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Roma brucia”. Tre parole che non evocano soltanto il ricordo del grande incendio del 64 d.C., quando le fiamme devastarono gran parte della capitale dell’impero e la leggenda ci ha consegnato l’immagine di un Nerone intento a suonare la cetra.

In realtà, quella frase ha attraversato i secoli diventando una metafora potente di crisi, declino e incapacità di governo.

Non sono più le case a incendiarsi, non sono i fori e i templi a crollare sotto la morsa del fuoco, ma sono le istituzioni, la fiducia dei cittadini, il tessuto sociale di un Paese che sembra incapace di gestire se stesso.

Tacito, nei suoi Annales, scriveva che più grande delle fiamme fu la colpa dell’indifferenza.

Ed è difficile non vedere in queste parole il riflesso della nostra condizione attuale.

Come allora i romani si trovarono privi di risposte da parte di chi avrebbe dovuto guidarli, così oggi l’Italia appare paralizzata da una politica che preferisce le contese sterili alla concretezza dell’azione.

La classe dirigente, in ogni sua espressione, si dimostra spesso più interessata alla gestione del consenso che alla costruzione di soluzioni reali.

E intanto la vita quotidiana dei cittadini viene segnata da emergenze continue: ospedali in affanno, scuole trascurate, giovani lasciati senza prospettive, imprese soffocate dalla burocrazia o spinte a trasferirsi altrove.

L’immagine del Senato romano che discute mentre le fiamme avanzano sembra rivivere nel Parlamento di oggi.

Allora i senatori pensavano a difendere i propri privilegi e a garantire la sopravvivenza di un sistema che già mostrava crepe profonde.

Oggi i partiti, senza differenze sostanziali tra maggioranza e opposizione, appaiono ugualmente incapaci di assumersi la responsabilità di una vera riforma, continuando a dare priorità a equilibri di potere e strategie elettorali.

Eppure l’Italia avrebbe tutto per non essere una nazione marginale.

La sua posizione geografica, al centro del Mediterraneo, le permetterebbe di svolgere un ruolo strategico nel dialogo tra Europa, Africa e Medio Oriente.

Eppure il Paese oscilla, incapace di definire una visione autonoma, preferendo schierarsi in modo passivo e seguire dinamiche decise altrove.

Il risultato è che, in un’epoca segnata da guerre e tensioni internazionali, l’Italia non riesce ad avere voce in capitolo e si riduce a essere spettatrice di decisioni che la riguardano direttamente.

Svetonio, parlando di Nerone, scriveva che non vedeva l’incendio ma solo il palcoscenico.

Ed è la stessa immagine che si può applicare oggi a una politica che sembra guardare più ai sondaggi televisivi che ai destini di una nazione.

La storia insegna che i conflitti chiamano altri conflitti e che la violenza genera sempre altra violenza.

Eppure, a questa lezione, sembra che nessuno voglia prestare ascolto.

Nel linguaggio politico prevale l’insulto, la società si polarizza sempre di più, i cittadini vengono spinti a contrapporsi su fronti ideologici che non hanno più nulla di sostanziale, mentre i problemi veri restano senza risposte.

Sicuramente è un metodo per non far capire al cittadino cosa sta succedendo, deviandolo in conflitti di classe.

Così “Roma brucia” oggi significa che la nostra casa comune sta andando in rovina e che chi dovrebbe spegnere le fiamme non solo non agisce, ma si limita a discutere su chi debba essere considerato colpevole dell’incendio.

Il dramma non è soltanto politico.

È culturale, ed è sociale.

Gli italiani sembrano vivere in una condizione di perenne impreparazione, quasi incapaci di riconoscere la gravità della loro condizione.

Non servono slogan urlati né proclami patriottici vuoti.

Servono progetti seri, responsabilità concreta, coraggio nelle decisioni e nella visione.

Senza questa presa di coscienza, il rischio è che l’Italia continui a bruciare non sotto le fiamme reali ma sotto quelle metaforiche di un lento e inesorabile declino.

Roma brucia, ma il combustibile non è il fuoco  ma l’impreparazione generale degli italiani e della sua classe politica.

Dire che la politica italiana è impreparata non è un esercizio di retorica, né una facile polemica.

Sono i fatti a parlare, ed è sufficiente osservarli per comprendere come la classe dirigente, indipendentemente dal colore politico, non sia stata in grado di gestire i nodi cruciali che attraversano il Paese.

1 – Sanità al collasso

Durante e dopo la pandemia, l’Italia ha avuto la possibilità di ripensare il proprio sistema sanitario, di rafforzarlo con risorse straordinarie e di trasformare un’emergenza in occasione di rinnovamento. Oggi, invece, i pronto soccorso esplodono, le liste d’attesa si allungano fino a mesi o anni, intere regioni non garantiscono prestazioni di base. Non è questione di ideologia: è la prova evidente di un’incapacità strutturale, di una politica che ha saputo spendere ma non progettare.

2 – Scuola e università dimenticate

La scuola italiana avrebbe dovuto essere il cuore del rilancio, l’investimento sul futuro, il luogo in cui costruire competenze per affrontare un mondo globale e tecnologico. I dati dicono altro: dispersione scolastica tra le più alte d’Europa, stipendi degli insegnanti tra i più bassi dell’OCSE, università che perdono studenti a favore di atenei esteri. Ogni governo promette “la scuola al centro”, ma i risultati testimoniano il contrario: è un settore lasciato indietro, incapace di generare reale mobilità sociale.

3 – Economia in stagnazione

L’Italia non cresce. Da oltre vent’anni il PIL si muove a scatti minimi, mentre il debito pubblico sale inesorabile. Le imprese soffocano per burocrazia, energia costosa e instabilità normativa. I giovani con più competenze fuggono all’estero, il cosiddetto “brain drain”, privando il Paese delle sue risorse migliori. Una politica lungimirante avrebbe dovuto offrire incentivi, tagli di ostacoli, visione industriale. Invece, assistiamo a una continua rincorsa di emergenze, senza una rotta definita.

4 – Politica estera oscillante

In un contesto internazionale segnato da conflitti, l’Italia dovrebbe sfruttare la sua posizione unica, diventare ponte tra Europa e Mediterraneo, farsi promotrice di mediazione. Invece il Paese si mostra incerto, incapace di definire una linea chiara. Si proclama di volere la pace, ma al tempo stesso ci si schiera in modo ambiguo tra forniture militari e dichiarazioni contraddittorie. È un atteggiamento che toglie credibilità e che dimostra, ancora una volta, la mancanza di strategia.

5 – Emergenze quotidiane irrisolte

Dalla gestione dei rifiuti a Roma alla carenza idrica nel Sud, dai trasporti fatiscenti alle infrastrutture ferme da decenni, gli esempi di impreparazione si moltiplicano. Non si tratta di casi isolati, ma di sintomi di un Paese che non riesce a programmare, a guardare oltre la scadenza elettorale, a costruire soluzioni di lungo periodo.

“Roma brucia” non è soltanto una metafora: è la descrizione fedele di un Paese in cui la realtà supera la retorica.

I fatti mostrano con chiarezza che la classe politica non ha saputo prepararsi ad affrontare le sfide del presente e tanto meno quelle del futuro.

Sanità, scuola, economia, politica estera, infrastrutture: ogni settore rivela falle profonde, non tanto per mancanza di risorse ma per assenza di visione.

L’Italia vive oggi ciò che già gli storici antichi notarono dell’Impero in crisi: non è il fuoco a distruggere, ma l’impreparazione di chi dovrebbe spegnerlo.

Il grande incendio del 64 d.C.

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C. un incendio divampò nel quartiere del Circo Massimo e si propagò velocemente per sei giorni, distruggendo gran parte della capitale dell’Impero.

Tacito descrive con dettagli drammatici la devastazione, sottolineando come le strade strette e le abitazioni in legno avessero favorito l’avanzare delle fiamme.

Nerone fu accusato di non essere intervenuto con prontezza, e alcuni lo sospettarono persino di aver favorito l’incendio per realizzare i suoi progetti urbanistici.

Per distogliere le accuse, l’imperatore incolpò i cristiani, dando così avvio a una delle prime grandi persecuzioni.

Quel fuoco, diventato simbolo della fragilità di un impero apparentemente invincibile, continua ancora oggi a rappresentare il crollo improvviso delle certezze di una civiltà.

 

 

Il Baratro Educativo, alla ricerca continua del popolo Bue.

 

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