varrebbe la pena di interrogarsi sulla effettiva legittimità di organi collegiali ridotti così. 

Il linguaggio non verbale (ossia il 90% della comunicazione umana) si perde irrimediabilmente per strada.

In conclusione, il digitale può aiutare la Scuola: però non deve, mai e poi mai, sostituirla. Dovrebbe saperlo chi da otto mesi inonda i docenti di leggi, norme, circolari, regolamenti per regolamentare, normare, circoscrivere, irreggimentare la “nuova” didattica digitale.

E’ ora di finirla di creare nei docenti ancor più stress e incertezza per il futuro.

Ed è davvero incredibile che qualcuno sia contento dei “passi avanti” fatti dalla Scuola grazie alla pandemia che rappresenta un’opportunità per innovare e rinnovare la didattica!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Chi ha paura del DPCM?

Digiscuola negata.

 




Fare e disfare è tutto un lavorare…

Ritorno a scuola. Due mesi di Carosello scolastico.

 

E torniamo a parlare di scuola per un primo report a due mesi dall’inizio di un altro rocambolesco anno scolastico.

 

A metà settembre, tutti insieme appassionatamente a scuola.

Eh, vai, è finito l’incubo della DAD, si ritorna in classe.

Ma attenzione!

Dentro la scuola, durante tutto l’orario di servizio, distanziamento sociale, sanificazione degli ambienti e rigidi protocolli anti covid.

Appena fuori, già all’ingresso e all’uscita, “il selvaggio west” dei mezzi di trasporto ed “il carnevale di Rio” della movida di fine estate.

Così, basta una settimana, per constatare un’impennata dei contagi.

E dire:” No, scusate, abbiamo scherzato”.

Praticamente, “Ciak si gira”, l’incubo Covid ritorna.

Ma, attenzione, cosa fa il Miur?

Passa la patata bollente della gestione della rinnovata emergenza sanitaria e sociale ai Presidenti delle Regioni.

Altro show!

Di tutto e di più.

Scuole aperte, scuole chiuse.

A macchia di leopardo, a seconda delle regioni.

E, persino nelle stesse regioni, diverse soluzioni.

Lezioni in presenza a giorni alterni, oppure, a settimane alterne.

Lezioni a distanza per le classi intermedie delle superiori, ma non per i più piccoli o i più grandi.

Comunque, isolamento fiduciario per docenti e discenti di tutte quelle classi con casi di contagio (vero? falso? supposto? Prima, dopo, durante il risultato del tampone?)

Per più di un mese, siamo andati avanti così, con delle conclamate idiosincrasie.

Per esempio, a metà ottobre, in Sicilia, con l’ultima Ordinanza del Presidente Musumeci abbiamo capito una cosa, per certi aspetti molto eloquente, nell’Italia contemporanea: prima il piacere e poi il dovere!

Eh sì! Perché, se ai nostri alunni delle scuole superiori è stato subito negato il diritto allo studio in presenza, agli stessi non è stato negato quello al relax psico-fisico.

Poveri adolescenti!

Avevano così bisogno in questa rinnovata emergenza pandemica di pensare alla cura del corpo, al piacere di andare in palestra o in un centro commerciale, al piacere di frequentare una sala bingo (seppur vietata ai minorenni) o di fare un happy hour con gli amici…

Avevano così bisogno gli alunni, (ma non solo loro) di dimenticare, di distrarsi dalla condizione di costrizione e di limitazione della libertà nella quale si trovavano a vivere.

Così, prima dell’ultimo D.C.P.M., con diverse ordinanze regionali “alla spera in Dio”, si è sancita una scelta culturale: prima chiudiamo la scuola e poi tutto il resto.

Perché, nel “tutto il resto” c’è di mezzo l’economia, con “il dio denaro”.

Mentre nella scuola, c’è di mezzo “la dea cultura”.

E della DEA CULTURA, in presenza poi, si può fare pure a meno…

Invece, che cosa si poteva o si doveva fare, già dalla fine del primo lock down?!?

Semplice.

Quello che non si è voluto fare, per tutti questi mesi.

Cioè, potenziare i mezzi di trasporto utilizzando anche quelli privati.

Potenziare i sistemi di prevenzione.

Controllare e monitorare con presidi medici e sanitari i luoghi di maggiore contagio lavorativo.

Intensificare i controlli in tutti i luoghi pubblici di aggregazione sociale indiscriminata.

Potenziare, potenziare, non proporre delle soluzioni stupide e delle risposte contraddittorie. 

Ed invece è stata fatta la scelta più facile, ma anche la più sbagliata.

Cioè, richiudere le scuole.

Prima le superiori.

E poi le medie, tranne le prime, giusto per salvare la faccia e riempirsi la bocca dicendo “La scuola non si ferma!”.

Ma, per favore!

Una scelta infelice, che più infelice non si può!

Perché la scuola NON è luogo di diffusione del contagio, ma luogo VITTIMA del contagio e della scellerata inerzia di chi avrebbe dovuto fare scelte, strategiche e lungimiranti.

Nel frattempo, però, dulcis in fundo, sono arrivati i banchi con le rotelle.

Perché questa è stata la risposta del Miur al problema del ritorno a scuola in sicurezza.

Ed ironia della sorte, i banchi sono arrivati proprio nei giorni dell’entrata in vigore delle ultime misure restrittive del D.C.P.M. del 6 novembre.

Nelle nostre scuole vuote, dove sono rimasti più insegnanti che alunni, dove i muri sono ancora decrepiti, dove manca la connessione per fare lezioni on line e dove non c’è la carta igienica nei bagni, (ma non manca il dispenser di gel sanificante), nelle nostre scuole, dicevo, ecco che sono arrivati i T.I.R. dei banchi con le rotelle.

E’ proprio così!

Basta fare un giro per le scuole d’Italia di metà novembre che si può vedere, con i propri occhi, che nei corridoi, giacciono ancora confezionati, interi scatoloni di banchi con le rotelle.

Banchi mai usati.

Soldi completamente sprecati.

Vergognosa non risposta istituzionale.

Delirio collettivo dei cervelloni del Miur.

Non si è voluto capire che i problemi vanno affrontati, gestiti e possibilmente risolti con competenza e professionalità.

Ancora una volta non si è capito che, chiudendo la scuola in presenza, non si riduce il contagio, ma si compromette il futuro dei nostri figli.

Perché, che lo si sappia, con le scuole chiuse, magari, avremo pure dei giovani apparentemente non contagiati, in perfetta forma fisica, soddisfatti nei loro hobby o piaceri, ma, questi giovani sono sempre più ignoranti, lasciatemelo dire, ignoranti come delle capre.

Perché, sfido chiunque, voglia assistere a una lezione on line, per vedere cosa significa fare una specie di seduta spiritica a suon di “Ci sei? Mi vedi? Mi senti?”

Cosa significa tentare di lavorare con dei ragazzi abbandonati a se stessi dietro un monitor oscurato.

Cosa significa ridurre i contenuti e regalare i voti a degli alunni a corto di conoscenze, in deficit cognitivo e relazionale, senza più né competenze, né abilità.

Alunni che crescono così, tirando a campare ed aspettando un futuro incerto.

Un futuro incerto, a norma di legge, però !!!

 

 




Chi ha paura del DPCM?

Fino ad un anno or sono del dpcm non fregava niente a nessuno, oggi è lo strumento unico utilizzato per gestire la pandemia.

La sua velocità di emanazione ed il fatto che non ha controlli di nessun tipo lo rende lo strumento ideale per gestire situazioni estreme ed improvvise.

Ma ora non è possibile dire che la situazione è improvvisa, ormai è conosciuta e direi anche consolidata.

Eppure ancora non abbiamo impostato una legge che permetta di dire che se il contagio sale vengono messe in atto le misure xxx se scende si torna a yyy se risale si deve fare questo.

Ancora non c’è una legge che dice se si chiude le famiglie prendono xxx, i lavoratori yyy gli imprenditori zzz.

Ancora non c’è una legge in cui si dice che se il lavoro cala oltre un certo limite si sospendono le imposte xxx, l’iva scende al zzz, le tasse si fermano per mesi xxxx.

In realtà andiamo ancora a braccio, perchè?

Non è che, forse, usare i dpcm è più facile? Non è che forse il dpcm è uno strumento di potere maggiore perché non controllabile, almeno in fase iniziale?

Oggi invece gli Italiani attendono il dpcm come le tavole della legge di Mosè, perdendo ogni meccanismo logico e razionale.

Se lo dice il dpcm … l’ha detto il dpcm … cosa dirà il dpcm … manca solo di leggere le foglie del tè nella tazza.

Alla faccia della democrazia!

Eppure i contagi salgono nonostante i dpcm, le mascherine, la sanificazione, il metro bucchiale, la distruzione di una società!

Ma allora non c’è qualcosa di sbagliato?o vogliamo continuare a dire che sono gli italiani coglioni che fanno la movida e continuano ad abbracciarsi per strada nonostante che poi Conte li guarda con lo sguardo brutto, ma brutto!

Ebbene sono convinto che tutto questo modo di affrontare la pandemia ha qualcosa di profondamente sbagliato, sopratutto adesso che abbiamo visto l’inutilità di certe azioni messe in atto.

Di certo abbiamo distrutto l’economia, messo sul lastrico famiglie ed imprenditori, distrutto un tessuto economico che si reggeva anche sul nero, sui lavori saltuari, sull’economia sommersa, sugli stagionali.

Ma una cosa su cui nessuno ragiona con la dovuta magnitudo è la paura che oggi si è insediata nel più profondo inconscio della nostra società, una paura atavica, che risiedeva nella nostra amigdala e che questo modo estremo di gestire la pandemia ha risvegliato.

Chi ha paura del buio? chi ha paura del dpcm?

Chi ha paura ragiona con fatica, vedremo cosa succederà se non si affronta questo vero problema, la paura del popolo.

 

 

 

Corrado Faletti

 

 

 




Chiusa in casa con tampone negativo

Le brutte storie del Covid

In questi giorni arrivano tante storie legate alle burocrazie da Covid e quasi nessuna è bella.

In questi giorni in Italia ci sono decine di persone che non hanno idea di quando fare il tampone e perché, falsi positivi e falsi negativi, file interminabili e attese di giorni.

In questi giorni arrivano tante storie legate alle burocrazie da Covid e quasi nessuna è bella, inclusa la storia di Ludovica, una insegnate Campana che lavora in Toscana.

La storia di Ludovica

Ludovica è una insegnante di scuola primaria ed è stata convocata ad insegnare in una scuola di Firenze. 

Il suo sogno si realizza: insegna in una scuola primaria secondo il suo corso di studi, è nella città che ama, in una casa che le piace.

È tutto perfetto.

Ludovica ha una fissazione: crede fortemente che le cose debbano esser fatte nel migliore dei modi, nella massima correttezza e trasparenza.

Questo perché lei sa che l’insegnamento viene solo dall’esempio e avendo scelto un lavoro delicatissimo, quello di insegnare e formare i bambini, sente ancora di più la responsabilità del buon esempio.

Inizio dell’Odissea

Ludovica è stata convocata in una scuola di Firenze come supplente, ha fatto prima un periodo breve e poi, prolungandosi l’assenza ella  titolare di cattedra, ha avuto il rinnovo.

Lei è arrivata poco dopo l’inizio dell’anno scolastico, le sue colleghe avevano tutte portato il sierologico, a lei non lo aveva ancora chiesto nessuno ma, come abbiamo detto, lei è una donna che vuol fare tutto bene.

È il 16 ottobre e Ludovica si dirige in un centro privato e fa il sierologico che, però, risulta ambiguo: non si capisce se è positivo o negativo.

Per sicurezza, il direttore sanitario del centro le consiglia di avviare la procedura per effettuare il tampone con l’ASL.

Ludovica fa tutto per bene: chiama il numero dedicato, si mette in contatto con l’operatore, spiega che non è residente in Toscana e avvia la procedura di prenotazione del tampone che viene effettuato il 21 ottobre presso uno dei punti COVID perché non erano disponibili i tamponi domiciliari.

Anche qui Ludovica, per non essere un pericolo per le persone attorno, anziché i mezzi pubblici, prende un taxi.

Anche qui, prima di fare il tampone, Ludovica spiega di non avere la residenza in Toscana.

12 giorni nel limbo 

Non le resta che aspettare.

Aspetta 24, 48, 72 ore…

…Il 27 ottobre il referto di Ludovica non è ancora reperibile: il test è stato fatto e l’esito assegnato ma il certificato non è scaricabile in nessun modo perché la ASL Toscana non riesce ad associare il referto a un residente.

In tutti questi giorni Ludovica sta confinata in casa, sola, in una città che non è la sua, lontana dai suoi affetti e con le paure che crescono di giorno in giorno.

Fortunatamente alcune colleghe le fanno la spesa e cercano di farle coraggio.

In tutti questi giorni Ludovica, che ha come priorità andare a lavorare perché i suoi bambini sono senza insegnate, cerca di capire come uscire da questa situazione che sembra sempre più kafkiana: cerca on line, chiama i numeri di riferimento e, tirando le somme scrive a 8 indirizzi email differenti che avrebbero dovuto risolverle il problema, mandando più di 15 email tra pec e email ordinarie, passa le giornate al telefono con ben 6 numeri specifici diversi alcuni dei quali staccati, altri eternamente senza risposta, altri ancora con risposte evasive o infastidite.

12 giorni senza risposte, attaccata a un telefono che quando finalmente restituisce una voce, si tratta solo di delusioni.

12 giorni cercando di trovare una soluzione su internet che restituisce email mute.

Ma non è tutto perché, come abbiamo detto, Ludovica è una donna che fa le cose per bene e va sempre a fondo in ogni azione.

Ludovica ha attivato la procedura per l’assegnazione del medico di base in Toscana, ha sentito due diversi medici di base e la guardia medica, in tutti casi nessuno ha saputo dirle cosa fare.

Il referto: negativo!

Intanto, Ludovica scopre, grazie a una persona che ha trovato la cartella, che il tampone è negativo, purtroppo però, si sa, per tornare a scuola serve il foglio di carta e non una telefonata.

Come fare ad avere il foglio di carta?
Tutti continuavano ad indirizzarla al sito dei referti legato alla regione o al fascicolo sanitario elettronico senza prestare attenzione al fatto che, non essendo iscritta all’anagrafe sanitaria di Firenze, non poteva usufruire del servizio.

Ludovica parla ma non viene ascoltata.

Mai.

La morte di Covid

Uccide piano il Covid uccide in tanti modi.

Uccide attaccando il corpo di chi viene colpito e minando la psiche di chi si imbatte nelle trappole burocratiche legate ad esso.

La nostra insegnate, fortunatamente negativa, si è trovata per 12 giorni del tutto abbandonata, senza poter lavorare (quindi con un danno economico dovuto al fatto che i contratti di supplenza calcolano la malattia al 50%), senza avere risposte, senza avere indicazioni chiare, senza la possibilità del sostegno dei cari.

Piena di numeri di telefono, email e risposte del tutto inutili o inutilizzabili.

Muri di gomma e urla nel deserto.

Ludovica è giovane, ha 26 anni, è in salute ma, ciononostante, ha subito un trauma umano e psicologico molto forte.

Chissà cosa vivono i nostri cari abbandonati a loro stessi, senza risposte o cosa potremmo vivere noi senza orientamenti chiari.

L’Aiuto

Questa è una brutta storia successa in Toscana ma potrebbe capitare ovunque.

Non è una storia di lamentela sterile, di lagnanza fine a sé stessa, è un campanello di allarme, una sirena di guardia per non dimenticare gli aspetti che possono sfuggire.

Come ha scritto Ludovica in una email alla ASL: 

“Vi racconto la mia storia perché penso ci siano tante altre persone prigioniere di questo limbo kafkiano e sono sicura che voi, nel vostro intento di voler dare sempre meglio, vogliate essere informati di quello che succede nella vostra regione, nonostante ogni cittadino abbia il diritto di tutela alla salute non solo fisica, ma anche psicologica”.

Grazie Ludovica per averci raccontato la tua storia, grazie per voler essere un esempio di buona scuola, i tuoi allievi sono fortunati.

Se volete raccontarci le vostre storie, scrivete a info@betapress.it per non  far passare queste storie in silenzio e permettere a tutti di imparare dagli errori.

 

Addendum:
il 28 ottobre mattina, Ludovica ha ricevuto risposta dall’ASL e potrà finalmente avere il suo certificato e tornare dai suoi ragazzi.




PON – intervista ad un ex ispettore dei fondi europei del MIUR

PON fondi europei miur Sorgente: pazzesca intervista ad un ex ispettore dei fondi europei

Intervista esclusiva ad un ispettore dei fondi europei del MIUR

La storia Nel 2012 avviene un fatto strano che nessuno ha mai riportato: tutto un ufficio di ispettori dei fondi europei del MIUR viene cancellato dopo una serie di ispezioni che danno risultati molto negativi. L’ufficio era composto da 4 persone più 5 consulenti, a marzo 2012 l’ufficio viene completamente smantellato ed il personale viene o allontanato, o mandato in pensione forzata o trasferito d’ufficio, i consulenti vengono immediatamente sostituiti da altri tramite un bando quantomeno sospetto.

 

Domanda: lei era un componente dell’ufficio di audit durante quegli anni?

Risposta: si ero una delle persone che operavano nell’unità di audit, avevamo la funzione di controllo ispettivo sulla regolarità dei fondi europei assegnati alle scuole.

Domanda: lei ci ha pregato di non dire il suo nome, come mai?

Risposta: dopo quello che è successo e gli attacchi che sono stati fatti pur di mettere a tacere tutto quanto l’ultima cosa che voglio è che si sappia il mio nome.

Domanda: è vero che nel 2010 la commissione europea ha fatto un’ispezione sanzionando il Miur per la scarsa qualità dei controlli dell’autorità di audit?

Risposta: verissimo, era l’aprile 2010. La commissione europea venne a fare un’ispezione sull’autorità di audit e diede un ultimatum: o si mettevano a posto i sistemi di controllo o i fondi sarebbero stati sospesi. Domanda: perché non erano a posto i controlli?

Risposta: in realtà non venivano nemmeno fatti. Si cercava solo di dire che andava tutto bene per non interrompere l’erogazione dei fondi.

Domanda: e questa cosa non era giusta? Se si fossero interrotti i fondi non sarebbe stato un enorme danno?

Risposta: certo che sarebbe stato un danno, ma se non vengono fatti i controlli non possiamo essere sicuri che i fondi non vengano male utilizzati o peggio ancora vadano a finire alla malavita, ricordiamoci che i fondi europei vanno alle regioni Sicilia, Campania, Puglia e Calabria.

Domanda: non è un poco prevenuta la sua risposta?

Risposta: no, è che i fondi vanno solo a quelle regioni…

Domanda: quindi dopo la venuta della commissione?

Risposta: si certo, ci diedero un ultimatum, ovvero entro settembre avremmo dovuto rifare il sistema dei controlli per poter poi attuare una politica di audit corretta.

Domanda: tutto qui?

Risposta: ahahah e lei dice poco??!! Al Miur non c’era nessuno in grado di pensare e realizzare un sistema di controlli in così poco tempo.

Domanda: allora cosa successe?

Risposta: venne dato l’incarico ad un dirigente a tempo determinato che si occupava di altro e che era arrivato dall’esterno, non era di ruolo.

Domanda: che cosa c’entra questo?

Risposta: c’entra moltissimo: al Miur tutti i dirigenti sapevano che questo incarico sarebbe stato difficile e pericoloso, e quelli in carriera se ne guardavano bene da prendersi questa gatta da pelare

Domanda: e perché invece questo dirigente accettò?

Risposta: non l’ho mai capito, in realtà lui venendo dall’esterno aveva esperienza su questa materia, ma di certo non aveva capito che prendere quest’incarico sarebbe stato un altissimo rischio.

Domanda: quindi cosa successe?

Risposta: il dirigente prese l’incarico ed iniziò a disegnare un nuovo sistema, lo fece anche molto bene tanto che a settembre la commissione europea fece i complimenti per la realizzazione del nuovo modello di audit.

Domanda: e allora quale fu il problema?

Risposta: fu che il sistema funzionava davvero bene! Appena lo applicammo iniziarono ad uscire una serie infinità di irregolarità, dalle meno gravi alle più gravi fino alle gravissime, cosa che iniziò ad agitare le alte sfere.

Domanda: perché le alte sfere si agitarono?

Risposta: semplice se lei per dieci anni dice che va tutto bene, viene la commissione e dice che non stavamo facendo i controlli, noi iniziamo a farli a regola ed escono un sacco di irregolarità, lei che ha detto che andava tutto bene in che posizione si trova?

Domanda: mi può dire che irregolarità trovaste?

Risposta: preferirei evitare, comunque da stipendi falsi a firme false a gare inesistenti a laboratori fantasma…

Domanda: ma voi segnalaste tutte queste cose?

Risposta: i dirigente fece tutti i verbali e li mandò alla corte dei conti, alla procura della repubblica, nonché ovviamente alle alte sfere, alla commissione europea…

Domanda: cosa successe?

Risposta: il finimondo! La commissione europea voleva bloccare i fondi, intervennero tutti per far tacere la cosa ma noi andammo avanti, ci arrivò anche una lettera che ci diceva che avevamo fatto troppi controlli!!

Domanda. Da chi vi arrivò?

Risposta: in pratica ci arrivò da coloro che dovevamo controllare, che però gerarchicamente erano tre livelli sopra di noi.

Domanda: quindi il controllato ordinò ai controllori di smetterla di controllare?

Risposta: in pratica successe questo e molto altro ancora.

Domanda: molto altro?

Risposta: arrivarono lettere anonime, fu imbrattata la moto del dirigente…

Domanda: voi sporgeste denuncia?

Risposta: si al comando dei carabinieri del ministero che era in stretto contatto con le alte sfere.

Domanda: e cosa successe?

Risposta: successe che il dirigente (Corrado Faletti n.d.r.) fu indagato per simulazione di reato per la moto che gli avevano rotto, per le lettere anonime il comandante del nucleo carabinieri disse che le aveva spedite il dirigente che era una specie di mitomane (secondo lui) e fecero partire una serie di indagini sul dirigente che sono andate indietro di vent’anni.

Domanda: e a voi dell’ufficio?

Risposta: noi avevamo tutti i giorni i carabinieri che scorrazzavano in ufficio con aria inquisitoria e minacciosa, capisce che il clima non era il migliore, anzi…

Domanda: cosa successe?

Risposta: guardi io posso solo dirle i fatti: non uscimmo più per un periodo a fare ispezioni, cercavamo di continuare la nostra azione ma non ci venivano pagate le trasferte, ogni nostra uscita veniva ostacolata in qualche modo, al dirigente vennero fatti veri e propri atti di persecuzione con una regia perfetta. So anche che intervenne l’allora ministro per dirgli di lasciar perdere.

Domanda: la commissione europea?

Risposta: stava per sospendere le erogazioni dei fondi, la situazione era veramente critica, a questo punto il dirigente venne obbligato a cambiare il rapporto (gli stava scadendo il contratto), ma lui non lo fece, noi rimanemmo al suo fianco fino all’ultimo, quasi una guerra, ogni giorno una battaglia ma avevamo tutti contro e non c’erano appoggi politici.

Domanda: la conclusione?

Risposta: le cito ancora i fatti: al dirigente fu scaricato addosso un mare di fango, guardi nemmeno fosse stato un capo mafioso, fu rimpiazzato da un altro dirigente, noi tutti continuammo nell’opera iniziata ma nel giro di tre mesi fummo spostati, furono cancellati i nostri contratti, qualcuno fu mandato in pensione nonostante avesse chiesto di rimanere, altri furono trasferiti d’ufficio. Nel giro di quattro mesi dell’ufficio originario non c’era più nessuno.

Domanda: e il nuovo dirigente?

Risposta: mah, visto quello che era successo secondo lei cosa fece? Inoltre il nuovo dirigente era di carriera, quindi con ben altri interessi.

Domanda: lei cosa ha fatto poi?

Risposta: nulla ognuno di noi deve lavorare e portare a casa lo stipendio. Le forze in gioco erano più grandi di noi, abbiamo perso, ma le posso dire che ci abbiamo provato.

 

europateschio




Ripartenza, sforzo inutile?

 

Si ritorna a scuola, tra incertezze e perplessità.

I colleghi precari sperimentano errori ed orrori delle graduatorie provinciali.

I colleghi di ruolo si ritrovano a ballare tra tracciabilità e positività (ai test sierologici).

I Dirigenti sono braccati tra linee guida del C.T.S. e pressioni dell’utenza.

Il personale A.T.A deve districarsi tra cattedre scoperte, aventi diritto, perdenti posto, messe a disposizione, categorie a rischio e lavoratori fragili.

Le famiglie navigano a vista tra lo spettro della Dad, (diventata ora Didattica Digitale Integrata, come se bastasse cambiare un nome per risolvere un problema) ed i protocolli anticovid…

La dura prova alla quale è stato sottoposto il nostro sistema scolastico ha fatto emergere criticità e punti di debolezza.

Aspetti critici sistemici e vulnerabilità contingenti che hanno indotto in tutti i protagonisti una condizione di sconforto, forse mai registrata nella scuola del dopo guerra.

Amarezza ed avvilimento sono aumentati ancor di più nel periodo delle vacanze, periodo segnato da incertezze, indicazioni poco chiare, opinioni fuorvianti, messaggi contraddittori, anche al limite della perdita di ogni elemento di ragionevolezza.

Ma, nonostante tutto questo, anche se spesso e volentieri, non se ne parla, la scuola ha continuato a svolgere il suo ruolo.

La scuola non si è fermata.

I DS, i collaboratori dei DS ed i DSGA hanno continuato a programmare, progettare, eseguire tempestivi monitoraggi di diversa provenienza per mettere un “popolo” nella condizione di poter riprendere a costruire – con i limiti indotti dall’evoluzione pandemica, ma in sicurezza – i progetti educativi delle autonome Istituzioni scolastiche.

Purtroppo, temi di distrazione di massa e di efficace qualità populista hanno provato a far perdere la bussola ad una squadra di professionisti che, nonostante tutto, ed a diverso titolo, sono stati e sono protagonisti nella ripartenza di questi giorni.

Come redazione di betapress, ne abbiamo parlato con il prof. Rosolino Cicero, Presidente dell’Ancodis (Ass. Naz. Coll. Dir. Scol.)

Betapress– Prof. Cicero, quest’anno, di certo, i Dirigenti scolastici ed i Vicari, non si sono goduti le ferie…

Cicero– Proprio così.

Siamo stati in questa calda e complicata estate impegnati quotidianamente nelle nostre scuole a progettare, ad immaginare, a verificare come poter dare risposta, senza allarmismi ed in sicurezza, alle legittime richieste delle famiglie, consapevoli che “l’anno che verrà” non potrà essere come i precedenti, ci riserverà tante “sorprese” e metterà in discussione prassi organizzative e modelli didattici consolidati.

Betapress– Da addetti ai lavori del mondo scuola, cosa state facendo come Ancodis?

Cicero– Alla facile inerzia di alcuni o alla tentazione di altri di scaricare le responsabilità abbiamo preferito la strada più difficile, quella di osare e di rischiare, pur con tutte le incognite che la dura e complessa realtà ci porrà innanzi.

Abbiamo preferito giocare da protagonisti la partita contro il Covid 19, consapevoli che il risultato finale dipenderà da una squadra coesa e determinata, costituita dalla comunità scolastica, dai genitori, dagli EE.LL.(Enti Locali), dal volontariato.

Betapress– Qual è il vostro obiettivo?

Cicero- Continuiamo a perseguire, con determinazione e nonostante le tante criticità, un solo obiettivo: fare ripartire i nostri alunni in ambiente scolastico, far comprendere loro che ciò che è nelle nostre possibilità dovrà essere fatto, senza se e senza ma, schierarli in “campo da gioco” nel quale, nel rispetto delle regole, seppur molto stringenti e magari non comprese, ciascuno possa sentirsi protagonista e tutti insieme fare, nel primo giorno di scuola, un incoraggiante segno di vittoria.

Betapress– Prof. Cicero, vuol dire qualcosa in particolare ai suoi colleghi vicepresidi?

Cicero– Sì, vorrei rivolgere un pensiero particolare, ai tanti colleghi Collaboratori che si trovano a lavorare in scuole in reggenza: conosciamo bene l’enorme lavoro che li aspetta e le tante criticità ed emergenze cui dovranno far fronte.

A loro ed alle loro comunità va un sincero incoraggiamento.

Betapress– E a tutti gli altri operatori scolastici…

Cicero– A tutto il personale della scuola, ma anche alle famiglie, agli alunni, ai volontari, voglio dire che la scuola deve ripartire e ciascuno deve poter dire di aver contribuito a vincere la grande sfida.
Buon anno scolastico a tutti.

E noi come redazione di betapress, vogliamo appoggiare questo messaggio propositivo di Ancodis.

Messaggio, controcorrente, certo, ma molto più efficace ed efficiente di tanta propaganda elettorale, in cui la scuola è impiegata come specchietto per le allodole, per guadagnare voti da chi non sa neanche di cosa sta parlando.

Grazie, Prof. Rosolino Cicero, per fortuna che qualcuno ci crede nella scuola e, nei fatti, si impegna a migliorarla.

[N.d.D.]

Nel fare i complimenti al prof. Cicero, riteniamo giusto osservare che tutte le scuole hanno lavorato in questi ultimi tre / quattro mesi per  la ripartenza.

Il vero problema è che hanno ricevuto indicazioni sempre più confuse e contrastanti, segno di mancanza di conoscenza  a monte, costringendo i dirigenti a fare e disfare, senza una linea coerente o quanto meno sicura.

Ancora di più si stanno buttando al vento milioni di euro che forse si potevano usare in modo più proficuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema…




Fioramonti contro Azzolina

Fioramonti non si ferma.

Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione, ex pentastellato, che lasciò il dicastero di viale Trastevere dopo non aver ottenuto dal secondo governo Conte gli investimenti chiesti per l’istruzione.

Ora, docente di economia politica, che mantiene due cattedre all’estero ed è deputato del gruppo Misto.

Bene, Fioramonti non si ferma.

E’ di poche ore fa la notizia (ANSA, ROMA 27 AGO) della sua presa di posizione contro il governo per le gravi mancanze nei confronti della scuola.

 “Nessuno degli studenti con disabilità deve rimanere indietro. Per questo, insieme ai deputati e senatori sia di maggioranza che di opposizione abbiamo presentato un appello alla Presidenza del Consiglio affinché nel primo strumento normativo utile, si possa intervenire per sanare la carenza di posti sul sostegno che la Scuola si troverà ad affrontare a settembre”.

Questo è quanto afferma Lorenzo Fioramonti del gruppo Misto alla Camera, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con il M5S fino a dicembre del 2019.

“Non è possibile immaginare – continua Fioramonti – che quasi 80.000 posti sul sostegno rimarranno in deroga anche a settembre.

Ad oggi, 14.224 sono gli specializzati che hanno superato le prove altamente selettive.

E’ necessario che vengano immessi in ruolo subito, e che vengano previste ulteriore specifiche per l’immissione in ruolo della restante parte.

Inoltre, è necessario che venga sanata l’assenza di previsione all’interno del bando per il concorso straordinario che miri a riassegnare i posti rimasti scoperti per il mancato possesso del requisito dei tre anni di docenza sul sostegno”.

E’ un impegno prima di tutto morale quello che viene richiesto alla Presidenza del Consiglio – continua infine l’ex Ministro -, affinché si possa intervenire presto nei confronti di quelle fasce più deboli della nostra comunità scolastica che hanno già dovuto patire tanto durante l’emergenza COVID-19, e che se ora non si interverrà adeguatamente, rischieranno di rimanere ancora più isolate

Dicevamo, non si ferma, perché già martedì 25 agosto, alle 21.30 su La7 è stato ospite a “In Onda” per parlare del rientro a Scuola a settembre.

Come redazione, riprendiamo quanto direttamente condiviso dallo stesso Fioramonti sulla sua pagina Facebook.

A commento della serata, Fioramonti ha postato:

” Abbiamo accumulato ritardi enormi, che ora stanno riaccendendo contrasti con le Regioni.

Non voglio entrare in queste dinamiche politiche, che forse una programmazione più puntuale ed efficace avrebbe potuto disinnescare.

Il Governo non ha voluto svolgere in tempi rapidi il concorso per i precari storici della Scuola, commettendo a mio avviso un errore, perché necessitiamo di più insegnanti di ruolo in tempi normali, figuriamoci oggi in questa situazione di grande incertezza.

E perché dobbiamo avere gruppi classe più piccoli, per ridurre i rischi di contagio e ritrovarci – dopo la pandemia – con una Scuola più funzionale alla didattica innovativa e laboratoriale di cui abbiamo disperato bisogno. Ma senza un numero sufficiente di organici di ruolo (in alcune scuole la metà del corpo docente è precario e cambia continuamente), le classi piccole hai difficoltà a farle.

Lo stesso dicasi per dirigenti, amministratori ed ATA.

E invece puntiamo a nuove assunzioni precarie, con il cosiddetto “personale Covid”, senza diritti e senza continuità, tutto sempre legato all’emergenza.

Ora siamo a fine agosto ed il tempo è scaduto. Ma qualcosa forse possiamo ancora farla:
1) assumere i docenti specializzati sul sostegno a fronte di 80 mila cattedre in deroga, per tutelare i bambini e le bambine più vulnerabili, completamente dimenticati dalla didattica a distanza (su questo abbiamo emendamento 29.0.34 al DL Semplificazione al Senato, prima firma Cario);
2) rivedere la responsabilità penale presidi, che rischiano molto per colpe che non hanno, anche per evitare tensioni e chiusure in autotutela da parte delle amministrazioni (su questo c’è un emendamento a prima firma Fattori, sempre al Senato);
3) modificare la norma sul dimensionamento scolastico, che ancora oggi è in totale contraddizione con le regole del distanziamento e che invece deve portarci ad avere scuole e classi più piccole anche dopo l’emergenza;
4) dare precedenza ai più piccoli, che non possono fare la didattica a distanza, neanche come misura residuale, prevedendo più spazi per la scuola dell’infanzia e la primaria anche negli istituti superiori, se necessario.”

Come dargli torto?!?

Per di più, persino Mario Draghi al meeting di Rimini, ha dato ragione a Fioramonti.

In tal senso riprendiamo l’intervista rilasciata dallo stesso Fioramonti a Maria Elena Ribezzo, apparsa su La Presse il 18 agosto con il titolo

Fioramonti: Bene Draghi su scuola e ricerca, avevo avvisato il Governo sulla loro importanza strategica
“Le idee giuste, anche in ritardo, in genere si affermano”.

La collega Ribezzo aveva commentato così quanto avvenuto a Rimini.

“Le parole di Mario Draghi al meeting di Rimini, sul rischio per il futuro dei giovani e sull’importanza di dare loro di più suonano come una ‘rivincita’ per Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione” e, la Ribezzo aveva ragione.

Riprendiamo dunque l’intervista.
DOMANDA Ha apprezzato il discorso dell’ex governatore?
RISPOSTA Draghi ha detto tutte le cose che dovevano essere dette, mi dispiace che ci arriviamo sempre col senno di poi.

Mi lasci dire che la politica dovrebbe valorizzare chi l’aveva detto prima, chi cercava di avvisare.

Dopo, sono tutti bravi a sapere cosa va fatto.

Anche Draghi dice una cosa palese: se vuoi rilanciare l’economia, devi lavorare sulle condizioni per il rilancio, sull’innovazione, sulla formazione e sulla ricerca.

Chi non valorizza l’innovazione non capisce l’economia.
D. Ha anche messo in guardia sull’inefficacia dei sussidi, a lungo andare.

E’ d’accordo?
R. Ha parlato di sussidi non produttivi, ma esistono anche sussidi produttivi.

Il reddito garantito, per esempio, lo è.

Nei paesi del nord Europa quando una persona vuole fare imprenditoria, lo Stato la aiuta.

Sono favorevole a un reddito di cittadinanza fatto in maniera intelligente. Serve un’economia in cui i giovani si possano sentire sicuri, sapendo che la rete è sotto la fune.
D. Da docente soffre anche lei del gap di conoscenza tra gli studenti italiani e la media degli studenti nord europei?
R. Certo.

Abbiamo una grandissima tradizione, ma sono troppi anni che non investiamo in formazione docenti, in strutture, laboratori.

E tutto questo incide sull’apprendimento.

Poi abbiamo la classe docente più vecchia d’Europa.

Le riforme della scuola non le devono fare i contabili, sempre con l’obiettivo di risparmiare.

Si devono fare con un’idea di pedagogia, di investimento, di modello di formazione.
D. In questo momento però sono stati investiti 3,6 miliardi solo per la ripartenza a settembre.

  1. Se si fanno bene i conti, a essere stati investiti sono meno di 3 miliardi, molti dei quali non sono garantiti per personale e organico, ma sono destinati a spese infrastrutturali, come per i banchi.

Giusto avere infrastrutture nuove, ma il problema principale è abbassare il numero di studenti per aula e investire nell’organico.
D. Cosa dovrebbe fare il governo a questo punto?
R. Il presidente del Consiglio dovrebbe dire solo una cosa: sulla scuola bisogna investire tutto e di più.

Dovrebbe dire che sulla scuola investiremo ‘whatever it takes’, per riprendere le parole di Draghi in un altro momento.

Facciamo debito buono, che fa bene alla crescita e all’economia. Abbassiamo il numero di studenti per classe a 15 e non per l’emergenza Covid.

Investiamo per l’innovazione, la formazione, uno stipendio più alto per gli insegnanti.

Abbiamo la possibilità di fare la rivoluzione e noi cosa facciamo?

Usciamo con una scuola, se ci va bene, quasi come quella di prima.

Non capiterà mai più che l’Europa ci consenta di fare così tanto debito.

A questo punto, dopo aver investito, ti devi ritrovare con una Ferrari, non con un’utilitaria mezzo danneggiata.
D. A settembre la scuola riparte?
R. Riparte, poi si ferma, magari a singhiozzo.

È tutta una questione di dibattito giornalistico, no?

Allora la ministra si farà fare le foto davanti agli istituti che vanno meglio, ignorerà quelli che vanno un po’ peggio.

Riaprirà da qualche parte, da qualche altra no, ma dirà di aver comunque riaperto.

Una cosa è certa: la scuola ripartirà in condizione di fragilità.

Se non faremo tutti gli investimenti giusti, che solo adesso possiamo fare, sarà una grande occasione sprecata. L’unica di questa generazione”.

Come redazione, non possiamo che condividere ogni parola di Fioramonti, e congratularci che ci sia almeno qualche politico che ha il coraggio di dire le cose come stanno.

Finalmente, un politico che non fa mera propaganda.

Un addetto ai lavori che conosce la scuola ed ha il coraggio di dare voce al malessere generalizzato del mondo scolastico.

Finalmente un politico che obbliga l’opinione pubblica a riconoscere che la scuola è l’ombelico della società e dovrebbe essere la spina dorsale della nostra democrazia.

Ma davvero siamo ancora in un regime democratico, se certe prese di posizione non sono divulgate dagli organi di stampa?!?

Ai posteri, l’ardua sentenza.

Noi diciamo l’amara sentenza.

Tanto sappiamo, come addetti ai lavori, che le parole di Fioramonti sono profetiche.

Appuntamento al 14 settembre…