Riaprire la Scuola

Scuola ombelico delle riforme post covid 19

Oggi le principali scelte che la tutela della salute impone sono:

a) ridurre gli assembramenti

b) igienizzare e sanificare in modo quotidiano e continuo

c) allontanare tra loro le persone

d) conciliare le esigenze dei bambini e degli studenti con gli altri dispositivi di sicurezza che sono propri dei luoghi in cui ci sia compresenza e movimento di persone.

Dunque il ritorno a scuola implica rispondere a dei bisogni precisi.

Ma, a tale proposito, esistono domande, sinora inevase, che è doveroso da parte dei Comuni porre, perché ne saranno investiti:

a) Si deve ragionare degli spazi

Tutti gli ambienti scolastici dovranno essere predisposti in modo adeguato, specie negli spazi comuni di passaggio e nei servizi igienici o negli impianti: areazione sterilizzata, igienizzazione …

Il problema si aggiunge a tutti i problemi edilizi pregressi del patrimonio degli edifici scolastici.

b) Si deve ragionare di Bisogni Educativi Speciali

Oggi con la scuola a distanza “chi è avanti continua ad esserlo, chi è a metà continua ad esserlo, chi è indietro rimane molto più indietro” (Mila Spicola).

La riapertura delle scuole, se è per tutti gli studenti e le studentesse auspicabile, per chi era in difficoltà già prima, è essenziale.

Gli studi ci diranno poi quali effetti, in positivo come in negativo, possa aver avuto sugli alunni con disabilità la sostituzione della classe reale con una virtuale.

Ma di certo, per molti ragazzi in condizioni di disagio e privi di una buona mediazione familiare, l’esperienza è stata pesante.

c) Si deve ragionare di trasporti

La mobilità è sicuramente uno dei temi da affrontare prioritariamente e con maggiore forza: investire su mobilità pubblica e tecnologie digitali, e incentivare mobilità ciclo pedonale, anche con azioni decise di contenimento e contrasto all’utilizzo dell’auto.

La città avrà necessità di rivedere il sistema dei trasporti.

Per consentire agli alunni (ad esempio quelli delle secondarie superiori, ma non solo) di andare a scuola, il contingentamento obbligato dei numeri dentro autobus e metropolitane, andrà confrontato con la necessità che i ragazzi ci arrivino, alla loro scuola.

Alcune proposte ci vengono dai tanti comitati e associazioni impegnati sull’ambiente e sulla mobilità sostenibile.

Ebbene, ognuna comporta costi:

  • Prevedere servizi “circolari” da coordinare con la partecipazione delle associazioni di categoria per l’individuazione di itinerari predefiniti nelle principali città.
  • Favorire, anche finanziariamente e con l’utilizzo di giovani come accompagnatori, l’attivazione di servizi di “pedibus” per gli spostamenti degli alunni delle scuole.
  • Prevedere finanziamenti per l’attivazione in tempi brevi di servizi di bike e car sharing nelle principali città

 Ma, in tal senso, sono previsti investimenti o finanziamenti per implementare il servizio di trasporto scolastico o la mobilità in sicurezza o si pensa che sarà tutto a carico dei Comuni?

Se alcuni interventi sembrano facili o semmai già esistenti in alcuni Comuni, per quelli meno popolosi, non si può immaginare che ciascuno si “arrangi” da solo, semplicemente ampliando la scala dei servizi!

Si stanno ipotizzando a livello governativo investimenti sulla mobilità sostenibile e sicura?

d) Si deve ragionare di sicurezza e prevenzione igienico-sanitaria

Per le igienizzazioni, superata la fase iniziale su cui il MIUR ha investito 43 milioni di euro a livello nazionale, si pensa di assicurare in modo regolare anche nei bilanci regionali fondi per il mantenimento degli standard previsti o viceversa si ipotizza che poi le spese se le caricheranno le singole scuole o i Comuni o, ancor peggio, le famiglie?

Partiamo per esempio dai dispositivi di protezione e dall’accertamento sanitario: mascherine e guanti per studenti e personale, sistemi di test efficaci e ripetuti.

Parliamo di dieci milioni di persone, che anche se diventassero la metà con una scuola a tempi alterni sono comunque tanti.

Al primo focolaio indotto da dentro la scuola o portato fuori dalla scuola a casa o altrove, si scatenerebbe di certo nel Paese una bufera di polemiche difficili da contenere.

Una guerra di tutti contro tutti alla ricerca della “responsabilità”, intesa come colpa.

Lo sanno gli Enti, lo sanno le scuole, lo temono i Dirigenti scolastici, datori di lavoro.

e) Si deve ragionare di inclusione sociale

La scuola è anche uno degli spazi di welfare più significativi di questo Paese, spazio di inclusione per eccellenza: ad essa si affianca il lavoro del privato sociale, di tante associazioni, di tanti centri che la supportano senza sostituirla, o almeno così dovrebbe essere.

Quale destino si ipotizza per i centri educativi diurni?

E per tutte le attività di accompagnamento basate ovviamente sulla vicinanza fisica (educative territoriali, progetti extracurricolari, campi estivi, solo per fare qualche esempio)?

L’elenco delle domande potrebbe continuare…ma, non vogliamo scoraggiare i nostri lettori dal pensare che ce la faremo.

La scuola deve riaprire.

Per tutti, non uno di meno.

Le soluzioni vanno trovate insieme.

Ma insieme alla riapertura delle scuole dobbiamo chiedere un cambio di passo alla gestione del presente e del futuro prossimo, e non può bastare una caritatevole attenzione verso il mondo della scuola e verso le difficoltà dei Comuni (quella è stata poca in verità, finora).

Come redazione di betapress, rivolgiamo un monito a chi sta governando i processi e ipotizzando soluzioni.

Il governo deve riaprire le scuole, ma deve guardare alla questione con una prospettiva ampia, aprendo il dialogo agli enti locali e al mondo vivo della scuola “reale” e di chi le ruota intorno, per garantire misure veramente efficaci; e perché siano efficaci deve mettere in conto risorse consistenti, non meno di quante ne servano per la Sanità.

Perché la salute e l’istruzione viaggiano insieme. 

Sono diritti ineliminabili della persona.

Lo dice la nostra Costituzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo




quando è troppo è troppo!

Adesso basta! L’esasperazione della Confcommercio

Confcommercio replica al nuovo Decreto del presidente del consiglio Giuseppe Conte: “Tutti gli imprenditori si aspettavano di riaprire i battenti dal 4 maggio.

Invece sono stati liquidati un’altra volta, come contassero poco o nulla, quando è chiaro a tutti che il Paese si regge su di loro”

La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini e il direttore regionale Franco Marinoni commentano il nuovo Decreto del presidente del consiglio Giuseppe Conte.

La loro è una forte critica e una precisa presa di posizione.

Siamo governati da incompetenti senza coraggio, senza visione, senza rispetto.

Il discorso del premier Conte di ieri sera – approssimativo e confuso, per nulla rassicurante – è solo la punta dell’iceberg di una situazione insostenibile.

Di questo passo il tracollo del sistema Paese è vicino, a partire da quello dell’economia”.

“Sconcerto e dolore. Queste sono le uniche emozioni che provo dopo una intera notte insonne –  prosegue la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini – in questi due mesi abbiamo fatto la nostra parte con responsabilità, come era giusto e doveroso, abbiamo stretto la cinghia sforzandoci di riporre fiducia in una classe dirigente che, a dire il vero, ormai da molti anni mostra purtroppo tutte le sue inadeguatezze, che la pandemia non ha fatto altro che portare alla luce.

Ora, però, ha messo un’altra volta all’angolo il mondo delle imprese, rinviando ancora una volta la ripartenza ma soprattutto, ed è quello che più ci preoccupa, senza illustrare piani concreti di sostegno e di modulazione del futuro prossimo.

Le nostre imprese sono allo stremo e non hanno più margini per navigare a vista come ci viene richiesto”.

“Dietro il paravento delle norme di sicurezza anti-contagio questa classe politica pare nascondere l’incapacità di assumersi responsabilità nei confronti del Paese e l’incapacità a progettare una vera ripresa – aggiunge il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – Tutti gli imprenditori si aspettavano di riaprire i battenti dal 4 maggio.

Certo, con molte prescrizioni e molti veti, ma almeno cominciando a prendere dimestichezza con la situazione che si presenterà da qui ai mesi a venire, fino a che non finirà l’epidemia.

Invece sono stati liquidati un’altra volta, come contassero poco o nulla, quando è chiaro a tutti che il Paese si regge su di loro. 

E quello che più sconcerta è che gli interventi di sostegno al sistema economico restano poco più che proclami, incapaci di incidere nella realtà delle cose.

Credito a fondo perduto, moratoria fiscale e su tutti i pagamenti, sostegno al reddito: di questo ha bisogno l’Italia.

Ma anche di progetti seri per la ripartenza”.

I due rappresentanti di Confcommercio continuano: “Se la prima preoccupazione di tutti deve essere la salute, qualcuno ci spieghi perché aprire un negozio, un bar o una qualunque altra attività nella quale entrerebbero al massimo una o due persone alla volta, con guanti e mascherine e nel rispetto di tutte le regole necessarie, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori.

Credo proprio che il buon senso abbia abbandonato chi ci governa –  prosegue aspra la presidente Lapini – I commercianti, i baristi, i ristoratori, gli agenti di viaggio, quelli immobiliari e di commercio, i tour operator, gli albergatori, le guide turistiche, i parrucchieri, le estetiste e tanti altri imprenditori, insieme ai loro collaboratori e alle loro famiglie, non sono più disposti a sopportarlo.

Si chiede al mondo delle piccole imprese un sacrificio troppo grande senza dare in cambio misure concrete compensative”.

“Siamo stati in casa, abbiamo spento le luci delle nostre attività in silenzio, con un sacrificio enorme, abbiamo passato il nostro tempo ad organizzarci con le aziende, con le banche, con le scadenze, con la certezza che, dopo una prima fase di sgomento che sarebbe durata un mese (e sarebbe stato già terribile!) avremmo potuto riprendere a lavorare – spiega la presidente –

ma quello che Conte ha detto ieri sera senza dare nessuna spiegazione scientifica e tecnica, è inaccettabile.

Ha scambiato la nostra ubbidienza, il nostro senso del dovere in sudditanza.

Non è così!

Noi non faremo la fine della rana bollita.

Non siamo disposti ad abituarci a questa situazione senza farne parola”.

“Non ci condannerete al fallimento trovandoci inermi – conclude la presidente di Confcommercio Toscana – siamo pronti a reagire con la forza della disperazione, con la forza del nostro orgoglio, con la forza della nostra onestà, lealtà, determinazione, passione e desiderio di ricominciare per il benessere della nostra collettività”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lettera di un medico al Ministro Conte




Meridionali mon amour

Quando un grande Direttore come Vittorio Feltri ci consegna una lezione come quella dell’altra sera, per tutti noi piccoli direttori di testate insignificanti non c’è che da imparare.

In effetti dai grandi si impara in grande, ed io, piccolo, ho imparato in grande: ho imparato come non si fa.

Ho imparato che i ruoli sono importanti e la direzione di un giornale, seppur piccolo come il mio, comporta grandi responsabilità, come quella ad esempio del rispetto.

Il rispetto è anche nell’uso che si fa della propria posizione, nel peso che le parole assumono quando si ricoprono dei ruoli importanti.

L’Italia è un paese unico ed irripetibile, bello da morire e brutto da impazzire, saggio come nessuno e stupido peggio di un bambino, altruista e generoso ma anche furbo e traditore.

E’ un paese estremo, assoluto, indimenticabile.

Ma tutto questo è intimamente legato agli italiani, al popolo, al nord ed al sud, nella sua dimensione nazionale.

Questo Paese l’ho girato in lungo ed in largo, conoscendone gli abitanti in tutte le loro sfaccettature, ho avuto a che fare con il bello ed il brutto, ma ho avuto modo di conoscere gli italiani, profondamente italiani, sempre.

Ho visto mondi diversi, ho visto vite diverse, ho visto tradizioni diverse, ma mai nessuna era inferiore alle altre.

Fatico molto caro Direttore Feltri a capire da dove Le sia uscita la considerazione sull’inferiorità dei meridionali.

Nella storia del nostro paese non l’ho trovata, anzi il meridione da dopo la caduta dell’impero romano è rimasto una culla di civiltà, nella prima guerra mondiale il sud fu portatore di soldati al fronte e pagò a caro prezzo con il maggior numero di morti.

Nelle arti meno che meno, il sud è sempre primeggiante fiero ideatore di filosofie, musiche, dipinti, opere.

Ho visto accogliere senza chiedere sia al nord che al sud, non riesco davvero a pensare che ci siano anime inferiori in questo paese

Forse Lei si riferiva alla criminalità, al fatto che il sud si sia piegato alle mafie?

Però caro Direttore ha visto il pegno umano che il Sud ha pagato per la lotta alla mafia?

Ha visto che uomini sono usciti da queste battaglie, ha visto che levatura morale, che intelligenza, che amore per lo Stato (che sinceramente a volte questo stato non si merita).

Forse Lei, caro Direttore, non conosce il Sud, e Lei mi dirà con la sua simpatica prosopopea “e chi se ne frega!”, ebbene io me ne frego, caro Direttore, e sa perché?, perché questo paese si salverà solo grazie agli italiani, polentoni o meridionali che siano.

Perché, caro il mio Direttore, il diverso è dentro di noi, non fuori, il mostro, se c’è, lo creiamo noi.

Io amo i meridionali, li ho conosciuti, hanno un cuore grande.

Diceva Montanelli questo: l’Italia non si salverà perché non si ricorda del proprio ieri, ma gli italiani si salveranno perché non hanno unità nazionale e sono i migliori mestieranti d’europa (nei mestieri servili), non hanno una entità nazionale si adattano, si assimilano.

 

Io vorrei invece che questo paese si salvasse assieme a tutti i suoi italiani, perché io sono italiano, sono polentone, sono terrone, sono un italiano che si ricorda della storia del suo paese, fin dalle origini.

Mi ricordo di chi ha costruito e di chi ha distrutto, amo i primi e compiango i secondi.

Come Direttore di un piccolo giornale però le dico per me non esiste nord sud centro, per me esiste un grande paese che potrebbe essere guida delle genti, come è stato quando nessuno pensava che ci fosse un nord ed un sud, ma quando tutti pensavano che c’era un’Italia prima da unire e poi da difendere.

Siamo sempre stati un grande paese, ma noti caro Direttore, lo siamo stati quando lo abbiamo pensato davvero.

Forse allora è anche una nostra responsabilità far pensare agli italiani che c’è l’Italia, non il nord ed il sud.

Non riesco a vedere un diverso nel mio paese, perché non ci sono diversi, ci sono differenze, che in realtà uniscono molto di più delle similitudini.

Si è sempre meridionali di qualcuno, diceva Luciano De Crescenzo, per questo io Le dico: Meridionali mon amour.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’indipendenza di Stampa

 

L’Italia e l’ultradestra




Quando Diego incontrò Maradona…

Diego Armando Maradona.

C’era una volta un ragazzo di nome Diego, buono, premuroso, innamorato perdutamente della sua famiglia e del calcio.
I suoi occhi ed il suo sorriso erano lo specchio di un’anima gentile.

Un giorno incontrò una città italiana, bellissima ma anche maledetta per chi non ne conosceva il potere magico e le insidie.

In questa città, difficile e troppo grande per lui, Diego incontrò Maradona, un uomo che parlava di se’ in terza persona, che indugiava nei vizi e nella lussuria.

Maradona conobbe la camorra e la cocaina e pensando di poterle usare entrambe , presto diventò loro prigioniero.

La sua vita cambiò profondamente e iniziò ad emettere tanti assegni in bianco senza alcun destinatario, erano a favore dell’universo, non scriveva mai la data ed il destinatario ma la somma era sempre più alta.

Apparentemente Diego e Maradona stavano bene, continuavano a vivere la loro vita ed a vincere tutto.

Era per tutti gli appassionati il dio del calcio: il suo dono non poteva che essere di provenienza divina!

Quando Diego e Maradona entravano in campo si fondevano, tornavano in equilibrio, erano di nuovo una sola cosa; bastava che sfiorasse la palla con il piede sinistro ed il tempo si fermava.

Giorno dopo giorno per Diego la sveglia sempre più tardi, Maradona tornava a notte fonda e Diego non aveva più la forza né lo spazio per esprimersi.

Dopo la finale mondiale persa in Italia contro la Germania, era l’estate del 1990, Diego ormai non c’era più; erano spariti per sempre lo sguardo e quegli occhi dolci e timidi del ragazzo cresciuto nella favelas di Villa Fiorito.

C’erano solo gli occhi di Maradona, rabbiosi, freddi e duri, pronti a sfidare il mondo.

Il mondo inizio’ però ad odiare quell’uomo arrogante e bugiardo al quale tanto si era concesso fin lì.

Non ci volle molto, gli assegni in bianco emessi nel corso degli anni, iniziarono ad arrivare all’incasso.

iego non aveva la forza di reagire né di emergere, troppo debole e prigioniero di quel Maradona che si sentiva tradito da tutti, troppo debole per protestare contro i suoi tanti carcerieri e sfruttatori.

Nessuno poteva aiutarlo poiché lui non voleva essere aiutato: d’altronde nella sua vita se l’era sempre cavata da solo, anzi, a dire il vero si era sempre fatto carico di tutto e di tutti già dall’età di quindici anni.
Diego non ce la fece e vinse Maradona, fuggiasco dopo l’ennesimo scandalo.

Oggi, a distanza di quasi trent’anni, Maradona non esiste più, c’è Diego nella sua consapevolezza, tristezza e solitudine.

Non c’è più il ragazzo felice ne’ l’uomo arrogante e di successo.

Esiste solo il mito, l’icona, null’altro.

 

Tanio Cordella

 

Perdere lo Sport…

  




L’Immobiliare trema, terremoto covid…

TANTA PAURA SULLE SORTI DEL MERCATO IMMOBILIARE.

QUESTA VOLTA SAPPIAMO COSA FARE

 

In molti si stanno chiedendo se e come cambierà il mercato immobiliare ed il terrore inizia ad impadronirsi di molti investitori e di molte persone che lavorano nel settore.

I dati però parlano chiaro: l’italiano è proprietario della casa in cui abita, quando non lo è fa di tutto perché ciò si realizzi.

Circa l’80% nelle aree a media e bassa densità, il dato statistico scende al 70% nelle città metropolitane.

Questo dato è lampante, può succedere di tutto nel nostro Paese, ma l’italiano vuole tutta per sé la sua casa.

 

Giovanni Pascoli così esprimeva questo concetto ne Il Focolare “non li scalda il fuoco, ma quel loro soave essere insieme”

La famiglia, mura e tetto solidi, il focolare, sono tutte immagini made in Italy che ci rassicurano.

Il mercato immobiliare subisce dei cambiamenti poiché tutto risponde all’economia globale.

Il fallimento della Lehman Brothers nel settembre del 2008 ci ha insegnato tanto, stravolgendo il vecchio sistema che vedeva prima un’inarrestabile crescita della richiesta e dei prezzi.

Da lì, la grande sofferenza del mercato immobiliare nelle modalità conosciute.

Il denaro non è stato più concesso con superficialità e la frenata della richiesta n’è stata l’immediata conseguenza.

Qual è la verità?

A distanza di anni la risposta è semplice, il mercato era drogato e gonfiato.

Eppure, nonostante il tracollo e la chiusura di tante aziende del settore, in molti hanno costruito la loro ricchezza sulle macerie dello scoppio della bolla immobiliare (negli USA già dal 2006!) facendo affari d’oro.

Il perché è presto detto: hanno capito che dal quel momento avrebbero dovuto fare i conti con una nuova realtà senza invece attendere una ripresa così come loro la desideravano.

Nulla sarebbe stato come prima!

Oggi siamo nella stessa condizione, non sappiamo quel che accadrà nel post COVID-19 ma sappiamo, appunto, che nulla più sarà come prima.

Per vendere e comprare case si dovrà saper leggere la scena, ossia osservare il mercato, le tendenze, le esigenze.

Centrare questi elementi sarà fondamentale.

Certo non credo si possa vendere tutto quel che si compra.

Le regole ci sono e sbagliare la ricetta potrà portare molti a rovinose cadute.

Le case però continueranno anche dopo questo nuovo grande “terremoto” ad essere un bene richiesto e oggetto di un business molto interessante.

L’italiano saprà starci dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

 

Andrà tutto bene! Parte quarta

 




Occorre muoversi…

 

La peste nera.

Nell’immaginario collettivo la “peste nera” è sicuramente nell’immaginario collettivo la più grande pandemia della storia conosciuta.

Sviluppata in Europa a partire dal 1346 si era generata, come molte epidemie nell’Asia centro-settentrionale.

Elevatissimo l’impatto che ebbe nella società del tempo dalla religione alla letteratura – uno su tutti il decameron di Boccaccio – e per più di un secolo vi furono rappresentazioni artistiche a tema. 

 

Si stima che causò in Europa circa 20 milioni di morti, con un tasso di mortalità vicino al 50%, numeri che grazie a fortuna e progresso scientifico fanno impallidire il nostro Covid-19 che comunque ci tiene in casa da svariate settimane. 

 

Ora si inizia a parlare di “fase 2” quella della ripresa, della ripartenza delle attività produttive e di un graduale ma deciso ritorno alla vita normale.

 

Finalmente, dopo quasi due mesi, si intravede la luce, si può pensare nuovamente al futuro però dobbiamo fare tesoro di questo momento per iniziare a prevenire che la prossima pandemia sia la più devastante di sempre. 

 

E’ già iniziata, da molti anni.

Leggendo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, coinvolge una persona su quattro e uccide già 5 milioni di persone ogni anno.

 

Costa 90 miliardi di dollari ogni anno negli Stati Uniti e 80 in Europa.

Si chiama inattività!

 

E’ il momento di muoversi, di farlo davvero e nel vero senso della parola!

Se il virus è silenzioso, invisibile e subdolo, l’inattività è forse ancora più insidiosa da combattere perché è già dentro di noi dalla scelta dell’ascensore al posto delle scale, all’usare la macchina anche per fare pochi metri, passando per il divano di casa. 

 

La vita diventa sempre più sedentaria e lo “smart working” forse non è così “smart”; non aiuta certo il movimento.

In questi giorni dove “si ha più tempo per riflettere” cit. potrebbe essere una buona idea iniziare a costruire, o ricostruire, il nostro stile il modo più sano.

 

Non vivremo sempre con una mascherina, guanti e gel igienizzante, ma, quantomeno per la nostra esperienza terrena, il nostro fisico sarà con noi e allora tanto vale evitare di essere contagiati dall’inattività. 

 

All’inizio delle restrizioni sono state vietate anche le corsette in solitaria, se proprio uno sforzo si doveva fare è stato fatto ma ora è necessario ripartire e anche quelli che, in modo un po’ furbo,

si erano improvvisati podisti per guadagnarsi una boccata d’aria sarebbe un’ottima idea se continuassero a farlo con il doppio beneficio di evitare le sanzioni e combattere la nuova pandemia.

 

Se, l’inattività, il poco movimento, ha un nome meno accattivante e tecnico di “Sars-CoV-2” non vuol dire che sia meno pericolosa.

 

Non ci sono millantatori di cure miracolose sui social network, perché la terapia è più miracolosa di quanto si possa immaginare: basta fare attività fisica!

 

E allora cogliamo questo momento per inserire lo Sport nella nostra costituzione con la clausola che tutti i proventi derivanti dalle attività sportive rimangano al mondo dello Sport in termini di investimenti in impiantistica, insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole e sopratutto un’educazione all’attività fisica.

Possiamo e dobbiamo farlo! è questo il momento di fare tesoro di una pandemia per combatterne una più grande … con la prevenzione!

 

 

 

 

 

 

 

Covidisaster 2020

 




Il 3D del Covid

La fase del primum vivere non si è ancora consumata a giudicare dalle migliaia di vittime che la pandemia ci ha costretto a contare ma tutti i paesi pensano alla Fase II, al ritorno alla normalità.

Una normalità, purtroppo, divenuta concettuale.

Una proiezione nel futuro di un mondo che conoscevamo prima che il virus colpisse l’umanità intera.

Il problema è che finora l’approccio della comunità scientifica e politica è apparso lento ed imbrigliato nelle maglie della burocrazia pre Covid.

La ricerca di un vaccino che dovrebbe essere la principale soluzione alla pandemia sconta la complessità dei protocolli sanitari non più attuali in tempo di guerra.

Eppure, la ricerca ed il buon senso di ricercatori e medici hanno già delineato trattamenti che potrebbero sopraffare il virus e restituirci la normalità.

Il punto non è di secondaria importanza perché, senza la messa a punto di una cura e di terapie preventive che possano impedire il rischio di contagio, la Fase II potrebbe scontare paurose miopie  concettuali.

La sensazione, infatti, è che si guardi alla riorganizzazione del sistema con le cifre interpretative del mondo pre Covid ma senza un vaccino efficace si dovranno ridisegnare le modalità di convivenza sociale ed economica.

In questi giorni si sta affrontando la questione della riapertura delle attività, dei servizi pubblici e dei lavori divisi sulla base:

del più o meno elevato livello di contatto fisico

dell’esposizione al rischio di contagio.

Pensiamo ad esempio ai trasporti pubblici.

Ipotizzare di aggiornare la rete attuale ed i modelli di servizio esistenti scaricando i costi della prevenzione sui gestori o sugli utenti renderà il trasporto collettivo non più sostenibile.

Le società gerenti dovranno diluire il costo della prevenzione nei propri bilanci spesso già dissestati o scaricarlo sul costo del biglietto:

il che renderebbe privo di senso il principio di economicità alla base dei mezzi di trasporto collettivo.

La situazione non cambia per il trasporto aereo per il quale i costi operativi e conseguentemente il prezzo delle tariffe lieviteranno notevolmente cancellando dal dizionario la parola “low cost”.

Un ragionamento analogo riguarda il mondo della sport, della formazione e del tempo libero a cui si guarda con soluzioni vittime della stessa miopia.

Se si tratta di un complotto o di incidenti sfuggiti alla macchina del controllo potremmo pensare che il gioco è andato al di là di ogni limite e tra non molto si tornerà alle nostre abitudini.

Se così non è, se il virus, invece, esiste si dovrà accettare l’idea di un regime di convivenza reso più precario dai focolai di ritorno e dall’esistenza di pazienti asintomatici.

In questa situazione occorre immaginare scenari nuovi, forse visionari.

Non  sarà sufficiente, infatti, aggiornare leggi e regolamenti ai paradigmi del distanziamento sociale o del corretto uso dei dispositivi individuali di protezione.

Il modello economico post moderno si è evoluto attraverso transizioni economiche che hanno innescato dinamiche sociali.

Dall’agricoltura, all’industria e poi al terziario fino all’avvento dell’era digitale intere categorie di lavoratori hanno abbandonato le campagne e le periferie,

creando centri urbanizzati e polarizzati nei quali sono stati concentrati servizi e centri di convivenza sociale.

Il pianeta è divenuto globale ed ha offerto ad ognuno di noi la chance di vivere come cittadino del mondo.

Il Covid19 ha cancellato ogni certezza, aprendo per milioni di persone le porte alla paura della morte ed all’isolamento sociale.

Il paradigma del mondo post pandemico dovrebbe essere letto con le cifre delle “3 D”:

destrutturazione, de-globalizzazione e digitalizzazione all’interno di una rappresentazione grafica circolare che unisca i tre vettori in modo continuo ed aperto.


Il distanziamento sociale dovrà diventare la conseguenza di una ridefinizione dei modelli di produzione ed offerta piuttosto che il risultato di limitazioni alla libertà individuale
.

La destrutturazione dovrebbe riguardare la definizione organizzativa della convivenza civile ed il sistema dei servizi amministrativi a disposizione di cittadini ed imprese.

In questa direzione giocherà un ruolo fondamentale  la capacità dei governi di  rendere più sicura la mobilità dei fattori della produzione

(merci, capitale e lavoro) agendo sulle leve della flessibilità e della minore burocrazia.

Cittadinanza digitale e open government, temi già inseriti nei programmi di riforma della Pubblica  Amministrazione, rappresenteranno la stella polare di un progressivo processo di destrutturazione.

 La de-globalizzazione è un processo complesso.

Non è facile, infatti, convertire al localismo l’immaginario di diverse generazioni di individui.

Eppure il modello civile ed economico dell’era del post Covid dovrà basarsi sulla valorizzazione delle  periferie e ridisegnare  il profilo urbano,

economico e produttivo su basi di dispersione piuttosto che di concentrazione.

Nuovi presidi amministrativi decentrati e servizi commerciali di prossimità  vedranno rifiorire gli ambiti distributivi che i grandi centri commerciali hanno costretto a chiudere.

Chi è cresciuto negli anni settanta e ottanta (..quando non esistevano internet e gli smartphone ed il sogno di molti giovani era la carta inter-rail delle Ferrovie dello Stato)  troverà l’approccio visionario …

più sopportabile e forse anche più credibile.

Del resto nulla potrà essere immaginato come prima.

L’ultimo paradigma, la terza “D”, riguarda la transizione digitale, la digitalizzazione.

Un processo in atto che la pandemia ha accelerato creando una discontinuità per imprese private e la pubblica amministrazione.

Non si tornerà indietro su questo.

Le giovani generazioni viaggeranno forse di meno ma saranno protagoniste di un’era nella quale l’innovazione tecnologica  diventerà il

collante ed il fluidificatore di un sistema meno globale e strutturato che continuerà a comunicare ed a socializzare.

La destrutturazione e la de-globalizzazione, del resto, non potrebbero affermarsi al di fuori di un mondo digitale e connesso

perché il distanziamento sociale unito alla rottura di una coscienza collettiva globale, riporterebbero l’umanità all’età della pietra

La transizione digitale non si limiterà allo smart-working o alla formazione ed al commercio “on line” che trovano un formidabile campo di applicazione in questi mesi.

Le innovazioni si estenderanno alle applicazioni scaricate sui nostri telefonini  che semplificheranno le nostre giornate fino alla gestione dei processi relativi allo sviluppo dei “Big Data “ e della “Computer Vision”

che renderanno possibile il controllo di veicoli autonomi, la video sorveglianza anche nell’ambito della medicina preventiva oltre ad una sempre maggiore interazione tra uomo informazioni complesse e computer.

Il virus, se non sarà vinto da un vaccino, imporrà nuovi stili di vita ma anche nuove speranze.

L’unica cosa da fare è continuare a vivere accettando i  cambiamenti che inevitabilmente definiranno le nostre vite ma senza  rinunciare alla nostra umanità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

Conte ed i fantastici 17

 




Fakes Origini???

 

Negli Stati Uniti continuano le inchieste per provare a far luce sul mistero delle origini del coronavirus.

Le certezze si fermano al fatto che il Covid-19 si è inizialmente manifestato in Cina e ora conta oltre due milioni di casi in tutto il mondo, circa la metà in Europa.

Dopo che gli Usa hanno avviato un’indagine sulla possibilità che il virus sia nato in un laboratorio di Wuhan e che si sia diffuso per incidente (la Cina ha prontamente smentito), il Washington Post ha raccolto e analizzato le tre teorie più diffuse sul contagio:

“Una è chiaramente falsa, una è possibile ma non supportata da prove note e una è sostanzialmente vera”.

Secondo la prima ipotesi, l’epidemia è collegata alla ricerca sulle armi biologiche, mentre la seconda sostiene che il coronavirus si è diffuso in un laboratorio a causa di un incidente.

A riguardo ci sarebbero “prove circostanziate”, scrive il Post in riferimento alle ricerche sui coronavirus dei pipistrelli, portate avanti dai ricercatori della sede di Wuhan del centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie.

Questo, però, non dimostra che il nuovo coronavirus sia mai stato studiato in quel laboratorio e quindi non ci sono prove che si sia diffuso da lì.

La terza teoria, invece, è quella secondo cui il governo cinese avrebbe ingannato il mondo sul Covid-19.

Già in passato il Post aveva scritto dell’offuscamento di informazioni da parte della Cina: “Pechino è stata lenta nella condivisione dei dati, anche con gli esperti dell’Oms”,

scrive il giornale citando l’inchiesta dell’Associated Press,

secondo cui il gigante asiatico non avrebbe dato l’allarme per sei giorni, cruciali per la diffusione del virus.

Sulla seconda ipotesi, cioè che il Covid 19 si è diffuso in laboratorio a causa di un incidente, si è espresso anche Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina nel 2008.

Ecco la sua teoria. 

Il coronavirus è un virus manipolato ed è uscito accidentalmente da un laboratorio cinese di Wuhan, dove si studiava un vaccino per l’Aids.

 

Questo è quanto spiegato, direttamente da Montagnier in un podcast francese specializzato in medicina e salute.

 

Secondo il professore, che nel 1983 ha scoperto l’Hiv come causa dell’epidemia di Aids, la Sars-CoV-2 è un virus è che stato lavorato e rilasciato accidentalmente da un laboratorio di Wuhan,

specializzato nella ricerca sui coronavirus, nell’ultimo trimestre del 2019.

 

“Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus Rna”, ha spiegato Montagnier.

 

“Non siamo stati i primi – ha specificato – un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra che il genoma completo di questo virus ha all’interno delle sequenze di un altro virus, che è quello dell’Aids.

Il gruppo indiano ha ritrattato dopo la pubblicazione, ma la verità scientifica emerge sempre. 

 

La sequenza dell’Aids – ha concluso il Nobel – è stata inserita nel genoma del coronavirus per tentare di fare il vaccino”.

 

Sulla terza ipotesi, quella del volontario ritardo con cui il governo cinese ha dato l’allarme e, soprattutto della connivenza dell’OMS con la Cina, ecco quanto sta emergendo

 

Mercoledì 8 aprile, il New York Times titolava “Trump ha attaccato l’Oms sul coronavirus. Non è il solo”.

E sottotitolava: 

“I critici dicono che l’Organizzazione mondiale della sanità si è mostrata troppo fiduciosa con la Cina e non ha sottolineato i suoi primi passi falsi”.

Sì, Trump non è il solo.

Infatti, il 28 marzo, il vice primo ministro giapponese, Taro Aso, davanti al parlamento del suo paese, aveva ribattezzato l’OMS, organizzazione cinese della sanità, a motivo della sua subalternità a Pechino.

Il 31 marzo, il senatore repubblicano della Florida, Rick Scott, aveva chiesto l’ istituzione di una commissione d’inchiesta del Congresso

«sul ruolo dell’Oms nell’aiutare la Cina comunista a nascondere informazioni relative alla minaccia del coronavirus».

Del resto, già alla fine di febbraio, scriveva Micael Collins, del Council on Foreign Relations:

«Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus è stato uno strenuo difensore della risposta del governo cinese al Covid-19.

Il 28 gennaio Tedros ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a Pechino.

Dopo quell’incontro Tedros ha lodato la Cina per “aver creato un nuovo modello per il controllo delle epidemie” e la massima leadership del paese per la sua “apertura alla condivisione di informazioni” con l’Oms e altri paesi».

In realtà, la Cina ha ritardato di tre settimane la comunicazione dell’epidemia al resto del mondo.

La Cina tramite le autorità regionali ha fatto arrestare i medici che avevano cercato di far conoscere la situazione.

La Cina, ancora a fine gennaio ha censurato in tutti i modi gli organi di stampa e i giornalisti cinesi che indagavano sugli avvenimenti!

Prosegue Collins:

«Nonostante le prove crescenti della pessima gestione dell’epidemia e la crescente indignazione dell’opinione pubblica cinese a riguardo della censura governativa, Tedros resta impassibile.

Il 20 febbraio alla Conferenza per la sicurezza di Monaco conferma il suo apprezzamento per la Cina dichiarando che “la Cina ha permesso al mondo di guadagnare tempo”.

Mentre si profonde in lodi nei riguardi della Cina, Tedros non ha perso tempo nel criticare altri paesi per il loro approccio all’epidemia.

Ha fatto appello alle nazioni perché non mettessero limiti ai viaggi dalla Cina e ha ammonito contro la “recriminazione o politicizzazione” dell’epidemia.

I media cinesi danno molto rilievo alle lodi di Tedros nei confronti di Xi Jinping e alle sue critiche ai governi stranieri».

Al filo-cinese direttore dell’Oms è attribuibile anche il ritardo nella dichiarazione ufficiale della pandemia:

«Più preoccupante è il ritardo di Tedros nel dichiarare il Covid-19 un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale

[Pheic nell’acronimo inglese, ndt].

Il 23 gennaio il comitato per l’emergenza dell’Oms si è spaccato sulla decisione di dichiarare una Pheic.

Facendo valere la sua autorità ultima, Tedros ha deciso di aspettare nonostante l’ammissione che “questa è un’emergenza in Cina”.

Una settimana dopo, ha dichiarato la Pheic.

A quel punto i casi di Covid-19 erano decuplicati arrivando a 7.781 in 18 paesi.

John Mackenzie, un membro del comitato esecutivo dell’Oms, ha dichiarato pubblicamente che l’azione internazionale sarebbe stata diversa senza il “riprovevole” offuscamento dell’estensione dell’epidemia da parte della Cina».

Ma da dove viene quest’ alleanza tra Tedros ed il governo cinese?

La Cina è stata un’importante alleata di Tedros Adhanom Ghebreyesus nella sua elezione a direttore generale dell’Oms il 23 maggio 2017.

Tedros, laureato in biologia, è stato prima ministro della Sanità e poi ministro degli Esteri dell’Etiopia, il paese dell’Africa orientale dove è indirizzata la maggiore quota di investimenti cinesi.

Da soli gli investimenti cinesi rappresentano il 60 per cento di tutti gli investimenti esteri diretti (Fda) in Etiopia, che l’anno scorso ammontavano a 2,5 miliardi di dollari.

Alcuni mesi prima dell’elezione Tedros fu invitato a parlare all’Università di Pechino, dove auspicò una più intensa cooperazione fra la Cina e il i paesi del Sud del mondo in materia sanitaria.

Il giorno dopo la sua elezione, Tedros confermò ai media statali cinesi che lui e l’Oms avrebbero continuato a praticare il principio “una sola Cina”, che esclude Taiwan da rapporti diretti con l’Oms.

Questo fatto ha già creato problemi in passato, e sembra averne creati anche in occasione di questa epidemia.

Wall Street Journal del 6 aprile ha dichiarato

«Dirigenti di Taiwan avvisarono l’Oms il 31 dicembre scorso che avevano prove che il virus si poteva trasmettere da un essere umano all’altro.

Ma l’agenzia, in omaggio a Pechino, non ha un rapporto normale con Taiwan. Il 14 gennaio l’Oms lanciava un tweet:

“Indagini preliminari condotte dalle autorità cinesi non hanno trovato chiare prove di trasmissione fra esseri umani”.

All’agenzia ci volle un’altra settimana per correggere queste informazione sbagliata».

Indizi eloquenti della subalternità dell’Oms alla Cina e in particolare del suo direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus non mancano.

Uno dei primi atti del nuovo direttore entrato in carica il 1° luglio 2017, fu di nominare ambasciatore di buona volontà dell’Oms per le malattie non trasmissibili nell’ottobre dello stesso anno niente meno

che Robert Mugabe, l’allora 93enne dittatore che in 37 anni aveva trasformato lo Zimbabwe,

paese a medio reddito, in un caso disperato di corruzione, malgoverno e miseria diffusa, senza parlare delle violazioni dei diritti umani su vasta scala.

Durante il suo lungo regno il Pil dello Zimbabwe è diminuito del 40 per cento, trascinando nel baratro i servizi sanitari: Mugabe, come i suoi ministri, si faceva curare all’estero.

Quali meriti aveva allora l’anziano presidente?

Senz’altro quello di essere l’alleato storico in Africa della Cina, il paese che aveva finanziato la sua organizzazione guerrigliera (lo Zanu)

al tempo della lotta contro il regime segregazionista dell’allora Rhodesia governata dai bianchi, mentre l’organizzazione rivale dello Zapu era finanziata dall’Unione Sovietica.

Alla Cina poi Mugabe dapprima come primo ministro e poi come presidente aveva aperto le porte dello Zimbabwe.

L’alzata di scudi internazionale contro la nomina, definita da alcuni «un insulto», convinse Tedros a ritirare il provvedimento nel giro di una settimana.

Non sono invece bastate le proteste di molte organizzazioni internazionali per la protezione della fauna selvatica e delle associazioni animaliste a impedire che l’Oms iscrivesse la medicina

tradizionale cinese nel suo Global Medical Compendium nel maggio dello scorso anno.

Com’è noto, molti rimedi tradizionali cinesi utilizzano parti di animali in via di estinzione, come tigri e rinoceronti.

L’Oms ha risposto strategicamente alle critiche affermando che l’inserimento delle pratiche cinesi nella sua guida non implica la sua approvazione dello sfruttamento di animali selvatici proibito da convenzioni internazionali.

L’influenza che la Cina sta esercitando all’interno dell’Oms è tanto più sorprendete in quanto la sua quota di partecipazione è molto inferiore a quella di un paese come gli Stati Uniti.

Nel biennio 2018-19 la Cina ha versato 86 milioni di dollari contro gli 893 milioni di Washington.

È facile intuire quale sarà uno dei cavalli di battaglia di Donald Trump alle elezioni presidenziali del prossimo mese di novembre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Covid19, un nuovo futuro.

Coronavirus, stare dall’altra parte!




Cura a Casa il covid 19, forse sì!

Il Dottore Stefano Manera e le sue scomode verità sul Covid 19.

Stefano Manera, 44 anni, specialista in anestesia e rianimazione, ha partecipato al bando straordinario indetto dalla regione Lombardia.

È partito da Milano per la trincea dell’ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo, tra i più colpiti dall’emergenza coronavirus.

Anestesista e rianimatore in prima linea, Manera, è recentemente finito nell’occhio del ciclone per la sua versione dei fatti, a dir poco contro corrente.

Come redazione di betapress riprendiamo l’intervista di Massimo Mazzucco al Dr. Stefano Manera, trasmessa su Contro.tv.

Intervista diffusa anche da Gianluca Spina in un video intitolato

IO PENSO#38.

Secondo Manera, all’inizio era davvero una semplice influenza.

“Una malattia ancora sconosciuta, che all’inizio colpiva le persone più fragili e che adesso intacca anche giovani sani. La mia impressione è che chi si ammala abbia un substrato preesistente di infiammazione:

sovrappeso, diabete, ipertensione arteriosa”.

Per spiegare come una semplice influenza sia diventata poi mortale, sottolinea quello che è successo nei primi giorni del contagio, un passaggio fatale.

Le persone avrebbero meritato di essere curate sin dall’inizio, a casa, in modo efficace, ma questo non è stato possibile.

Perché?

Per il fallimento della medicina del territorio, impreparato e scoperto, nel gestire la prima fase del virus, quella virale.

All’inizio, i medici di base non hanno potuto, per mancanza di indicazioni adeguate, contenere l’evolversi del virus, e così chi aveva contratto il virus arrivava all’ospedale già in fin di vita, in condizione disperate.

Lasciare il paziente a casa, curato con solo la tachipirina, non è stato adeguato, perché poi i malati arrivavano in ospedale direttamente in fase 3.

Adesso, però, con l’esperienza acquisita, sappiamo come curare con farmaci adeguati, subito, a casa.

E qui il dottore Manera spiega come funzionano eparina e idroclorochina per i malati di Covid 19.

Farmaci economici che vanno però contro gli interessi delle grandi case farmaceutiche.

Racconta che stanno chiudendo i primi reparti di Terapia Intensiva (perché non più necessari), e suggerisce come si possa iniziare ad allentare il lockdown dei cittadini.

In tal senso, Manera sottolinea che non ha più senso isolare i pazienti dai loro cari.

Possono essere curati, a casa, e non strappati ai loro parenti.

E definisce condotta aberrante la morte dei malati per covid 19 isolati dalle loro famiglie.

Ma l’aspetto più sconvolgente di questa intervista di Massimo Mazzucco al Dr. Stefano Manera, medico chirurgo laureato in medicina e chirurgia, specialista in anestesia e rianimazione all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sono le seguenti affermazioni

E’ già possibile instaurare una terapia domiciliare.

 Ci si può curare tranquillamente a casa, inutile il lockdown.

Vaccini, esperti di COVID-19 non ce ne sono e non ce ne possono essere in soli 2/3 mesi di esperienza, avere la presunzione di ritenersi esperto è un atto fuori luogo, non è possibile sapere ancora se questo virus determini immunità, abbiamo un virus che è in grado di mutare velocemente, e per tanto riuscire a identificare un vaccino in grado di determinare immunità su un virus che muta, è un’impresa molto complicata.

Sottolinea gli enormi interessi economici che pilotano la ricerca del vaccino sperimentato in tempi troppo brevi.

 

E’ inspiegabile altre sì accorciare il periodo di studio, come propongono, perché diventerebbe una sperimentazione fatta sulle persone e questi elementi determinerebbero una insicurezza di questo farmaco

  • 1 il vaccino sarà sicuro? 
  • 2 non mi crea malattie iatrogene? 
  • 3 questo vaccino mi dona una memoria immunitaria?
  • 4 quanta è durata la sperimentazione e di conseguenza quanto è sicuro?

Un farmaco sperimentato per 3 mesi, vuol dire che la sperimentazione è inesistente.

  • Una sperimentazione è composta da 3 fasi: fase in vitro, fase sugli animali, fase sull’essere umano, il tempo minimo è 2 anni.
  • Saltare questi passaggi è un’imprudenza elevata, il farmaco dovrebbe servire per curare, non ammalare
  • I medici dovrebbero fare prevenzione, in occidente non si fa prevenzione, perché non ci sarebbero guadagni per le case farmaceutiche

Quali sono le cause del virus secondo il Dottore:
«I veleni: elementi nocivi nell’aria o nell’acqua che beviamo. Per questo si pensa che il virus abbia colpito le zone più inquinate d’Italia. Di certo, quando tutto sarà finito, nulla dovrà tornare come prima».

Ed infine sottolinea l’importanza della prevenzione individuale per ridurre lo stato infiammatorio preesistente nello stato della popolazione.

Parla di rimedi della nonna, cioè di sane abitudini comportamentali snobbate dalle case farmaceutiche, perché contro gli interessi economici.

Dunque, noi di betapress ci chiediamo:” Perché bloccare tutto per un errore di approccio?”

Ed ancora” Se ci voleva un tempo di comprensione, questo periodo non poteva essere diminuito o annullato dall’ OMS?”

“Perché l’OMS non ha saputo o voluto dirci come stavano andando le cose?”

“E perché continuano ad ingannarci con la storia del vaccino per prolungare il lockdown?”

“Chi, come e quando saranno risarcite milioni di persone per tanto disastro economico, strazio sanitario e comportamento aberrante?!?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Calo dei contagi???

 

Covid19, un nuovo futuro.




La sottomissione di Gregge

Ormai credo non sia più discutibile: ci sono cose che palesemente non vanno.

Ci sono dati che palesemente sono falsi e siparietti che sembrano costruiti ad hoc.

Eppure se ci si pensa bene siamo arrivati qui da un lungo cammino pre costruito:

sanità azzerata da folli rincorse a pareggi di bilancio senza scopi definiti, scuola distrutta negli anni da mancanza di fondi ed incompetenza, politica sempre più dei cani arrabbiati e non dei signori, industrie e posti di lavoro persi, ricerca inesistente, università ridotte alla stregua di licei, profondità di pensiero del paese lasciate in mano ad orde di ignoranti dichiarati.

Un popolo che non sa né leggere né scrivere, è un popolo facile da ingannare.”
CHE GUEVARA

Eccoci qua, popolo ignorante, senza ossatura industriale, in mano ai titanici sforzi della nostra PMI che più di tanto non può fare, sotto il controllo di uno stato di polizia fiscale perché altro non gli rimane.

Ed ecco che ingannarci è uno scherzo da bambini, basta dire quattro cavolate davanti ad un microfono et voilà il gioco è fatto.

Siamo lì, pronti a berci tutto purché sia una cosa momentaneamente rassicurante e che ci dica che siamo al sicuro, che tutto è a posto, che andrà tutto bene.

“Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia, che da una piccola.”
ADOLF HITLER

Eppure nonostante anni di storia non impariamo mai.

Bugie enormi, raccontate perché ormai non abbiamo più la memoria storica, bugie infinite che si perdono in rivoli di fake news, abbaglio di menti povere.

Siamo solo l’ombra di un popolo, appendiamo le bandiere alle finestre per coprire con la loro ombra le nostre mancanze.

Ci danniamo per capire chi ha inventato il MES ma non ci preoccupiamo del perché c’è.

Ci lamentiamo che il nostro paese dovrebbe ricevere quintali di miliardi di euro per parare il colpo della pandemia, ma non ci rendiamo conto che la pauperizzazione del nostro paese, perpetrata negli ultimi decenni, ci ha resi inermi di fronte a qualsiasi crisi.

Siamo una famiglia senza risparmi e con debiti con gli strozzini sia europei che mondiali.

Non avendo più un tessuto industriale in grado di reggere i colpi di un mercato asfittico e paranoico cadiamo come il colosso dai piedi d’argilla.

Ma ancora non ce ne stiamo accorgendo, ancora siamo stati messi in un bozzolo di sicurezza a suon di DCPM.

Il Popolo stava forse rendendosi troppo conto dell’imbecillità del suo governo ed allora ha giocato facile la paura, la pandemia, che forse poteva essere affrontata prima e meglio, ma magari farlo prima non era utile.

“Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione.”
BENITO MUSSOLINI

Cosa governa le masse? la Paura, la paura del diverso, dell’immigrato, della crisi, della pandemia.

No, certo che non sono uguali, è uguale solo il modo in cui vengono usate, puntualmente e spregiudicatamente.

Oggi non c’è più un governo italiano, oggi c’è un governo ombra che non ha interesse verso il popolo, ma cura altri interessi, che accetta la distruzione sistematica del tessuto produttivo a favore di potenze che non hanno a cuore il nostro paese e la nostra gente.

I fatti di quello che vi dico sono davanti a tutti voi, sono nella perdita della grande impresa italiana, nella distruzione dei marchi italiani, nella distruzione della scuola italiana, che oggi più che mai ha dimostrato la sua inadeguatezza (si difende solo perché il personale della scuola ha ancora una sua dignità), nei 2400 miliardi di debito pubblico, nella sanità mancata.

Sono nella banale mistificazione dei fatti: prendete subito 600 euro ma per farlo dovete richiedere il codice inps per accedere alla domanda, codice che vi viene dato se vi va bene dopo un mese (?!?!?! ma che c…o).

E nemmeno è più rimasta la dignità perché un governo per prendere decisioni nomina task force ad minchiam di gente che di certo voti non ne ha presi, perché per affrontare quelle problematiche noi abbiamo messo al governo delle persone, abbiamo votato delle persone che devono loro risolvere le cose, non affidare ad altri la responsabilità di risolverle.

Ma la piantiamo di passar sopra la sovranità del popolo????

Certo che un popolo gregge…

“Il popolo non è organizzato; perciò l’espressione della sua volontà è una mistificazione, perché i suoi organizzatori, i suoi mediatori – i partiti – hanno perso il contatto con il popolo.”
ADRIANO OLIVETTI

Io vedo un percorso pericoloso verso la sottomissione di gregge, utilizzando la paura e la preventiva distruzione di ogni risorsa dello stato.

L’uso criminale dei mezzi d’informazione, la mancanza assoluta di onestà intellettuale, non aver dato al popolo la possibilità e gli strumenti per leggere correttamente anche i media è l’atto criminoso più vigliacco dell’ultimo secolo.

“La nuova fonte di potere non è il denaro nelle mani di pochi, ma l’informazione nelle mani di molti.”
JOHN NAISBITT

Il fumo negli occhi, le risse tra politici, le continue polemiche, i battibecchi che portano molto lontano dalla verità, la facilità con cui la nostra attenzione ormai vaga su mille argomenti senza approfondirne nemmeno uno, l’iracondia che leggiamo in tutte le comunicazioni.

 

“Si dominano più facilmente i popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi.”
GUSTAVE LE BON

Da questo periodo usciremo forse avendo sconfitto il covid (ma a caro prezzo e poi non ne sono così sicuro), ma pagando un tributo altissimo sull’altare della nostra sovranità nazionale… infatti il duro colpo che è stato dato alla PMI è forse l’attacco peggiore al nostro paese degli ultimi anni.

Per ora aiuti non ce ne sono!

La cassa integrazione non è un aiuto è solo un palliativo, perché la produzione è ferma immobile, posticipare i pagamenti delle imposte non serve ad una mazza di niente perché le aziende prima o poi le dovranno pagare ed ora che non guadagnano nulla non possono certo accantonare.

La possibilità di ricevere prestiti agevolati è solo un modo per mettere ulteriori cappi al collo degli imprenditori, non dico nulla del contributo dei 600 euro perché è offensivo.

lo stato riceverà mille e mille miliardi dalla CE (balle) e comunque anche se fosse mica li regalano, li rivogliono (giustamente direi), quindi cosa abbiamo risolto?

Forse dobbiamo pensare a nuovi modi di supporto alle imprese, ricapitalizzazione con partecipazione dello stato, ti metto dei soldi ma poi parteciperò ai tuoi utili, utilizziamo il patrimonio artistico che possediamo per creare fondi di investimento per finanziare il capitale delle imprese.

Oppure facciamo cose strepitose, usciamo dell’europa che non ci ha aiutato manco per scherzo e creiamo una nuova unione italia-cina, la comunità Italina o Cinaliana.

Ma no, continuiamo a lamentarci dei governi, di conte, di salvini, di zingaretti, della meloni, di grillo, di dimaio, ma si dai andiamo avanti così!

Ma io vi esorto amici italiani, incominciamo a lamentarci di chi ha votato in tutti questi anni, incominciamo a lamentarci di noi, della nostra dignità, della dignità del nostro Paese.

“Il primo bene di un popolo è la sua dignità.”
CAMILLO BENSO, CONTE DI CAVOUR

Questa credo che un poco l’abbiamo persa, primo passo verso la sottomissione di gregge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conte ed i fantastici 17

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!