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Avrete notato tutti, guardando in tivù immagini in primo piano di Papa Leone XIV che, quando sta per fare qualcosa di molto impegnativo oppure sta per dire qualche parola “da Papa”, il suo volto mostra quasi una piccola contrazione generale. Le sue sopracciglia si aggrottano lievemente, subito trascinate nella loro posizione naturale da una forza interiore che lo governa e sembra dirgli: “Prosegui così, va bene!”. Lo stesso incarnato del viso, la parte armonica dei nostri volti, dopo una lievissima contrazione per decidere la parola o la mossa adeguata, ritorna al suo aspetto naturale, che è disteso e sereno, per lo più sorridente. Questo Papa piace alla gran maggioranza dei fedeli, e forse non solo a loro!

Perché?

Non vorremmo sbagliare nel rispondere, sembrando saccenti. Ma la risposta dovrebbe essere che piace perché è “umile”, cioè possiede la misura giusta del proprio essere. Sa che non è onnipotente, non è onnisciente, non è il più sapiente di tutti, non è il più deciso e il più decisivo, non ha “un esercito” dietro di sé (come pensava Stalin, parlando delle “truppe” del Vaticano), non ha una banca o una multinazionale che lo sostiene in opere di alta ingegneria finanziaria. Ha “solo” (si fa per dire!) Dio che lo ha voluto in quel compito e gli chiederà conto di ogni parola o gesto che farà.

Dobbiamo dire che Leone XIV appare proprio come dovrebbe apparire ogni Papa e – permettete – anche ogni cristiano: è consapevole che lui, mentre in abiti da pontefice incontra capi di Stato, oppure stringe le mani a autorità civili e religiose, oppure mentre si avvicina alla folla in piazza San Pietro o – come ha fatto nei giorni scorsi in Turchia e in Libano – celebra messa e parla alla gente del Medio Oriente, lui, proprio lui, un semplice prete di origine americana, chiamato a governare la Chiesa; dicevamo, proprio lui in quel preciso momento è lì davanti a quelle persone, a quei capi di Stato per rappresentare il Dio dei cristiani, quel Dio che da San Pietro in avanti ha affidato a un semplice uomo il compito di condurre la Chiesa nella storia del mondo.

Il suo “manifesto” nel giorno dell’elezione

Questo Papa piace perché non è tracotante, non si impone con energia o con malcelata furbizia, non usa dei suoi poteri spirituali e anche materiali (essendo sovrano dello stato della Città del Vaticano) per costruire una immagine attorno ai suoi desideri o alle sue voglie più o meno nobili. Quando venne eletto, ricordate che affermò che occorreva mettere al centro e seguire Cristo e non guardare tanto all’uomo scelto dal Conclave per guidare la Chiesa.

Quello fu il suo manifesto e tale sembra  essere rimasto fino ad oggi, quando, reduce dal difficile viaggio nel Medio Oriente dove ha incontrato Erdogan, il presidente turco che si pone come “snodo” dei rapporti tra l’Occidente e la Russia, e come garante degli equilibri tra i paesi islamici e lo stato di Israele, ha mostrato la notevole abilità diplomatica di favorire i buoni rapporti con tutti, senza cedere a nessuno. Questo si è visto in particolare nella tappa del viaggio in Libano, paese dove convivono più religioni e che è sotto attacco di Israele per la presenza degli Hezbollah, nemici giurati degli ebrei al di là del confine.

Memorabile è stato il suo gesto, gentile ma fermo, di rifiutarsi di pregare nella grande moschea di Istambul, pure invitato con insistenza dall’imam locale. Ha semplicemente risposto che preferiva guardare ed ammirare il luogo, sicuramente pensando agli eventi storici della costruzione da parte cristiana di quel tempio, poi conquistato e trasformato dagli invasori ottomani.

Fermo di fronte ai potenti della terra

Leone XIV non si piega nemmeno di fronte ai “potenti” della terra. Basti pensare alla dignità che ha avuto nei suoi incontri con capi di Stato di grandi paesi occidentali, oppure a quando ha avuto a che fare con autorità discusse degli altri continenti. Il fatto è che il perdurare di numerose guerre devastanti, a partire da quella in Ucraina, vedono la Chiesa come uno dei pochi soggetti “neutrali”, che ancora possono avere un qualche ruolo negli sforzi in atto per far cessare le ostilità.

Potremmo aggiungere che Leone XIV è stato finora anche abbastanza capace di “ammansire” le pecorelle interne alla Chiesa, che tentavano di imporgli la prosecuzione della linea del pontefice precedente, a dire di molti troppo spinta verso una trasformazione “progressista” del cattolicesimo. Qui le tematiche e le diatribe di natura teologico-spirituale e pastorale si fanno complesse e non sembra il caso di addentrarcisi.

Basti però rilevare che Leone XIV non ha mai detto una parola negativa sul predecessore, ne ha anzi spesso messo in luce i meriti e le capacità. Tuttavia, sembra avere iniziato, lentamente e come sotto traccia, a modificare certi parametri pastorali sui quali Francesco si era spinto. Pensiamo alle affermazioni sui “matrimoni omosessuali”, oppure sulla comunione ai divorziati risposati civilmente, oppure sulla “accoglienza” ai gay, tutti temi molto divisivi dentro la Chiesa. In una celebre e brevissima frase, Leone ha riaffermato una verità di sempre, quasi ponendo fine ad ogni diatriba: il matrimonio ha detto, rappresenta il paradigma dell’amore tra un uomo e una donna. In sé, sembra un pensiero semplice, ma visto con lo sguardo dell’uomo di fede, rimanda a quei versetti dell’Antico Testamento “l’uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla sua donna e i due saranno una ‘carne sola’”. In questa frase c’è la totalità del pensiero di Dio sull’amore e sulla unione maschio-femmina. Quindi non c’è posto per le “unioni” dello stesso sesso più o meno fantasiose. Quelle – sembra dire il Papa – sono qualcosa che non piace a Dio, non previste dalla Rivelazione.

Quel “diritto a non emigrare”

L’ultimo punto di questo articolo riguarda l’atteggiamento del Papa sui migranti. Ufficialmente li ha sempre definiti persone da accogliere, specie da parte dei paesi più ricchi. Certo, il fenomeno va governato e vedremo quali pieghe potranno assumere da qui in poi le politiche migratorie dell’Unione Europea, finora influenzate dalla maggioranza di sinistra che ha imposto agli stati membri parametri di ingressi molto ampi. Pare però che il vento anche da noi stia cambiando, perché i vari governi stanno gestendo situazioni interne sempre più difficili ed esplosive. Quindi c’è da attendersi che anche Leone XIV continui a pronunciare parole improntate alla carità cristiana – questo sì – ma anche sottolineando l’importanza che, piuttosto che assicurare il “diritto ad emigrare”, sia invece sostenuto il “diritto a non emigrare”, creando condizioni interne ai paesi di partenza perché le persone possano fermarsi a casa loro, trovando lavoro e dignità tra la loro gente.

Questo ci sembra un primo quadro della figura del nuovo Papa venuto dagli Stati Uniti, anzi dal Perù dove è stato missionario per un paio di decenni. Lo guarderemo con affetto e attenzione, perché è un uomo umile e deciso, semplice e profondo. Preghiamo perché non tentenni e prosegua con saggezza e bontà.


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