“L’ODIO CON ALTRO ODIO, LA VIOLENZA CON ALTRA VIOLENZA, LA DISCRIMINAZIONE CON ALTRA DISCRIMINAZIONE, LA MORTE DI UN POPOLO CON..?

A buon intenditor poche parole…”
In giornata odierna, 22 Settembre 2025, è stato indetto uno sciopero generale dal sindacato USB che apre e invita alla partecipazione tutti i cittadini, indistintamente dall’iscrizione ai propri sindacati. Alla manifestazione hanno partecipato lavoratori dei servizi pubblici, quale istruzione e trasporti, oltre agli studenti e alle studentesse che sono scesi in piazza per denunciare la mancata presa di posizione del governo Italiano sulla questione palestinese.
È, inoltre, fine della protesta il supporto solidale per i volontari della Global Sumud Flottilla che già da diversi giorni hanno lasciato le coste siciliane per forzare il blocco navale e fornire aiuti umanitari ai cittadini della striscia di Gaza, attanagliati e costretti dai continui bombardamenti Israeliani.
Appare dunque chiaro il nobile e alto obiettivo dello sciopero nazionale che ha paralizzato i centri nevralgici dell’economia, città come Roma, Milano, Venezia, Genova, Napoli e Bologna e che ha bloccato l’intero paese.
Esistono tuttavia numerosi e doverosi interrogativi che concernono e riguardano gli effetti collaterali della mobilitazione a cui abbiamo assistito: uno su tutti è l’incredibile disagio che tale iniziativa ha provocato, anche se intenzionale, in quanto ritenuto l’unico modo con cui “ampliare” e dare eco alle richieste promosse dalla folla; è chiaro, d’altra parte, quanto uno sciopero nazionale sia un gravissimo problema per la viabilità, la scuola e soprattutto per le ripercussioni economiche.
Con il blocco parziale del servizio di trasporto si è andati a compromettere il diritto allo studio per milioni di studenti – 13 milioni circa – ed il diritto al lavoro per chi, non potendosi permettere un mezzo proprio, è costretto a recarsi quotidianamente sul luogo di lavoro con i mezzi pubblici che già normalmente gravano di una situazione disagevole a causa della persistente mala organizzazione, ma ancora gravi disagi causati ai molti turisti che hanno perso voli e treni.
Il danno si moltiplica poi per tutti quei studenti fuori sede, i cui genitori già fanno enormi sacrifici per permettere loro studio e formazione, pagando di propria tasca affitti, bollette e abbonamenti, ai quali viene impedita la partecipazione all’attività accademica e scolastica.
Viene dunque da domandarsi se la rivolta è mera denuncia politica oppure porterà a dei risultati tangibili.
Consideratesi poi le nobili ragioni della protesta ci si dovrebbe anche chiedere se è quindi bloccando il nostro paese, limitando i diritti dei nostri figli e dei nostri padri, che riusciremo ad ottenere la fine del conflitto.
Per quale motivo si scende in piazza in favore di un’organizzazione terroristica come Hamas, non considerata uno Stato e simile alle organizzazioni che da anni seminano il terrore in tutto l’occidente per puro odio religioso?
I Paesi che hanno riconosciuto lo “stato di Palestina”, come avrebbero fatto dato che quest’ultimo non presenta i regolari parametri necessari all’individuazione di uno stato vero e proprio? Come mai non si scende in piazza in maniera così partecipata quando si parla dei numerosi problemi dell’Italia?
Posto infatti l’alto valore della denuncia odierna, non si dovrebbe esitare a fare lo stesso anche per tutti gli alti martiri civili innocenti che vengono trucidati direttamente o indirettamente per i conflitti attualmente in atto nel mondo?
Come il martirio dei Cristiani in Nigeria bruciati vivi, le persecuzioni dei Curdi e degli Yazidi in Iraq, per non parlare degli altri 52 ufficiali conflitti armati presenti nel mondo.
C’è chi grida alla sostituzione etnica di Israele a Gaza, ma non è quello che in modo diverso sta accadendo in Europa? A quel punto però sarebbe necessario eccome bloccare il Paese, ma non per un solo giorno, per settimane intere, se fosse utile, perché comunque i risultati quali sarebbero?
È forse compromettendo la nostra economia, lasciando a casa milioni di Italiani che si risolvono le questioni internazionali?
È limitando i nostri diritti – invece di onorarli per il processo che chi ha portato ad acquisirli – che riusciremo a gridare giustizia?
Siamo forse davanti allo scenario di guerriglia urbana auspicato dalla dirigenza della CGIL qualche tempo fa?
E’ forse con la violenza contro il proprio paese che si rende giustizia ai paesi in guerra? E’ forse importando la guerra che si trova la pace?
“Si vis pacem, para bellum”,viene da pensare che cominci ad avere un vero e proprio senso logico.
E’ con l’odio che si sconfigge l’odio? Non si sa, ma un aiuto ci arriva ancora una volta dall’oltre oceano: “Non si combatte l’odio con l’odio. Quel ragazzo, quel giovane ragazzo, io lo perdono”, queste le parole di Erika Kirk al funerale del marito, il “disseminatore d’odio per eccellenza che ha portato gli U.S.A. in un bigotto oscurantismo” semplicemente parlando e mettendosi tutti i giorni in discussione.
“Aveva idee fasciste”, da lui continuamente messe a nudo davanti al mondo, pronto ad ascoltare gli altri.
Aveva idee? Si, chi non le ha? Erano giuste? Non sta a noi giudicare, a nessuno di noi.
Ma su una cosa Charlie Kirk non potrà mai essere contraddetto e che oggi più che mai in Italia e nel mondo serve: “L’odio si combatte solo ed esclusivamente con l’Amore”, si quello con la A maiuscola.
“Io posso odiare un idea, posso combattere un’idea, ma nel momento in cui proietto questo odio e questa battaglia su una persona vuol dire che non ho più idee, che la mi mente si è disgregata e che ho perso fede nel potere delle parole”, eppure si bruciano cartelloni raffiguranti personaggi politici e si picchiano i poliziotti. Non è questa la stessa violenza che applica Israele nella striscia di Gaza?
Moltissime domande, pochissime risposte.
Molto spesso non è nelle risposte che si risolvano i dubbi, ma è all’interno delle stesse domande che possiamo trovare una soluzione.
La situazione odierna è incredibilmente intricata e forse nessuno è in grado di dare una risposta a questi quesiti, ma non ci interessa dare una risposta, ma trovare una risposta e dove cercare, beh, questo lo abbiamo già detto.
L’auspicio è che almeno, a questo punto, qualcuno sia sceso in piazza veramente per un motivo di pace ed amore, almeno per vera solidarietà contro quello che è il fratricidio che ad oggi è continuamente in atto, a Gaza e su scala mondiale.
Nel frattempo ricordiamoci che non è con la violenza che si risponde alle ingiustizie, non è con l’odio che si risponde all’odio, non è con la guerra che si risponde alla guerra, non è con i fumogeni che si cambia il mondo, poiché le parole stesse hanno già un peso specifico, del quale dobbiamo riappropriarci per eludere la possibilità di creare guerra dove apparentemente c’è pace.
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