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«Da anni sento parlare di meritocrazia nelle nomine pubbliche. Ma ogni volta che si spengono i microfoni, la musica resta la stessa.»

Nell’ultimo periodo, il Presidente del Consiglio ha dichiarato: «Il mondo nel quale per le nomine pubbliche, la tessera del PD fa punteggio è finito. Ci saranno le persone che hanno competenza e merito».
Parole forti, certo.
Ma quante volte le abbiamo già sentite?
La verità è che, finché non si scrivono regole e non si istituiscono organi di controllo veri, queste restano solo frasi buone, e nemmeno tanto, per i titoli dei giornali, in pratica un semplice BLABLABLA.
Ultimamente abbiamo, dico come Paese ovviamente, lasciato a casa persone con competenze stratosferiche e che hanno fatto nella loro carriera cose di altissimo livello, ma siccome non rispondevano ad esigenze di linea di partito, non interessavano a nessuno.
Questo è un fatto gravissimo.
Betapress una proposta ce l’ha e l’abbiamo fatta ieri su queste pagine: istituire un comitato etico indipendente, un arbitro che non risponda a partiti o ministeri, con il potere reale di verificare ogni nomina, bloccare quelle incompatibili, pretendere trasparenza e criteri certi.
Perché serve un comitato etico sub parte
Immagino questo comitato come un organo sub parte, fatto di figure di altissimo profilo morale e professionale, capaci di agire senza timori o condizionamenti politici.
Il comitato etico non sarebbe l’ennesimo consiglio di “amici degli amici” travestito da organo super partes.
Lo immagino composto da cittadini di alto profilo morale, personalità che hanno già dimostrato, con il loro operato, di saper mettere l’interesse collettivo davanti a quello personale.
Penso, ad esempio, a ex militari di carriera che si sono distinti per meriti straordinari, non solo nelle missioni operative, ma anche nella gestione di uomini e risorse, dimostrando integrità, disciplina e capacità decisionale in contesti complessi.
Persone che sanno cosa significhi servire lo Stato in prima linea e che non abbiano nulla da chiedere alla politica, se non il rispetto delle regole.
Insieme a loro, figure provenienti dal mondo della magistratura, della Chiesa, dell’università, dell’istruzione, della sanità pubblica e non solo: tutti accomunati da un requisito fondamentale, non aver mai utilizzato il proprio ruolo per trarne vantaggio personale.
Non un “consiglio di saggi” decorativo, ma un vero guardiano del merito.
Un organismo con strumenti concreti: controllare i curricula, individuare conflitti di interesse, imporre la pubblicazione delle motivazioni di ogni incarico.
Perché una cosa è chiara: se la politica nomina, qualcuno deve controllare la politica.
Il vuoto dietro alle promesse
A oggi, però, di questo comitato o di qualcosa di simile, non c’è traccia.
Nessuna legge, nessun regolamento, nessun impegno scritto.
E mentre il Governo annuncia meritocrazia, le nomine continuano a seguire logiche che conosco bene: reti personali, fedeltà di corrente, bilanciamenti di potere.
La differenza tra un proclama e una riforma sta tutta qui: nel primo caso si fa un discorso; nel secondo, si fissano regole e si creano organismi per farle rispettare.
E in Italia, purtroppo, siamo fermi, immobili, bloccati al primo caso.
Super senior: guida o freno?
Io non sono contro i dirigenti “over 70”.
Anzi, penso che siano portatori di un patrimonio di conoscenze e visione strategica che può essere preziosissimo.
Il punto è l’uso che si fa di quella competenza: dovrebbe essere messa a servizio dei giovani, per formarli e accompagnarli, non per blindare poltrone e consolidare poteri.
Invece, troppo spesso, i senior diventano guardiani dell’esistente e i giovani restano comparse.
E quando finalmente arriva il loro turno, sono impreparati, perché nessuno li ha mai messi alla prova davvero.
Così il sistema si autoalimenta e il ricambio resta un miraggio.
La meritocrazia senza arbitro è una farsa
Un comitato etico forte potrebbe fissare limiti di età e mandato, imporre trasparenza, garantire nomine basate su competenze reali.
Ma finché questo organo non esisterà, continueremo a girare nella stessa porta girevole: chi è dentro resta dentro, chi è fuori resta fuori.
Io credo che il tempo degli annunci sia finito. Ora servono fatti, regole e controlli.
Perché il merito, senza un arbitro, è solo la parola preferita da chi non ha alcuna intenzione di applicarlo.
Ma poiché questo continua ad avvenire ad ogni giro di walzer, non è forse anche colpa nostra che continuiamo ad ingaggiare la stessa orchestra?
BOX
Nomine pubbliche: basta alibi
Ho sentito dire che “le cose stanno cambiando”.
Ma quando guardo le nomine reali, vedo sempre le stesse facce, o peggio vedo facce che nulla a che fare hanno con la competenza necessaria al ruolo che gli viene affidato.
Ad esempio ministri dell’istruzione che di istruzione non sanno niente, parenti ed amici che diventano ministri del non lo so fare ma lo faccio, scambi di nomine per tenere buone le correnti interne, contentini dati a sottogruppi di influenza.
Così non si governa nulla, così si tradisce l’elettore.
Il comitato etico non è un vezzo accademico: è lo strumento minimo per dare dignità alla parola meritocrazia. Non serviranno leggi epocali, basterebbe la volontà di farlo.
Se non lo si fa, il motivo è semplice: le nomine “amiche” fanno comodo.
E finché i giocatori continueranno ad arbitrare da soli, non ci sarà partita che si possa dire davvero pulita.
La porta Girevole: quando lo Stato dovrebbe fermarsi a 70 anni negli incarichi pubblici
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