La penna non si piega: contro la discriminazione dei giornalisti

C’è un filo rosso che attraversa la storia: ogni volta che un potere si sente fragile, il primo bersaglio non sono gli eserciti nemici, ma i giornalisti.
Non chi alza la spada, ma chi impugna la penna.
Ed è proprio per questo che la campagna di discriminazione che oggi si scatena contro la stampa indipendente non è soltanto assurda: è indegna di un Paese che si definisce democratico.
Assurdo poi quello che accade contro Tommaso Cerno ed i giornalisti della testata Il Tempo.
Il libro Ne uccideva più la penna che la spada ci ricorda con forza come i regimi, in ogni epoca, abbiano sempre temuto chi scrive più di chi combatte.
Una verità messa nero su bianco smonta la propaganda, svela i giochi di palazzo, mina la facciata costruita a colpi di slogan.
La penna non ha bisogno di carri armati: basta una frase per mettere in ginocchio l’arroganza del potere.
Eppure oggi, in Italia come in Europa, assistiamo a un paradosso.
Si celebra la libertà di stampa nei convegni, nelle giornate ufficiali, nelle dichiarazioni di principio.
Ma nella realtà quotidiana si isolano, si screditano, si colpiscono i giornalisti che non stanno al gioco.
Betapress lo sa bene: quotidiano indipendente, senza pubblicità, senza padroni, senza compromessi, ha scelto la via più difficile ma anche la più limpida.
Questa scelta radicale ha comportato un prezzo altissimo: essere considerati “scomodi”, perché non addomesticabili.
Emblematico resta il caso di Tommaso Cerno, escluso da un vertice non per ragioni protocollari, ma per la sua indipendenza di giudizio. Il messaggio era chiaro: chi non si piega, chi non si allinea, viene tagliato fuori.
La sua vicenda non è un episodio isolato, ma la rappresentazione plastica di una strategia che mira a neutralizzare chiunque non rientri nelle logiche di potere dominanti.
A conferma di questo clima, AdnKronos ha riportato una notizia tanto grave quanto indicativa.
Alla conferenza sulla Global Sumud Flotilla organizzata dal Movimento 5 Stelle, i colleghi de Il Tempo sono stati esclusi.
Una discriminazione ingiustificata, meschina e pericolosa.
Tommaso Cerno ha commentato con parole nette:
“Mi ricordo di Maiorino ai tempi del Senato, quando parlava di libertà e di diritti, di stampa e di espressione… Ora non ne parla più, evidentemente mentiva o se lo è scordato.”
Questa frase fotografa la contraddizione: troppe belle parole ieri, troppo silenzio oggi.
Il risultato? Una mortificazione della libertà di stampa, di pensiero, di opinione, di confronto.
Si teme il dialogo. Perché?
Forse per l’inconsistenza materiale di certe iniziative.
Forse per l’inconsistenza personale di certi protagonisti.
Forse, più semplicemente, perché la critica rischia di svelare la natura ideologica – e spesso commerciale – di certe operazioni.
Escludere Il Tempo è stato non solo un atto di cattivo gusto, ma un attacco frontale a un quotidiano storico e autorevole.
Ai colleghi va tutta la nostra solidarietà: la loro voce, come quella di ogni testata libera, non può essere messa a tacere.
Così come merita sostegno Cerno, che ancora una volta ha dimostrato il coraggio della franchezza, ricordando a chi oggi governa che la libertà non è una bandiera da sventolare a giorni alterni, ma una responsabilità da rispettare sempre.
Ne uccideva più la penna che la spada lo afferma con chiarezza: il potere teme la parola perché la parola libera non si piega.
E oggi più che mai occorre ribadirlo: la libertà di stampa non si mendica, non si elemosina, non si contratta.
Si difende. Sempre.
Chi discrimina i giornalisti non sta colpendo individui isolati, ma i cittadini tutti, privati del loro diritto di sapere.
E chi oggi discrimina, domani dovrà rendere conto alla storia.
“Libertas verbi fortior gladio.”
(La libertà della parola è più forte della spada)
Tutta la redazione di Betapress è pronta a schierarsi sempre ed ovunque per la libertà di stampa ed a favore dei colleghi del Tempo.
Il Tentativo di Limitare la Libertà di Stampa da Parte del Governo passa per l’intimidazione?
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