Bloccato l’espatrio del “Ritratto di gentiluomo” di Prospero Fontana, il pittore bolognese amico di Michelangelo
Prospero Fontana, Ritratto di anziano gentiluomo con cappotto e collo di pelliccia (1575-1579; olio su tela, 113 x 97 cm; Collezione privata)

- Fontana
NO ALL’ESPATRIO DEL RITRATTO DI PROSPERO FONTANA
Il “Ritratto di anziano gentiluomo” di Prospero Fontana, pittore bolognese del 1500, resta in Italia.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha confermato il divieto all’esportazione del Ritratto di un anziano gentiluomo con cappotto e collo di pelliccia, opera attribuita al manierista bolognese Prospero Fontana (Bologna, 1512 – 1597).
È uno splendido esempio di ritrattistica, afferma il Tribunale regionale amministrativo di Roma, dando ragione al Ministero della Cultura, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato.
L’opera è stata riconosciuta come un’eccellenza della ritrattistica cinquecentesca e, grazie al vincolo imposto dalla Soprintendenza e confermato dal TAR del Lazio, resterà in Italia.
Chi era Prospero Fontana
Prospero Fontana visse tra 1512 e 1597 e, oltre ad essere amico di Michelangelo, fu il prediletto di Papa Giulio III.
L’artista bolognese, allievo di Innocenzo da Imola e collaboratore di Perin del Vaga, fu presentato proprio da Michelangelo a Papa Giulio III e divenne uno dei pittori più apprezzati del suo tempo.
Eccellente ritrattista, fece della precisione nella resa psicologica e sociale del soggetto uno dei fondamenti della sua arte.
Qualità che trasmise alla figlia Lavinia, anch’essa ritrattista di successo.
Quasi tutti i più grandi maestri del ‘500 si dedicarono al ritratto, da Leonardo da Vinci, a Tiziano a Raffaello.
Gli esperti di settore hanno definito il dipinto uno splendido documento che segnala la qualità alta della produzione ritrattistica fra settimo e ottavo decennio a Bologna, dove Prospero Fontana gioca un ruolo primario accanto al suo allievo, il giovane Bartolomeo Passerotti.

Il ritratto attesterebbe le significative esperienze del pittore bolognese fino ad allora maturate, prima della cosiddetta “riforma” dei Carracci.
Furono i fratelli Carracci, anch’essi bolognesi e cugini di Fontana, formatisi nella sua scuola, a reagire ai dettami dell’arte tardo manierista, in nome del recupero della classicità delle forme.
La questione della esportazione dei beni culturali
È bene premettere che l’esportazione dei beni culturali rappresenta una delle questioni più delicate e controverse del settore dei beni culturali, in quanto è strettamente legata alla tutela del patrimonio culturale di una Nazione.
Lo Stato, di fronte alla possibilità che un’opera venga messa sul mercato e possa uscire definitivamente dai confini nazionali, si trova spesso dinnanzi al dilemma se trattenere il bene, ponendovi un vincolo di interesse culturale, oppure autorizzarlo a circolare sul libero mercato.
Trovare un bilanciato punto di equilibrio tra la tutela del patrimonio culturale del paese e il libero commercio dei beni è di conseguenza compito di una legislazione sui beni culturali evoluta.
L’Italia è universalmente riconosciuta per il suo ricchissimo patrimonio culturale, e la protezione di questo patrimonio è una priorità fondamentale per il nostro paese.
Il quadro normativo di riferimento
Il quadro normativo principale è rappresentato dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (Decreto Legislativo 42/2004), che regola ogni aspetto della tutela, inclusa l’esportazione dei beni culturali.
La disciplina in materia è stata riformata di recente, nell’agosto del 2017), ed è regolata dagli articoli 65, 68, 69 e 70 del Codice, che stabiliscono che l’esportazione di beni culturali è soggetta a una rigorosa procedura di autorizzazione. L’articolo 65 stabilisce che è vietata l’esportazione di oggetti di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico che appartengono agli enti pubblici o agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.
In particolare, qualsiasi oggetto d’interesse culturale eseguito da un autore non più vivente e che abbia almeno 70 anni di età ed un valore di almeno 13.500 euro, deve ottenere un’autorizzazione dal Ministero della Cultura per poter uscire dai confini nazionali.
Nel caso del dipinto del ritrattista bolognese il Ministero della cultura si è pronunciato per l’apposizione del veto alla sua fuoriuscita definitiva dal Paese.
Il capolavoro di Prospero Fontana rimane in Italia: “Splendido esempio di ritrattistica”.
Ma vediamo cosa è accaduto.
La proprietaria del prezioso dipinto si è opposta alla Amministrazione dei beni culturali proponendo ricorso al Tribunale amministrativo regionale, censurando il veto apposto e chiedendone l’annullamento.
Il Tar Lazio, con sentenza n. 13372 del 2025 pubblicata pochi giorni fa, ha dato ragione alla Soprintendenza, bloccando l’esportazione all’estero del dipinto di Prospero Fontana.
Il Ministero della Cultura, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, ha definito il quadro di Prospero Fontana, “splendido esempio di ritratto ambientato”, confermando la serietà e la attendibilità degli studiosi di settore che hanno orientato l’intervento dello Stato.
Il divieto espresso inizialmente dalla Soprintendenza di Milano – Ufficio esportazioni, è stato confermato in sede gerarchica dal Ministero della Cultura ed ora, anche dal vaglio giurisdizionale del TAR Lazio, con una sentenza redatta dal Presidente Barbara Cavallo.
La Soprintendenza di Milano, infatti, accogliendo la valutazione espressa dagli storici dell’arte esperti nel settore della pittura manierista bolognese, ne ha vietato l’espatrio.
Non solo ma, applicando la legge, ha anche apposto un vincolo sulla tela, riconoscendone il valore artistico, storico e culturale.
Il vincolo sancisce definitivamente che l’opera non può uscire dai confini nazionali.
La pronuncia del Tar Lazio e il principio di separazione dei poteri
Il Tribunale ha esaminato il provvedimento amministrativo di veto adottato dall’Amministrazione e l’ha ritenuto rispettoso delle leggi in materia, nonché in linea con la giurisprudenza formatasi sul punto.
Il Tribunale ha ritenuto dunque corretto l’esercizio della discrezionalità tecnica della Amministrazione, confermando la legittimità del suo operato.
Il giudice è bene precisare, non può sostituirsi alla Amministrazione, pena la violazione del principio della separazione dei poteri.
Gli è concesso, in generale, di valutare ab externo la correttezza dell’attività dell’Amministrazione, verificando la legittimità del provvedimento adottato dalla Amministrazione, ossia dal Potere esecutivo.
Nello specifico, ossia nel campo dei beni culturali, il giudice non può esprimere un giudizio sulla qualità o rarità dell’opera.
Deve limitarsi a controllare che la valutazione espressa dalla Amministrazione sia rispettosa della legge e sia esaurientemente motivata.
Deve inoltre verificare che persegua la finalità dell’interesse pubblico, ossia non sia viziata da violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere.
Nel caso di specie, la tesi del Ministero riguardo alla qualità artistica eccelsa del ritratto è stata supportata e dimostrata dalle pubblicazioni, tra gli altri, degli esperti Vera Fortunati Pierantonio e Daniele Benati, studiosi di chiara fama dell’arte bolognese.
Come ripreso e ampiamente argomentato dalla Avvocatura Generale dello Stato in merito alla asserzione della proprietaria sulla presunta carenza di qualità del dipinto ”Le ragioni che attestano innegabilmente il pregio e la raffinatezza dell’opera sono evidenziate riportando le valutazioni di illustri storici dell’arte e studiosi del settore”.
L’ambientazione rinascimentale del “Ritratto di gentiluomo”
Gli storici dell’arte hanno ritenuto che il personaggio raffigurato esprime con intensità l’intenzione di rappresentare un ruolo conforme alla sua condizione sociale, ossia quella di un nobile gentiluomo dell’epoca.
Il realismo, che suggerisce una conoscenza dei modelli nordeuropei e fiamminghi, è accompagnato anche da una penetrante indagine psicologica, in un equilibrio tra l’imponenza del personaggio e la naturalezza dello sguardo.
L’interno che fa da sfondo al ritratto è dominato dalla eleganza degli arredi, e la tenda verde ondulata e il tappeto Holbein rappresentano il simbolo della ricchezza e della cultura rinascimentale.
Sul tavolo vi sono una penna e un calamaio, a conferma dello spessore culturale del gentiluomo bolognese ritratto.
In questo dipinto, l’adesione all’autenticità del ritratto, così come prescriveva il cardinale dell’epoca, il bolognese Paleotti, è realizzata con raffinati e ricercati tocchi stilistici.
La conclusione è che il dipinto ha tutte le caratteristiche che lo rendono un rilevante esempio della ritrattistica bolognese degli anni Sessanta-Settanta del Cinquecento.
La questione della rarità dell’opera
Oltre alla qualità dell’opera i giudici hanno affrontato anche la rilevanza della rarità dell’opera ai fini del divieto di espatrio e della apposizione successiva del vincolo.
La proprietà ha sostenuto, anche innanzi al TAR del Lazio, al fine di sminuire la qualità del dipinto ed ottenere l’annullamento del divieto di espatrio, che l’opera non fosse rara e, come tale, non di qualità eccellente.
Il TAR, tuttavia, ha precisato che la rarità non va intesa esclusivamente in termini numerici, bensì in termini di rilevanza culturale.
In tale contesto, anche numerosi esemplari di alta qualità possono meritare una protezione speciale, (basti pensare alla vasta produzione artistica di Monet o Picasso), alla stessa stregua di un unico esemplare.
La valutazione della qualità non deve essere avulsa dal contesto di produzione di un’opera e non può ridursi ad una valutazione numerica.
Il pittore bolognese ha infatti ampiamente affrontato il tema del ritratto e ha improntato la sua arte e la sua originalità sulla capacità di variazione di detta tipologia, nonché sulla diversità dei personaggi ritratti.
In ogni caso, gli studiosi hanno riconosciuto anche la rarità del dipinto.
Si tratterebbe infatti di una delle poche effigie di personaggi maschili laici, ovvero non ecclesiastici, dipinti dal bolognese e custoditi presso le raccolte pubbliche italiane.
Il ritratto si qualifica, infatti, proprio “per la significativa testimonianza, per magistero esecutivo, per la capacità espressiva e la relativa rarità”, che evidenziano il ruolo primario di ritrattista svolto dal Fontana nella Bologna pontificia del 1500.
La presenza sul mercato non condiziona il pregio o la qualità dell’opera d’arte
La sentenza ribadisce che non risponde alla ratio legis l’affermazione che per essere meritevoli di tutela i beni non dovrebbero essere largamente presenti sul mercato.
La legge impone la tutela delle opere d’arte in quanto espressioni artistiche irripetibili, al di là della loro paternità e della loro minore o maggiore presenza sul mercato o nelle pubbliche raccolte.
Altre pronunce dei Tribunali amministrativi hanno sottolineato che il concetto di rarità dell’opera, non può essere considerato in termini strettamente numerici o di unicità dell’opera medesima.
Questo anche ai meri fini del sindacato in termini di ragionevolezza, di valutazioni di rilevanza storico-artistica e di ricostruzione dell’ambiente storico e artistico di un’epoca.
Il concetto di rarità attiene piuttosto alla significatività ed al valore del pezzo come “componente” del patrimonio culturale nazionale.
Si tratta di un giudizio che è mutabile nel tempo a seconda delle esigenze di formazione culturale sentite e delle diverse politiche culturali (cfr. TAR Lazio-Roma, sentenza 14 ottobre 2016, II, n.10272; id.TAR Lazio, sez. II quater – sentenza 9 ottobre 2018 n. 9826).
Ecco perchè le relative valutazioni restano riservate ai competenti organi dell’Amministrazione dei beni culturali, che devono tuttavia necessariamente fondarsi su un’adeguata istruttoria e devono essere congruamente motivate.
Nella relazione tecnica l’Amministrazione infatti deve indicare le ragioni che inducono a ravvisare nello specifico caso concreto quelle caratteristiche di pregio e di rarità che giustificano la sottoposizione del bene del privato a regime vincolistico (TAR Lazio, sez. II quater – sentenza 9 ottobre 2018 n. 9826).
L’intervento pubblico limitativo delle facoltà del proprietario del bene ne consente l’incisione solo nella misura in cui ciò risulti “giustificato”, anche nel superiore interesse pubblico, ad esercitare efficacemente i necessari controlli concentrandoli solo su beni effettivamente meritevoli di essere tutelati.
Il Ritratto di Fontana è unico e irripetibile
La pronuncia del Tar conclude che, per essere meritevoli di tutela, non rileva se le opere d’arte sono largamente presenti sul mercato oppure no.
La ratio del provvedimento di veto all’espatrio e di conseguente vincolo, è finalizzata alla tutela delle opere d’arte in quanto espressioni artistiche irripetibili, al di là della loro paternità e della loro minore o maggiore presenza sul mercato o nelle pubbliche raccolte.
Anche dal punto di vista giuridico, pertanto, nessuna opera d’arte originale può essere ritenuta identica ad un’altra, perchè ognuna costituisce un caso a sé, unico e irripetibile.
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