WORLD POLIO DAY
ROTARY : Conferenza sul Tema “Alziamo la voce sulla pace: rompiamo il silenzio sulle donne Afgane”
Si è svolta a Roma nella splendida Sala Angiolillo di Palazzo Wedeking, sita nella centralissima Piazza Colonna, di fronte a Palazzo Chigi, nota sede Istituzionale Italiana, l’interessantissimo convegno “ALZIAMO LA VOCE SULLA PACE: ROMPIAMO IL SILENZIO SULLE DONNE AFGANE”.
Convegno fortemente voluto ed organizzato dal Rotary distretto 2080 in occasione del WORLD POLIO DAY.
Giornata che il Rotary dedica da oltre 35 anni alla lotta contro la poliomielite, malattia altamente contagiosa che colpisce principalmente i bambini sotto i 5 anni.
Un tema assi sentito dal Governatore Distretto 2080 R.I. Adriana Muscas che ha voluto dare voce a quel silenzio stridente che è calato sulle donne Afgane dopo il terribile ritiro delle truppe internazionali, nell’agosto del 2021, ordinato dal allora Presidente USA Joe Biden.
Ritiro che ha permesso di riprendere il controllo del paese ai talebani, lasciando nel disastro totale, dopo 20 anni, la popolazione ed in particolare le donne ed i bambini.
Ricordiamo che l’azione guidata dagli Stati Uniti, era iniziata il 7 ottobre 2001 ed è costata in termine di vite umane, solo tra gli Italiani ben 53 militari morti e 723 feriti, mentre i morti USA furono oltre 2.300 su un totale stimato complessivo, tra militari e civili di 176.000.
Molti oggi, si chiedono a cosa sono serviti tutti quei morti.
Importante quindi l’attenzione che il Governatore Rotary, Adriana Muscas ha voluto dare, dedicando questa giornata alle donne Afgane, oggi ritornate a tempi risalenti prima del 2001, quando erano vittime della drammatica condizione di sottomissione, degrado e schiavitù, inaccettabile per ogni paese civile che tale si definisce, pur se tuttavia, Paesi si civili, ma che spesso dimenticano o fingono di ignorare realtà come queste presenti nel mondo, non solo in Afganistan.
E’ iniziando da queste considerazioni che la Giornalista Maria Grazia Mazzola, inviata speciale del TG1, ha presentato un suo lavoro dalla quale si evince la drammaticità in cui le donne ed i bambini afgani vivono tra il silenzio e l’indifferenza del mondo.
Importantissime le testimonianze di Sediqa Moshtaq, attivista per i diritti delle donne e Razia Eshani Sadat, giornalista e rifugiata, che hanno condiviso con la platea, numerosa ed attenta, la loro drammatica esperienza.
La fuga, la rinuncia al loro lavoro, alla loro dignità di donna ed essere
umano, lasciando intravedere come in quelle aree, la donna, considerata essere inferiore dietro quel terribile velo, Burqa o Burka, utilizzato principalmente in Afganistan ed in Pakistan. Donna ove è consentito venga frustata, emarginata, denigrata e schiavizzata.
Significativo l’intervento di Vittorio Sandalli, già ambasciatore d’Italia a Kabul, che ha vissuto il ritorno al potere dei talebani, paventando fin da subito che l’Afganistan potesse diventare sempre di più rifugio e punto di riferimento per il terrorismo di matrice islamica, dopo che l’ambasciata Italiana era stata un riferimento per le conquiste femminili.
Silvia Mari, Vice Caporedattrice centrale Agenzia di Stampa Dire, ha ricordato quanta tragedia in quelle fasi concitate di “abbandono” dei territori afgani con gli aerei carichi di persone, uomini e donne, che pur di fuggire da quel terribile regime che si andava a delineare, non esitavano ad aggrapparsi ad i carrelli e le ruote degli aerei in decollo.
Così come ha voluto ricordare la nave che arrivava dall’Albania, alcuni anni prima, carica di profughi.
Descrizioni che hanno riportato alla mente le scene drammatiche viste in Italia ed in mondovisione.
Ha voluto ricordare ancora che si trovava in Afganistan, l’8 giugno 2021 alla base di Camp Arena a Herat come inviata, per partecipare al ”Ammaina Bandiera” con la presenza dell’allora ministro della Difesa Italiano Lorenzo Guerini.
Ma ha anche ricordato Annamaria Tribuna, maggiore dell’Aereonautica Militare Italiana, Palermitana, pilota di C130, nota per avere compiuto atti di grande coraggio schivando i colpi dei proiettili sparati dai talebani sul suo aereo al decollo, carico di oltre 100 persone in fuga da Kabul.
Alessandra Morelli, già Delegata dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha introdotto brevemente l’importanza delle Nazioni Unite. Un tema che forse andrebbe affrontato in un convegno a sé stante, soprattutto a causa delle trasformazioni geopolitiche in corso e probabilmente in un’ottica assai diversa, così come diversa dallo stato attuale, dovrebbe essere la NATO.
Anche il tema trattato da Monica Attias, responsabile Corridoi Umanitari Sant’Egidio, meriterebbe un convegno a se, in particolare quando si parla di inclusione ed accoglienza. Temi che non possono essere generalizzati o banalizzati in quanto coinvolgono diversi fattori che esulano dalla benevolenza umanitaria.
Non è un caso che spesso, dietro il buonismo sbandierato come diritti dell’uomo, si nascondono realtà criminali.
In chiusura, come ultimo relatore, Sohrab Haidari, presidente dell’Associazione Nawroz, ci ha riportati alla terribile realtà delle donne Afghane.
Infatti ha riferito:
“La situazione delle donne in Afghanistan, quattro anni dopo il ritorno al potere dei talebani, è ampiamente critica e restrittiva.
Esclusione delle donne dalle istituzioni governative e dai ruoli manageriali.
Privazione dell’Istruzione
Restrizioni nelle attività sociali e culturali
Limitazioni nell’accesso ai luoghi pubblici e ricreativi
Repressione delle proteste e della voce delle donne
La situazione attuale delle donne rappresenta un arretramento storico di un secolo e ha annullato completamente i progressi delle due decadi di repubblica e delle conquiste femminili.
Questa è la terza grande interruzione dell’istruzione e della vita sociale delle donne in Afghanistan negli ultimi cento anni (la prima negli anni ’20, la seconda durante il primo periodo talebano, e ora).”
Evidenziamo quanto riferisce di seguito, che riconduce, confermando, ciò che ha asserito l’ambasciatore Italiano Sandalli.
“Fino all’occupazione di Kabul nell’agosto 2021, i Talebani non avevano assunto una posizione chiara sulle donne. I negoziatori del gruppo, durante le trattative con la delegazione statunitense, si erano limitati a questa frase vaga: «Riconosciamo i diritti delle donne nel quadro della Sharia». Due giorni dopo aver preso il potere, Zabihullah Mujahid, portavoce del gruppo, durante la sua prima conferenza stampa, sottolineò il rispetto dei diritti delle donne «nel quadro dell’Islam». Aggiungeva che i Talebani sostengono il diritto al lavoro e all’istruzione delle donne, a condizione che venga stabilito un quadro da loro definito. Tuttavia, il portavoce talebano si rifiutò di rispondere sulla questione dell’abbigliamento femminile.”
Le conclusioni ed i saluti del Governatore del Rotary International Distretto 2080, Adriana Muscas, lasciano ben sperare che il sipario non si è chiuso con questa giornata, come solitamente avviene, ma si proporrà una evoluzione concreta oltre a promuovere ulteriori focus su temi che la società civile e molte associazioni tendono a ignorare, nel pieno spirito di Uniti per fare del bene.
Le foto di rito e la consegna dei gagliardetti ai relatori, ha concluso l’interessantissimo convegno.
In Afganistan, ma in altri paesi con cultura analoga, la donna è considerata un essere inferiore.
Ma in Europa ed in Italia, dove riteniamo essere “paladini dei diritti dell’Uomo”, siamo sicuri che abbiamo trovato il giusto equilibrio tra Donna e Uomo?
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