La doppiatrice che doppia… Se stessa!
Dichiarazione d’intenti
Per gentile concessione del Direttore Responsabile prof. Corrado Faletti, rendo pubblico il mio Manifesto: un appello ai media e un invito rivolto a chiunque all’adozione di un linguaggio “high vibes”, partendo dal presupposto che le parole hanno il potere di creare quello che dicono. Nel male e nel Bene.
Sono Jasmine Laurenti, giornalista internazionale per Betapress.it, scrittrice e inspirational speaker.
La mia mission è ispirare sognatori di ogni età a essere autenticamente se stessi e a realizzare, in armonia con la propria natura, il Sogno che fa danzare il loro cuore (Grazie Steve Jobs, per la metafora che ho personalizzato).
In questo Messaggio offro il mio punto di vista rispetto a verità già dimostrate in ambito sia scientifico, sia spirituale: sono, infatti, la dimostrazione vivente di come le parole che scegliamo di pensare e dire più o meno consapevolmente, abbiano il potere di creare e trasformare la realtà che ci circonda, a partire dal nostro mondo interiore.
(Con l’espressione “mondo interiore” intendo riferirmi alla nostra percezione di noi stessi, degli altri e di ciò che ci accade. Ndr)
Un po’ di storia
Da più di quarant’anni opero nel campo della comunicazione come penna e voce. I media sono il mio primo amore e a tutt’oggi li considero la mia “casa”, il mio campo di missione.
Comunque, il pubblico affezionato a serie televisive, soap, cartoon e videogiochi degli Anni Ottanta e Novanta, mi conosce soprattutto come “voce”. È in sala di doppiaggio, infatti, che ho trascorso la maggior parte della mia carriera.
Il nobile mestiere del doppiatore
Per chi di voi non lo sapesse ancora, il doppiaggio è quell’arte, tutta italiana, che il mondo ci invidia e cerca di imitare ottenendo mediocri risultati. Il luogo in cui si svolge è una sala semibuia e insonorizzata in cui si trova uno schermo su cui proiettare le immagini del prodotto da doppiare, un leggìo su cui posare il copione, un microfono, una cuffia per sentire le voci originali degli attori.
(Chi di voi si stia chiedendo cosa c’entri il doppiaggio con il potere creativo delle parole, abbia la pazienza di proseguire nella lettura. Ndr)
Per doppiare a regola d’arte un personaggio, è necessario che il doppiatore lasci fuori dalla porta il proprio ego, eventuali problemi personali e il cattivo umore. Si deve porre infatti al servizio dell’attore di cui si accinge a pronunciare le parole. Come nella vita reale, inoltre, le parole non devono essere semplicemente “dette”. Sul copione sono scritte e hanno un senso letterale. Poi, come vascelli, devono essere caricate di intenzioni, sensazioni, motivi, sentimenti, emozioni… Così che possano esprimere l’interiorità del parlante.
Oltre all’animus del personaggio da doppiare, la “voce” italiana deve adottarne il ritmo del respiro, le pause significative, le micro espressioni facciali, gli sguardi, i gesti, i movimenti… Insomma: per essere vero e credibile, il doppiatore deve “sintonizzarsi sulle frequenze” del personaggio al quale si appresta a dare la propria voce.
Ebbene sì: le parole, come i suoni, le note musicali, le voci, la luce, i pensieri, le emozioni, i desideri, gli esseri umani e ogni cosa che esiste, animata o inanimata, hanno una propria frequenza.
Effetti collaterali
Negli anni d’oro della mia carriera trascorrevo anche nove ore al giorno, cinque giorni la settimana, quattro settimane al mese, per circa dieci mesi all’anno, a leggere, interpretare, ripetere le mie battute fino a che non fossero perfette… Fra queste prevalevano urla di battaglia, formule magiche, imprecazioni, maledizioni: parole “low vibes”, cioè a bassa frequenza, a esprimere una congerie di stati d’animo tutt’altro che positivi.
Ed ecco che, nel tempo, sono affiorati tutta una serie di effetti collaterali, fra i quali un generale senso di stordimento, un deficit di attenzione, ansia, stress, una facile irritabilità, sbalzi umorali, insonnia, bruxismo (il digrignare i denti durante il sonno), depressione.
Un caso? Alla luce delle attuali conoscenze in ambito neurolinguistico, ho tratto le mie conclusioni.
La mente profonda è un bambino che crede a tutto
Senza dilungarmi nella distinzione fra preconscio, subconscio, inconscio, per semplificare chiamerò tutto ciò che si trova al di sotto del livello della consapevolezza, “mente profonda”.
La mente profonda crede a tutto ciò che ascolta. Intende le parole nel loro significato letterale. È priva di senso critico, di humor, di ironia… Non sa cogliere sfumature di significato, né doppi sensi. Non distingue la finzione dalla realtà. Non percepisce le negazioni. Per esempio, ogni volta che dico a me stessa che non ho paura di qualcosa, la mia mente profonda sta ricevendo il messaggio opposto e mi prepara all’attacco, al blocco o alla fuga. Inoltre, la mente profonda riconosce la nostra voce e proprio per questo la considera autorevole e degna di fiducia, degna cioè di essere obbedita.
Insomma: la mente profonda è un serbatoio di parole al quale attingiamo quotidianamente per nutrire il nostro dialogo interiore, il cosiddetto “self talk”, il monologo con cui verbalizziamo, mentalmente, la percezione che abbiamo del mondo e di ciò che ci accade, nonché il significato da noi attribuito alla descrizione che ne facciamo.
Il dialogo interiore, a sua volta, fatto di pensieri abituali che nel tempo si cristallizzano in convinzioni (veri e propri filtri percettivi!), stimola il nostro sistema endocrino a produrre un certo mix ormonale, al quale corrisponde un determinato stato d’animo.
Ed è lo stato d’animo in cui siamo, a influenzarci nelle nostre scelte. E le nostre scelte, più o meno consapevolmente operate, vanno a intessere il nostro destino.
La memoria dell’acqua
A queste considerazioni – familiari a chi di mestiere si occupi di crescita personale applicata al coaching e alla formazione – si aggiungono i risultati degli esperimenti condotti dal Dott. Masaru Emoto. Lo studioso ha osservato, documentandoli, i mutamenti subiti dalle molecole d’acqua per effetto dell’esposizione di diverse fiale a differenti parole, frasi, note e composizioni musicali, addirittura pensieri e intenzioni!
Morale: essendo l’acqua il principale costituente del corpo umano, ne deriva che il nostro organismo risente della qualità delle parole che diciamo, pensiamo e ascoltiamo, nel male come nel bene.
E il Verbo si fa carne, tutti i santi giorni
Nel 2000 mi sono imbattuta nel Vangelo dell’Apostolo Giovanni, e ne sono rimasta folgorata come Paolo sulla via per Damasco. Parla del Verbo che si fa carne, della Parola che si materializza in Gesù…
Se il suono si fa materia, quante delle nostre parole abituali – ascoltate, rimuginate, credute, ripetute e agite – trasformano, che ce ne avvediamo o meno, le nostre circostanze? Possibile che una preghiera possa cambiare sia chi la pronuncia, sia la realtà in cui vive? Se è così vale anche per gli insulti, il gossip, le maledizioni lanciate nei cartoon, la diffusione di fake news?
Facciamo una prova: guardiamoci intorno e confrontiamo le nostre percezioni con la descrizione che i media ogni giorno ci offrono di ciò che accade nel mondo. Ed ecco che telegiornali, trasmissioni di approfondimento, talk show, giochi a premi, programmi per bambini… (Per bambini? Aprirei volentieri una parentesi sulle parti censurate di cartoni giapponesi che, in sala di doppiaggio, non serviva doppiare perché sarebbero state tagliate) Continuano a inviarci informazioni, che la nostra mente profonda raccoglie e ci rimanda all’occorrenza, sotto forma di dialogo interiore. E qui riparte il ciclo, più o meno virtuoso, di creazione di ciò che riteniamo essere possibile e vero.
A quanto pare, la nostra vita è fatta delle parole che usiamo ogni giorno per descriverla. E questo vale sia per chi lavora nell’ambito della comunicazione – giornalisti, presentatori, conduttori, autori, thought leader, sceneggiatori ecc. – sia per chi ne fruisce: tutti noi.
Sai che c’è? Mi riprendo la mia voce
A seguito della mia cruciale presa di coscienza e proprio al culmine della mia carriera come doppiatrice, ho scelto di smettere di dare voce a cartoni che non avrei permesso ai miei figli, se ne avessi avuti, di guardare.
È stata una delle scelte più difficili della mia vita, dal punto di vista professionale e soprattutto da quello economico.
Quasi nessuno, allora, comprese il motivo della mia decisione: né i datori di lavoro, né gli ex colleghi, né i fan, che continuano a esprimermi stima e affetto, identificandomi di volta in volta con Sailor Venus, Kaori, Lamù, Tisifone, e compagnia briscola. Solo alcuni di loro, ormai padri e madri, hanno “udito” la mia silenziosa protesta a salvaguardia della salute mentale, emotiva e fisica degli spettatori più giovani e vulnerabili.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali del mio lavoro al leggìo, in pochi mesi di “disintossicazione” si sono progressivamente attenuati fino a sparire del tutto. E questo grazie alla scelta consapevole, da parte mia, di parole e pensieri high vibes con cui sostituire quelli negativi accumulati in anni di doppiaggio di prodotti di discutibile valore educativo. Giorno dopo giorno, quindi, il mio dialogo interiore è andato migliorando, così come il mio stato di salute.
Dal leggìo alle scuole, agli eventi dal vivo
Forte di questi risultati, nel 2018 ho avviato un progetto che si pone l’Obiettivo di promuovere la diffusione dei valori, sensibilizzando gli addetti ai lavori riguardo all’importanza di adottare, nei media, un linguaggio ad alte frequenze.
Accetto inviti a presenziare ai Comics and Games, gli appuntamenti dal vivo dedicati agli appassionati di anime, manga e videogiochi. Qui, racconto ai miei fan quanto sia meraviglioso vivere una vita “high vibe”, restituendo ai valori un fondamentale ruolo nell’educazione, fin dalla prima infanzia.
Dico loro quanto sia importante che noi tutti, fatti a immagine e somiglianza della Sorgente divina da cui proveniamo, impariamo a co-creare e trasformare il mondo grazie a una responsabile scelta di parole virtuose pensate, dette e agite in coerenza.
Infine, accetto inviti come ospite in talk show radiotelevisivi per parlare di come abbia potuto superare e vincere ostacoli di ogni tipo e natura per poter essere, finalmente, l’autentica “me”. E qui entra in gioco il mio avatar: “Suor Soubrette” – nella sua versione inglese “Soul Jazzmine” – che dà anche il titolo alla mia autobiografia. Ogni giorno, nei panni del personaggio che più mi corrisponde, al motto di “Fregatene e risplendi!”, dono un messaggio di ispirazione in video flash.
Cari media vi scrivo…
A chi di dovere nei media chiedo di riflettere sull’opportunità di fare a meno di programmi-contenitore di gossip, scandali polarizzanti e mediocri giochi a premi, sostituendoli con format in cui trovino spazio, oltre alla cultura e all’arte in tutte le sue forme, argomenti di crescita personale che ispirino lo Spettatore a fare di Sé, finalmente, l’Eroe della propria Storia.