“Il Poncho Dei Papi”

La pulce nell’orecchio …

Un giorno un’amica mi mette una pulce nell’orecchio: “Dovresti intervistare Christian Gaston Illan. Ha inventato un social in cui chi si iscrive si incontra veramente! Organizzano eventi e partecipano: sono menti brillanti, imprenditori di alto profilo, creativi, artisti … Un po’ di tutto. Li riconosci dal braccialetto che indossano …”

La mia amica Ary conosce la mamma di Christian: una signora che, orgogliosa del proprio figlio, ne condivide le iniziative e le idee vincenti. L’ultima è “iLoby”, il primo social che ha lo scopo di creare proficue liaisons tra persone attive nell’ambito del business e dell’imprenditoria.

 

Il primo “vero” social network

Se mi guardo indietro nel tempo, mi accorgo che tutte le volte che ho temporeggiato prima di contattare persone o intraprendere nuovi progetti, ho finito per innescare virtuosi processi e generare, più o meno consapevolmente, importanti conseguenze. Senza praticamente alzare un dito. Lasciandomi andare al Flusso della Vita.

La stessa magia si è ripetuta con Christian. A distanza di qualche mese dal suggerimento della mia amica, gli mando un messaggio su FB al quale risponde con garbo e disponibilità. Fissiamo il nostro appuntamento in una profumeria di nicchia nel cuore fashion – luxury di Milano per parlare di iLoby, il primo social network di persone “vere” che si incontrano per davvero.

La Mission di iLoby è creare liasions tra amici e amici degli amici: sintonizzati sulle stesse frequenze, fondati sugli stessi Valori, con lo sguardo proiettato ben oltre le circostanze contingenti. Tutti accomunati dal desiderio di creare Valore.

Clicca qui per vedere la prima parte dell’intervista.

E qui per vedere la seconda parte. 

 

Lo “Smart Villag[g]e Cloud”

A un mese dal nostro incontro, il mondo si ferma. Ma Christian prosegue la sua corsa e con Maria Giulia, la sua fidanzata, inaugura lo “Smart Villag[g]e Cloud”, la chat su whatsapp che annulla in un click gli altrimenti inevitabili effetti del “lockdown” e del “social distancing”. Mentre ne scrivo, il gruppo conta circa un centinaio di membri riuniti all’insegna dell’Amicizia, dell’Imprenditorialità e del Networking. Tra loro non ci sono solamente imprenditori ma atleti, giornalisti, speaker, attori, doppiatori, scrittori, artisti … addirittura direttori d’orchestra.

La loro frase – simbolo è l’aforisma di Thomas Edison: “Se facessimo veramente tutto ciò che siamo capaci di fare rimarremmo letteralmente sbalorditi.” Il tag del Gruppo più bello del pianeta è #insieme, e richiama il motto di iLoby “Insieme Siamo Più Forti”.

Mai motto fu più profetico: in tre mesi di inevitabile vita domestica, i membri più attivi della chat hanno stretto amicizia, avviato progetti e interessanti iniziative … insieme.

 

“Il Poncho Dei Papi”

… Christian aveva un sogno nel cassetto: raccontare la storia del suo incontro con papa Bergoglio, per consegnargli di persona il poncho acquistato da Marco e Patricia, i suoi genitori, su indiscutibile ordine di nonna Ita. Un poncho di rara fattura e bellezza – blu, con i lembi bianchi – fatto con amore da “Tero Guzman”, l’artigiano che ha reso il poncho, indumento gaucho di antica tradizione indigena del popolo salteno, famoso in tutto il mondo.

Ancora una volta si rivela prezioso l’apporto di Maria Giulia, che aiuta il suo compagno a mettere per iscritto la sua testimonianza di coraggio e perseveranza.

Nasce così “Il Poncho Dei Papi”, libro che racconta la storia di un Eroe dei nostri tempi che, sostenuto dalla fede e dalle parole di nonna Ita – “Il mondo appartiene agli audaci” –  sfida e vince le stesse insicurezze che, in simili circostanze, avrebbero dissuaso dall’azione la maggior parte di noi.

Ed ecco la nostra chiacchierata. Buon ascolto e, soprattutto, ottima Ispirazione!

Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Docenti e personale ATA si organizzano con il nostro supporto per un ricorso cumulativo contro il sistema istituzionale. Obiettivo: difendere la loro professionalità, gli studenti e le famiglie.

Betapress sostiene i diritti dei docenti e del personale ATA: ecco il link per accedere alla pagina di adesione al ricorso https://betapress.it/azione-collettiva-a-difesa-dei-docenti-e-del-personale-ata/

Cause scatenanti

Alla fine dell’anomalo anno scolastico 2019/2020 e in piena preparazione per l’anno scolastico 2020/2021, tra bilanci e pianificazioni, una cosa è chiara a tutti gli insegnanti, agli studenti e alle famiglie:

la Didattica a Distanza (altrimenti nota come DAD) è un disastro.

Ripetiamo: un disastro per tutti anche a causa della generale impreparazione a questa novità.

Nonostante i complimenti a favore di telecamera fatti dal ministro Azzolina ai docenti e ai dirigenti scolastici,

nonostante le linee di comunicazione eroiche e l’atmosfera da “è stata dura ma ce l’abbiamo fatta”,

la verità è che, stando a quanto dichiarato da un campione di docenti intervistato, la DAD è stato un disastro su tutti i livelli.

Disastro nella gestione familiare

La DAD, così come è stata organizzata, ha creato uno stress insostenibile alle famiglie che tra smart working, convivenza forzata, nuovi ritmi, bisogno di reperire toner, carta per stampante e periferiche di ogni tipo, si sono trovate a dover coordinare e pianificare l’utilizzo dei computer e dei vari dispositivi tra loro e i figli.

Chi ha più di un figlio e di età diverse, ha passato settimane infernali.

Disastro per la formazione

La DAD ha penalizzato in modo irreparabile la formazione di una intera generazione di studenti che non si riprenderà mai più dal deficit formativo.

Questo perché, stando a quanto detto dai docenti, per colpa della DAD e della promozione erga omnes, gli studenti di tutte le classi non riusciranno in alcun modo a recuperare un intero programma, né in un anno né in più tranche.

La DAD ha causato una voragine formativa insanabile.

Disastro per la classe docente

Quando, con l’applicazione della DAD, migliaia di docenti sono stati chiamati alla Didattica a Distanza, nessuno si è preoccupato se queste persone erano state preparate a questo.

Sì perché, né i docenti formati nei decenni scorsi né quelli formati fino a pochi mesi fa, hanno mai ricevuto una formazione specifica alla DAD.

Lo stesso può esser considerato per il personale ATA.

I docenti sono stati penalizzati su infiniti fronti.

Danno di immagine

La prima cosa che è saltata agli occhi di tutti è stata la poca dimestichezza con le periferiche e i terminali da parte di una grossa fetta della classe docente, non solo gli insegnanti della “vecchia guardia” ma anche di giovani docenti poco informatizzati.

In questo caso, la gestione delle lezioni on line ha richiesto ai docenti un ulteriore sforzo che, al di là della capacità di gestione della classe (o della “stanza” trattandosi di lezione on line) del docente, ha causato un deficit di stima nei loro confronti da parte degli studenti.

Osservazione

Il docente è la guida che i discenti devono seguire, se il sistema mina la credibilità del docente, il sistema è nel torto.

In più, da contratto nazionale, i docenti non sono tenuti a saper utilizzare i computer e nel corso del loro percorso di preparazione specialistica, non è obbligatorio da nessuna parte la capacità di sapere utilizzare strumenti per la DAD.

Danno economico

Con l’impiego della DAD molti docenti hanno dovuto acquistare computer, cambiare o installare connessioni più potenti, smartphone… alcuni, addirittura, hanno acquistato dei corsi per imparare in fretta ad utilizzare i strumenti.

Nessuno ha previsto il rimborso di queste spese che, altrimenti, non sarebbero state sostenute.

Anche in questo caso: lo stesso vale per lo smart working del personale ATA.

 

Lo ricordiamo:

I docenti e il personale ATA da contratto nazionale, non sono tenuti in alcun modo al lavoro da casa né al possesso di strumenti all’avanguardia (sì perché per la gestione della DAD e dello smoart working servono una connessione potente, programmi aggiornati e periferiche e terminali in grado di sostenere i programmi aggiornati).

Danno contrattuale

Il personale scolastico, al momento dell’assegnazione dell’incarico, firma un contratto.

Purtroppo la DAD ha colpito fortemente questo contratto:

Ore di lavoro

Nel contratto sono indicate le ore di lavoro da rispettare, con la DAD gli insegnanti e il personale ATA hanno lavorato ben oltre le ore concordate e queste ore non sono state considerate in nessun caso come straordinario.

Risorse

Il contratto non parla in alcun modo della necessità di dover utilizzare risorse personali da casa per la formazione.

Docenti e personale ATA, infatti sono tenuti ad usare al meglio gli strumenti forniti dalle scuole e non a dover acquistarne di propria tasca.

Violazione del diritto di disconnessione

Nel contratto è indicato il diritto di disconnessione, ovvero il diritto di non essere sempre connessi.

Con la DAD e il relativo smart working, questo diritto è stato completamente violato in quanto docenti e personale ATA sono stati connessi ad oltranza.

Danno sanitario

L’esposizione allo stress, alla corsa per l’aggiornamento, al sovraccarico di lavoro, alla difficoltà della gestione familiare (anche i docenti hanno famiglie) ha portato molti docenti a uno stato di rischio burnout.

Lo scandalo delle piattaforme

C’è ancora un problema trasversale a tutti gli interessati dalla DAD: docenti, genitori e studenti (questi ultimi in forma ancora più grave in quanto minorenni).

Per la DAD il ministero non ha fornito nessuna piattaforma dedicata e quindi adeguata dal punto di vista di privacy.

Con la DAD e l’utilizzo trasversale delle piattaforme (zoom, gotowebinar, google class, teams e chi più ne ha avuto più ne ha messo), sono stati dati in pasto a google, senza alcun controllo e senza alcuna garanzia.

Google ha acquisito indiscriminatamente e senza alcuna garanzia specifica i dati personali e le immagini di docenti, genitori e minorenni molti dei quali non avevano ancora profili registrati on line.

La DAD, così come è stata velocemente organizzata, ha creato un censimento informatico non autorizzato e non controllato che ha colpito ob torto collo anche chi non avrebbe avuto piacere di aderire.

E per concludere, non dimentichiamo la violazione del diritto costituzionale all’uguaglianza.

L’applicazione arraffazzonata della DAD non ha in alcun modo garantito tutti quegli studenti che non avevano accesso ai terminali adeguati.

Se è vero, com’è vero, che il diritto all’istruzione è un valore, il ministero dell’Istruzione con la DAD ha infranto questo diritto costituzionale.

Come ha detto Rosanna Rodriguez, presidente dell’associazione sindacale ACA Scuola:

“la DAD è una cosa seria: gli insegnati e il personale ATA devono essere formati adeguatamente e i processi didattici devono essere ben pianificati perché qualunque processo di apprendimento si basa sulla relazione”

Per questi e per altri motivi docenti e personale ATA si sono riuniti e hanno chiesto aiuto a Betapress che da sempre si occupa della buona istruzione.

Noi ci impegniamo a dare voce a questa gravissima violazione e aggressione dei diritti e sponsorizziamo professionalmente il ricorso cumulativo contro il ministro Azzolina.

“Siamo stanchi –  dice il nostro direttore prof. Corrado Faletti – di vedere il personale della scuola, a cui occorre dire solo grazie, continuamente preso a calci, non un grazie, nessun riconoscimento, solo grandi prese in giro e paroloni vuoti a cui seguono solo amare delusioni”.

È ora che il personale della scuola faccia sentire la sua voce, reclami i suoi diritti, ma sopratutto impari a mettere al governo gente competente.

Ringrazio Rosanna Rodriguez che ha voluto seguire Betapress in questa forma di protesta, Lei, unica fra i sindacati, che invece di parlare ha deciso di entrare in azione.

Anche grazie al suo supporto siamo riusciti a tenere il costo della partecipazione all’azione collettiva per il personale scuola molto basso, sicuramente molto lontano dai soliti 250 euro che vengono richiesti da chi si “dichiara” a supporto della scuola.

Noi lo siamo coi fatti!!

 

Ecco il link per aderire:

Aderisci al ricorso

Entra nel gruppo facebook

 

Azione collettiva a difesa dei docenti e del personale ATA

 

 

 

 

 

 

 

 

DADOUT: burnout telematico

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?

DAD: conta ancora il fattore umano

 




I DS AL GOVERNO CONTRO I VICEPRESIDI: INACCETTABILE!!!

Il valore indiscusso del formatore competente

L’incarico di dirigente scolastico porta con sé una grande quantità di responsabilità e impegno in un contesto molto delicato qual è quello della formazione degli studenti.

Chi scrive è convinto che non esistono cifre troppo alte per gratificare e sostenere chi ha la responsabilità di formare al meglio gli uomini e donne di domani, quelli che devono avere tutti gli strumenti per poter cambiare il mondo sempre in meglio.

Chi scrive è convinto che chi è capace deve essere sostenuto e gratificato.

Una cosa simile pensa anche l’onorevole Vittoria Casa, membro della VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione, come il ministro Azzolina Dirigente Scolastico (prima però del Concorso del  discusso concorso del 2017), siciliana e membro del movimento 5stelle.

Il dirigente scolastico che pensa ai dirigenti scolastici

Quando pochi giorni fa la paventata riduzione dello stipendio dei Dirigenti scolastici è stata scongiurata, tutti gli interessati hanno tirato un sospiro di sollievo.

Soprattutto dopo un periodo difficile come quello della chiusura generale dovuta all’allerta COVID, era fondamentale riconoscere l’impegno e gli sforzi dei dirigenti scolatici.

“Sappiamo che non è stato semplice gestire l’emergenza e non è semplice neppure il lavoro che ora sono chiamati a svolgere in vista della riapertura a settembre.
Responsabilità e collaborazione non possono mancare: Governo e Parlamento sono al loro fianco e stanno fornendo loro tutti gli strumenti per poter garantire un rientro tra i banchi di scuola per tutti, e nella massima sicurezza”,

ha dichiarato l’on. Vittoria Casa.

Ripetiamo:

“Responsabilità e collaborazione non possono mancare”.

La protesta di AnCoDiS

E allora perché, fa notare Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (An.Co.Di.S.) al momento di dividere le gratificazioni e i riconoscimenti, nessuno si ricorda di chi ha svolto il lavoro?

É quasi come se i dirigenti scolastici che si battono per i giusti diritti dei dirigenti scolastici, si siano dimenticati che, nei giochi di squadra, alla fine del campionato non ci arriva solo il capitano ma tutti quanti.

I commenti di chi è stato dimenticato

Ecco alcune dei commenti giunti a noi in redazione 

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale”

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale. Credo sia arrivato il tempo di evidenziare che queste scelte hanno un imprinting politico che noi non possiamo accettare”

E ancora

“Non mi interessano i soldi… Ma le dichiarazioni della Casa sono per noi inaccettabili! Sappiamo bene e lo diremo chiaramente nel comunicato stampa che c’è una falsa rappresentazione della realtà”

Ma chi sono i Collaboratori dei DS e le figure di sistema?

I Collaboratori del dirigente Scolastico sono figure di governance vitali (ma non riconosciute) per la scuola dell’autonomia.

Sono docenti nominati su base fiduciaria dal dirigente scolastico che non possono assumere alcuna responsabilità dirigenziale o amministrativa nei confronti del personale scolastico.

Non hanno un contratto specifico né specifici riconoscimenti ma svolgono ruoli cruciali.

Profilo dei Collaboratori dei DS

Stando a uno studio divulgato da AnCoDiS,

il 77% dei collaboratori è di sesso femminile e

l’80% ha una anzianità lavorativa di oltre 15 anni

(praticamente sono la memoria storia della scuola).


Cosa fanno i Collaboratori

Ecco un riepilogo dei lavori svolti dai collaboratori

  • Organizzazione del servizio per il 74,4% 
  • Collaborazione nella gestione delle criticità rilevate nella tua scuola, anche durante la DaD per il 70,2% 
  • Gestione dei rapporti tra le componenti scolastiche per il 6,.0%
  • Organizzazione e coordinamento della DaD per il 66,1%
  • Monitoraggio della DaD per il 50,5%
  • Rapporti con le famiglie durante la DaD per il 48,5%
  • Gestione dei conflitti per il 48,0% 
  • Sicurezza e prevenzione per il 41.6% 
  • Redazione progetti per il 38.2% 

 

Per il 15,3% svolgono i seguenti incarichi:

  • Animatore digitale
  • Coordinamento inclusione
  • Progettazione Erasmus
  • Predisporre organizzazione collegio docenti e consiglio d’istituto e loro verbalizzazione
  • Gestione delle emergenze
  • Gestione totale PON, compresi gli accertamenti
  • Risoluzione di problemi informatici e tecnologici comprese gestioni piattaforme
  • Formazione classi
  • PEI iniziali, intermedi e finali
  • Formazione docenti
  • Sostituzione DS, gestione posta, rendicontazioni progetti Fse,
  • Organizzazione sostituzione docenti assenti, rapporti con le famiglie e il territorio
  • Coordinamento didattico
  • Organizzazione scrutini e relazione con le scuole interessate da docenti in COE 
  • Gestione esami idoneità, integrativi, preliminari per qualifica ed Esami di Stato, ecc. Rapporti con Enti e istituzioni locali
  • Formatore per utilizzo di strumenti, App e software utili alla DAD
  • Supporto alla segreteria alunni e al DSGA per i progetti PON Gestione orario con “Progetto classi senza aule”.
  • Redazione modulistica DaD (rimodulazione progettazione, PAI – PIA), 
  • Rilevazione dei bisogni delle famiglie durante la DaD e organizzazione per l’assegnazione e distribuzione dei dispositivi e delle connessioni

Conclusioni

Per concludere, riconosciamo pienamente la difficoltà e la gravosità del lavoro del dirigente scolastico, dichiariamo che chi è stato investito da questo incarico deve far fronte a enormi responsabilità.

Vorremmo solo che chi si batte per i propri diritti, si ricordasse di combattere anche per chi li  aiuta e li ha aiutati a raggiungere i risultati o, quanto meno, tornando alla analogia sportiva, ad arrivare alla fine del campionato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

 

 




Bullizzati di successo: considerazioni psicologiche sul fenomeno

 

Molti personaggi affermati del mondo artistico hanno dichiarato di essere stati  vittime di bullismo.

Per esempio la nota cantante Lady Gaga era una bambina di bassa statura e un pò robusta  e per questi motivi i bulli della classe la infastidivano a tal punto che lei non voleva più andare a scuola.

Barack Obama veniva deriso dai compagni per le sue orecchie a sventola.

Kate Middleton, moglie del principe William, dichiara di aver sofferto per essere stata presa in giro da alcune compagne di classe in quanto timida e troppo studiosa.

Johnny Depp, anche lui vittima di bullismo, così si esprime: “Non aspetterei un attimo a distruggere chiunque facesse del bullismo ai miei figli”.                                                                                                                                                                                                

Il bullismo è da considerarsi una forma conclamata di violenza perpetrata a danno di  soggetti incapaci di difendersi.

Peraltro la violenza, insita anche nel bullismo, come affermava Benedetto Croce “non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruggitrice”.

Capire quale struttura di personalità si nasconda sotto la vittima è fondamentale in quanto le reazioni possono essere svariate di fronte ad atti persecutori subiti nel tempo.

C’è chi dalla sofferenza trae spunto per superarla, compensando positivamente i torti  subiti, e chi invece cade nello sconforto fino a giungere ad atti estremi quali quelli autolesionisti e/o suicidari.

È noto che la vittima è spesso bloccata nel rispondere alle offese fisiche e/o verbali messe in atto nei suoi confronti, non accetta e non reagisce poiché preferisce isolarsi.

L’invisibilità diviene una caratteristica presente che la rende fragile ed inadeguata allo sguardo dei pari.

Può inoltre succedere che alcune vittime, per lungo tempo, tendano a negare il problema, cercando di neutralizzare la propria sofferenza emotiva e talvolta possono mettere in atto anche comportamenti di auto colpevolizzazione.

Emerge spesso che la vittima subisca prepotenze ed offese riguardanti una sua caratteristica particolare tale da differenziarla significativamente dal resto dei coetanei.

Per esempio può avere una statura più bassa degli altri o minore forza muscolare,  semplicemente a causa delle differenze fisiologiche che si manifestano nei processi di sviluppo e di crescita.

La vittima incontra difficoltà a gestire le relazioni sociali, soprattutto di fronte ad interazioni complesse.

In relazione a ciò è plausibile chiedersi come possa succedere che diventi poi una persona di successo.

L’inferiorità che ha accompagnato la vittima si è trasformata in una superiorità che si è poi strutturata in un percorso di solitudine e sofferenza ma che nello stesso tempo ha lasciato spazio all’emergere di una creatività finalizzata al raggiungimento di obiettivi concreti.

L’isolamento, seppur sofferto, non impedisce di produrre qualcosa di fruibile esteticamente.

Molto costruttivo per le vittime è lo sviluppo della “resilienza”, ossia la capacità di gestire i momenti di difficoltà senza perdersi d’animo e, pur nell’inevitabile disagio, trovare risorse per fronteggiare i problemi.

Per aiutare le vittime nei momenti di difficoltà è utile fornire supporto, sia emotivo che operativo, in modo da consentire loro di sentirsi meno stressate, meno vittimizzate e capaci di fronteggiare situazioni di disagio grazie alle proprie potenzialità.

L’obiettivo è quello di modificare le norme ed i modelli comportamentali, facendo in modo che la vittima si senta meno sola e sia più propensa a parlare di ciò che le succede invece di soffrire in silenzio.

Molte persone bullizzate risultano dunque vincenti sul piano dell’affermazione personale perché riescono a mettere in campo il meccanismo psicologico della “compensazione positiva”.

Secondo la Psicologia Individuale si può compensare tanto un “sentimento di inferiorità psichica” quanto una “inferiorità d’organo” ed è attraverso la “volontà di potenza”, intesa come desiderio di affermazione di ciascun individuo, che si  mettono in atto delle compensazioni per superare il “sentimento d’inferiorità”.

Francesco Parenti in proposito sostiene che “la compensazione si configura perciò come l’insieme delle modalità con cui la volontà di potenza si propone di superare o aggirare un sentimento d’inferiorità all’interno di una dinamica basso/alto in cui l’individuo aspira a mete di superiorità e di perfezione”.

Come affermava Eleanor Roosevelt: “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso”.

Questo messaggio deve essere alla base del superamento del grave disagio provocato dal bullismo e probabilmente i personaggi celebri che ne sono stati vittime lo hanno introiettato trasformando l’inferiorità vissuta in successo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




E siamo ancora qua…

Non è tempo di consuntivi, purtroppo, perché il Covid 19 circola ancora tra la gente ed i dispositivi individuali di protezione fanno parte ormai del nostro vivere quotidiano.

Siamo alla Fase II o forse alla Fase III ma il timore di nuovi focolai e dei contagi innescati dagli asintomatici rende possibile il ritorno ad una fase di confino e di isolamento sociale.

Se guardiamo indietro, alla esplosione dei primi casi in Italia alla fine del gennaio scorso ci rendiamo conto che negli ultimi mesi il virus ha cambiato radicalmente le nostre vite e le certezze sulle quali riposavano.

Non sono in discussione le modalità relazionali imposte dalle logiche di prevenzione che hanno accelerato processi già in atto come la digitalizzazione e la progressiva innovazione tecnologica a disposizione dei modelli di consumo.

Gli archetipi dell’immaginario collettivo stravolti dal Covid sono stati i cardini portanti della società del benessere conosciuta dalle economie avanzate dal dopoguerra ad oggi.

Pensiamo al sistema delle certezze, a quello dell’informazione ed infine alla Politica ed al senso di Stato.

Le prime sono state spazzate via dall’emergenza virale e per molto tempo la precarietà potrebbe essere l’humus culturale di ogni scelta individuale e collettiva.

Un mondo senza certezze tuttavia è facile preda della caduta valoriale e materiale.

Una vita senza futuro si consuma nell’attesa e nell’inazione.

In realtà l’incertezza ha fatto il suo ingresso nel linguaggio dell’economia già da un paio di decenni e la società contemporanea è stata già sapientemente descritta come “liquida” dal filosofo Zigmunt Bauman.

Purtroppo il Covid19 ha portato a compimento un processo già in atto con la conseguenza di  rendere tutto più incerto e instabile.

L’informazione non è stata risparmiata dagli effetti del Covid19.

La pandemia, infatti, ne ha condizionato la natura e la comunicazione è diventato lo strumento principale per orientare scelte e veicolare decisioni.

Purtroppo ai più attenti non sarà sfuggita la difficoltà di decifrare i contenuti dell’informazione proprio riguardo ai nuclei centrali dell’interesse pubblico degli ultimi mesi: l’andamento dell’epidemia, i protocolli di terapia, i progressi nella ricerca di un vaccino per non citare le questioni economiche sull’agenda della politica nazionale e comunitaria.

Comprendere in modo esaustivo le cifre della comunicazione è stato molto difficile e ciò non a causa dei giornalisti o delle testate editoriali.

Le stesse fonti della informazione sono divenute fluide, instabili, a volte approssimative aprendo la strada ad una comunicazione fatta più di suoni e slogan che di contenuti cognitivi.

Il senso di precarietà e la parzialità delle conoscenze veicolate non sono stati i soli terreni di scontro collaterali della pandemia.

La Politica ed il significato di Stato hanno forse subito contraccolpi ontologici di cui non abbiamo ancora una idea precisa.

La prova è sotto gli occhi di tutti: lo scollamento tra classe politica e paese reale ha raggiunto livelli di estrema gravità.

Nei palazzi del governo si discutono temi urgenti e necessari ma le decisioni non arrivano e la comunità civile ed economica cercano di tirare avanti come possono.

La politica in atto è inadeguata e non serve né ai cittadini né alle proprie prerogative.

In questo contesto lo Stato perde giorno dopo giorno autorevolezza e mostra le proprie debolezze.

Il dibattito politico degli ultimi mesi in ambito nazionale ed europeo fornisce, purtroppo, soltanto conferme.

Per molti mesi abbiamo ascoltato dal Governo e dall’Unione europea promesse di aiuti per il rilancio dell’economia del paese.

Interventi di miliardi di euro mai erogati  e per i quali si dovrà attendere ancora a lungo.

È evidente che il modello di Stato liberale e democratico arrivato fino ad oggi si stia mostrando lento e poco reattivo al cambiamento imposto dalla recessione globale e dalla pandemia.

Senza una riforma dello Stato e delle Istituzioni sarà difficile immaginare un rilancio del “sistema paese” sostenibile.

Dietro l’angolo infatti si annidano insidie evidenti nella crisi dei partiti politici e nella deriva verso forme di democrazia diretta e populista.

Sarebbe un errore in questo contesto assistere in silenzio al degrado dei mondi paralleli: lo Stato, le Istituzioni, la Politica e la Società civile.

È ancora possibile fare qualche cosa?

Certo gli scenari descritti incutono timore e disegnano le trame di una tempesta perfetta.

Eppure la pandemia accanto a tanta sofferenza ha cambiato il corso della storia riportando in superficie valori sepolti.

Il senso della Vita, la Felicità, la centralità della famiglia ed il senso di comunità hanno trovato un nuovo collante emotivo nelle vite di ognuno di noi.

Per questo occorre ripartire da un nuovo Patto Sociale nel quale attribuire allo Stato la responsabilità di regolare il progresso umano, civile ed economico, intorno ai nuovi paradigmi della crescita.

Un patto che metta al primo posto la felicità individuale e collettiva nelle sue declinazioni più ampie.

La pandemia ci ha reso più fragili e spaventati ma ha messo dinnanzi ai nostri occhi i limiti di un modello di crescita economico fondato su parametri di natura quantitativa.

Dobbiamo ripartire da quello che abbiamo e non aver timore di sognare un futuro di benessere anche se il cammino sarà ancora lungo e dovremo superare ancora molti ostacoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Lo scollamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Concorso DS 2017 – il TAR concede l’accesso ai codici sorgente

Il TAR ha sentenziato: Il CINECA dovrà fornire i codici tarcineca

sorgente

Continua la crociata delle migliaia di partecipanti al concorso per Dirigenti Scolastici bandito nel 2017 da noi già osservato in un altro articolo.

Lunedì 22 giugno 2020, dopo una serie di rinvii dovuti all’emergenza covid, il TAR si è espresso in merito ad una fondamentale richiesta delle vittime del concorso permettendo un passo importantissimo in direzione della verità.

Cosa è successo 

Nell’anno 2017, è stato indetto un concorso per 3.400 (circa) posti da dirigenti scolastici, al concorso si sono iscritti 34.000 (circa) candidati.

Ciò che ha reso particolarmente famoso questo concorso è stata la partecipazione dell’attuale ministro dell’istruzione Lucia Azzolina che ne uscì vincitrice superando le prove scritte e dimostrando all’esame orale buona conoscenza dell’apparato legislativo, mediocre conoscenze di inglese e scarsissima preparazione informatica.

Ma la partecipazione al concorso del ministro, con conseguenti taciuti conflitti d’interesse che ne sono scaturiti e del muro di gomma costruito attorno alle nebulose fasi del concorso, è solo una delle numerosissime segnalazioni che hanno sporcato questo concorso pubblico.

Le pressioni

Quando a un concorso per 3.400 posti, si presentano 34.000 persone, i commissari del concorso non si preparano ad affrontare un periodo facile per via delle pesanti ingerenze a cui vengono esposti.

Ad alcuni è venuto da dire che questo eccesso di pressioni è normale e ragionevole visto lo scarto tra domanda e offerta; a noi viene da dire che normale non è e che soprattutto quando il ruolo è così ricco di responsabilità e le candidature così numerose, il dovere dello stato è quello di garantire la scelta dei migliori a prescindere dal numero di posti e delle persone da “soddisfare”.

E il fatto che “da sempre” la segnalazione ha ceduto il passo alla meritocrazia, non è un buon motivo per non cambiare strada, soprattutto in un momento così delicato e in cui la cultura e l’istruzione possono essere le uniche risorse a poter davvero permettere un cambiamento.

Il superamento di ogni limite

In occasione del concorso per Dirigente Scolastico del 2017 però pare che sia stato superato ogni limite.

Abbiamo intervistato più partecipanti al concorso e ognuno di loro (a prescindere dall’esito finale) ha avuto modo notare o riconoscere delle dinamiche inusuali.

Per parte sua poi, il campione di commissari intervistato, ha riconosciuto fuori dai denti di aver ricevuto a vari livelli di spudoratezza messaggi più o meno velati.

Insomma, che il concorso per D.S. del 2017 non era del tutto trasparente si è saputo fin da subito, la cosa triste però è che anche davanti a una serie di circostanze plateali, per dimostrare l’illegittimità di alcune assegnazioni, chi è stato ingiustamente (o giustamente) escluso o comunque, chi ha dovuto confrontarsi ad armi impari (raccomandato vs non raccomandato piuttosto che preparato vs impreparato) debba combattere per anni per veder trionfare la verità.

Sì perché di certo non tutti quelli che hanno fatto ricorso sarebbero stati meritevoli di vincere ma la battaglia che si combatte è quella per la giustizia e la trasparenza, ed è per quella che stanno investendo tempo ed energie: per un ideale… e questo a noi piace.

Il CINECA e le sue meraviglie

Nell’articolo precedentemente pubblicato abbiamo raccontato tutte le storture del concorso e le legittime richieste (negate finora) dei candidati esclusi.

Una di esse era l’accesso al codice sorgente del programma CINECA (Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro, cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’ANVUR e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).

Il CINECA è un Centro di Calcolo “cuore tecnologico del sistema di comunicazione tra Università e Ministero dell’Università e della Ricerca”, come riportato sul loro sito, che si occupa di fornire i software per gli esami.

Ad un certo punto di questa vicenda, è sorto un dubbio molto grave che assolutamente merita di essere affrontato: il non anonimato delle prove di esami.

Parrebbe che il sistema (perfetto per le università ma non creato ad hoc per i concorsi pubblici) potrebbe avere una falla che svelerebbe l’identità del candidato attraverso il codice sorgente.

Questo vuol dire che ci potrebbe essere il rischio che un commissario (generico) avvisato di questo bug di sistema o un po’ più scafato del mondo informatico, avrebbe potuto risalire al nome del candidato che invece in tutta la parte scritta doveva per legge rimanere anonima.

Noi non sappiamo se questo sia corretto o meno, sappiamo che c’è la possibilità e che quando c’è un dubbio di questo tipo va immediatamente sciolto per la credibilità di tutti.

Le motivazioni di CINECA

Quando i candidati hanno chiesto nell’accesso agli atti l’accesso anche ai codici sorgente, così da poterli  sottoporre a un esperto, il CINECA anziché collaborare dimostrando buona fede, ha negato l’accesso adducendo una serie di motivazioni:

1) CINECA non può rivelare i codici sorgenti per proteggere i dettagli tecnici del programma che se no potrebbe essere copiabile da qualunque concorrente ma, anche se fosse, il principio di trasparenza di un concorso pubblico viene prima degli interessi aziendali (come richiamato nella sentenza n. 7333/2019) 

2) trattandosi di dati sensibili o sensibilissimi, non è possibile rivelarli ma in questi contesti si giudicano i “dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.

3) fornire i codici sorgente potrebbe rendere vulnerabile il sistema e compromettere tutti i dati modificando tutte le prove, ma comunque sono dati che appartengono allo stato committente.

Insomma, ce l’hanno messa proprio tutta ma la verità è che Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), si è pronunciato definitivamente ingiungendo a CINECA di fornire i codici sorgente.

 

Nota bene:

Non sappiamo ancora se questi codici siano trasparenti o meno, ovvero possano tradire l’anonimato del candidato, questo lo vedremo successivamente, però la reticenza a fornire quanto richiesto, non dispone bene chi legge.

Recte facendo, neminem timeas

Male non fare, paura non avere.

 

Chiunque volesse segnalare ulteriori informazioni coerenti o meno con quanto scritto, scriva pure a info@betapress.it

 

Post Scriptum: 

Stiamo osservando anche il concorso per DSGA, per cui auspichiamo la retta condotta professionale di commissioni e candidati.

Purtroppo sembra che anche per il concorso DSGA le acque non siano così chiare… (NdD)

Riferimenti

Il ministro Azzolina e il concorso del 2017

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

Sito CINECA 

Leggi di riferimento: articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!




Concorso DSGA: diritti negati!!

Abbiamo già parlato del concorso dei DSGA e ne abbiamo già evidenziato le assurdità ed ogni giorno ne escono, specialmente ora con gli accessi agli atti dove i candidati bocciati si vedono mandare come risultato degli accessi agli atti compiti di altri…

AHAHAHAH da non credere…

Ma oggi abbiamo voluto vedere lo svolgimento degli orali (iniziati oggi presso l’I.C.S. Piazza Leonardo da Vinci,  Piazza Leonardo da Vinci, 2 – 20133 Milano, di persona quindi come Betapress ci siamo recati sul luogo per presenziare a qualche colloquio.

i Candidati erano presenti dalle 8,30 più qualche accompagnatore.

Prima delle 9 non si è mosso nulla, poi i collaboratori scolastici hanno iniziato a far entrare i candidati.

Ovviamente abbiamo fatto notare sin da subito che eravamo presenti in qualità di uditori e che avremmo voluto vedere i lavori della commissione, ma i candidati sono stati interrogati senza la presenza di pubblico, mentre gli uditori sono stati fatti entrare con mezz’ora di ritardo, ma, sorpresa delle sorprese quando dovevamo entrare noi, che ovviamente ci eravamo qualificati come giornalisti, la presidente di commissione è venuta a farci presente che potevamo entrare solo uno per volta rispetto ad ogni candidato, e per i protocolli covid presenti sul sito ad ogni candidato era permesso far entrare un solo accompagnatore.

Abbiamo fatto presente alla presidente di commissione che noi non accompagnavamo nessuno,  ma la stessa si è appellata al protocollo covid dicendo che saremmo potuti entrare solo se si liberava uno dei due posti degli accompagnatori dei candidati.

Quando abbiamo tentato di far notare alla presiedente di commissione che non era corretta questa modalità di azione se ne è andata spazientita senza nemmeno ascoltarci dicendo che non aveva tempo da perdere.

Anche noi non avevamo tempo da perdere e sopratutto l’evidenza del grave illecito perpetrato dalla commissione ci sbigottiva.

In ogni caso abbiamo aspettato pazientemente assieme ad altri uditori che avrebbero voluto, secondo il loro diritto di vedere i colloqui dei candidati, che si liberasse un posto.

Dopo circa venti minuti di attesa siamo riusciti ad entrare.

Nell’aula era presente il nostro giornalista ed un altro uditore che non era parente o accompagnatore di nessun candidato, mentre fuori dall’aula c’erano altre tre o quattro persone che avrebbero voluto sentire i colloqui ma che non venivano fatti entrare per questo supposto protocollo.

La presidente di commissione dopo cinque minuti di nostra presenza nell’aula in modo stizzito e molto scortese ci intima di mettere via il cellulare che il nostro giornalista usava per prendere appunti.

Nonostante la nostra segnalazione che non eravamo i candidati che facevano l’esame, la presidente in modo quasi offensivo e comunque al massimo della scortesia ci intima di mettere via il telefono e che lei non ama ripetere le cose.

Eppure tutta la commissione usava il telefono per mandare messaggini e guardare mail…

Dopo altri 5 minuti al nostro giornalista si avvicina la verbalizzante chiedendo il tesserino da giornalista.

Lo consegniamo senza polemica e quando ci viene restituito chiediamo il motivo di questa azione ai limiti della violazione di almeno tre leggi, anche perché eravamo già stati riconosciuti e registrati all’ingresso della scuola, la verbalizzante alza le spalle e ci dice: “ordini del presidente della commissione che vuole verbalizzare”.

Eppure all’altro uditore presente non è stato chiesto il documento e non è stata verbalizzata la sua presenza.

QUINDI IL PROBLEMA ERA CHE NOI ERAVAMO DEI GIORNALISTI????

Alla faccia della libertà e della trasparenza.

Questo lascia pensare che c’è del marcio in Danimarca!!!

In pratica in questa prima sessione di orali l’accesso agli uditori era praticamente precluso e sono state fatte tutte le azioni volte a intimidire ed a intralciare il libero accesso nonché la libera attività giornalistica.

Infatti nel famoso protocollo covid tanto caro alla presidente c’era scritto:

“I candidati, convocati secondo il calendario pubblicato sul sito dell’USR Lombardia, accederanno all’edificio dall’ingresso posto in Piazza Leonardo Da Vinci , 2 A e potranno farsi accompagnare da una persona da loro scelta”

Ma da nessuna parte era previsto l’accesso di eventuali uditori come invece dovrebbe esserci per legge.

L’art. 6, comma 4, del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, secondo il quale “le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”, nonché gli artt. 7 comma 5 e 16 comma 2, del d.P.R. 27 marzo 2001 n. 220 secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un’aula o sala aperta al pubblico.

E perché un’aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e “soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti “(Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1722).

Or vogliamo pure dire che il covid ha imposto alcune restrizioni?

Va bene, ma il presidente di commissione deve garantire il massimo accesso al pubblico, quindi bastava sceglier un’aula più grande, ad esempio l’aula magna, e permettere l’accesso al pubblico in maniera corretta.

Poi occorre considerare che se noi fossimo restati nell’aula per tutto il tempo delle prove nessun altro sarebbe potuto entrare per vedere i colloqui!!!!

Alla faccia della trasparenza.

Ma d’altronde questo concorso ha più ombre che luci!!!

Altra cosa divertente è che la prova di informatica veniva fatta ad un pc che proiettava sul muro le attività del candidato, peccato che per i primi quattro candidati il proiettore è rimasto spento, quindi, anche qui, alla faccia della trasparenza.

Poi abbiamo sentito le risposte di alcuni candidati, paradossale, qualcuno non sapeva cosa è l’avanzo di amministrazione (in un concorso per direttore dei servizi generali ed amministrativi è abbastanza assurdo), ma prima di fare commenti aspettiamo che la commissione ci dica se sono stati promossi o bocciati.

Infine ad una domanda: “ma se avanzano dei soldi della gite scolastiche, ovvero quelli anticipati dai genitori, la scuola come deve considerare quell’avanzo?” premesso che il candidato non ha saputo rispondere, ma i commissari hanno detto che la scuola poteva riutilizzarli l’anno successivo!!!!

A noi risultava che la scuola era obbligata a ridarli ai genitori, ma come io pago per una gita la scuola non la realizza e si tiene i soldi per la gita dell’anno successivo che poi magari mio figlio manco c’è più???

 

Tutto questo concorso appare improvvisato e poco chiaro.

Per 400 posti sono stati ammessi solo 200 candidati all’orale, già solo questo lascia pensare.

Noi ce ne siamo usciti abbastanza straniti, poi, una volta fuori abbiamo pensato a quanta gente era stata bocciata agli scritti che probabilmente era molto più preparata di quella sentita oggi.

E è rimasto il dubbio sulla paura della presidente di commissione di avere in aula un giornalista…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!

 

 

 

 

 




Scuola: numeri e sciocchezze

La stupidità è il motore del mondo.

I politici, gli uomini di marketing, i religiosi, i personaggi dello spettacolo, campano tutti, chi più chi meno, sulla stupidità umana.

(Luciano De Crescenzo)

Cadono le braccia nel leggere il documento partorito dal Comitato tecnico scientifico sulla scuola, Miur permettendo perché ormai viene da chiedersi se il MIUR sa cosa è la scuola.

Metà del testo ci informa su dati statistici e numerici che conoscevamo già.

L’altra metà è un articolato invito a lavarsi le mani e a tenere le distanze.

Non c’è alcun respiro futuro su cosa la scuola potrà essere, da settembre, dopo questa lunga claustrofobia.

Speravamo di più da dotti, medici e sapienti, ma non c’è stato nulla da fare.

Gli edifici scolastici di più recente costruzione sono 21mila.

Per recente, si intende edificati dal 1976 in poi, quasi cinquantanni, 23.800 invece sono stati tirati su tra il 1946 e il 1975.

Altri 3.800, infine, stanno in piedi dal 1920.

Siamo proprio sicuri che distanziamento sociale, ridefinizione della numerosità delle classi, differenziazione dell’inizio delle lezioni, rimodulazioni/riduzioni orarie, uso degli spazi esterni, distanziamento di due metri in palestra, e ci fermiamo qui, sia tutto possibile in scuole così vecchie, in moltissimi casi?

Qualcuno del Comitato tecnico scientifico ci ha messo piede (con i dovuti accorgimenti, non sia mai) nelle scuole di cui si parla?

Il tempo c’era, non solo per mettere insieme le carte.

I ragazzi devono stare a distanza di un metro e si parla di 4 metri quadrati per alunno.

Ma qualcuno si è preso la briga di moltiplicare i 4 m. per ogni alunno che frequenta e di verificare che metratura dovrebbero aver le scuole?!?

E se lo spazio, come è evidente, non c’è, che si fa?

Si usano i banchi con doppio posto mettendocene uno, ma a quel punto si deve ridurre la numerosità della classe di un terzo.

E dove i ragazzi stavano già stretti, come la mettiamo?

Si moltiplicano le sezioni, si ricomincia con classi da quindici, per cui, magari alle superiori, dove avevano iniziato in 25, dal prossimo anno si farà la seconda ginnasio A1 e A2?

E poi, come si riuscirà a rispettare l’indicazione del Cts quando dice che “nella prospettiva della riapertura delle attività didattiche in presenza la modalità a distanza potrà rappresentare un momento integrativo e non sostitutivo, diversamente applicato e commisurato alle fasce di età degli studenti”. 

Un modo per dire tutto e non dire niente, perché se è integrativo, non potrà essere prevalente, come sta accadendo ora.

Ma tornando un passo indietro: ai presidi che in questo momento stanno formando le classi prime, alle medie come alle superiori, qualcuno ha dato indicazioni dal ministero di viale Trastevere?

Perché si può dire come un mantra di voler eliminare le classi pollaio, ma se non si fa una legge i dirigenti scolastici devono attenersi a quella che c’è.

Per quanto dividono al fine di formare le classi?

Per 15, per 10, per 20 o per 25/28 come sono stati costretti a fare ormai da quasi vent’anni?

Quando la scuola ricomincerà, dal primo settembre (poi si vedrà regione per regione), i docenti dovranno occuparsi del recupero dei ragazzi con il debito e leggersi i Pai (Piani di apprendimento individuale) richiesti dalla ministra Azzolina per moltiplicare la burocrazia cartacea della scuola (Bes, Dsa, Pdp. Pei…).

E, nello stesso tempo, dovranno avviare, si presume, l’anno scolastico per le loro classi.

Il come, quanti a distanza, quanti in presenza, quante classi?

Boh. Quel che si capisce bene dal rapporto è che tutto dovrà essere pulito e continuamente ripulito: sanificazione, mani pulite, mascherine (che a questo punto qualche ragazzo se la terrà anche a distanza).

Dispenser sì, termoscanner no (farsi misurare la temperatura all’ingresso non è obbligatorio, come non sono obbligatorie le mascherine fino a sei anni di età se si va a scuola).

Quanto al rispetto della 626, siamo a posto?

Sa qualcosa il Cts?

Hanno chiesto al ministero se tutte le scuole sono a posto con i precedenti criteri di sicurezza e quante invece aprono ancora in deroga?

Quanti lavori di ristrutturazione sono stati appaltati, quanti iniziati, quanti ancora a livello progettuale?

Per tutto quello che di avveniristico si deve fare nella scuola futura viene da immaginare che, con la spinta del governo, finalmente risolto a decidere cosa sia prioritario o cosa no (la scuola è frequentata tra docenti e studenti da quasi 8 milioni e mezzo di persone), ci sia un brulicare di attività, di cantieri, di confronti in corso, che da questo momento in poi non si parli d’altro e non si faccia altro che quel che possa darci una certezza a settembre.

Ma, per caso voi vedete qualcosa in giro?

Se sì, ditecelo, dateci un segnale di speranza. 

Infine.

Si parla (ma anche qui siamo ancora alla chiacchiera da bar) di ore di lezione ridotte a quaranta minuti.

E’così? Sarà così?

I professori hanno un contratto di 18 ore.

Togliendo 20’ ogni ora rimarrebbero 360’ da recuperare dunque altre 6 ore da svolgere.

Avranno altre classi, quindi, un aggravio di consigli di classe, ricevimento genitori e quant’altro?

Qualcuno al Miur si sta occupando degli effetti della didattica a distanza (perché passato il momento del “quanto è bello stare a casa”, ci sono ricadute fisiche e mentali di cui tener conto, e questo vale per tutte le categorie in smart working, naturalmente).

Ci vorrà una normativa anche qui o facciamo un eterno stato di eccezione?

Adesso ci dovrà essere un documento della task force del ministero.

Qualcosa è già trapelato e non siamo molto lontani da quanto ha scritto il Cts.

Ma avere fiducia non costa niente…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

 

Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema…

 

 




DAD: conta ancora il fattore umano

dad

Finalmente, siamo arrivati alla fine di un rocambolesco anno scolastico.

L’emergenza Covid 19 ha imposto lezioni a distanza, verifiche on line ed esami finali di terza media ridotti ad un percorso inderdisciplinare caricato su una piattaforma digitale e presentato dietro uno schermo.

E come accaduto per la didattica, anche gli esami hanno risentito dei problemi dovuti alla difficoltà, per molti studenti, di accedere alla rete e di usare con regolarità il pc

Problemi di connessione e scarsità di strumenti, anche perché, magari l’unico computer di casa serviva al fratello liceale o ai genitori in smart-working.

Problemi di relazione, perché, a volte, è stato perfino impossibile interfacciarsi, seppur attraverso uno schermo, con docenti e compagni di classe.

Qualcuno di loro, proprio per questi motivi, ha anche rischiato di non poter sostenere il proprio esame di terza media.

Come un’alunna, la cui storia è diventata emblematica.

Emblematica del disagio di tanti alunni penalizzati dalla Dad, ma anche emblematica della responsabilità e della professionalità di tanti docenti che hanno fatto, di tutto e di più, per contenere e fronteggiare questo problema.

Come redazione di betapress, abbiamo intervistato il prof. FERNANDO BONESSIO, un professore di educazione fisica, ormai prossimo alla pensione.

Questo docente romano, più precisamente delle scuole medie dell’I.C. Poggiali-Spizzichino, è diventato protagonista, suo malgrado, come lui stesso ha dichiarato, di un coraggioso intervento per salvare l’esame di una sua alunna.

Alunna extracomunitaria disagiata che non riusciva ad accedere alla piattaforma per sostenere a distanza la presentazione dell’elaborato.

Betapress- Buongiorno, prof. Bonessio, innanzi tutto ci racconti cosa è successo…

Bonessio- Ieri, una 14enne originaria dell’Ecuador che frequenta l’ultimo anno delle medie all’istituto Poggiali-Spizzichino della Garbatella, doveva discutere l’elaborato finale.

Betapress- Per i nostri lettori, spieghiamo bene in cosa consiste quest’anno affrontare gli esami di terza media…

Bonessio- Come migliaia di alunni di tutta Italia, per la prima volta nella storia scolastica italiana, quest’ alunna doveva discutere l’elaborato finale on line.

Praticamente doveva presentare, dietro uno schermo, una tesina che raccordava diverse materie scolastiche, tesina imposta, come ultima prova dal ministero dell’Istruzione, per svolgere gli esami nelle scuole di I grado ai tempi del coronavirus. 

Betapress- Com’è andata? Ci sono stati problemi?

Bonessio-  Fin dal mattino, la mia alunna, che era in casa da sola poiché il padre era andato al lavoro, non riusciva a connettersi con la propria classe e con la commissione.

Betapress- Mi scusi, e la madre?

Bonessio- La ragazzina è arrivata due anni fa in Italia, solo con il padre, che fa il badante, e la madre è rimasta in Ecuador.

Purtroppo, sono sempre più frequenti dei casi simili in un contesto sociale come il nostro, con una forte presenza di alunni extra-comunitari.

Betapress- Ed allora, cosa è successo?

Bonessio- Nonostante tentativi su tentativi che sono durati l’intera giornata, la ragazza non è riuscita ad accedere alla piattaforma usata dalla scuola.

Betapress- Dunque, cosa avete fatto?

Bonessio– La commissione ha iniziato a ragionare su come permettere alla ragazzina di svolgere la prova, ma non se ne veniva a capo, anche il tentativo di cambiare piattaforma si è rivelato inadeguato, il problema era proprio la connessione insufficiente.

Betapress- Allora?

Bonessio– Quando, raggiunta telefonicamente dalla mia collega di musica, ho sentito che la mia alunna stava per crollare in una crisi di pianto, ho deciso di fare quello che normalmente si dovrebbe fare…

 Betapress- Cioè?

BonessioMettersi dalla parte degli alunni e garantire il loro diritto all’ istruzione, in questo caso il loro sacrosanto diritto a sostenere l’esame, anche ai tempi del Coronavirus.

Così, ho preso in mano la situazione: mi sono alzato, ho tirato fuori dallo zaino le chiavi della macchina e con la mia collega di musica da Garbatella sono arrivato al quartiere di San Giorgio ad Acilia.

Betapress- Perché così lontano?

Bonessio– Perché la ragazza abita in questo quartiere periferico verso Ostia, ma il padre l’aveva iscritta da noi, alla Garbatella, in quanto più comodo e vicino al suo posto di lavoro.

Betapress- Ed i suoi colleghi come hanno reagito alla sua iniziativa?

BonessioNon hanno avuto modo di dissentire, perché, scherzosamente, ma non troppo, li ho minacciati di denunciarli tutti per interruzione di pubblico servizio, nel caso in cui avessero abbandonato il collegamento on line.

Betapress- Dunque?

Bonessio– Ho citofonato alla nostra alunna che è scesa di casa e dal bar con il mio cellulare, connesso con la commissione d’esame, ha potuto discutere il suo elaborato. 

Una storia a lieto fine che tuttavia dimostra i limiti e le difficoltà che migliaia di docenti e alunni hanno dovuto affrontare in questi mesi di didattica a distanza. 

Allora, abbiamo voluto saper qualcosa di più, su questa benedetta, maledetta DAD…

Betapress- Ci dica sinceramente, prof. Bonessio, alla luce anche di questa storia, com’è andata la Dad?

BonessioLa Dad ha incrementato i cronici problemi dell’universo scuola, primo tra tutti la mancanza di formazione e di aggiornamento dei docenti.

E poi le enormi differenze nelle condizioni socio- economico- culturali degli alunni.

Betapress- Alla vigilia della pensione, dopo 43 anni di servizio, cosa non sopporta più della scuola dei nostri giorni?

Bonessio- La burocrazia. Pensi che, proprio per riprendere quanto ho appena raccontato, la commissione aveva anche suggerito di provare ad usare un’altra piattaforma, ma qualche docente si è opposto per motivi puramente burocratici.

Betapress- Cioè?

BonessioSecondo alcuni docenti, avremmo dovuto aspettare il beneplacito del Dirigente Scolastico, perché, se la classe aveva scelto fin dall’inizio della didattica a distanza una piattaforma, su quella bisognava svolgere l’esame…

Ma, io dico, l’alunna al telefono con la mia collega di musica, stava per piangere, e noi per un cavillo burocratico, dovevamo restare immobili?!?,

Mi sono detto, se l’alunna non viene da noi, andiamo noi da lei!

Ed allora, noi di betapress, diciamo “Averne di professori così!”

 

Perché, diciamola tutta:

In questi mesi di emergenza dovuta alla pandemia del coronavirus con le scuole chiuse e la didattica che è proseguita da remoto, l’impegno degli insegnanti e anche dei ragazzi, è stato enorme, ma molti insegnanti non hanno compreso come la didattica a distanza abbia sì, un valore formativo, ma non valutativo.

C’è una differenza sostanziale, perché il docente deve distribuire a tutti gli stessi apprendimenti e solo a quel punto valutare se i ragazzi hanno recepito oppure no.

Ma come in questo caso, come garantire questa consequenzialità quando le lezioni stesse non possono svolgersi con regolarità oppure non tutti gli studenti possono parteciparvi? 

Chiudiamo ancora con la testimonianza del prof. Bonessio, il “professore missionario” della nostra storia:

«C’è un tema anche di risorse – aggiunge il professore di educazione fisica – perché il non poter accedere alla rete, a una connessione, può nascondere a volte anche gravi problemi economici di molte famiglie.

Nel caso della mia alunna, ho capito che andarle incontro fisicamente, era l’unico modo per aiutarla».

Non potendo andare a scuola, la scuola è andata da lei.

Ma allora, perché quelli del Miur non riuscendo a risolvere i problemi della scuola italiana, non la smettono di partorire soluzioni burocratiche lontane anni luce dalla nostra vera realtà sociale?

Realtà sociale fatta di differenze economiche, problemi strutturali e deficit sistemici della nostra scuola…

Non ci stancheremo mai di dirlo, una vera riforma scolastica, deve partire dal basso, da un report come quello che vi abbiamo raccontato…

 

  

 

 

 

 

 

 

 

Riaprire la Scuola

La DAD non è sistema?

 




DADOUT: burnout telematico

 

Era previsto che, a partire dal 5 marzo 2020, i docenti fossero soggetti ad una fase di stress senza precedenti, ma la realtà supera la fantasia.  

La chiusura tempestiva delle scuole, l’introduzione della didattica a distanza (che ha trovato molti impreparati), le ordinanze ministeriali a singhiozzo, il disagio delle famiglie, la mancanza di strumenti e supporti adeguati, la gestione della privacy, i problemi della valutazione…

Tutti questi fattori hanno creato un cocktail di stress notevole per il personale scolastico, con un generale incremento del BURNOUT a tutti i livelli, tra dirigenti, personale amministrativo, ma soprattutto docenti.

Gli addetti ai lavori del mondo scuola, volendo e dovendo risolvere tutti questi problemi (e molti altri ancora) a tempi record, hanno dovuto gestire e smaltire un pressing continuo.

Di giorno con giorno, a presidi, vicepresidi e prof. sono state richieste conoscenze allargate, competenze aumentate, abilità raggiunte, che, non solo non erano previste prima del Covid 19, ma si sono diversificate e durante tutto il lockdown.

Così, nel corso di tutta la DAD, è stato frequente il problema della gestione dei tempi/lavoro con il risultato che, soprattutto gli insegnanti, si sono ritrovati a lavorare ad orario continuato (non dico 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, ma quasi!) non riuscendo a staccare mai la spina.

Poi, c’è stato il continuo adeguarsi agli eventi, ma soprattutto alle circolari ministeriali.

E qui bisogna considerare il fare e disfare del MIUR che, a suon di ordinanze, ha inventariato tutte le soluzioni possibili, per poi contraddirsi, da solo, nei fatti, testimoniando la stessa non applicabilità delle soluzioni proposte.

Infine, in questi ultimi giorni di salti mortali per gli esami imminenti, chi la scuola la vive con coscienza e professionalità, non sa come comportarsi tra scrutini virtuali ed esami raffazzonati.

Perché, anche qui, tra varie notizie divulgate e diverse soluzioni adottate, uno non sa più come comportarsi con gli studenti e come definire le valutazioni.

Secondo quanto emerge nei vari gruppi social, possiamo evincere una serie di situazioni critiche che hanno accentuato non poco lo stato di salute degli insegnanti e stanno esplodendo in questo gran finale dell’anno scolastico.

Il generale malessere psico-fisico è derivato dal fronteggiare l’uso di strumenti nuovi, quindi la preparazione di materiale didattico utilizzabile nella didattica a distanza.

Diversi docenti si sono sottoposti a troppe ore di attività davanti al PC (per produrre materiale, fare lezioni e correggere verifiche) lamentando problemi alla vista e dolori alla schiena.

Altri hanno dovuto studiare nuove strategie didattiche, aggiornarsi, cercare in rete strumenti nuovi per risolvere i vari problemi, sostenendo a proprie spese formazione e connessione.

Alcuni hanno dovuto fronteggiare in casa lo stress da coronavirus, vivendo in famiglia la malattia e la morte dei propri cari.

Altri docenti, con figli in età scolare, hanno dovuto seguire i figli e contendersi con loro il computer, quindi lavorare il doppio e produrre di meno.

Da non dimenticare, per alcuni docenti, l’uso di strumenti tecnologici in modo inadeguato, anche per via dell’improvvisazione che li ha visti impreparati, quindi l’enorme dispendio di tempo ed energie.

 

Costante è stata la mancanza di momenti di relax, uscite, svago, passeggiate ed ogni altra attività che consentisse di rilassare la mente.

I ritmi infernali cui spesso i docenti sono stati sottoposti dai dirigenti che più volte hanno cambiato strategie e piattaforme hanno poi completato il quadro generale.

I docenti sono allo stremo delle forze, perché non solo devono affrontare nuove modalità didattiche e relazionali, ma il contesto in cui agiscono è evoluto da emergenza sanitaria a emergenza sociale
E proprio adesso che ci si aspettava un periodo di riposo estivo per recuperare le energie, ecco che arriva l’ultima ordinanza ministeriale, apocalittica, su come ritornare a scuola a settembre.

E qui, altro lavoro preparatorio ed organizzativo prima, e gestionale dopo, con evidenti problemi di responsabilità, oggettiva e soggettiva, per vigilare e monitorare…

Ma, di questo, ve ne parleremo la prossima puntata…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema…

sdidatticamente parlando e non solo

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.