DAD E LE MAMME: LA MORTE SUA…LORO!

Per favore, riaprite le scuole!

Una mamma su tre pensa di lasciare il lavoro se continua la didattica a distanza.

Lo svela una ricerca della Bicocca di Milano.

La pedagogista Giulia Pastori, professoressa dell’Università Bicocca di Milano, a capo del team che ha realizzato un’indagine sulla didattica a distanza, ha dichiarato:

“Durante il lockdown le lavoratrici hanno dedicato 4 ore al giorno ad aiutare i figli con i compiti: è un segnale allarmante. Nel resto d’Europa non è così”.

Ma, facciamo un passo indietro, giusto per capire.

La Ministra Azzolina, in un’intervista al Corriere della Sera del 17 aprile 2020, aveva ribadito sostanzialmente tre concetti

1) la didattica a distanza ha funzionato alla grande, la scuola ha chiuso, ma non si è mai fermata.

2) i genitori possono tornare tranquilli al lavoro, perché sono garantiti dai congedi parentali e dal bonus baby-sitter.

3) a settembre si potrebbe anche ripartire con la didattica a distanza perché (vedi il punto 1) ha funzionato alla grande.

Cara Ministra, o mi sono distratta io, o si è distratta lei.

Nel primo caso, non è così tanto grave.

Però, se si è distratta lei, adesso il report delle mamme la pensa come me.

Cioè, non solo la DAD non ha funzionato, ma è stata un incubo per le madri, soprattutto per le madri lavoratrici.

Accogliamo per buone le sue parole e l’affermazione che la didattica a distanza abbia raggiunto il 94% degli studenti.

Diamo per scontato che le piattaforme siano state tutte splendidamente accessibili e che le famiglie abbiano avuto a disposizione più strumenti tecnologici per il magico accesso.

Facciamo anche finta di credere che il rapporto insegnanti-docenti sia stato splendidamente superato dal medium tecnologico.

Non possiamo però fingere di non sapere che per i bambini della primaria e perlomeno per i ragazzi della prima secondaria inferiore, l’accesso alla fantastica didattica a distanza sia stato garantito dalla presenza dei genitori.

E diciamo “genitori”, utilizzando il politicamente corretto, ma perlomeno per il 94% dei casi (esatto la stessa percentuale di cui sopra) ci stiamo riferendo alle madri, alle donne.

Ma, per carità, la sottolineatura non va neppure pronunciata, perché, nella vita reale, è talmente scontato, che ripeterlo sembrerebbe inutile.

Tutto quello che si riesce a dire è che per ovviare alla difficoltà si è messo in atto un sussidio, quando il problema non è stato solamente economico, ma del diritto all’emancipazione femminile, frase che sembra appartenere agli anni ’70.

Infatti, nel giro di una notte, quella del 9 marzo, quando è stato annunciato il lockdown, la figura della donna è stata ricollocata, senza farne menzione ovviamente, nella dolce casella: “angelo del focolare”.

E così, ogni donna lavoratrice, per quattro mesi, ha cucinato, pulito, lavato, ma anche fatto da coadiuvante alle insegnanti, seguito i figli nei compiti, dialogato con la rappresentante dei genitori (donna anche lei), cercato, affannosamente di capire come, quando e perché tutto era così, maledettamente, assurdo.

E la Ministra Azzolina, donna anche lei, ha pensato di cavarsela con il bonus parentale! 

Dunque, come dicevo, adesso abbiamo dei dati che confermano i sospetti, miei, e dell’universo femminile italiano.

Non c’è stato bonus parentale che compensasse il disastro della DAD ed il suo impatto sulle donne, madri e lavoratrici.

I quesiti sono arrivati a 7mila nuclei familiari formati con figli minorenni: solo un genitore avrebbe dovuto rispondere, ma a farlo per il 94% sono state le donne “e già questo la dice lunga sul fatto che la cura dei figli in Italia sia ancora completamente femminile”.

E’ emerso che sono state le mamme, praticamente soltanto loro ad occuparsi dei figli, ma, soprattutto che la ricaduta sociale della didattica a distanza è stata molto pesante sulle donne, madri e lavoratrici.

Addirittura, dal sondaggio della Bicocca, è risultato che “Il 65% delle madri ritiene che la didattica a distanza non sia compatibile con il lavoro”.

Inoltre, alla domanda diretta se abbiano valutato di lasciare l’occupazione nel caso che i bambini non ritornino in aula al completo a settembre “oltre il 30%ha risposto chiaramente di sì”. 

Secondo Pastori, pur comprendendo la difficoltà dei provvedimenti presi in emergenza Covid, “si è ragionato troppo poco sull’importanza dell’apertura delle scuole dal punto di vista della tenuta sociale e del lavoro femminile” e si rischia di fare lo stesso errore in vista del nuovo anno scolastico e nel caso di una seconda ondata. 

Durante il lockdown, infatti, le mamme hanno dedicato in media “4 ore al giorno ad aiutare i figli: praticamente un secondo lavoro part-time che si è aggiunto a quello vero e alla cura della casa”.

A rispondere alla ricerca sono state donne, il 98% di nazionalità italiana, con almeno un diploma superiore (41%), oppure una laurea (38%), o anche un master post laurea (13%).

Da considerare che le intervistate si trovano mediamente in condizioni di relativo benessere ed abitano soprattutto al Nord.

Il 67% di loro ha continuato a lavorare dall’8 marzo in modalità smart-working, il 62% lo ha fatto avendo un lavoro dipendente (il 18% erano partite Iva e il 4% circa ha anche affrontato la cassa integrazione).

Si tratta di madri mediamente di 42 anni che hanno 1.4 figli, in linea con il dato nazionale: per la maggioranza bambini da scuola elementare: 2855 su 7mila.

Quello che irrita, leggendo questi dati, è la facilità, la noncuranza, la superficialità, con cui si è agito.

Cioè, è evidente, che, con la DAD è stato dato per scontato che la donna, quasi per ordine divino, dovesse rinunciare alla sua indipendenza, abdicando, nel contempo, ad ogni idea di emancipazione, non solo economica, ma soprattutto civile.

E’ ovvio dunque che, sempre nel sondaggio le mamme abbiano definito la DAD, brutta, inefficace, difficile, demotivante, spiacevole, impossibile.

Del resto, cosa ci si poteva aspettare da chi ha fatto, acrobazie quotidiane nella gestione della famiglia con lo smart-working, annullando i confini tra la vita privata e quella lavorativa e non concedendosi mai riposo né recupero?!?

La difficoltà di tutte è stata tenere insieme i pezzi dell’angelo del focolare!

E adesso, avvertono: la chiusura della scuola non può essere l’unica soluzione anche in caso di seconda ondata o ne va della tenuta delle famiglie e del Paese”.

La situazione italiana – commenta inoltre Pastori – “non ha paragoni col resto d’Europa: solo in Italia la chiusura è stata completa, per tutti gli istituti e fino a fine anno scolastico. Questo dovrebbe farci riflettere”.

Per il nuovo anno la prima preoccupazione delle mamme sono le strutture e le infrastrutture: non tutte sono convinte che nei plessi dei figli ci siano gli spazi adeguati o si riesca a ricavarli, per mantenere il distanziamento sociale.

Subito dopo c’è il protocollo di igiene e la propensione dei figli a seguirlo.

Infine “la preparazione tecnologica delle scuole e la formazione degli insegnanti”.

Anche in questo non siamo messi bene al confronto con il resto d’Europa: “Le strutture sono ridotte all’osso, e questo porta con sé una concezione didattica e pedagogica vecchia.

Il grande assente nel periodo del lockdown secondo la ricercatrice – che ha lavorato con una squadra di psicologi del lavoro e dell’educazione – è stato il malessere dei bambini, ma soprattutto dei ragazzi: si pensa che soprattutto quelli del liceo abbiano affrontato meglio la situazione, ma in realtà proprio loro soffrono l’assenza di vita sociale, perché sono in una fase della vita in cui hanno voglia di immergersi nel mondo”.

“Durante il confinamento sono aumentati nei ragazzi la scarsa concentrazione e la noia, i sentimenti malinconici, di solitudine e di rabbia”.

Ancora una volta a farne le spese sono state le madri, improvvisate psicologhe oltre che insegnanti, e in difficoltà a gestire i figli a casa per tante ore al giorno: “La frustrazione è dilagata anche in loro, mentre parallelamente nei figli aumentavano la dipendenza e il bisogno d’aiuto”.

Mi si dirà che non si potevano fare miracoli, che è stata solo una misura temporanea.

Va bene, ma visto che il tema è stato stato derubricato a mero incidente di percorso, anzi ad una vecchia pretesa del Novecento, adesso, BASTA, non c’è più il silenzio sottomesso ed accudente dell’angelo del focolare.

Le mamme adesso gridano. “Ministra Azzolina, visto che è donna anche lei, non pensi di cavarsela con il bonus parentale!

Ormai siamo a settembre.

Che non le venga in mente di ripartire con la favolosa didattica a distanza”

“Rinforzate la scuola. La chiusura sia ‘l’extrema ratio”.

Non cerchiamo di risolvere tutto gettando il peso sulle spalle delle famiglie e soprattutto delle donne” questo è dunque l’appello finale che emerge dall’indagine.

E speriamo tanto che venga ascoltato…
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti:

gi.it/cronaca/news/2020-08-11/mamme-lasciano-lavoro-se-continua-didattica-distanza-9391897/

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

Ritorno a Scuola!!! Ovvero ritorno ai problemi di sempre…

 

 




Il Ministro Azzolina, verso l’infinito e oltre

Ci stupisce sempre ogni volta pensiamo che abbia toccato il punto massimo e ogni volta supera sé stessa.

Il Ministro Azzolina verso l’infinito e oltre.

Premessa.

La redazione i Betapress è vicina a tutti gli insegnati e ai cittadini che quotidianamente devono confrontarsi con i soprusi e le leggerezze del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina.

Il concorso a dirigente scolastico del 2017

Il tema del concorso a dirigente scolastico del 2017 è uno degli argomenti che, negli ultimi mesi, porta alla nostra redazione più sollecitazioni.
Non c’è giorno che in redazione non ci arrivi una segnalazione di una persona che ha fatto il concorso e vuole raccontare la sua storia o che non ci mandino degli aggiornamenti sui ricorsi in atto.

Del concorso abbiamo parlato già diverse volte (e ancora abbiamo da dire) e in calce all’articolo riportiamo una bibliografia minima interna ed esterna.

Per dovere di narrazione, però, riportiamo una velocissima cronistoria.

Cronistoria

Nel 2017 la professoressa Lucia Azzolina si iscrive al concorso per dirigente scolastico (lecito)

Nel 2018 si svolge il concorso nelle sue varie e travagliate vicissitudini (rocambolesco)

Il 1 Agosto 2019 vengono pubblicate le graduatorie del concorso e la professoressa Azzolina si classifica 2542 esima su 2416 posti richiesti da bando per risultare vincitrice e 2900 per figurare tra gli idonei (qui cominciano le magie ma lo vedremo più avanti)

l 13 settembre 2019 Lucia Azzolina viene nominata Sottosegretario di Stato al MIUR durante il governo Conte II (congiunzioni astrali )

Il 28 dicembre 2019, durante la conferenza di fine anno, il premier Giuseppe Conte annuncia l’imminente sua nomina a ministro dell’Istruzione (inizia il Kali Yuga del mondo scolastico italiano).

Tra colpi di scena, dichiarazioni, decreti e pandemie,  nel mondo di chi chiede  l’applicazione delle regole si susseguono ricorsi al TAR di varia natura per segnalare una serie di illeciti riscontrati durante il concorso e dei quali è possibile avere cognizione attraverso gli articoli sotto citati.

Il punto è che il 4 agosto 2020, alla fine della fiera, per una serie di motivi che possono essere più o meno ragionevoli il ministro ne ha fatto un’altra delle sue.

Il Ministro Azzolina, nel pieno delle sue facoltà istituzionali, con un avviso firmato dal capo dipartimento Marco Bruschi,  ha deciso di abilitare tutti i figuranti in graduatoria fino ad esaurimento.

Oggi il mondo politico e della formazione grida allo scandalo.

 

Dettagli

Prima di andare avanti torniamo indietro una una cosa successa circa un anno fa e sopra riportata:
Il 1 Agosto 2019, con pubblicazione della graduatoria, risulta che la professoressa (già pronta per la nomina a sottosegretario di stato) è risultata (attraverso un conteggio di punti che appare fantasioso ma sul quale aspettiamo pronuncia ufficiale dallo Stato) 2542 esima su 2416 (che diventeranno poi 3400.

Insomma, il ministro, dopo tanta fatica riesce ad avere un posto dignitoso in graduatoria.

L’unica particolarità è che secondo quella graduatoria, lei risulta idonea ma non abilitata.

Idoneità e  Abilitazione sono nei concorsi pubblici due stati differenti: l’abilitata è senz’altro idonea ma l’idonea può anche non essere abilitata potremmo dire con un gioco logico.

Ciononostante il ministro dell’Istruzione facendo finta di niente vuole, come hanno detto alcuni “assumersi da sola” e lasciare che la graduatoria scorra fino al suo nome fino a ricoprire il ruolo di dirigente scolastico.

Abbiamo detto che la decisione del Ministro riportata nell’avviso del 4 agosto 2020 ha senza dubbio delle ottime ragioni.

Laddove le ragioni non sono circostanzialmente dichiarate però, ognuno può trarre le proprie e ognuno le trae a seconda della propria indole e della propria esperienza.

I malpensanti potrebbero pensare che, nel dubbio per incerti tempi moderni o forse anche per un gesto di amore per la scuola,  il Ministro stia pensando ad assicurarsi un lavoro da fare dopo la carica attuale.

I benpensanti potrebbero pensare che sia tutto solo casuale e che il fatto che il nome del ministro sia in quella graduatoria e che lei certamente gioverà della sua attuale decisione, sia solo una fortunata coincidenza di avvenimenti.

E sempre i benpensanti saranno convinti che non ci sia assolutamente nessun legame tra i muri di sbarramento e gli ostacoli che il Ministro dell’Istruzione frappone continuamente ed indefessamente tra chi chiede verità sul concorso e l’accesso a tutti gli atti.

L’ingiustizia del Ministro

In molti, a proposito di questo fatto, hanno parlato di abuso di potere, conflitto di interesse e abuso di ufficio, in buona parte a ragione.

Oltre a tutto questo, però,  il vero problema di cui il Ministro nella sua spensierata ingenuità sembra non tenere conto, è che le cariche pubbliche conquistate attraverso concorso, possono essere ricoperte solo e unicamente dai candidati idonei e non dai candidati abilitati.

Insomma, è una svista indegna di chi conosce bene la giurisprudenza.

Sì perché, stando a quanto ci è stato detto dalla commissione che l’ha esaminata, sulle domande di giurisprudenza, al concorso del 2017, era andata più forte.

Quello che pensiamo, con ragionevole e accondiscendente logica, è che a forza di dedicarsi alla politica nel suo partito e nel suo ministero, la dottoressa Azzolina abbia trascurato lo studio e dimenticato anche le materie che prima conosceva meglio.

Forse vuole andare avanti nel suo intento anticostituzionale perché, di fronte un ulteriore esame, avrebbe delle difficoltà a mettersi a studiare.

In bocca al lupo.

 

Betapress sostiene la battaglia contro un certo modo di fare le cose,  perché è veramente assurdo e pazzesco che nessuno insorga davanti a questo modo di agire.

Come è assurdo e pazzesco quello che sta succedendo per l’avvio della scuola, sempre che non ci sia un altro lock down, dove gli unici che prenderanno un sacco di mazzate saranno i presidi, visto che nessuno si prende la briga di fare le cose in maniera logica.

Sinceramente ci sembra accanimento, tutto in smart working tranne le scuole, dirigenti scolastici con la massima responsabilità per il rientro degli alunni, banchi con le rotelle, insomma, non era meglio riflettere un attimo di più ed invece che buttar via tutti questi soldi dare alle famiglie i soldi necessari per trovare dei tutor che affiancassero i figli e far momentaneamente ripartire le scuole in DAD?

Avremmo anche aumentato il lavoro per i giovani, per gli educatori, avremmo affrontato il problema con più calma, perché non vorrei che da un accanimento contro la scuola si finisse a vilipendio di cadavere!

(N.d.D.)

 

 

Chiara Sparacio

Bibliografia

https://www.orizzontescuola.it/concorso-dirigenti-scolastici-ecco-la-graduatoria-nazionale/

Il ministro Azzolina e il concorso del 2017

Concorso DS 2017 – il TAR concede l’accesso ai codici sorgente

 

 

https://www.orizzontescuola.it/concorso-dirigenti-scolastici-idonei-inseriti-in-graduatoria-nel-triennio-potranno-essere-assunti/

 

https://scenarieconomici.it/la-azzolina-si-e-autonominata-dirigente-scolastico-un-concorso-molto-strano-di-cui-vogliamo-parlarvi/

 

 

 

 

 

 

 

 




Panichi: pensare ed agire, Montaigne!

Nicola Panichi, professore ordinario di Storia della filosofia del Rinascimento alla Scuola Normale Superiore di Pisa, spesso soprannominata Nicoletta, è l’unica donna, professore ordinario, alla Normale di Pisa.

Fa parte di comitati scientifici di riviste nazionali e internazionali.

È autrice, inoltre, di numerosi saggi in svariate lingue.

Ha collaborato al Dictionnaire de Michel de Montaigne, Paris 20072 (Prix de l’Académie française).

Ha passato una vita sviscerando Montaigne, filosofo, scrittore e politico francese del ‘500.

Tra le sue pubblicazioni: Antoine de Montchrestien. Il circolo dello Stato (Milano 1989); La virtù eloquente. La civil conversazione nel Rinascimento (Urbino 1994); Picta historia. Lettura di Montaigne e Nietzsche (Urbino 1995); Plutarchus redivivus? La Boétie e i suoi interpreti (Napoli 1999, Roma 2008, tr. fr. Champion, Paris 2008); Michel de Montaigne. L’immaginazionei (Firenze 2000; 20102); I vincoli del disinganno.

Per una nuova interpretazione di Montaigne (Firenze 2004, tr.fr. Champion, Paris 2008); F. Bonaventura, Della ragion di stato e della prudenza politica (a cura di, Roma 2007); Montaigne (Roma 20182); Ecce homo. Studi su Montaigne (Pisa 2017; 20182).

Bene, nel corso di lunghe passeggiate , Nicola mi affascina sempre più, coinvolgendomi in un viaggio di sola andata alla scoperta di Montaigne e della straordinaria attualità del suo pensiero.

Nasce così quest’intervista, un viaggio sul senso della vita e della morte, passando attraverso etica ed estetica.

 

Betapress– Partiamo dagli Essais di Montaigne, per i nostri lettori, di cosa si tratta?

Nicola Panichi– Gli Essais di Montaigne, per espressa dichiarazione dell’autore sin dalla lettera al lettore, si presentano come autobiografia filosofica.

Negli Essais, i pronomi preferiti sono la prima persona singolare (moi o je) l’io e il noi. E tutto si tiene, per chi, come sollecitava Montaigne stesso, non perde l’argomento: ogni uomo porta la forma intera dell’umana condizione (III, 2).

Betapress-Quando l’uomo costruisce un capolavoro con la sua vita?

PanichiIl capolavoro dell’uomo è la vita come specchio dei ragionamenti.

La filosofia degna dell’uomo in quanto uomo, è quella che tende alla costruzione di un modello di vivere congruo agli insegnamenti della natura che bisogna continuare a ricercare.

Un motto montaigneano, meno noto ma luminoso, mette sulla buona strada:

J’ouvre les choses, plus que je ne les descouvre (apro le cose più che scoprirle).

Con la sua capacità di aprire i sileni, Montaigne trova, come La Boétie, la libertà nella natura.

Betapress– La libertà esiste anche nella storia?

Panichi– La libertà nella storia deve essere possibile; di qui, rifiutandosi a qualsiasi piano provvidenzialistico, Montaigne segue la riflessione della ragione “adulta” sui vincoli individuali e sociali.

In un recente passato ci si è chiesti come mai, in un testo così molecolarmente intessuto di antropologia come orizzonte della condizione umana, manchi un capitolo intitolato Della storia.

Domanda forse ingenua.

La storia è lo sfondo ineludibile degli Essais (Montaigne era avido dei libri di storia universale) e scrive che la storia è il liquido amniotico di cui si alimenta la loro riflessione.

Betapress– La storia ci insegna?

PanichiL’esemplarità della storia non sempre ci può insegnare qualcosa, a volte ci insegna a rovescio.

Prima di Bacone e del Libertinage érudit, Montaigne aiuta a pensare il senso della libertà di pensiero (parlare e agire) come consapevolezza della mutevolezza dell’io e come capacità di accettazione dell’esemplare mal formato.

Dunque Montaigne sfugge al topos historia magistra vitae.

Betapress– Qual è la responsabilità dell’uomo nella costruzione del suo destino?

PanichiNei confronti del mondo in perenne movimento, l’io decide di impegnarsi, secondo il principio di responsabilità.

Il desengagement, il disimpegno dell’anima bella, per Montaigne è una sorta di spilorceria dello spirito (ladrerie spirituelle).

Se il soggetto deve vivere del proprio (il suo vero capitale), non deve però sottrarsi alla conference, alla conversazione, a sfregare il proprio cervello con gli altri, lo abbiamo anticipato, a misurarsi, pesarsi, pensare in comune.

Per diventare spirito libero, il cammino statico nella solitudine inoperosa dell’anacoreta o l’essere stilita non serve.

Lo sdegno e la dignità del soggetto sono facce di uno stesso volto, prendono le mosse dalla riforma di un io che non può prescindere dal mondo e dal suo teatro; se bisogna imparare a esaminare sé stessi, non ha alcun senso rimanere a parte sui.

Betapress– Quando un intellettuale è inutile per Montaigne?

Panichi-Quando non è impegnato nell’agire.

La filosofia di Montaigne si rifiuta al solipsismo che guarda alla torre come metafora di un’agognata solitudine dotta.

Un tale intellettuale è inutile alla società.

Bisogna impegnarsi a volte non solo con la penna, scrive, ma anche con il sangue, se è necessario, e non tenere il piede in due staffe…

E in questo chiamava in aiuto il De officiis di Cicerone.

Betapress– L’uomo impara più in solitudine o in società?

PanichiLa solitudine è indispensabile per raccogliere l’io nel profondo ed esaminarlo, anche se la sua conoscenza, al pari del resto, è impenetrabile, come stringer l’acqua nel palmo della mano; ma non se ne deve rimanere prigionieri.

Lo studiarsi va esercitato sempre in una consustanziale dialettica con l’alterità, il mondo.

Per capire la logica della vita, bisogna ammettere quanto, la differenza delle forme della natura, sia più feconda della similitudine e dell’identità.

E bisogna riconoscere quanto, la paura dell’altro, sia dovuta piuttosto alla nostra ignoranza.

La differenza è forma della natura, dunque niente può essere mostruoso perché semplicemente diverso da noi.

Così, la tolleranza diviene corollario della diversità.

Betapress-Cosa ci insegna la filosofia di Montaigne?

Panichi-Tale filosofia si caratterizza per il tentativo di alludere, indicare con il dito, secondo una espressione montaigneana di grande respiro, routes pour nous sauver, le strade per la nostra salute/salvezza, in un tempo malato e cornucopia di mali, morali e fisici.

Betapress– Montaigne insegna o racconta?

PanichiL’attitudine di Montaigne è raccontare l’uomo (non insegno, racconto) uomo come essere mutevole, camaleontico e vacillante, doppio in se stesso per sua propria essenza (l’io di adesso e l’io di prima siamo due).

Questa riflessione è alla radice della modernità e del celebre: Je suis un autre di Rimbaud.

Ma rimanda anche all’eraclitismo del soggetto e del mondo (il mondo è un’altalena perenne; tutto si muove anche le rocce del Caucaso e le piramidi d’Egitto, e la costanza è solo un movimento più debole).

Una delle affermazioni di maggior spessore filosofico di Montaigne, affermazione che segnerà l’‘ontologia’ dei saggi, è: “non descrivo l’essere, ma il passaggio”.

Betapress-Cosa significa vivere per Montaigne?

PanichiVivere significa sperimentare la vita con l’impresa di un’opera aperta, polifonica, dal titolo inconsueto, ma pienamente aderente al progetto filosofico (Essais: saggi, tentativi, esperimenti, definiti solo ironicamente cibreo, escrementi di un vecchio spirito).

Dunque, vivere sperimentando la progressiva liberazione dai pregiudizi nel pensare e nell’agire.

La rinuncia al pregiudizio è l’unica via per esercitare, come voleva Socrate, il peso e la forza della metamorfosi: divenire ciò che si è, uomo à divers estages, a più piani, homme meslé, uomo cosmopolita – quale la natura umana, essente in possibilità, sarà capace di farlo diventare.

Betapress– Chi è l’uomo Montaigne?

PanichiMontaigne è sismografo dell’anima, del mondo e della storia; in grado di concepire un’idea della morale secondo natura, autonoma dalla religione (quindi eteronoma), della filosofia separata dalla teologia (filosofia e teologia non devono confondere i loro percorsi: la censura era avvertita).

Il filosofo perigordino assume il rischio della sfida verso il lucreziano “mondo a rovescio” e non vi rinuncia; anzi, invita alla pratica del sapere aude, motto carico di sostanza, ripreso da Orazio e divenuto celebre poi con Kant.

Betapress-Imparare a vivere significa imparare a morire?

PanichiL’impegno richiesto all’uomo engagé nella società non ammette deroghe, nemmeno quando si affaccia (a tratti, divenendo dominante) il pensiero della morte: siamo nati per agire.

Il motivo senecano che Montaigne riattiva in un capitolo dominato da Epicuro e Lucrezio, e tartassato dalla futura censura romana, è considerato all’interno del proposito filosofico di “imparare a morire”.

Tale proposito, rappresentato nella sua naturalità, si converte in un desiderio: che la morte lo cogliesse mentre sta agendo, magari mentre sta piantando i cavoli nel suo jardin imparfait

Il giardino incompiuto è la metafora della vita che sperimenta il mondo in tutte le sue forme.

Ma la sperimentazione non avviene a caso. 

Ha bisogno di ordine nel progetto.

Il perigordino ritorna al punto: nella sua molteplicità vicissitudinale, la vita assume l’io come timone e bussola della giurisdizione interiore.

E la ragione è giudice e imputato al tempo stesso.

Betapress– Vivere come si può o come si deve?

Panichi– Montaigne ci lancia una bella sfida: il capolavoro del soggetto è vivere come si deve e come voleva Socrate, lo abbiamo anticipato, diventare quello che l’uomo è.

Ma l’uomo ignora sin dove possa spingersi la possibilità della natura nel suo infinito e vicissitudinale moltiplicarsi di forme

Dunque, all’uomo non resta che essayer la vie, sperimentare la vita in tutte le sue forme, aprendosi alle nuove terre di orizzonti fisici e mentali inesplorati.

Nietzsche coglierà bene questo aspetto e rilancerà: noi siamo esperimenti.

Betapress-Esiste la paura per Montaigne?

Panichi– Certo! E’ imprescindibile dal coraggio.

Per avere paura ci vuole coraggio, scrive, mentre il sapere aude, il cuore del saggio dedicato all’educazione dei fanciulli, abbandona la latitudine di una educazione ‘a tempo’ per divenire, come gli Essais, un esempio di institutio e di formazione permanente degli adulti e della loro ragione, apprendistato che deve durare, appunto, tutta la vita.

Betapress-Gli Essais, sono moniti, sentenze o aforismi?

Panichi-Gli Essais non sono una raccolta di sentenze o di cristalli di sapere.

Piuttosto portano con loro il privilegio del corpo organico, della vitalità del pensiero, dell’inesauribilità della question de l’homme.

In questa forma hanno potuto influenzare percorsi e sentieri intellettuali, sollevare polemiche o accoglienza in lettori, che li leggeranno e rileggeranno, a partire dai contemporanei: Lipsio, Charron, i libertini, Florio, Bacone, Descartes, Hobbes,

Rousseau, Kant, Kierkegaard, Nietzsche, Emerson…, per citarne pochissimi.

Nel Novecento italiano, Pirandello, Bo e Sciascia, su fronti e per motivi diversi ne rimarranno folgorati.

Betapress-Quale monito sembra riguardarci più da vicino?

Panichi– Nella sua folgorante immediatezza, penso che sia tout mouvement nous découvre – ogni movimento ci scopre.

 

E con l’augurio di avere spronato i nostri lettori a scoprire (o riscoprire Montaigne), ringraziamo di cuore Nicola Panichi per avere condiviso con noi queste eterne pillole di vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




START … SI (RI)PARTE … VROOOOOM

Con nota prot. 1324 del 17 luglio il Ministero dell’Istruzione ha disposto la rilevazione dei fabbisogni degli arredi scolastici per far (ri)partire la scuola in sicurezza, garantendo il distanziamento.

La rilevazione, scadenza 20 luglio poi prorogata al 21, ha permesso ad ogni scuola di indicare le quantità di banchi monoposto con relative sedie e delle ormai famose “sedie innovative”.

Il Pavoncelli, nella rilevazione dei fabbisogni in arredi scolastici, ha indicato solo banchi monoposto, soluzione unica che potrà con tutte le difficoltà del caso assicurare il distanziamento statico.

Meglio il tradizionale banco in legno, perché più utile alle attività di classe, per poggiare quaderni e libri, per utilizzare l’ingombrante album da disegno.

Inoltre la scelta farà risparmiare sensibilmente le casse pubbliche passando da 40 euro per un banco monoposto a circa 300 euro per una sedia innovativa. Da altre scuole ci scrivono: “… abbiamo acquistato questo tipo di sedie con il PON Ambienti digitali. In molte le ruote si sono rotte, non sono comode per i ragazzi e i più indisciplinati le usano tipo autoscontro”.

Per garantire il distanziamento fisico meglio i “vecchi” banchi che saranno posizionati nelle aule nel rispetto di “… 1 metro dalle rime buccali” e segnata sul pavimento la loro corretta posizione, in modo che possa essere facilmente ripristinata dopo le quotidiane operazioni di pulizia e sanificazione.

Con le sedie provviste di ruote sicuramente aumenterà la capienza delle aule scolastiche, ma come si farà a far rispettare il distanziamento? Occorrerebbe un freno a mano e docenti/ausiliari del traffico per vigilare sul rispetto del distanziamento.

Eppure molti sembrano entusiasti dell’iniziativa, come se in una qualsiasi classe di una qualsiasi scuola, al nord come al sud non ci fossero mai entrati.

Si sente dal Ministero che le sedute con rotelle sono “la soluzione che garantisce il maggior distanziamento” e “in futuro permetteranno invece l’avvicinamento per avere un’innovazione didattica che permette agli studenti di lavorare in gruppo”.

La scuola innovativa non si fa con nuove sedie, ma attraverso la personalizzazione dell’insegnamento/apprendimento, possibile solo con MENO alunni per classe e PIÙ personale docente e ata.

 

D.S. Pio Mirra




Il nichilismo di oggi

Da accademia, se pensiamo al nichilismo e alla sua formulazione, pensiamo a Nietzsche (a me, almeno, succede così).

Umberto Galimberti, filosofo contemporaneo, parla molto di come il nichilismo oggi faccia da sovrano e bruci le vite e le persone.

Il nichilismo è “l’ospite inquietante” come lo chiama Heidegger,

la malattia del nostro secolo,

lo spaesamento del nostro Essere che cerca i valori in assoluto e non li trova.

La convinzione che i nostri propri interessi superino e siano più importanti degli interessi della comunità.

È la solitudine connivente di un Essere omologato e vuoto.

Il nichilismo ci priva dell’umanità a scapito di un ruolo o di un mezzo.

Una solitudine camuffata da popolarità.

Mettere alla porta il nichilismo è però facile – dice sempre Heidegger – basta accorgersi di lui e guardarlo in faccia.

Io il nichilismo lo vedo

E mi sforzo di essere inadeguata, perché il nichilismo, oggi, si nutre dell’omologazione.

Omologazione emotiva,

omologazione sentimentale,

omologazione del pudore,

omologazione etica.

Dove l’Essere entra in crisi e non sa che pesci pigliare, lì trova facilmente conforto in ciò che fanno gli altri e si rasserena.

Ecco il Nichilismo.

Guai all’anima calma e calmata.

Guai anche a chi sceglie di essere ancora superiore alle storture senza parlare.

A chi si arrocca sulla propria torre lontana dalla quale si vede la miseria del nichilismo,

A chi si trova sulla torre grazie alla propria filosofia, diverso e perfettibile

mentre gli altri, fuori, non si vergognano di essere nulla mischiato con niente pronti a sfamare la luna (come direbbe Gurdjieff)

 




Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Docenti e personale ATA si organizzano con il nostro supporto per un ricorso cumulativo contro il sistema istituzionale. Obiettivo: difendere la loro professionalità, gli studenti e le famiglie.

Betapress sostiene i diritti dei docenti e del personale ATA: ecco il link per accedere alla pagina di adesione al ricorso https://betapress.it/azione-collettiva-a-difesa-dei-docenti-e-del-personale-ata/

Cause scatenanti

Alla fine dell’anomalo anno scolastico 2019/2020 e in piena preparazione per l’anno scolastico 2020/2021, tra bilanci e pianificazioni, una cosa è chiara a tutti gli insegnanti, agli studenti e alle famiglie:

la Didattica a Distanza (altrimenti nota come DAD) è un disastro.

Ripetiamo: un disastro per tutti anche a causa della generale impreparazione a questa novità.

Nonostante i complimenti a favore di telecamera fatti dal ministro Azzolina ai docenti e ai dirigenti scolastici,

nonostante le linee di comunicazione eroiche e l’atmosfera da “è stata dura ma ce l’abbiamo fatta”,

la verità è che, stando a quanto dichiarato da un campione di docenti intervistato, la DAD è stato un disastro su tutti i livelli.

Disastro nella gestione familiare

La DAD, così come è stata organizzata, ha creato uno stress insostenibile alle famiglie che tra smart working, convivenza forzata, nuovi ritmi, bisogno di reperire toner, carta per stampante e periferiche di ogni tipo, si sono trovate a dover coordinare e pianificare l’utilizzo dei computer e dei vari dispositivi tra loro e i figli.

Chi ha più di un figlio e di età diverse, ha passato settimane infernali.

Disastro per la formazione

La DAD ha penalizzato in modo irreparabile la formazione di una intera generazione di studenti che non si riprenderà mai più dal deficit formativo.

Questo perché, stando a quanto detto dai docenti, per colpa della DAD e della promozione erga omnes, gli studenti di tutte le classi non riusciranno in alcun modo a recuperare un intero programma, né in un anno né in più tranche.

La DAD ha causato una voragine formativa insanabile.

Disastro per la classe docente

Quando, con l’applicazione della DAD, migliaia di docenti sono stati chiamati alla Didattica a Distanza, nessuno si è preoccupato se queste persone erano state preparate a questo.

Sì perché, né i docenti formati nei decenni scorsi né quelli formati fino a pochi mesi fa, hanno mai ricevuto una formazione specifica alla DAD.

Lo stesso può esser considerato per il personale ATA.

I docenti sono stati penalizzati su infiniti fronti.

Danno di immagine

La prima cosa che è saltata agli occhi di tutti è stata la poca dimestichezza con le periferiche e i terminali da parte di una grossa fetta della classe docente, non solo gli insegnanti della “vecchia guardia” ma anche di giovani docenti poco informatizzati.

In questo caso, la gestione delle lezioni on line ha richiesto ai docenti un ulteriore sforzo che, al di là della capacità di gestione della classe (o della “stanza” trattandosi di lezione on line) del docente, ha causato un deficit di stima nei loro confronti da parte degli studenti.

Osservazione

Il docente è la guida che i discenti devono seguire, se il sistema mina la credibilità del docente, il sistema è nel torto.

In più, da contratto nazionale, i docenti non sono tenuti a saper utilizzare i computer e nel corso del loro percorso di preparazione specialistica, non è obbligatorio da nessuna parte la capacità di sapere utilizzare strumenti per la DAD.

Danno economico

Con l’impiego della DAD molti docenti hanno dovuto acquistare computer, cambiare o installare connessioni più potenti, smartphone… alcuni, addirittura, hanno acquistato dei corsi per imparare in fretta ad utilizzare i strumenti.

Nessuno ha previsto il rimborso di queste spese che, altrimenti, non sarebbero state sostenute.

Anche in questo caso: lo stesso vale per lo smart working del personale ATA.

 

Lo ricordiamo:

I docenti e il personale ATA da contratto nazionale, non sono tenuti in alcun modo al lavoro da casa né al possesso di strumenti all’avanguardia (sì perché per la gestione della DAD e dello smoart working servono una connessione potente, programmi aggiornati e periferiche e terminali in grado di sostenere i programmi aggiornati).

Danno contrattuale

Il personale scolastico, al momento dell’assegnazione dell’incarico, firma un contratto.

Purtroppo la DAD ha colpito fortemente questo contratto:

Ore di lavoro

Nel contratto sono indicate le ore di lavoro da rispettare, con la DAD gli insegnanti e il personale ATA hanno lavorato ben oltre le ore concordate e queste ore non sono state considerate in nessun caso come straordinario.

Risorse

Il contratto non parla in alcun modo della necessità di dover utilizzare risorse personali da casa per la formazione.

Docenti e personale ATA, infatti sono tenuti ad usare al meglio gli strumenti forniti dalle scuole e non a dover acquistarne di propria tasca.

Violazione del diritto di disconnessione

Nel contratto è indicato il diritto di disconnessione, ovvero il diritto di non essere sempre connessi.

Con la DAD e il relativo smart working, questo diritto è stato completamente violato in quanto docenti e personale ATA sono stati connessi ad oltranza.

Danno sanitario

L’esposizione allo stress, alla corsa per l’aggiornamento, al sovraccarico di lavoro, alla difficoltà della gestione familiare (anche i docenti hanno famiglie) ha portato molti docenti a uno stato di rischio burnout.

Lo scandalo delle piattaforme

C’è ancora un problema trasversale a tutti gli interessati dalla DAD: docenti, genitori e studenti (questi ultimi in forma ancora più grave in quanto minorenni).

Per la DAD il ministero non ha fornito nessuna piattaforma dedicata e quindi adeguata dal punto di vista di privacy.

Con la DAD e l’utilizzo trasversale delle piattaforme (zoom, gotowebinar, google class, teams e chi più ne ha avuto più ne ha messo), sono stati dati in pasto a google, senza alcun controllo e senza alcuna garanzia.

Google ha acquisito indiscriminatamente e senza alcuna garanzia specifica i dati personali e le immagini di docenti, genitori e minorenni molti dei quali non avevano ancora profili registrati on line.

La DAD, così come è stata velocemente organizzata, ha creato un censimento informatico non autorizzato e non controllato che ha colpito ob torto collo anche chi non avrebbe avuto piacere di aderire.

E per concludere, non dimentichiamo la violazione del diritto costituzionale all’uguaglianza.

L’applicazione arraffazzonata della DAD non ha in alcun modo garantito tutti quegli studenti che non avevano accesso ai terminali adeguati.

Se è vero, com’è vero, che il diritto all’istruzione è un valore, il ministero dell’Istruzione con la DAD ha infranto questo diritto costituzionale.

Come ha detto Rosanna Rodriguez, presidente dell’associazione sindacale ACA Scuola:

“la DAD è una cosa seria: gli insegnati e il personale ATA devono essere formati adeguatamente e i processi didattici devono essere ben pianificati perché qualunque processo di apprendimento si basa sulla relazione”

Per questi e per altri motivi docenti e personale ATA si sono riuniti e hanno chiesto aiuto a Betapress che da sempre si occupa della buona istruzione.

Noi ci impegniamo a dare voce a questa gravissima violazione e aggressione dei diritti e sponsorizziamo professionalmente il ricorso cumulativo contro il ministro Azzolina.

“Siamo stanchi –  dice il nostro direttore prof. Corrado Faletti – di vedere il personale della scuola, a cui occorre dire solo grazie, continuamente preso a calci, non un grazie, nessun riconoscimento, solo grandi prese in giro e paroloni vuoti a cui seguono solo amare delusioni”.

È ora che il personale della scuola faccia sentire la sua voce, reclami i suoi diritti, ma sopratutto impari a mettere al governo gente competente.

Ringrazio Rosanna Rodriguez che ha voluto seguire Betapress in questa forma di protesta, Lei, unica fra i sindacati, che invece di parlare ha deciso di entrare in azione.

Anche grazie al suo supporto siamo riusciti a tenere il costo della partecipazione all’azione collettiva per il personale scuola molto basso, sicuramente molto lontano dai soliti 250 euro che vengono richiesti da chi si “dichiara” a supporto della scuola.

Noi lo siamo coi fatti!!

 

Ecco il link per aderire:

Aderisci al ricorso

Entra nel gruppo facebook

 

Azione collettiva a difesa dei docenti e del personale ATA

 

 

 

 

 

 

 

 

DADOUT: burnout telematico

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?

DAD: conta ancora il fattore umano

 




I DS AL GOVERNO CONTRO I VICEPRESIDI: INACCETTABILE!!!

Il valore indiscusso del formatore competente

L’incarico di dirigente scolastico porta con sé una grande quantità di responsabilità e impegno in un contesto molto delicato qual è quello della formazione degli studenti.

Chi scrive è convinto che non esistono cifre troppo alte per gratificare e sostenere chi ha la responsabilità di formare al meglio gli uomini e donne di domani, quelli che devono avere tutti gli strumenti per poter cambiare il mondo sempre in meglio.

Chi scrive è convinto che chi è capace deve essere sostenuto e gratificato.

Una cosa simile pensa anche l’onorevole Vittoria Casa, membro della VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione, come il ministro Azzolina Dirigente Scolastico (prima però del Concorso del  discusso concorso del 2017), siciliana e membro del movimento 5stelle.

Il dirigente scolastico che pensa ai dirigenti scolastici

Quando pochi giorni fa la paventata riduzione dello stipendio dei Dirigenti scolastici è stata scongiurata, tutti gli interessati hanno tirato un sospiro di sollievo.

Soprattutto dopo un periodo difficile come quello della chiusura generale dovuta all’allerta COVID, era fondamentale riconoscere l’impegno e gli sforzi dei dirigenti scolatici.

“Sappiamo che non è stato semplice gestire l’emergenza e non è semplice neppure il lavoro che ora sono chiamati a svolgere in vista della riapertura a settembre.
Responsabilità e collaborazione non possono mancare: Governo e Parlamento sono al loro fianco e stanno fornendo loro tutti gli strumenti per poter garantire un rientro tra i banchi di scuola per tutti, e nella massima sicurezza”,

ha dichiarato l’on. Vittoria Casa.

Ripetiamo:

“Responsabilità e collaborazione non possono mancare”.

La protesta di AnCoDiS

E allora perché, fa notare Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (An.Co.Di.S.) al momento di dividere le gratificazioni e i riconoscimenti, nessuno si ricorda di chi ha svolto il lavoro?

É quasi come se i dirigenti scolastici che si battono per i giusti diritti dei dirigenti scolastici, si siano dimenticati che, nei giochi di squadra, alla fine del campionato non ci arriva solo il capitano ma tutti quanti.

I commenti di chi è stato dimenticato

Ecco alcune dei commenti giunti a noi in redazione 

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale”

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale. Credo sia arrivato il tempo di evidenziare che queste scelte hanno un imprinting politico che noi non possiamo accettare”

E ancora

“Non mi interessano i soldi… Ma le dichiarazioni della Casa sono per noi inaccettabili! Sappiamo bene e lo diremo chiaramente nel comunicato stampa che c’è una falsa rappresentazione della realtà”

Ma chi sono i Collaboratori dei DS e le figure di sistema?

I Collaboratori del dirigente Scolastico sono figure di governance vitali (ma non riconosciute) per la scuola dell’autonomia.

Sono docenti nominati su base fiduciaria dal dirigente scolastico che non possono assumere alcuna responsabilità dirigenziale o amministrativa nei confronti del personale scolastico.

Non hanno un contratto specifico né specifici riconoscimenti ma svolgono ruoli cruciali.

Profilo dei Collaboratori dei DS

Stando a uno studio divulgato da AnCoDiS,

il 77% dei collaboratori è di sesso femminile e

l’80% ha una anzianità lavorativa di oltre 15 anni

(praticamente sono la memoria storia della scuola).


Cosa fanno i Collaboratori

Ecco un riepilogo dei lavori svolti dai collaboratori

  • Organizzazione del servizio per il 74,4% 
  • Collaborazione nella gestione delle criticità rilevate nella tua scuola, anche durante la DaD per il 70,2% 
  • Gestione dei rapporti tra le componenti scolastiche per il 6,.0%
  • Organizzazione e coordinamento della DaD per il 66,1%
  • Monitoraggio della DaD per il 50,5%
  • Rapporti con le famiglie durante la DaD per il 48,5%
  • Gestione dei conflitti per il 48,0% 
  • Sicurezza e prevenzione per il 41.6% 
  • Redazione progetti per il 38.2% 

 

Per il 15,3% svolgono i seguenti incarichi:

  • Animatore digitale
  • Coordinamento inclusione
  • Progettazione Erasmus
  • Predisporre organizzazione collegio docenti e consiglio d’istituto e loro verbalizzazione
  • Gestione delle emergenze
  • Gestione totale PON, compresi gli accertamenti
  • Risoluzione di problemi informatici e tecnologici comprese gestioni piattaforme
  • Formazione classi
  • PEI iniziali, intermedi e finali
  • Formazione docenti
  • Sostituzione DS, gestione posta, rendicontazioni progetti Fse,
  • Organizzazione sostituzione docenti assenti, rapporti con le famiglie e il territorio
  • Coordinamento didattico
  • Organizzazione scrutini e relazione con le scuole interessate da docenti in COE 
  • Gestione esami idoneità, integrativi, preliminari per qualifica ed Esami di Stato, ecc. Rapporti con Enti e istituzioni locali
  • Formatore per utilizzo di strumenti, App e software utili alla DAD
  • Supporto alla segreteria alunni e al DSGA per i progetti PON Gestione orario con “Progetto classi senza aule”.
  • Redazione modulistica DaD (rimodulazione progettazione, PAI – PIA), 
  • Rilevazione dei bisogni delle famiglie durante la DaD e organizzazione per l’assegnazione e distribuzione dei dispositivi e delle connessioni

Conclusioni

Per concludere, riconosciamo pienamente la difficoltà e la gravosità del lavoro del dirigente scolastico, dichiariamo che chi è stato investito da questo incarico deve far fronte a enormi responsabilità.

Vorremmo solo che chi si batte per i propri diritti, si ricordasse di combattere anche per chi li  aiuta e li ha aiutati a raggiungere i risultati o, quanto meno, tornando alla analogia sportiva, ad arrivare alla fine del campionato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

 

 




La scuola pugliese che pubblica i suoi libri di testo e fa risparmiare le famiglie

L’Istituto Agrario Pavoncelli col suo esempio insegna come una scuola può far risparmiare le famiglie, gratificare gli insegnati e seguire con attenzione e rispetto gli studenti.

La bella storia di un istituto agrario pugliese che da tre anni stampa da sé i suoi libri di testo abbattendo di più del 300% le spese riservate ai libri delle famiglie.

Nell’Agosto scorso Federconsumatori  ha calcolato che nel 2019 la spesa per i libri scolastici sarebbe stata di circa 470,55 euro a studente calcolando in media i libri + 2 dizionari.

Chi ha figli in età scolastica non stenta a confermarlo.

 

Da tre anni, invece, in una scuola di Cerignola (FG), la spesa media a studente per il libri è inferiore ai 100 euro.

La scuola è l’Istituto Agrario Pavoncelli di Cerignola e il merito di questa azione va al competente preside Pio Mirra e al suo corpo docente composto dai professori:
Antonietta Altamura,
Lucia Bada,
Giovanna Misuriello,
Tiziana Pellicano,
Antonello Panico,
Angela Lasalvia,
Sonia Genovese,
Laura Pestillo,
Laura Zefferino,
Michela Carlucci,
Laura Schena,
Vittoria Astone,
Giuseppina Coletta,
Paola Zoccoli,
Mariapia Del Fosco,
Francesco Marinelli,
Girolamo Casullo.

A loro va tutta la nostra gratitudine per l’esempio di buon operato che sono riusciti a dare.

Un impegno come il loro porta vantaggi a tutta la comunità aumentando non solo il valore didattico ma anche quello pedagogico.

Cosa hanno fatto.

A partire dall’anno scolastico 2016/2017, a seguito delle disposizioni emesse dalla legge 107/2015 altrimenti nota come la buona scuola, il dirigente scolastico e il personale docente si sono confrontati cercando di capire come applicare al meglio la nuova  autonomia acquisita per migliorare il loro stato.

La base di partenza è stata l’osservazione dello stato effettivo in cui si trovavano la scuola, gli studenti, i docenti e le famiglie.

Si sono chiesti:

  • se gli studenti erano nelle condizioni migliori di apprendimento,
  • se i docenti stavano utilizzando gli strumenti e i canali ideali per trasmettere la conoscenza,
  • se c’era qualcosa in più che potevano fare per la comunità.

Così è nata la collana Pavoncelli.

La nascita della collana Pavoncelli e i suoi vantaggi

Il preside Pio Mirra, dopo aver raccolto i frutti del dialogo con docenti e famiglie si è confrontato con il Prof. Corrado Faletti, direttore del gruppo editoriale CCEditore e assieme hanno trovato la soluzione ideale.

CCEditore, per storia aziendale, è una casa editrice molto sensibile al tema delle scuole e della formazione, così ha creato una collana editoriale specifica ed esclusiva per l’istituto agrario Pavoncelli; la collana ha appunto preso il nome di Collana Pavoncelli.

La Collana Pavoncelli dal 2016 ad oggi ha pubblicato 16 libri che adotta come libri di testo all’interno dell’Istituto.

Questo ha comportato, stando al caso specifico dell’istituto, un significativo calo della spesa per i libri di testo che è passata da circa 300 euro per studente a circa 90 euro.

Un risparmio superiore al 200% per ogni studente ogni anno.

L’Istituto Pavoncelli applica questa politica dal 2016.

Questo vuol dire che da 2016 ha a disposizione libri di testo che non gravano in modo spropositato sulle tasche delle famiglie e che in più sono perfettamente congruenti con l’offerta formativa richiesta e le competenze degli studenti.

Cosa è una collana editoriale

Una Collana editoriale è una categoria di testi creata ad hoc con un determinato obiettivo e filo logico comune che hanno l’obiettivo di lasciare un segno nel campo stabilito.

Le collane editoriali si inseriscono nella pianificazione di una casa editrice, ciò vuol dire che non esistono collane fuori dalle case editrici.

Vengono identificate e registrate attraverso il codice ISBN (International Standard Book Number, “numero di riferimento internazionale del libro) della casa editrice più un codice distintivo denominato come ISSN ovvero “International Standard Serial Number”, “numero di riferimento internazionale per le serie”.

La presenza di questi codici e il vaglio di un comitato scientifico dedicato, consente l’utilizzo dei libri come testi didattici di grande valore accademico.

Vantaggi della collana Pavoncelli.

Parlando con il preside Pio Mirra, abbiamo visto tutti i vantaggi di una scelta coraggiosa e, stranamente singolare come la loro.

  • Lo studente viene messo al centro dell’offerta formativa:

“I libri digitali permettono la personalizzazione degli apprendimenti, tenendo conto delle diversità di ciascun alunno e rappresentano lo strumento per una vera Didattica laboratoriale in cui lo studente è al centro delle attività e il docente non è un erogatore di contenuti, ma elemento stimolante, che controlla e gestisce il processo di apprendimento”
cit. il D.S. Pio Mirra.

  • Coerenza dell’offerta didattica:

“Troppo spesso i testi scolastici si presentano come un’ampia raccolta di argomenti eterogenei e dispersivi, la cui quantità va ben oltre la possibilità reale di trattarli in classe proficuamente e con il dovuto approfondimento.

Il libro digitale creato dagli stessi docenti, invece, contiene i nuclei fondanti della materia, ovvero quelle informazioni e nozioni indispensabili per l’acquisizione degli apprendimenti dichiarativi sui quali costruire con l’aiuto del docente gli apprendimenti procedurali, realizzando così una vera Didattica per competenze”
cit. il D.S. Pio Mirra.

  • Coerenza col paradigma pedagogico:

“Le case editrici, pur impegnate in un percorso di revisione metodologico-didattica dei testi scolastici, non hanno ancora recepito completamente il passaggio dall’apprendimento per disciplina all’apprendimento per competenze. Di qui l’importanza di testi autoprodotti con una riorganizzazione dei contenuti disciplinari strumentali per portare gli studenti all’acquisizione di competenze certe e durevoli”

cit. il D.S. Pio Mirra.

Risposta degli attori coinvolti:

Analizzando il progetto, si nota che gli attori di questa operazione ne escono soddisfatti:

  • Gli studenti hanno un libro cartaceo e digitale creato per loro e perfettamente confacente alle loro necessità ed esigenze.
  • I docenti hanno uno strumento duttile e completo, ricevono i bonus scuola e aumentano i punteggi grazie alla pubblicazione di libri.
  • Le famiglie hanno un risparmio di almeno il 250% sulle spese di acquisto dei libri.

Considerazione finale

Dopo aver parlato col preside Pio Mirra e dopo aver valutato quanto fatto, la domanda che ci facciamo è: perché questo esempio di buona prassi non è adottato da altre scuole?

Perché non coinvolgere i docenti, perché non mettere lo studente al centro dell’offerta formativa?
Perché continuare a far spendere soldi alle famiglie per testi inadeguati?

Noi siamo convinti che i momenti di necessità possano generare nei contesti brillanti, risorse inaspettate e rivoluzionarie.

Ci rivolgiamo quindi a chi ci legge e gli chiediamo di scriverci per segnalare esempi di buone prassi vissute o notate all’interno delle scuole.

È possibile scrivere a  info@betapress.it oggetto: BUONE PRASSI

Riferimenti

Federconsumatori 

Legge 107/2015

Creazione di una Collana editoriale dedicata alla scuola:
abbiamo chiesto a CCEditore di mettersi a disposizione di chi lo volesse per avere informazioni su come attivare una Collana Editoriale all’interno di una scuola; scrivere a direzione@cceditore.it 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Agrario Pavoncelli Cerignola: libri alla portata di tutte le famiglie

 

 

Genocidio Culturale

 

Infiltrazioni Mafiose nel comune di Cerignola, sciolta la giunta comunale!




Concorso DS 2017 – il TAR concede l’accesso ai codici sorgente

Il TAR ha sentenziato: Il CINECA dovrà fornire i codici tarcineca

sorgente

Continua la crociata delle migliaia di partecipanti al concorso per Dirigenti Scolastici bandito nel 2017 da noi già osservato in un altro articolo.

Lunedì 22 giugno 2020, dopo una serie di rinvii dovuti all’emergenza covid, il TAR si è espresso in merito ad una fondamentale richiesta delle vittime del concorso permettendo un passo importantissimo in direzione della verità.

Cosa è successo 

Nell’anno 2017, è stato indetto un concorso per 3.400 (circa) posti da dirigenti scolastici, al concorso si sono iscritti 34.000 (circa) candidati.

Ciò che ha reso particolarmente famoso questo concorso è stata la partecipazione dell’attuale ministro dell’istruzione Lucia Azzolina che ne uscì vincitrice superando le prove scritte e dimostrando all’esame orale buona conoscenza dell’apparato legislativo, mediocre conoscenze di inglese e scarsissima preparazione informatica.

Ma la partecipazione al concorso del ministro, con conseguenti taciuti conflitti d’interesse che ne sono scaturiti e del muro di gomma costruito attorno alle nebulose fasi del concorso, è solo una delle numerosissime segnalazioni che hanno sporcato questo concorso pubblico.

Le pressioni

Quando a un concorso per 3.400 posti, si presentano 34.000 persone, i commissari del concorso non si preparano ad affrontare un periodo facile per via delle pesanti ingerenze a cui vengono esposti.

Ad alcuni è venuto da dire che questo eccesso di pressioni è normale e ragionevole visto lo scarto tra domanda e offerta; a noi viene da dire che normale non è e che soprattutto quando il ruolo è così ricco di responsabilità e le candidature così numerose, il dovere dello stato è quello di garantire la scelta dei migliori a prescindere dal numero di posti e delle persone da “soddisfare”.

E il fatto che “da sempre” la segnalazione ha ceduto il passo alla meritocrazia, non è un buon motivo per non cambiare strada, soprattutto in un momento così delicato e in cui la cultura e l’istruzione possono essere le uniche risorse a poter davvero permettere un cambiamento.

Il superamento di ogni limite

In occasione del concorso per Dirigente Scolastico del 2017 però pare che sia stato superato ogni limite.

Abbiamo intervistato più partecipanti al concorso e ognuno di loro (a prescindere dall’esito finale) ha avuto modo notare o riconoscere delle dinamiche inusuali.

Per parte sua poi, il campione di commissari intervistato, ha riconosciuto fuori dai denti di aver ricevuto a vari livelli di spudoratezza messaggi più o meno velati.

Insomma, che il concorso per D.S. del 2017 non era del tutto trasparente si è saputo fin da subito, la cosa triste però è che anche davanti a una serie di circostanze plateali, per dimostrare l’illegittimità di alcune assegnazioni, chi è stato ingiustamente (o giustamente) escluso o comunque, chi ha dovuto confrontarsi ad armi impari (raccomandato vs non raccomandato piuttosto che preparato vs impreparato) debba combattere per anni per veder trionfare la verità.

Sì perché di certo non tutti quelli che hanno fatto ricorso sarebbero stati meritevoli di vincere ma la battaglia che si combatte è quella per la giustizia e la trasparenza, ed è per quella che stanno investendo tempo ed energie: per un ideale… e questo a noi piace.

Il CINECA e le sue meraviglie

Nell’articolo precedentemente pubblicato abbiamo raccontato tutte le storture del concorso e le legittime richieste (negate finora) dei candidati esclusi.

Una di esse era l’accesso al codice sorgente del programma CINECA (Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro, cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’ANVUR e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).

Il CINECA è un Centro di Calcolo “cuore tecnologico del sistema di comunicazione tra Università e Ministero dell’Università e della Ricerca”, come riportato sul loro sito, che si occupa di fornire i software per gli esami.

Ad un certo punto di questa vicenda, è sorto un dubbio molto grave che assolutamente merita di essere affrontato: il non anonimato delle prove di esami.

Parrebbe che il sistema (perfetto per le università ma non creato ad hoc per i concorsi pubblici) potrebbe avere una falla che svelerebbe l’identità del candidato attraverso il codice sorgente.

Questo vuol dire che ci potrebbe essere il rischio che un commissario (generico) avvisato di questo bug di sistema o un po’ più scafato del mondo informatico, avrebbe potuto risalire al nome del candidato che invece in tutta la parte scritta doveva per legge rimanere anonima.

Noi non sappiamo se questo sia corretto o meno, sappiamo che c’è la possibilità e che quando c’è un dubbio di questo tipo va immediatamente sciolto per la credibilità di tutti.

Le motivazioni di CINECA

Quando i candidati hanno chiesto nell’accesso agli atti l’accesso anche ai codici sorgente, così da poterli  sottoporre a un esperto, il CINECA anziché collaborare dimostrando buona fede, ha negato l’accesso adducendo una serie di motivazioni:

1) CINECA non può rivelare i codici sorgenti per proteggere i dettagli tecnici del programma che se no potrebbe essere copiabile da qualunque concorrente ma, anche se fosse, il principio di trasparenza di un concorso pubblico viene prima degli interessi aziendali (come richiamato nella sentenza n. 7333/2019) 

2) trattandosi di dati sensibili o sensibilissimi, non è possibile rivelarli ma in questi contesti si giudicano i “dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.

3) fornire i codici sorgente potrebbe rendere vulnerabile il sistema e compromettere tutti i dati modificando tutte le prove, ma comunque sono dati che appartengono allo stato committente.

Insomma, ce l’hanno messa proprio tutta ma la verità è che Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), si è pronunciato definitivamente ingiungendo a CINECA di fornire i codici sorgente.

 

Nota bene:

Non sappiamo ancora se questi codici siano trasparenti o meno, ovvero possano tradire l’anonimato del candidato, questo lo vedremo successivamente, però la reticenza a fornire quanto richiesto, non dispone bene chi legge.

Recte facendo, neminem timeas

Male non fare, paura non avere.

 

Chiunque volesse segnalare ulteriori informazioni coerenti o meno con quanto scritto, scriva pure a info@betapress.it

 

Post Scriptum: 

Stiamo osservando anche il concorso per DSGA, per cui auspichiamo la retta condotta professionale di commissioni e candidati.

Purtroppo sembra che anche per il concorso DSGA le acque non siano così chiare… (NdD)

Riferimenti

Il ministro Azzolina e il concorso del 2017

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

Sito CINECA 

Leggi di riferimento: articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!




Concorso DSGA: diritti negati!!

Abbiamo già parlato del concorso dei DSGA e ne abbiamo già evidenziato le assurdità ed ogni giorno ne escono, specialmente ora con gli accessi agli atti dove i candidati bocciati si vedono mandare come risultato degli accessi agli atti compiti di altri…

AHAHAHAH da non credere…

Ma oggi abbiamo voluto vedere lo svolgimento degli orali (iniziati oggi presso l’I.C.S. Piazza Leonardo da Vinci,  Piazza Leonardo da Vinci, 2 – 20133 Milano, di persona quindi come Betapress ci siamo recati sul luogo per presenziare a qualche colloquio.

i Candidati erano presenti dalle 8,30 più qualche accompagnatore.

Prima delle 9 non si è mosso nulla, poi i collaboratori scolastici hanno iniziato a far entrare i candidati.

Ovviamente abbiamo fatto notare sin da subito che eravamo presenti in qualità di uditori e che avremmo voluto vedere i lavori della commissione, ma i candidati sono stati interrogati senza la presenza di pubblico, mentre gli uditori sono stati fatti entrare con mezz’ora di ritardo, ma, sorpresa delle sorprese quando dovevamo entrare noi, che ovviamente ci eravamo qualificati come giornalisti, la presidente di commissione è venuta a farci presente che potevamo entrare solo uno per volta rispetto ad ogni candidato, e per i protocolli covid presenti sul sito ad ogni candidato era permesso far entrare un solo accompagnatore.

Abbiamo fatto presente alla presidente di commissione che noi non accompagnavamo nessuno,  ma la stessa si è appellata al protocollo covid dicendo che saremmo potuti entrare solo se si liberava uno dei due posti degli accompagnatori dei candidati.

Quando abbiamo tentato di far notare alla presiedente di commissione che non era corretta questa modalità di azione se ne è andata spazientita senza nemmeno ascoltarci dicendo che non aveva tempo da perdere.

Anche noi non avevamo tempo da perdere e sopratutto l’evidenza del grave illecito perpetrato dalla commissione ci sbigottiva.

In ogni caso abbiamo aspettato pazientemente assieme ad altri uditori che avrebbero voluto, secondo il loro diritto di vedere i colloqui dei candidati, che si liberasse un posto.

Dopo circa venti minuti di attesa siamo riusciti ad entrare.

Nell’aula era presente il nostro giornalista ed un altro uditore che non era parente o accompagnatore di nessun candidato, mentre fuori dall’aula c’erano altre tre o quattro persone che avrebbero voluto sentire i colloqui ma che non venivano fatti entrare per questo supposto protocollo.

La presidente di commissione dopo cinque minuti di nostra presenza nell’aula in modo stizzito e molto scortese ci intima di mettere via il cellulare che il nostro giornalista usava per prendere appunti.

Nonostante la nostra segnalazione che non eravamo i candidati che facevano l’esame, la presidente in modo quasi offensivo e comunque al massimo della scortesia ci intima di mettere via il telefono e che lei non ama ripetere le cose.

Eppure tutta la commissione usava il telefono per mandare messaggini e guardare mail…

Dopo altri 5 minuti al nostro giornalista si avvicina la verbalizzante chiedendo il tesserino da giornalista.

Lo consegniamo senza polemica e quando ci viene restituito chiediamo il motivo di questa azione ai limiti della violazione di almeno tre leggi, anche perché eravamo già stati riconosciuti e registrati all’ingresso della scuola, la verbalizzante alza le spalle e ci dice: “ordini del presidente della commissione che vuole verbalizzare”.

Eppure all’altro uditore presente non è stato chiesto il documento e non è stata verbalizzata la sua presenza.

QUINDI IL PROBLEMA ERA CHE NOI ERAVAMO DEI GIORNALISTI????

Alla faccia della libertà e della trasparenza.

Questo lascia pensare che c’è del marcio in Danimarca!!!

In pratica in questa prima sessione di orali l’accesso agli uditori era praticamente precluso e sono state fatte tutte le azioni volte a intimidire ed a intralciare il libero accesso nonché la libera attività giornalistica.

Infatti nel famoso protocollo covid tanto caro alla presidente c’era scritto:

“I candidati, convocati secondo il calendario pubblicato sul sito dell’USR Lombardia, accederanno all’edificio dall’ingresso posto in Piazza Leonardo Da Vinci , 2 A e potranno farsi accompagnare da una persona da loro scelta”

Ma da nessuna parte era previsto l’accesso di eventuali uditori come invece dovrebbe esserci per legge.

L’art. 6, comma 4, del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, secondo il quale “le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”, nonché gli artt. 7 comma 5 e 16 comma 2, del d.P.R. 27 marzo 2001 n. 220 secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un’aula o sala aperta al pubblico.

E perché un’aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e “soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti “(Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1722).

Or vogliamo pure dire che il covid ha imposto alcune restrizioni?

Va bene, ma il presidente di commissione deve garantire il massimo accesso al pubblico, quindi bastava sceglier un’aula più grande, ad esempio l’aula magna, e permettere l’accesso al pubblico in maniera corretta.

Poi occorre considerare che se noi fossimo restati nell’aula per tutto il tempo delle prove nessun altro sarebbe potuto entrare per vedere i colloqui!!!!

Alla faccia della trasparenza.

Ma d’altronde questo concorso ha più ombre che luci!!!

Altra cosa divertente è che la prova di informatica veniva fatta ad un pc che proiettava sul muro le attività del candidato, peccato che per i primi quattro candidati il proiettore è rimasto spento, quindi, anche qui, alla faccia della trasparenza.

Poi abbiamo sentito le risposte di alcuni candidati, paradossale, qualcuno non sapeva cosa è l’avanzo di amministrazione (in un concorso per direttore dei servizi generali ed amministrativi è abbastanza assurdo), ma prima di fare commenti aspettiamo che la commissione ci dica se sono stati promossi o bocciati.

Infine ad una domanda: “ma se avanzano dei soldi della gite scolastiche, ovvero quelli anticipati dai genitori, la scuola come deve considerare quell’avanzo?” premesso che il candidato non ha saputo rispondere, ma i commissari hanno detto che la scuola poteva riutilizzarli l’anno successivo!!!!

A noi risultava che la scuola era obbligata a ridarli ai genitori, ma come io pago per una gita la scuola non la realizza e si tiene i soldi per la gita dell’anno successivo che poi magari mio figlio manco c’è più???

 

Tutto questo concorso appare improvvisato e poco chiaro.

Per 400 posti sono stati ammessi solo 200 candidati all’orale, già solo questo lascia pensare.

Noi ce ne siamo usciti abbastanza straniti, poi, una volta fuori abbiamo pensato a quanta gente era stata bocciata agli scritti che probabilmente era molto più preparata di quella sentita oggi.

E è rimasto il dubbio sulla paura della presidente di commissione di avere in aula un giornalista…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!