Il prete che fa il tribuno tradisce l’altare e disturba la città
Preti o politicanti ideologi spesso sobillatori di popolo che sfruttano l’abito talare?

E’ un momento particolare, le tensioni si acuiscono, l’ideologia si manifesta sempre più prepotentemente creando contrapposizioni molto pericolose.
Organizzazioni sindacali, immotivatamente e per fini non di loro pertinenza, inneggiano vergognosamente a scioperi pur di alimentare e dividere sempre più il popolo, come fossero partiti politici estremi e forse violenti.
Gruppi più o meno consistenti utilizzano come scudo i diritti umani, solo per affermare ed imporre il proprio volere, andando a discapito di diritti umani altrui, incuranti di ledere altri diritti, magari provocando scenari già vissuti e che giammai dobbiamo auspicare il ripetersi, col reale fine di sovvertire un governo regolarmente eletto dalla maggioranza dei cittadini.
Fortemente preoccupati da ciò che sta accadendo e dalle possibili conseguenze che potrebbero diventare assai drammatiche, essendo assai vicini a quella che potrebbe diventare una “guerra civile”, rimaniamo assai stupiti nello scoprire un comportamento complice da chi, invece, ci si attende debba avere un comportamento di moderazione e riflessione che possa ricondurre tutti alla ragione.
Riportiamo fedelmente la notizia battuta da TGCom 24: “Avellino, parrocchia aderisce allo sciopero per Gaza”
Autore della iniziativa lo stesso parroco, don Vitaliano della Sala che ha affisso un cartello davanti al portone della parrocchia.
- ”La parrocchia aderisce allo sciopero generale per Gaza”. Questo l’avviso diretto ai fedeli esposto sul portone della chiesa dell’Annunziata di Mercogliano (Avellino). Autore della iniziativa lo stesso parroco, don Vitaliano della Sala, il prete no-global noto per le sue iniziative a sostegno della pace e dei più deboli.
- “Sto raggiungendo il corteo ad Avellino – ha detto don Vitaliano – ma prima ho avvisato i miei parrocchiani della mia iniziativa e che le celebrazioni prevista in mattinata sono rimandate al pomeriggio”. “La chiesa non chiude – precisa Do Vitaliano – ma rimarrà aperta ai parrocchiani che in questo giorno di ricordo delle vittime di Gaza vorranno raccogliersi in preghiera”. Accanto al cartello il parroco ha anche esposto una bandiera della Palestina. –
Che per Don Vitaliano Della Sala, autore di questa incredibile dimostrazione assai discutibile, non sia la prima, lo sapevamo.
Il “PRETE NO-GLOBAL” è un sacerdote che in passato sospeso a divinis, dopo essere stato ammonito una prima volta nel 2000, non partecipando alle riunioni del clero e criticandole aspramente, sino ad accusare in un discorso al World Gay Pride 2000 i cardinali Angelo Sodano e Pio Laghi di aver tratto vantaggio dalle dittature militari.
Don Vitaliano viene ufficialmente rimosso il 5 marzo 2002 dall’ufficio di parroco in Sant’Angelo a Scala.
Sarà il nuovo vescovo Francesco Marino, a risolvere la situazione canonica di don Vitaliano, con il ritiro della sospensione a divinis e degli altri divieti in cui era incorso, pur senza essere nominato di nuovo parroco di Sant’Angelo a Scala.
Poi, dal 1 ottobre 2009 diventa amministratore parrocchiale della chiesa madre di Mercogliano, l’arcipretura dei santi Pietro e Paolo nel borgo medievale di Capocastello.
Dal settembre 2018 don Vitaliano è di nuovo parroco. E parroco due volte: è stato infatti recentemente nominato dal vescovo di Avellino mons. Arturo Aiello, che incredibilmente lo ha anche nominato vice direttore della Caritas diocesana di Avellino.
Così nel febbraio 2019 don Vitalino ha volutamente creato un altro scandalo facendo cantare, prima della Messa, la canzone “Soldi” di Mahmood. Brano che non dovrebbe essere avvicinato alla Sacra Liturgia e ridurre tutto al sociale.
Non ci può quindi sorprendere che don Vitalino faccia aderire la parrocchia allo sciopero generale per Gaza, né il suo raggiungere il corteo ad Avellino.
Certo non possiamo che chiederci come il Vescovo attuale, possa giustificare la cosa, analizzando le il pensiero di Papa Leone XIV quando definisce realista il piano Trump per Gaza, sperando che Hamas accetti, ed aggiunge, “È importante che ci sia il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi.”
Frasi, quelle del Papa, che lasciano intendere che in questo momento non c’è bisogno di interferenze che potrebbero essere strumentali ed ideologiche, ma di spiritualità e riflessione.
Lo stesso Cardinal Pizzabballa, Patriarca latino di Gerusalemme, che conosce bene la situazione li a Gaza, perché ci vive, dopo le aperture di Hamas al piano di pace proposto dagli Usa, pubblica un messaggio che parla di speranza e di primo passo lungamente atteso verso la fine delle ostilità. “Molto resta da fare, ma come Chiesa siamo chiamati a dire una parola di speranza, ad avere il coraggio di una narrativa che apra orizzonti”.
E’ evidente quindi che la “incredibile” partecipazione al corteo dei manifestanti PRO Palestina, che forse sarebbe meglio definire pro Hamas, da parte di don Vitaliano non solo può essere considerata una contestazione al Papa, ma addirittura una presa di posizione forte e contraria alla gerarchia del Santo Padre che rappresenta la Chiesa nel mondo.
Quale sarà la reazione del vescovo?
Non è la prima volta che poniamo dei quesiti su fatti che coinvolgono preti e Vescovi, contrari alle decisioni di Leone XIV.
Diverse volte abbiamo lasciato intendere, in precedenti articoli, l’incongruenza della Presidenza della Conferenza Episcopale verso le linee guida di Papa Leone XIV, cui ancora oggi attendiamo risposta.
Ci siamo chiesti ed abbiamo chiesto come sia possibile che una chiesa, quella di Fiumicino, possa ospitare immigrati, sostenerli, curarli fino alla loro partenza, chissà per dove e come.
Chi paga tutte le spese? Sono immigrati regolari? Hanno il permesso di soggiorno?
Da dove vengono? Dove vanno?
Domande lecite, cui ad oggi non abbiamo ricevuto risposta alcuna.
Poi, con grande stupore ritroviamo un articolo del 02 aprile 2024 di Repubblica che titola: “La parrocchia ‘oasi-rifugio’ costruita a Fiumicino da don Giovanni tra le piste di volo”.
Qui arrivano ogni giorno migranti e persone senzatetto di ogni nazionalità: dopo pochi giorni ripartono con un nuovo lavoro, una nuova casa, insomma una nuova vita. A fare gli onori di casa è Don Giovanni Soccorsi, parroco di Santa Maria degli Angeli.
Felici che con l’aiuto della Caritas e di Adr si possa ottenere facilmente tutto questo, come asserisce Don Giovanni Soccorsi, ma gli Italiani, che non trovano lavoro, non trovano casa?
Cosa c’è dietro?
La “favola del mulino bianco”, è per definizione una favola, assai diversa dalla realtà, quindi, secondo il noto detto: “a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina” qualche domanda la porgiamo.
Quella che abbiamo fatto è molto indicativa: “Preti o politicanti ideologi, spesso sobillatori di popolo che sfruttano l’abito talare?”
https://lanuovabq.it/it/don-vitaliano-ci-ricasca-e-profana-la-sacra-liturgia
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C’è una certa soddisfazione nel leggere un titolo che non lascia spazio a dubbi: “Il prete che fa il tribuno tradisce l’altare e disturba la città”. È un titolo che entra in scena con la grazia di un ariete, deciso a sfondare la porta del dibattito con l’urgenza di chi ha già sentenziato prima ancora di cominciare. E in effetti, l’articolo mantiene la promessa: non tanto un’analisi, quanto una condanna in piena regola, con tanto di incenso polemico e turibolo d’indignazione.
L’autore costruisce la sua arringa come un’omelia laica contro il clero ribelle: non c’è spazio per dubbi, non c’è appello, non c’è misericordia. Il sacerdote che osa “aderire allo sciopero generale per Gaza” è subito bollato come traditore del suo altare, sovvertitore della quiete cittadina, persino potenziale sovversivo nei confronti del Papa. Il tono è così perentorio da far sembrare Savonarola un moderato.
Eppure, dietro il fuoco retorico si intravede il limite strutturale dell’articolo: un pathos che sconfina nell’invettiva, a scapito della sostanza. Le fonti sono ridotte all’essenziale — un TGCom24 di passaggio, un’eco di ANSA — e l’argomentazione si regge più sulla forza delle parole che sulla solidità delle prove. Si parla di “scandalo”, di “tradimento”, di “disturbo alla città”, ma non si spiega mai chi, esattamente, sia stato disturbato. I fedeli? Il vescovo? O semplicemente la sensibilità di chi scrive?
Il lessico, poi, è una piccola galleria barocca: un florilegio di espressioni apocalittiche, di indignazione ben temperata, di quella prosa che sembra fatta per far vibrare la tastiera più che per illuminare il lettore. L’articolo non racconta, ammonisce; non informa, decreta. È più un atto di fede nell’ordine costituito che un esercizio di giornalismo.
Eppure, bisogna riconoscergli una virtù: la coerenza. In un’epoca di opinioni travestite da neutralità, questo pezzo almeno non finge di essere imparziale. È un editoriale che sbandiera la propria posizione come una bandiera processionale, con tanto di turiferari retorici e gong di indignazione morale.
Peccato solo che, nell’ardore di difendere la purezza dell’altare, l’autore sembri dimenticare la purezza del metodo: quella piccola, antica virtù giornalistica che si chiama “contestualizzare”. Un parroco che partecipa a uno sciopero può essere criticabile, certo — ma può anche incarnare, nel suo modo goffo, un’idea di Vangelo sociale che esiste da prima del ’68. Condannarlo senza nemmeno concedergli una riga di spiegazione è come scomunicare un’idea per eccesso di zelo.
In definitiva, l’articolo è un sermone travestito da cronaca, con il pregio della chiarezza e il difetto della rigidità. Si legge tutto d’un fiato, come un comunicato del Sant’Uffizio del XXI secolo: un po’ anacronistico, un po’ teatrale, ma di certo mai noioso.